FILOSTRATO

Enciclopedia Italiana (1932)

FILOSTRATO (Φιλόστρατος, Philostrătus)

Bruno Lavagnini

Nome di quattro sofisti dell'età imperiale, tutti originarî di Lemno. L'omonimia ha portato confusioni nella tradizione a loro riguardo, sicché anche ora riesce difficile attribuire all'uno o all'altro di essi le opere conservate sotto il loro nome.

1. Filostrato di Lemno. - Figlio di Vero, insegnò retorica in Atene sotto i Flavi, stando a Suida; ma dovrà piuttosto essere collocato nella seconda metà del sec. II d. C., se fu, come afferma lo stesso Suida, padre del F. successivo. A lui dovrebbe essere attribuito il breve dialogo Nerone (Νέρων) compreso nella raccolta degli scritti di Luciano. Il colloquio (che s'immagina avvenuto in un'isola dell'Egeo fra una vittima di Nerone, ivi relegata, il filosofo Musonio, e il lemnio Menecrate), prendendo le mosse dallo scavo dell'Istmo, si sofferma sulle stravaganze e le crudeltà di Nerone, ed è interrotto dall'avvicinarsi della nave che porta l'annunzio della morte del tiranno. V'è chi crede che anche questo dialogo, per ragioni di stile, sia da attribuire al successivo.

2. Flavio Filostrato, detto l'Ateniese. - Figlio del prino F., nato a Lemno verso il 170, morto sotto Filippo l'Arabo (244-249 d. C.). Si segnalò dapprima come professore in Atene. Venuto a Roma sotto il regno di Settimio Severo (prima del 211), fu al seguito di Giulia Domna, che accompagnò in diversi viaggi, e da lei fu spinto a scrivere la Vita di Apollonio di Tiana, condotta a termine dopo la morte dell'imperatrice (217). In età avanzata scrisse le Vitae sophistarum dedicate ad Antonio Gordiano I quando non era ancora imperatore, quindi prima del 238.

La Vita di Apollonio di Tiana, in 8 libri, è una biografia romanzesca. L'opera, che tme l'ispirazione e l'impulso dall'ambiente mistico della imperatrice siriaca, a cui è dedicata, vuole essere un libro di edificazione e in essa sono raccontati soprattutto i viaggi di Apollonio nel mondo grecoromano (v. apollonio di tiana). Componendo quest'opera superficiale e pretensiosa, F. non ha in nessun modo pensato a dare una specie di vangelo alle società pagane, né a contrapporre Apollonio a Gesù. Ma il raccostamento non doveva tardare a prodursi. Il neopitagorismo mistico, ascetico e taumaturgico appariva come un ideale realizzato, nel quadro di una biografia miracolosa che pretendeva di essere storica e veniva considerata come tale. La forma stessa del racconto sofistico rispondeva al gusto del tempo. Era inevitabile che il paganesimo scegliesse questo libro quando avesse cercato qualche cosa da opporre agli Evangelî. Questo fu fatto alla fine del sec. III da Ierocle, governatore di Bitinia sotto Diocleziano, nel suo Λόγος ϕιλαλήϑης, confutato da Eusebio, in uno scritto che il Kayser riproduce nella sua edizione di F. (I, 369 segg.). Il tentativo di Ierocle e la confutazione di Eusebio hanno creato attorno all'opera di F. un successo di scandalo che si è prolungato fino ai nostri tempi.

