FILIPPO il Buono, duca di Borgogna

Enciclopedia Italiana (1932)

FILIPPO il Buono, duca di Borgogna

François L. Ganshof.

Nacque a Digione il 30 giugno 1396, da Giovanni Senzapaura e da Margherita di Baviera. Intelligente, colto, laborioso, dotato di un senso politico molto fine, amava il fasto e la sua devozione non lo salvava dagli eccessi della tavola e della carne. Durante la vita di suo padre, quando egli aveva il titolo di conte di Charolais, aveva governato la Fiandra e l'Artois. Sposato nel 1409 a Michela di Francia, dopo la morte di costei (1422) sposò Bona d'Artois, vedova di suo zio Filippo di Nevers (1424); poi, rimasto nuovamente vedovo, sposò nel 1430 Isabella di Portogallo.

L'assassinio di suo padre nel 1419 lo rese nemico del delfino Carlo. D'accordo con la regina Isabella si alleò con gl'Inglesi: il trattato di Troyes del 21 maggio 1420 dichiarava spodestato il delfino, riconosceva Enrico V d'Inghilterra re di Francia, cedeva al duca le fortezze sulla Somme (Péronne, Roye, Montdidier). L'abbassamento della monarchia francese e l'alleanza con gl'Inglesi permisero così a Filippo di continuare nei Paesi Bassi la politica d'espansione territoriale dei suoi predecessori. Fin dal 1421 egli acquistava dal conte Giovanni III la contea di Namur; l'anno dopo cominciarono le operazioni che dovevano renderlo padrone dell'Olanda, della Zelanda e del Hainaut. La resistenza organizzata in Olanda dalla contessa Giacomina di Baviera finì con l'essere infranta dal duca, aiutato dalle città olandesi, e F., riconosciuto reggente degli stati della contessa nel 1428, le strappò la loro cessione definitiva nel 1433. Intanto moriva nel 1430 il suo cugino germano, il duca di Brabante Filippo di Saint-Pol; F. fu riconosciuio senza difficoltà suo successore nel Brabante e nel Limburgo dagli Stati del Brabante. Una serie di negoziati condotti con Elisabetta di Görlitz, dal 1435 al 1441, doveva permettergli di aggiungere ai suoi possedimenti anche il Lussemburgo: di guisa che, padrone della Fiandra e dell'Artois, della Borgogna e della Franca Contea, il duca si trovava ormai a capo di un insieme territoriale molto importante.

Nel 1430 F. aveva ripreso le operazioni militari contro Carlo VII di Francia, e le sue truppe fecero prigioniera Giovanna d'Arco presso Compiègne. Ma un altro nemico aveva: l'imperatore Sigismondo, la cui politica tendeva a riportare sotto l'autorità effettiva dell'Impero la Lotaringia, che ne dipendeva solo nominalmente. Nel 1425 Sigismondo aveva rivendicato la contea di Olanda; nel 1430 si era opposto al riconoscimento di F. come duca di Brabante; finalmente nel 1434 si alleò con Carlo VII contro il duca di Borgogna. Era una ragione per quest'ultimo di porre fine alla guerra contro la Francia. Ma ve n'erano anche altre: gli oneri finanziarî che la guerra cagionava; la necessità per F. di consacrarsi interamente ai suoi nuovi stati; il turbarsi dei rapporti fra la Fiandra e il Brabante da una parte e l'Inghilterra dall'altra, in seguito alla concorrenza che i panni inglesi cominciavano a fare a quelli dei Paesi Bassi. Il duca si provò a ottenere la conclusione di una pace generale. Non essendovi riuscito, concluse con Carlo VII nel 1435 il trattato di Arras (v. arras, IV, p. 576), che fu per lui un grande successo. Abbandonato dal re di Francia, l'imperatore Sigismondo non poté sostenere la lotta. Ma la conclusione della pace con la Francia provocò la rottura con l'Inghilterra. F. venne perfino a porre l'assedio a Calais nel 1436; ma la defezione della milizia cittadina di Fiandra e di Olanda l'obbligò a desistere. Durante parecchi anni persisterono le ostilità, fino a che il desiderio di pace delle città fiamminghe e il malcontento delle città olandesi, paralizzate dalla guerra nella loro attività marinara, indussero il duca a concludere nel 1439 un trattato di commercio e di navigazione di tre anni, che gli ulteriori rinnovamenti resero definitivo.

