MARIOTTI, Filippo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARIOTTI, Filippo

Marco Severini

– Nacque ad Apiro (Macerata) il 6 sett. 1833, secondogenito di Raffaele, caffettiere, e della romagnola Anna Beltramelli. Compì i suoi studi a Camerino, quindi a Roma, presso il Collegio romano, e poi di nuovo a Camerino, dove trascorse 15 anni in casa del conte Panfilo Fusconi come precettore del figlio Vincenzo. Il M. seguì il conte – illuminato mecenate con il quale strinse un profondo rapporto di stima e di amicizia che sarebbe durato per tutta la vita – a Firenze, dove frequentò l’Istituto di studi superiori, fece pratica legale presso lo studio dell’avvocato F. Andreucci, strinse relazioni e frequentazioni illustri (G. Capponi, B. Ricasoli, M. Tabarrini) e diede alle stampe i primi studi di carattere erudito (Della libertà d’insegnamento, Firenze 1864).

Laureatosi in giurisprudenza presso l’Università di Camerino e coltivata da autodidatta la passione per i classici latini e greci, divenne segretario e amico prediletto del romagnolo M. Bufalini, inducendolo a scrivere le sue memorie e curandone l’edizione che uscì presso Le Monnier (Ricordi di Maurizio Bufalini: sulla vita e sulle opere proprie, Firenze 1875). Nel frattempo, sul finire degli anni Cinquanta, il M. si era distinto tra le file del patriottismo liberal-monarchico e nell’autunno 1860 era stato chiamato a Camerino a far parte del governo provvisorio. Rifiutatagli dall’ateneo locale la cattedra di diritto costituzionale, il M. si segnalò come seguace dapprima di C. Cavour e poi di Q. Sella, di cui fu amico e consigliere, ritenendolo il politico più adatto per riprendere e approfondire le tradizioni schiettamente liberali e progressiste. Anche grazie a tali aderenze il M. propose nell’autunno 1865 la propria candidatura al Parlamento, contendendo il seggio camerte al deputato uscente Cesare Valerio, fratello di Lorenzo, che riuscì eletto al ballottaggio. Era comunque tracciata la strada e l’ingresso alla Camera fu differito di una legislatura: il 10 marzo 1867, infatti, il M. fu eletto rappresentante di Camerino con il 93% dei voti. Ebbe così inizio una lunga carriera parlamentare che lo avrebbe visto deputato di Camerino per le legislature X-XII (1867-76), di Fabriano per la XIII e la XIV (1876-82) e del collegio unico di Ancona per le legislature XV-XVII (1882-92), designate con scrutinio di lista.

Eletto sempre con largo margine, il M. incontrò alcune difficoltà nel gennaio 1877, in occasione della suppletiva per il collegio di Fabriano, resosi vacante il 13 dic. 1876 in seguito all’annullamento dell’elezione del generale G. Carini. Egli si trovò a sfidare due personalità ed ex deputati del collegio come il principe E. Ruspoli e il marchese N. Serafini, che avevano garantito gli interessi dell’aristocrazia fondiaria egemone e dunque di quel blocco agrario-conservatore che avrebbe dominato a Fabriano fino all’età giolittiana. Grazie anche alla candidatura dell’avvocato G. Pagano e alla conseguente dispersione dei voti, il M. superò Ruspoli al ballottaggio, dopo essersi guadagnato il sostegno della maggior parte dell’elettorato e del foglio locale Il Fabrianese.

Fin dalle prime legislature il M. si distinse come deputato attivo, membro di diverse giunte e commissioni. Nella X legislatura intervenne sul progetto di legge relativo ai militari dimessi dai governi pre-unitari e su quello per la liquidazione dell’asse ecclesiastico; inoltre svolse un’interrogazione sul decreto relativo alle scuole secondarie, esortò la presentazione del disegno di legge sugli impiegati civili nominati dai governi provvisori del 1848-49 e si interessò a più riprese della proposta per la nomina del bibliotecario della Camera. Nel 1871 presentò una mozione, accolta all’unanimità dalla Camera, con cui si proclamava Firenze benemerita della patria; si interessò, inoltre, dell’insediamento dell’Accademia dei Lincei – di cui fu uno dei primi soci – nel palazzo Corsini; ricevette l’incarico di approfondire la questione dell’abolizione dei fidecommessi nell’ex Stato romano e di preparare relazioni opportune. A questo tema egli avrebbe dedicato particolare operosità, impegnandosi nella salvaguardia del patrimonio artistico e del pensiero scientifico moderno, raccogliendo la documentazione parlamentare concernente la legge sull’abolizione dei fidecommessi artistici e scientifici e sulle relative collezioni, con un intento dunque di catalogazione e conservazione di tutte le opere artistiche, bibliotecarie e museali (La legislazione delle belle arti, Roma 1892).