F. ebbe la prima idea delle Vite dei Sofisti (Βίοι σοϕιστῶν), in due libri, in Antiochia, mentre s'intratteneva nel tempio di Apollo Dafneo, luogo di ritrovo dei sofisti, col suo condiscepolo, il futuro imperatore Gordiano. Da queste conversazioni, elaborate e completate, uscirono appunto i due libri delle vite. Quest'opera, che avrebbe dovuto essere una storia della sofistica, è, al più, una raccolta di notizie intorno ad alcuni sofisti. Essa si divide in tre parti disuguali. La prima tratta degli uomini di cultura filosofica che per la loro cura dell'espressione verbale meritarono di essere annoverati tra i sofisti (Eudosso di Cnido, Leone di Bisanzio, Carneade, Dione di Prusa, Favorino ecc.); la seconda tratta degli antichi sofisti, da Gorgia e Protagora fino a Isocrate e ad Eschine; la terza parte, la più estesa, è dedicata alla cosiddetta seconda sofistica (δευτέρα σοϕιστική) cui l'autore stesso appartiene. Questo periodo si apre con Niceta di Smirne, che fiorì sotto Nerone e Vespasiano, e viene condotto fino ad Aspasio, sotto Alessandro Severo. Larga tlattazione viene concessa agli astri di prima grandezza, Polemone ed Erode, mentre mancano Plutarco e Luciano, l'uno come spregiatore dell'atticismo, l'altro come transfuga della nuova sofistica. Tutto questo senza nessun metodo e senza senso storico. Anche nell'età più recente il disegno dell'opera si riduce a una semplice giustapposizione di biografie. Né di vere biografie si tratta: sono ritratti oratorî, messi insieme sulla base di raccolte di lettere, tradizioni di scuola, discorsi conservati, ricordi personali, ed è in questo particolarmente il loro pregio. E un ottimo documento per noi non solo riguardo ai personaggi di cui parla, ma in tutto quanto concerne l'organizzazione delle scuole di allora, le abitudini dei maestri e i gusti del pubblico, per tutto quello che è insomma la cosiddetta "seconda sofistica". Invero l'autore è troppo dominato dal suo soggetto: ammiratore entusiasta di un'arte che è anche la sua, egli non abbandona mai il tono dell'iperbole. Anche i minori sono grandi uomini ai suoi occhi. La critica è limitata all'esterno e manca di penetrazione. Parla del maestro e dell'oratore, ma la personalità umana gli sfugge. Fu imitato e continuato da Eunapio (v.).

A questo medesimo F. sembra da attribuire il trattato Sulla Ginnastica (Περὶ γυμναστικῆς), scritto intorno al 219, del quale si avevano solo frammenti ed estratti fino al 1858, quando fu pubblicato per la prima volta su di un manoscritto trovato nel 1844 da Minoides Mynas.

Nell'indirizzo della seconda sofistica rientrava anche il tentativo di richiamare in vita l'atletica antica, disprezzata dai filosofi tanto di tendenza cinica e stoica quanto di tendenza platonica. Tale indirizzo presenta anche l'opuscolo di F., che attinge per la materia a un'opera tecnica e vi mette di suo lo stile elegante.

Quanto alla raccolta di 73 lettere, tramandata pure sotto il suo nome, l'autenticità è dubbia per le prime 64, di contenuto erotico: le solite variazioni su temi d'amore, attinti alla commedia nuova o all'elegia alessandrina. Sicura sembra invece, per ragioni di stile e di contenuto, l'attribuzione delle lettere rimanenti, di vario argomento. La 72 è un rimprovero a Caracalla, uccisore del fratello Geta; la 73, indirizzata all'imperatrice Giulia, è una difesa dei sofisti dalle accuse loro rivolte.

Pretensioso e superficiale, F. l'Ateniese, la figura più importante del gruppo, rappresenta bene la letteratura sofistica del tempo, coi suoi pregi e coi suoi difetti.

3. Filostrato lemnio. - Figlio di Nerviano, nipote del primo F., scolaro d'Ippodromo e del proprio suocero, il secondo F., è ricordato da questo nelle Vite dei sofisti con l'epiteto di Lemnio. Nacque verso il 191. Dopo la morte di Elagabalo (222) s'incontrò a Roma con Eliano. Insegnò in Atene, ma fu sepolto in Lemno. In base a una citazione del retore Menandro, che ricorda accanto a Senofonte, come modello di stile semplice e piano, "quel F. che scrisse l'Eroico (‛Ηρωικός) e le Immagini (Εἰκόνες)", si attribuisce a lui, piuttosto che al precedente, come alcuno preferirebbe per ragioni di stile, la paternità dei due scritti anzidetti, pure conservati fra le opere filostratee.

L'Eroico ‛Ηρωικός), o Dialogo sugli eroi, rivela una tendenza analoga a quella che aveva ispiiato a F. Ateniese la vita di Apollonio di Tiana. Sulla riva dell'Ellesponto, un vignaiolo accoglie un mercante fenicio: seduto con lo straniero nella sua vigna, sotto i grandi alberi, non lungi dalla tomba di Protesilao, gli narra come questo eroe gli appaia sovente e si interessi dei suoi lavori. Viene così a parlare di quasi tutti gli eroi della guerra di Troia, descrivendo il loro aspetto e i loro costumi, quali li ha appresi dai colloqui con Protesilao: è l'evocazione di un mondo soprannaturale collocata dentro una cornice agreste. L'opera si collega per il contenuto alle credenze della superstizione popolare, mentre risponde per lo stile al gusto letterario del tempo.

