DI FAUSTO, Florestano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 40 (1991)

DI FAUSTO, Florestano

Giuseppe Miano

Nacque a Rocca Canterano (Roma) il 16 luglio 1890 da Demetrio e Bernardina Picconi. La sua formazione si svolse interamente a Roma: compì gli studi di architettura presso l'accademia di belle arti, poi, nel 1922, conseguì la laurea in ingegneria civile.

Tra il 1916 e il '23, ai suoi esordi, collaborò per la parte architettonica con lo scultore P. E. Astorri, vincitore del concorso, per l'erezione del monumento a Pio X, inaugurato il 28 giugno 1923 nella basilica vaticana; per quest'ultima il D. aveva anche ideato un progetto di modifica della facciata (1916), che ebbe buona accoglienza e qualche risonanza sulla stampa e fu illustrato dall'autore con l'opuscolo Per una più degna armonia nella facciata della Basilica Vaticana e per una migliore visuale della cupola di Michelangelo (Roma 1916). Per un'altra basilica romana, S. Croce in Gerusalemme, qualche anno più tardi progettò ed eseguì il Calvario e la cappella monumentale delle Reliquie della Passione, insieme inaugurato nel 1930, ma completato solo nel 1952.

Sulla sinistra del presbiterio e alle spalle dell'abside, l'intervento consiste in una scalinata con Via crucis e in una cappella con altare e ciborio. Paramenti parietali ad intarsi marmorei e una transenna arricchiscono un ambiente ben disegnato, ma di effetto innegabilmente algido. Vari altri artisti concorsero alla decorazione di quest'opera del Di Fausto.

Sempre all'inizio della sua carriera professionale il D. ebbe occasione di diventare consulente tecnico del ministero degli Affari esteri: con tale mansione costruì o trasformò numerosi edifici per sedi di rappresentanza diplomatica e di istituti culturali italiani in varie nazioni europee ed extraeuropee, nel periodo tra il 1924 e il 1932.

Fra l'altro si ricordano la legazione italiana a Belgrado (1924-26), quella del Cairo (1928-30), la Casa degli italiani in Algeri (1931), l'ambasciata ad Ankara, il consolato d'Italia a Tunisi (1931-32) e le "sistemazioni, trasformazioni e ampliamenti di varie rappresentanze d'Italia all'estero: Copenaghen, Stoccolma, Aja, Sofia, Istanbul, Oslo, Salonicco, Nizza, Lisbona, Madrid, Bruxelles, Buenos Aires, Rio de Janeiro, Londra, ecc." (Biancale, 1932). A questo gruppo di opere si devono aggiungere le scuole italiane di Al Mansúr in Egitto, Atene, Casablanca (1930-32). A Roma, curò nel 1930 l'adattamento della palazzina di Pio IV, in via Flaminia 166, ad ambasciata d'Italia presso la S. Sede.

A partire dalla seconda metà del terzo decennio del secolo, la sua attività progettuale divenne, a dir poco, febbrile: il D. attese contemporaneamente a progetti e realizzazioni in luoghi diametralmente opposti, da Roma e Lazio a Pescara, alle Marche, alla Romagna, fino all'Albania e a Rodi. Per Roma presentò numerosi progetti, fra cui una proposta di sistemazione di piazza del Parlamento (1927), una per piazza Colonna (1928), un'altra per il riassetto del lungotevere Marzio (1929) e un progetto per la sede della Banca nazionale del lavoro in via Vittorio Veneto (1930); dal 1925 al 1932 anche molti studi e proposte per il piano regolatore della capitale.

Il celebre tenore B. Gigli si rivolse a lui per la progettazione e la realizzazione della propria fastosa ma pretenziosa residenza sul colle di Montarice presso Loreto (1926-28).

La costruzione, concepita dal D. in un melodrammatico stile neobarocco, ostenta un fastigio ad altana coronato di statue ed è circondata da un giardino con aiuole in cui campeggiavano simbolici disegni a gigli.

