Melantóne, Filippo

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Umanista e riformatore (Bretten, Basso Palatinato, 1497 - Wittenberg 1560), si educò sotto l'influenza del prozio G. Reuchlin. Nel 1509 fu all'univ. di Heidelberg, nel 1512 a Tubinga ove divenne (1514) magister artium e si dedicò allo studio dei classici, soprattutto di Aristotele; pubblicò un'edizione di Terenzio (1516) e una grammatica greca (1518). Si occupava frattanto di teologia rifacendosi, con nuovo metodo schiettamente umanistico, alla patristica greca e al testo originale del Nuovo Testamento per intendere l'"autentico cristianesimo". Passato a Wittenberg (1518), con la sua prolusione sulla riforma degli studî (De corrigendis adolescentiae studiis), ispirata a ideali umanistici, si procurò grande ammirazione e strinse molte amicizie. Conobbe, tra gli altri, Lutero: in lui M. vedeva, come Erasmo e gli altri umanisti, il restauratore della pura fede evangelica, l'iniziatore di una riforma da tempo attesa. Poi l'accordo con Lutero si fece più stretto: M. ne diventò l'amico più devoto, il collaboratore più dotto, che espose la teologia luterana nei Loci communes rerum theologicarum seu Hypotyposes theologiae (1521). Tuttavia alcune scelte di Lutero gli impedirono una piena concordanza di vedute: se da una parte cercò di impedire la definitiva rottura con Roma (egli fu invece sempre per una conciliazione), dall'altra ripugnava alla sua formazione umanistica la dottrina del servo arbitrio, che si opponeva in modo assoluto all'insegnamento dei classici (soprattutto di Aristotele e Cicerone). Si comprende così che restasse addolorato dalla rottura fra Lutero ed Erasmo, di cui condivideva molti ideali. D'altro lato, il suo stesso razionalismo lo portava a respingere la dottrina di Lutero sull'eucaristia per avvicinarsi invece all'interpretazione simbolistica degli zwingliani. Tutto questo può dar ragione dell'atteggiamento a volte incerto o addirittura ambiguo di M., il quale tuttavia fu pur sempre fedele a Lutero; nel 1525 fu con lui per la repressione dell'insurrezione dei contadini e nella polemica contro Carlostadio; nel 1529 gli fu vicino a Spira e a Marburgo; poi ad Augusta, ove tuttavia tentò la conciliazione con la Chiesa cattolica e preparò la Confessio augustana; ancora nel 1537 firmò gli "articoli di Smalcalda" e (1539) il famoso "consiglio di coscienza" a Filippo d'Assia; nel 1540 era alle conferenze di Worms e Ratisbona. Ma intanto le opere di M. dimostravano la progressiva attenuazione delle più caratteristiche tesi luterane soprattutto sul problema della volontà e della libertà, con le relative conseguenze etiche; negli scritti dedicati a questi temi i presupposti luterani sono infatti costantemente modificati da una più positiva concezione della ragione umana, influenzata, anche in questo caso, da esigenze umanistiche: nel commento all'Epistola ai Romani (1532), nella rielaborazione dei Loci theologici (1535), nel commento a Giovanni (1536), si fa chiaramente strada la rivalutazione delle opere buone e la tesi per cui la giustificazione non esclude il concorso umano. Morto Lutero, che toccò a M. commemorare (1546), si avvicinò maggiormente a Erasmo e in un'ulteriore rielaborazione, che può dirsi semipelagiana, accentuava nella fede l'elemento dell'assenso, ammetteva la validità di una chiesa visibile, sollevando lo sdegno dei luterani intransigenti. Nel 1551 M. si preparava a recarsi al Concilio di Trento per il quale aveva redatto una Confessio saxonica. Nel quadro della Riforma luterana M. si preoccupò inoltre di sviluppare una serie di posizioni filosofiche, collegate per molti versi alla filosofia aristotelica, che tuttavia corrispondessero più adeguatamente alle nuove tesi enunciate da Lutero in campo teologico e dogmatico. Di qui il suo interesse per il rapporto filosofia-teologia e la sua opera di sistemazione divulgativa nei campi della dialettica, della fisica, delle dottrine dell'anima e della morale. Importante lo spazio concesso alla dialettica, vista come il metodo dell'insegnamento, cui è affidato il compito di stabilire le regole della definizione, della divisione e dell'argomentazione, in stretta connessione con la retorica (De dialectica libri IV, 1528; Erotemata dialectices, 1547). Per questa sua opera M. può essere considerato, in contrapposizione alle concezioni dell'aristotelismo e in linea con le prevalenti tendenze umanistiche a livello europeo, come uno dei fautori di una logica nuova, non più riducibile ai modelli formali del sillogismo. L'attaccamento alla cultura umanistica, il desiderio di riforma per un autentico evangelismo, l'equilibrio che sempre cercò di mantenere nelle posizioni dottrinali avverse, fanno di M. una delle più importanti figure della cultura tedesca; mentre il suo disegno di riforma degli studî universitarî attuato a Wittenberg e presto diffuso in tutta la Germania, gli procurò l'appellativo di praeceptor Germaniae.

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