Tra le opere più lette e ricordate dei F., anche tra i Bizantini e in età moderna, furono le Immagini (Εἰκόνες), raccolta in due libri che comprende 6. i descrizioni di quadri, per lo più di soggetto mitico, che si sarebbero trovati a Napoli in un portico attinente a una villa. Benché l'opera d'arte accenni spesso a divenire pretesto per lo sfoggio di stile, non si può negare all'autore una notevole penetrazione psicologica e capacità di analisi nell'esame delle pitture, e si ha l'impressione, anche dove manca la documentazione archeologica, che il punto di partenza siano quadri effettivamente esistenti. Sicché molteplice è l'interesse dell'opera, non solo per la storia della letteratura, ma anche per la storia dell'arte e per la mitologia. Come non le mancavano predecessori, sia negli epigrammi ellenistici sia nelle ekphraseis retoriche, o per sé stanti o intercalate nella prosa della storia e del romanzo, così non le mancarono continuatori, e primo il

4. Filostrato, nipote del precedente (figlio di una figlia), vissuto nella seconda metà del sec. III e autore di una seconda serie di Imagines (Εἰκόνες).

La descrizione, condotta con minore abilità e naturalezza di quanto non avesse fatto l'avo materno, s'interrompe nei nostri mss. col 17° quadro; l'artificio stilistico prende ormai il sopravvento. Ancora un poco e poi, con Callistrato, l'opera d'arte non sarà più che un pretesto di esercitazione verbale.

Ediz.: Editio princeps l'Aldina, Venezia 1501-1503. Principali edizioni complete: Olearius, 1 vol. in fol., Lipsia 1709; Kayser, 1 vol., Zurigo 1844; 1853 (4ª ediz.); Westermann, 1 vol. (Bibl. Didot), Parigi 1846; Kayser in 2 voll. nella Bibl. Teubner, 1870-71. Edizioni speciali: per il Gymnastikos, di Minoides Mynas, Parigi 1858 (ed. princeps), di Jüthner, Lipsia e Berlino 1909 (con traduz. tedesca); per le prime Imagines ed. a cura del Seminario di Vienna sotto la direzione di Benndorf e Schenkl, Lipsia 1893; per le seconde Imagines (incluse le descrizioni di Callistrato), di Schenkl e Reisch, Lipsia 1902.

Bibl.: Christ-Schmid, Gesch. der griech. Lit., 6ª ed., II, ii, Monaco 1924, p. 772 segg.; A. e M. Croiset, Histoire de la Litt. grecque, V, Parigi 1899, p. 761 segg.; Th. Bergk, Fünf Abhandlungen zur Gesch. der griech. Philosophie u. Astronomie, a cura di G. Hinrichs, Lipsia 1883, pp. 173-181; E. Rohde, in Gött. Gel. Anz., 1884, p. 32 segg. (Kl. Schr., I, p. 338 segg.); J. Fertig, De Philostratis sophistis, Bamberg 1894; W. Schmidt, Atticismus, Stoccarda 1887-96, IV, p. 1 segg.; K. Münscher, in Philologus, Suppl. X (1907), pp. 469-558. Su F. l'Ateniese v. anche la bibl. cit. s. v. apollonio di tiana. Sulla questione se i quadri descritti da F. Lemnio nelle Εἰκόνες siano effettivamente esistenti, contro la negazione radicale del Friederichs, Die Philostratischen Bilder, Erlangen 1860, difese l'attendibilità delle descrizioni H. Brunn, in Jahrb. f. cl. Ph., Suppl. 4 (1861), pp. 177-303 e in Jahrb. f. cl. Ph., CIII (1871), pp. 1-33, 81-105; sono per una opinione intermedia F. Matz, De Philostratorum in describendis imaginibus fide, Bonn 1867 e A. Kalkmann, in Rhein. Museum, XXXVII (1882), p. 397 segg.

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