Nel medesimo biennio il D., che doveva godere anche il favore del capo del governo fascista, delineò un piano d'insieme e costruì i principali edifici di Nuova Predappio, rifondazione del paese natale di Benito Mussolini in Romagna. Contemporaneamente operò a lungo nelle isole dell'Egeo. Fin dai primi mesi del 1923, in stretta collaborazione con il governatore, ambasciatore M. Lago, in ripetuti e lunghi soggiorni, costrui a Rodi e in altri centri insulari del Dodecaneso una serie cospicua di opere.

L'attività del D. nell'Egeo italiano rappresenta, per certi versi, il momento più felice della sua produzione. Dapprima fu impegnato nella redazione del "piano regolatore a scopo di ampliamento e di risanamento della città di Rodi", già approntato il 29 gennaio 1926. Oltre alla conservazione quasi integrale della città murata, mediante aree di rispetto e misure di salvaguardia, tale piano non presentava elementi che connotassero un marcato disegno urbanistico: la nuova Rodi si configurò come un riccheggiamento di una città-giardino all'italiana, o più semplicemente un insieme di quartieri a villini. Il D., inoltre, in vari punti adagiò il suo piano su persistenze e allineamenti stradali della trama antica di quello tracciato da Ippodamo di Mileto (406-407, cfr. Biancale, 1932, p. 20). Contemporaneamente alla redazione del piano, il D. configurava il volto architettonico della nuova Rodi costruendo edifici destinati a vari usi. Lungo la riva occidentale del porto del Mandracchio, ribattezzata Foro italico, sfilano in parata le sue principali architetture, nella redazione dei cui progetti il D. si adattò, accortamente, a varie circostanze, manipolando sparsi stilemi e facendo incursioni in epoche e civiltà artistiche diverse, talvolta estranee alla cultura ed alla tradizione rodiese, talvolta affini, compiendo ibridazioni di stili più o meno clandestine. Le sue opere a Rodi sembrano mimare, in modi accorti e talvolta persuasivi, movenze bizantine e veneziane, o sottolineare cifre legate allo stile "valleresco rodio", al Cinquecento romano, o riecheggiare suggestioni ottomane o semplicemente locali o esaltare motivi emblematici di un Levante rivisitato. Tale eclettismo ben si confaceva alla composita situazione ambientale e si adattava alle direttive della azione diplomatica inaugurata dal governatore Lago in favore della pacifica e proficua coesistenza fra le diverse comunità etniche e confessionali del luogo.

Si citano qui solo le opere più riuscite fra le moltissime realizzate dal D. nel Dodecaneso, dove costruì case, edifici pubblici, chiese, caserme, mercati, scuole. I suoi edifici lungo il Foro italico di Rodi appaiono come frutti di sparse riflessioni compiute su materiali stilistici tratti da province artistiche disparate: il mercato nuovo (oggi Nea Agorà), un recinto poligonale con andamento irregolare attorno al padiglione della pescheria, dal sapore chiaramente orientale, è l'indovinato e autentico centro della città nuova; il palazzo del governo (oggi Nomarchia), del 1926, mostra un gotico venezianeggiante con un grande muro "tatuato" in bianco e rosa, memore del palazzo ducale di Venezia, e affacciato sul porto; il palazzo delle poste è di stile neorinascimentale (1927), mentre la cattedrale di S. Giovanni dei Cavalieri (1924-25) è una poco attendibile ricostruzione a memoria su immagini di stampe d'epoca di quella distrutta nel 1856 che sorgeva nella città murata (l'opera fu aspramente criticata da G. Giovannoni, Commenti e polemiche, Edilizia rodiese, in Architettura e arti decorative, IV [1924-25], pp. 474, 476, 478 s.).