Non bastava tuttavia assicurare la sicurezza esterna. Premeva a Filippo di rompere, nell'interno, la resistenza delle grandi città fiamminghe, che aspiravano a riprendere le loro tradizioni di larga autonomia e di dominio sul territorio della pianura; ed egli fu aiutato, nei suoi progetti, dalle rivalità che dividevano le grandi città stesse e dall'odio che esse avevano suscitato nelle campagne e nelle piccole città, dove avevano preteso d'interdire l'industria. Bruges, sollevatasi nel 1437, fu sottomessa nel 1438 e perdette ogni autorità fuori delle sue mura; gli abitanti di Gand, ribellatisi nel 1451, furono schiacciati a Gavre nel 1453, e la loro sollevazione ebbe le stesse conseguenze di quella di Bruges. Per rendere totale nei Paesi Bassi la riunione di tutti i territorî sotto la sua autorità, il duca si assicurò il controllo sui principati o signorie vescovili, riuscendo a far nominare vescovi i suoi bastardi e ponendo uomini fidati nei seggi vescovili di Tournai, Térouanne, Cambrai, Utrecht e Liegi. Ma gli abitanti di Liegi erano profondamente ostili al dominio della Borgogna. Nel 1430 essi si erano abbandonati a violenze contro il territorio di Namur e avevano dovuto, nel 1431, acconsentire a una pace umiliante; nel 1458 la loro ostilità contro il vescovo "borgognone" Luigi di Borbone fu tale, che egli ruppe i rapporti con i suoi sudditi e si allontanò dal principato.

Se si tien conto che F. interveniva negli affari della Gheldria, dell'arcivescovo di Colonia, del vescovado di Strasburgo, e che il duca di Clèves era fra i suoi clienti, si comprende qual fosse la sua potenza e come egli abbia potuto tentare, senza tuttavia riuscirvi, di ottenere dall'imperarore Federico III che questi facesse risorgere per lui l'antico regno di Lotaringia (1447). Si comprende anche perché il papa Nicolò V s'indirizzasse a lui pregandolo di organizzare una crociata contro i Turchi. Il duca fece il voto nel 1454, e preparò la spedizione con l'intento di realizzarla; ma il timore degl'intrighi di Carlo VII, l'egoismo delle repubbliche italiane, il cui concorso era indispensabile, infine la mancanza di mezzi finanziarî l'obbligarono a rinunciare al progetto. Nel 1464 una flotta fu bensì inviata nel Mediterraneo sotto il comando del suo bastardo Antonio; ma la spedizione fallì.

Con la Francia si era nuovamente in rapporti tesi. Carlo VII non si rassegnava alla costituzione di uno stato borgognone soprattutto dopo che il delfino Luigi, guastatosi col padre, si era rifugiato nel 1456 nei Paesi Bassi. Divenuto re nel 1461 il delfino (Luig XI), le cose andarono ancora peggio; ché Luigi XI, tutto intento a rovinare l'opera di F., ne comprò i consiglieri più influenti, i Croy, e grazie a essi riuscì a ricomprare le città della Somme.

Ma nel 1465, Carlo, conte di Charolais, che i Croy credevano di essere riusciti a guastare con suo padre, ritornò in favore presso di lui. F., invecchiato, gli affidò la luogotenenza generale dei suoi stati; e così gli avvenimenti della fine del suo regno riguardano la storia di Carlo il Temerario (v.). Il 15 giugno 1467 F. moriva a Bruges. Il suo corpo fu trasportato nel 1474 a Digione e sepolto nella Certosa di Champmol.

