Filippo V di Macedonia

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Figlio (n. 237 circa - m. 179 a. C.) di Demetrio II l'Etolico: mortogli il padre (229) e poi il tutore Antigono Dosone (221), giovanissimo e inesperto, commise inizialmente una serie di gravi errori politici e militari che più tardi non riuscì a riparare. Costretto, dopo alcune inutili campagne, alla pace di Naupatto (217) con gli Etoli, tentò poi con una flottiglia improvvisata la riconquista dell'Illiria, ma fu facilmente respinto da poche quinqueremi romane (216), disastro che si ripeté più tardi in proporzioni assai maggiori all'assedio di Apollonia (214). Frattanto (215: erano gli anni della seconda guerra punica) si era alleato con Annibale: Roma gli suscitò contro la coalizione di Etoli, Spartani, Elei e Pergameni, che tuttavia si sfasciò appena i Romani lasciarono la Grecia (207), e il trattato di Fenice (205) fu relativamente favorevole a Filippo. Questi costruì poi una flotta tentando, anche con l'aiuto di Antioco III di Siria, di estendere la sua influenza nell'Egeo; ma la ferma opposizione dei Rodî e di Attalo di Pergamo gli costò una gravissima disfatta navale (201) e, l'anno successivo, l'intervento romano suscitato contro di lui, oltre che dalle manovre dei Rodî e di Attalo, dall'invasione macedone dell'Attica. Dopo due anni di campagna, ebbe una gravissima sconfitta a Cinoscefale, per cui dovette subire durissime condizioni (197). Ma negli anni successivi fu in buone relazioni con Roma, cooperando alle campagne contro Nabide (195), contro gli Etoli e Antioco (192-89): una condotta che, ispirata in realtà all'intendimento di non permettere in Grecia altra egemonia che la propria, gli valse tuttavia la remissione del tributo impostogli nel 197 e la riconsegna del figlio Demetrio che era stato dato in ostaggio ai Romani. Quindi F. attese a ricostruire un saldo dominio territoriale; guadagnò nuovamente la Tessaglia e altre regioni e piazzeforti del N della Grecia e fu tanto dominato dal suo disegno di riscossa da condannare a morte persino il figlio Demetrio per la pretesa sua connivenza coi Romani. La morte lo colse nel 179 a. C. nel fervore della sua azione. Fu uno dei più grandi sovrani dell'età ellenistica: non ebbe doti eminenti di stratega e di politico e la sua durezza, talvolta addirittura crudeltà, gli alienò l'animo dei Greci; tuttavia il coraggio e l'intrepidezza mai venuta meno e la dedizione completa dell'intera sua opera di sovrano alla lotta contro Roma fanno di lui la figura più spiccata e più caratteristica dell'estrema lotta dei Greci per l'indipendenza.

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