Non meno interessanti i suoi interventi a Coo, dove realizzò, fra l'altro, il palazzo del governo, iniziato il 6 nov. 1926 e finito nel '27, e la chiesa dell'Agnus Dei, che con il campanile rastremato sulla facciata è la sua invenzione più estrosa e vivace, nella sapiente calligrafia delle linee, e la cui prima pietra fu posata l'8 ott. 1927. A Castelrosso (Kastellorizon) il D. costruì il palazzo del governo. Dal 1926, per divergenze e attriti col governatore Lago, andò progressivamente ritraendosi dagli impegni in Egeo.

Il D., seppur ampiamente impegnato fuori d'Italia, continuava la sua attività professionale con uno studio ben avviato a Roma: fra le opere e i progetti fino al 1932 si ricordano le case d'abitazione per i dipendenti del ministero degli Esteri in via delle Tre Madonne 15 (1927), un insieme non privo di slancio; una proposta di sistemazione dell'edificio della villa Aldobrandini, in via Panisperna; la palazzina della Cooperativa degli Elci in via di Villa Massimo 33 (1929-32); un progetto di case popolari (1931); del 1928 è il progetto per l'Esposizione nazionale del grano delle bonifiche e della frutticoltura da tenersi in villa Borghese nell'anno 1932. Degli stessi anni (1931-32) è anche la villa Paulucci di Calboli in forma di châlet sugli altipiani di Arcinazzo.

Il 21 febbr. 1930 il D. fu vittima di un gravissimo incidente aereo: dopo dodici ore di naufragio nell'alto Tirreno fu salvato, insieme con l'equipaggio, dalla nave "Città di Tripoli", al cui comandante ed ai soccorritori egli dedicherà il volume illustrante la sua opera, pubblicato a Ginevra nel 1932.

Con la centrale del latte a Pescara (1932), il D. sembra convertirsi ad un modernismo funzionalista, lasciando da parte le sue predilette manipolazioni eclettiche di stili storici, fin allora cifra della sua produzione. Ancor più spinta, ma non si può dire quanto meditata e partecipata, l'adesione al razionalismo con il progetto e la realizzazione del sanatorio militare di Anzio (1930-33).

Il complesso ospedaliero sorge in un'area con pineta, lungo la riviera di ponente della stazione balneare laziale, prospiciente il tratto che ancora mostra le vestigia della villa di Nerone. Tra i vari edifici e annessi disseminati nel verde, rimarchevole è il padiglione per tubercolosi chirurgica, perno dell'intero nosocomio, dispiegato dal D. in un blocco a due piani, con verande a mezzogiorno, Aom di sviluppo, destinato a ricoverare 160 degenti. Due lunghe ali, angolate, convergono sullo snodo formato dal corpo centrale d'ingresso: in questo è originale la soluzione della sala operatoria con parete esterna semicircolare interamente vetrata.

Nel 1933 partecipò al concorso per il completamento della facciata di S. Petronio a Bologna e a quello per la sistemazione della nuova via Roma a Torino.

La sfera dell'attività del D. si era andata espandendo anche nell'Albania di re Zog I, per il quale eresse il palazzo reale a Durazzo (1928-30); nel contempo ebbe l'incarico di redigere il piano regolatore di Tirana, dove realizzò il complesso del centro, con i ministeri attorno alla piazza Scanderbeg, inaugurato nel 1932. Questa sistemazione, seppur definita in un linguaggio stancamente rievocante stilemi del Rinascimento italiano, ha una sua innegabile dignità per la ben calibrata disposizione dei volumi degli edifici in un vasto spazio. Al 1928 risale anche la villa reale di Scutari, dove il D. costruì pure gli edifici della scuola industriale italiana.

Frattanto accettava di succedere ad A. Limongelli nella carica di "consulente per l'architettura del municipio di Tripoli" in Libia: qui si occupò di ogni sorta di temi e di tipi edilizi, spaziando da case d'abitazione, alberghi, edifici rappresentativi, caserme, carceri a sistemazioni urbane e villaggi agricoli. Solo però in alcuni edifici il D., oramai approdato a un alto livello professionale, in cui mostrava di dominare il mestiere, raggiunse risultati rispettabili; per il resto, le sue prove, data la mole del lavoro, si rivelano alquanto corrive. Lo Uaddan di Tripoli, complesso polifunzionale con albergo, teatro, casinò da gioco, sull'allora lungomare Volpi, fu l'opera più riuscita nella speditezza dell'ùnpianto e nell'indovinata aggregazione dei volumi.