La fondazione di uno stato borgognone presupponeva la creazione d'istituzioni che permettessero al principe di far sentire la sua azione nei varî territorî. Filippo il Buono continuò in questo l'opera dei suoi predecessori servendosi di Nicola Rolin, cancelliere di Borgogna dal 1422 al 1462, che fu l'artefice principale delle sue riforme. Nel 1428 egli creava, sull'esempio della Camera del consiglio di Fiandra, un Consiglio di Olanda (Hof van Holland) con attribuzioni giudiziarie, amministrative e finanziarie; ne distaccava nel 1446 una Camera dei conti, che unì nel 1463 con quella di Brabante. In quest'ultimo ducato, la Camera del consiglio, corte superiore di giustizia, assorbì sotto il suo regno il Consiglio del governo, detto Consiglio del Brabante (Hof van Brabant), assumendone il nome e le funzioni. Nello stesso tempo, il duca riorganizzò la sola istituzione comune a tutti i suoi stati, cioè il suo Consiglio aulico o Grande Consiglio: nel 1446 ne fece un organo permanente, sotto la presidenza del cancelliere, con competenza in materia politica, amministrativa e giudiziaria; nel 1447 creò anche una sezione finanziaria.

L'azione politica di Filippo il Buono aveva bisogno di risorse finanziarie tanto più considerevoli, in quanto egli organizzò un esercito permanente, le compagnie d'ordinanza. Aveva bisogno dei sussidî; e per farli votare convocava ogni anno gli Stati nella Borgogna. Nei Paesi Bassi invece i sussidî dovevano essere votati dagli Stati di ogni provincia; per facilitare le deliberazioni, il duca riunì per sei volte, dal 1463 al 1477, i delegati degli Stati provinciali negli Stati generali.

Filippo il Buono non fu solamente l'artefice dell'unificazione dei Paesi Bassi, il conditor Belgii (Giusto Lipsio). Ebbe anche una parte importante nello sviluppo delle lettere e delle arti: protesse gli scrittori, costituì una ricca biblioteca (Bibliothèque de Bourgogne, oggi la Bibliothèque Royale a Bruxelles), mantenne alla sua corte degli artisti. Il grande pittore Giovanni van Eyck fu per lungo tempo al suo servizio.

Fonti: v. carlo il temerario; inoltre Chroniques relatives à l'histoire de Belgique sous les ducs de Bourgogne, Bruxelles 1870-76, 3 voll.; E. Monstrelet, Chronique, Parigi 1857-62, 6 voll.; Jacques du Clercq, Mémoires, Bruxelles 1823; L.-P. Gachard, Voyages des Souverains des Pays-Bas, I, Bruxelles 1876; E. Cosneau, Les grands traités de la Guerre de Cent Ans, Parigi 1889.

Bibl.: P. J. Blok, Geschiedenis van het Nederlandsche Volk, 3ª ed., I, Leida 1923; id., Philips de Goede en de hollandsche steden, Amsterdam 1924; O. Cartellieri, Am Hofe der Herzöge v. Burgund, Basilea 1926; G. Doutrepont, La littérature française à la cour des ducs de Bourgogne, Parigi 1909; Hintzen, De kruistochtplannen van Philips den Goede, Rotterdam 1918; A. Kleinclausz, Hist. de Bourgogne, Parigi 1924; E. Lameere, Le Grand Conseil des ducs de Bourgogne, Bruxelles 1900; Lemaire, La mort de Philippe le Bon, in Revue du Nord, 1910; C. Petit-Dutaillis, Charles VII, Louis XI et les premières années du regne de Charles VIII, in E. Lavisse, Hist. de France, IV, ii, Parigi 1902; H. Pirenne, Histoire de Belgique, II, 3ª ed., Bruxelles 1922.

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