Filoviridae

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Famiglia di virus a RNA, causa di gravi febbri emorragiche nell’uomo e negli altri Primati. Ne sono stati identificati solo due membri: il virus Marburg e il virus Ebola (di cui si conoscono 4 sottotipi: Ivory Coast, Sudan, Zaire e Reston). Il primo fu identificato nel 1967 a Marburg, in Germania, dove 25 persone, impegnate nella preparazione di colture cellulari a partire da cellule renali di Cercopithecus aethiops, si ammalarono e 7 di esse morirono. La trasmissione dei virus Marburg ed Ebola avviene per contatto con materiali biologici di soggetti infetti (sangue, liquido seminale, secrezioni e organi) o manipolando scimmie infette, ma non è escluso che possa avvenire anche per via aerogena, in quanto negli alveoli polmonari di scimmie sono state ritrovate particelle virali.

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I F. raggiungono una lunghezza di oltre 1500 nm. Filiformi (possono apparire al microscopio elettronico ripiegati a forma di amo da pesca), sono formati da un nucleocapside a struttura elicoidale costituito da RNA associato a proteine (capsidica NP, polimerasi L, proteine virioniche VP30 e VP35) e circondato da un involucro lipoproteico associato a proteine (glicoproteina GP, proteine virioniche VP40 e VP24; v. fig.). Si replicano nel citoplasma delle cellule infettate, e nelle fasi iniziali della replicazione le cellule bersaglio sono le cellule monocito-macrofagiche. La produzione da parte di queste cellule di citochine, e in particolare del fattore α della necrosi tumorale, aumenta la permeabilità delle cellule paraendoteliali. Di conseguenza, il caratteristico sanguinamento che rappresenta la manifestazione tipica di queste infezioni è dovuto sia al danno a livello degli endoteli, causato dalla replicazione del virus, sia ai processi mediati dalle citochine secrete dai macrofagi.

Nell’uomo le febbri filovirali sono associate a manifestazioni emorragiche, coagulazione intravascolare disseminata e shock. Dopo un’incubazione di durata variabile da 2 a 12 giorni, nei soggetti infettati insorgono febbre e dolori muscolari. Dal 6° al 16° giorno la malattia si aggrava e spesso l’esito è letale. La percentuale di mortalità varia a seconda del tipo di virus (sierotipo). Tra tutti i F. finora individuati, il sierotipo Ebola-Reston sembra quello meno patogeno per l’uomo.

Nelle secrezioni e in campioni di tessuti infetti si ricercano gli antigeni dei F. con tecniche di immunofluorescenza e immunoenzimatiche, oppure mediante l’acido nucleico virale con la reazione della PCR. Per il controllo delle infezioni da F. non sono disponibili farmaci antivirali specifici e vaccini; la terapia si limita alla somministrazione di interferone γ. Vengono effettuate misure di prevenzione che prevedono la quarantena di animali importati dalle zone endemiche e l’attuazione di norme igienico-sanitarie nelle zone dove sono presenti le epidemie. Nel 2000, la sperimentazione negli scimpanzé di un vaccino ottenuto con le tecnologie del DNA ricombinante ha dato buoni risultati di protezione.

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