Negli anni Settanta il M., residente a Roma in seguito al trasferimento della capitale, si distinse come autentico capofila della Destra marchigiana e acclarato notabile, occupandosi a più riprese delle vicende dei collegi adriatici. Tuttavia una certa ritrosia verso le lotte di campanile e le contese locali costituì un tratto costante del suo impegno parlamentare, in piena conformità con la contrarietà degli ambienti governativi nei confronti della nascita di nuove consorterie. Così, in occasione di uno dei tanti dibattiti sulle convenzioni ferroviarie – tema particolarmente sentito e dibattuto nella regione marchigiana – egli, per fugare i sospetti di regionalismo e consorteria, affermò in aula, il 12 giugno 1879, che «la gloria delle Marche» consisteva nel non avere una «deputazione marchigiana».

Inizialmente ostile ad A. Depretis e ai primi governi della Sinistra, il M. transitò nella maggioranza governativa dopo il 1882, segnalandosi come uno dei deputati marchigiani più assidui ai lavori dell’aula.

Nella XIII legislatura si occupò di questioni amministrative ed elettorali, nonché dei problemi delle ferrovie; fece parte della commissione di vigilanza sulla biblioteca della Camera e segretario della stessa, incarichi che mantenne nelle tre successive legislature e nella XIV presentò una proposta di legge per un’inchiesta sulle biblioteche del Regno. Nella XV legislatura si interessò soprattutto di questioni ferroviarie e scolastiche e presentò tre relazioni concernenti il disegno di legge per l’alienazione delle gallerie e delle biblioteche, quello per l’acquisto dei codici italiani della biblioteca Ashburnam (ora Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana) e un’ultima sulla tumulazione nella basilica di S. Croce delle salme di N. Matas e F. Puccinotti. Nella XVI legislatura, infine, svolse un’interrogazione sulla ferrovia Sant’Arcangelo-Urbino-Fabriano e presentò un disegno di legge per la tumulazione in S. Croce delle ceneri di G. Rossini.

Nominato sottosegretario del ministero della Pubblica Istruzione nel settimo governo Depretis e poi nei primi due governi Crispi (4 apr. 1887 - 6 febbr. 1891), il M. dispiegò un’intensa attività, occupandosi in particolare degli scavi e della tutela del patrimonio artistico e antiquario, della sistemazione delle biblioteche parlamentari, riordinate secondo i sistemi della moderna biblioteconomia, e della formazione dei ruoli di anzianità e dello stato economico e giuridico dei docenti, soprattutto della scuola media. Egli fu inoltre incaricato da F. Crispi di studiare una sede più comoda per il Parlamento.

In quegli anni il M. pubblicò diverse opere di argomento storico-politico. Con La sapienza politica del conte di Cavour e del principe di Bismarck (Torino 1886) – dedicata al conterraneo F. Marchetti, tradotta in tedesco da M. Bernardi e pubblicata ad Amburgo nel 1888 – realizzò un manuale di politica pratica che sottolineava l’importanza dell’azione umana nella gestione della politica e dell’amministrazione e, dunque, l’esigenza di poter disporre di personalità ferme e determinate. Con Il Risorgimento d’Italia narrato dai principi di casa Savoia e dal Parlamento (Firenze 1888) raccolse i proclami e i discorsi fatti dai sovrani sabaudi dal 1848 al 1878. Nel 1890, inoltre, realizzò un volume contenente Scritti e discorsi politici di Crispi (Roma 1890), che lo ringraziò pubblicamente durante un discorso a Palermo.

Il M. si distinse anche in campo letterario con un’accurata traduzione delle Orazioni di Demostene (I-III, Firenze 1874-77), autore cui aveva dedicato già una prima volgarizzazione negli anni fiorentini (Un’orazione di Demostene in favore di Olinto, ibid. 1865), e con un celebre studio statistico sulla Commedia dantesca (Dante e la statistica delle lingue, ibid. 1880), col quale dimostrò che il poeta fiorentino aveva realizzato il suo capolavoro con sole 5860 parole, fornendo un preciso elenco delle sequenze di determinati termini nelle tre cantiche. Attese a lungo, inoltre, alla compilazione di un grande dizionario greco-italiano, rimasto incompiuto, e collaborò con Nuova Antologia.

Affiliato alla massoneria, il M. fu membro del Consiglio dell’Ordine del Grande Oriente d’Italia e della commissione speciale Istruzione ed educazione pubblica. Nell’istituzione liberomuratoria aveva ritrovato amici di lungo corso come D. Farini.

Fedele a Crispi nei suoi due primi governi, il M. si avvicinò a Giolitti e il 10 ott. 1892 fu nominato senatore. Anche in questa veste continuò a impegnarsi per la tutela del patrimonio ambientale (Le gallerie, i musei e l’istituto di belle arti alla Villa Borghese, Roma 1901) e la valorizzazione di personalità marchigiane (La sapienza di Francesco Puccinotti, Roma 1894).

Nel 1896 ottenne un posto al Consiglio di Stato, dove rimase fino al 1908, allorché fu collocato a riposo per raggiunti limiti di età. Nell’ultima parte della vita fu consigliere dell’Ordine Mauriziano e commissario straordinario per l’Istituto superiore di studi commerciali, coloniali e attuariali, fu insignito della croce di cavaliere dell’Ordine civile di Savoia e rappresentò il Senato nel Consiglio superiore della Pubblica Istruzione.

