FILOLAO di Crotone

Enciclopedia Italiana (1932)

FILOLAO di Crotone

Augusto Rostagni

Filosofo della scuola pitagorica, nato qualche decennio dopo la morte di Pitagora, verso il 470, e vissuto sino alla fine del sec. V o al principio del IV a. C. Sfuggì insieme con Liside alle persecuzioni e alla distruzione dei circoli pitagorici in Crotone, verso il 450, e riparò in Grecia, dove visse per lo più a Tebe, e ivi si costituì una cerchia di scolari, come Simia e Cebete, che furono in relazione con Socrate e con Platone (infatti compaiono come interlocutori del Fedone platonico). L'importanza di F. nella storia del pitagorismo è grandissima, perché egli fu il primo a diffondere fuori della Magna Grecia la conoscenza delle dottrine pitagoriche, fu anche il primo, fra i veri e proprî adepti, che pubblicasse scritti, contravvenendo alla prescrizione del silenzio.

Dei suoi tre libri Intorno alla natura, e di altre opere, Intorno all'anima, Intorno ai ritmi e ai metri, abbiamo ampî frammenti in dialetto dorico, la cui autenticità da parecchi critici modemi è stata aspramente negata, ma tuttavia appare, almeno per gran parte di essi, incontestabile. In Filolao risultano fissati i dogmi principali della scuola: la dottrina dei numeri; il concetto che spiega la formazione del mondo naturale; la genesi delle cose mediante l'unione del limitato e dell'illimitato. Inoltre, l'universo non è tutto compreso nel mondo naturale: bensì al mondo naturale, alla natura, alle cose, che provengono dagli opposti elementi del limitato e dell'illimitato, Filolao contrappone un altro principio, qualificato col nome di essenza delle cose e qua e là concepito in modo ancor mitico e teologico: essenza che è eterna, mentre il mondo naturale nasce e diviene; essenza che è causa prima del mondo naturale, perché senza di essa il mondo naturale non potrebbe formarsi né esistere. In termini spaziali e astronomici l'universo è una sfera: e questa non comprende soltanto la terra e gli astri e la vòlta celeste accessibile ai nostri sensi, bensì comprende anche, in sua apposita sede, il principio formativo di tutto, l'essenza delle cose; la quale sta attorno al cosmo come cintura di fuoco purissimo, o etere o anima o Dio. Una tale concezi0ne dell'universo fu poi largamente sviluppata dai neopitagorici, nell'età ellenistica e romana. E perciò molti critici hanno ritenuto che le opere di Filolao siano falsificazione di neopitagorici, i quali risentivano già le influenze di Platone, di Aristotele, ecc. (e quindi dei concetti di forma e sostanza, di spirito e materia, di principio attivo e principio passivo, di cui è traccia nelle teorie attribuite a Filolao), mentre è più probabile che Platone abbia egli subita l'influenza di Filolao.

I frammenti e le testimonianze in A. Boeckh, Philolaos Lehren nebst Bruchstücken, ecc., Berlino 1819; H. Diels, Die Fragmente der Vorsokratiker, 4ª ed., Berlino 1922, I, p. 301 segg.

Bibl.: A. Covotti, La filosofia in Sicilia e nella Magna Grecia, Pisa 1900; E. Zeller, Die Philosophie der Griechen, I, i, 6ª ed., Lipsia 1919, p. 369 segg.; K. Joel, Geschichte der ant. Philosophie, I, Tubinga 1921, p. 352 segg.; E. Frank, Plato und die sogenannten Pythagoreer, Halle 1923; A. Rostagni, Il Verbo di Pitagora, Torino 1924, pp. 47-68.

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