Non minore energia egli investì sui problemi delle Marche. Molto si batté per l’istituzione della Deputazione marchigiana di storia patria – in precedenza sezione della Deputazione umbro-toscana – di cui fu primo presidente (1892-99) e poi membro ordinario e presidente onorario. Al nuovo ente dedicò zelo, passione ed energie intellettuali, innalzandolo a grande importanza e orientandolo verso la ricerca documentaria, la compilazione di memorie e la pubblicazione di preziosi volumi. Mise inoltre a disposizione le proprie finanze per la costruzione della strada, oggi provinciale e a lui dedicata, che congiunse il paese natale con la più vicina stazione ferroviaria di Castelplanio. Grande fu inoltre l’interesse del M. per G. Leopardi.

Dopo che nel settembre 1896 la Deputazione marchigiana di storia patria aveva bandito, dietro suo impulso, un concorso nazionale per un lavoro sul poeta, egli si recò a Napoli a visitarne la tomba, nella piccola chiesa di S. Vitale nel quartiere popolare di Fuorigrotta, lasciata «in abbandono costante». Il M. presentò al Senato una proposta di legge (2 giugno 1897), subito approvata dai due rami del Parlamento e divenuta legge il 4 luglio successivo, che dichiarò quella tomba monumento nazionale. Inoltre una sua interpellanza, svolta in Senato il 9 apr. 1897 (pubblicata con il titolo I manoscritti leopardiani, Roma 1897), riaccese la questione dei preziosi manoscritti, che la famiglia Leopardi aveva già portato in tribunale. Grazie al sostegno di G. Carducci e del ministro E. Gianturco, riuscì a sottrarre all’oblio i manoscritti, cosicché nel 1898 poté avviarsi presso Le Monnier la pubblicazione dello Zibaldone con il titolo di Pensieri di varia filosofia e di bella letteratura. Mente e anima del centenario leopardiano (Onoranze pel centenario della nascita di Giacomo Leopardi deliberate dalla Deputazione marchigiana di storia patria, Ancona 1896), il M. si vide dedicato da P. Mascagni il poema musicale per orchestra e voce di soprano scritto per l’occasione (A Giacomo Leopardi, Milano 1899). Il M. si occupò altresì dello studio dei ritratti del grande poeta (I ritratti leopardiani, Roma 1897) e di diversi aspetti della vita e della sua produzione, pubblicando notazioni e ricerche (Una canzone di Giacomo Leopardi commentata dalla polizia austriaca nel 1820, in Nuova Antologia, 16 ag. 1897, pp. 633-636). Nel 1900 supervisionò la riesumazione del corpo di Leopardi: intervento che destò un vespaio di polemiche poiché l’équipe tecnica rivelò che i resti potevano difficilmente attribuirsi al poeta. Ottenne, infine, che l’artista e senatore G. Monteverde scolpisse un busto del poeta e lo donasse al Senato.

Il M. fu sino alla fine molto attivo sul versante politico e culturale. Negli ultimi lavori (Le tasse sull’alfabeto, ovvero dei conflitti fra l’aritmetica e la retorica, Roma 1900; Storia dell’alpinismo politico, ibid. 1901) l’erudizione si sposò alla curiositas e a un certo divertissement, che furono assai consentanei alla sua personalità.

Il M. morì a Roma, nella casa dei conti Fusconi, il 25 giugno 1911.

Fonti e Bibl.: D. Gaspari, Memorie storiche di Serra San Quirico, Roma 1883, p. 259; La morte del sen. M., in L’Ordine - Corriere delle Marche, 26-27 giugno 1911; G. Castelli, Commemorazione del socio fondatore e benemerito F. M. fatta in Ancona nell’adunanza del 23 luglio 1911…, Ancona 1911; G. Piangatelli, Vicende ed umori privati e pubblici del mondo politico maceratese attraverso l’Arch. Luzi (1847-1896), in Studi maceratesi, XV (1979), pp. 393-428; C. Chiodo, Note sulla critica dantesca nelle Marche dal 1861 al 1915, ibid., p. 763; M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato e prefetti del Regno d’Italia, Roma 1989, pp. 197, 721; D. Borioni, F. M. (Apiro 1833 - Roma 1911) politico e letterato, Apiro 1990; Letteratura italiana (Einaudi), Gli autori. Diz. bio-bibliografico e Indici, Torino 1991, II, p. 1149; A.A. Mola, Storia della massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Milano 1997, p. 264; M. Severini, Vita da deputato Ruggero Mariotti (1853-1917), Venezia 2000, p. 375; Id., Protagonisti e controfigure. I deputati delle Marche in età liberale (1861-1919), Ancona 2002, ad nomen; F. Conti, Storia della massoneria italiana dal Risorgimento al fascismo, Bologna 2003, p. 390; Enc. biografica e bibliografica «Italiana», A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, p. 159.

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