E ancora, fra le opere a Tripoli, vanno ricordati il palazzo del governo, le sistemazioni delle piazze del castello e della cattedrale, della zona archeologica dell'arco di Marc'Aurelio, l'università coranica, l'albergo del Mehari, la villa governatoriale alla Busetta (rimaneggiamenti); a Sabratha, la chiesa; a Gebel, sulle colline del Garian, l'albergo di Nalut e, poi, quelli presahariani di Jefren e Ghadames. Suoi sono pure alcuni villaggi agricoli in Tripolitania e in Cirenaica, e altre opere a Bengasi, Misurata e Derna. Sulla litoranea libica, oltre a case cantoniere e posti di ristoro, il D. eresse l'arco di trionfo o della Sirte presso Ras Lanus, lungo la Grande Sirte. Nel 1940, infine, fu il progettista della Mostra della Libia (cfr. Architettura, XX [1941], pp. 46-48) nell'ambito della Prima Mostra delle terre italiane d'Oltremare a Napoli: in tale occasione ebbe a fianco G. Narducci, ordinatore, e A. Adelasio, allestitore.

Nel contempo continuava, anche se alquanto ridotta, la sua attività in Italia: al 1936 risale il Monumento all'aviatore F. Cecconi a Monterotondo (Roma) e al 1939 quello commemorativo al costruttore C. Scalera nel cortile del liceo ginnasio "G. Bruno" di Maddaloni (Caserta); in memoria dello stesso Scalera, il D. fece anche un progetto di serra per il sanatorio "B. Ramazzini" in Roma (1939). Il monastero del Sacro Speco di Subiaco fu ripristinato dal D. con la riapertura delle arcate esterne e numerosi interventi all'interno del santuario (1935-36).

Nel 1937 il Comune di Ferrara lo incaricò di redigere un progetto per il risanamento del quartiere di S. Romano e la sistemazione del centro cittadino: la proposta del D. suscitò accese polemiche. Nel biennio 1936-37 approntò la sede della Confederazione fascista dei lavoratori dell'agricoltura (oggi sede della CGIL), in corso d'Italia 25 a Roma, trasformando radicalmente un preesistente edificio: con questa opera, aderiva appieno allo stile littorio.

Con molta probabilità si può attribuire al D. il villino Staccioli (1937-39), in via Agri 1 a Roma, in cui compaiono più che correttamente impaginati gli stilemi del razionalismo.

A guerra terminata, il D., già legato a don L. Sturzo e all'Azione cattolica, abbracciò la carriera politica, diventando deputato all'Assemblea costituente nelle file della Democrazia cristiana: la sua militanza come parlamentare democristiano durò dal 1948 al 1953, allorché, nell'ultimo periodo del mandato, passò al Partito nazionale monarchico.

Fu membro delle romane accademie di S. Luca (dal 1937) e dei Virtuosi del Pantheon; fece parte della commissione Istruzione e belle arti e fu presidente dell'accademia di belle arti di Roma.

Fra i suoi interventi alla Camera dei deputati è significativo quello riguardante la Biennale di Venezia del 1948, stampato sotto il titolo Il decadimento spirituale e la crisi dell'arte contemporanea. Discorso ... alla Camera ... nella seduta del 23 febbr. 1949 ... (Roma 1949). In esso il D., estraniato e risentito, non potendo e non volendo intendere gli echi di un clima culturale nuovo e vivace, diceva essersi insediato alla base della cultura contemporanea un "febbrile ed insano desiderio del nuovo" (p. 6) e dichiarava che l'astrattismo, il relativismo, l'esistenzialismo non erano altro che "manifestazioni di putredine" (p. 8).

Nell'immediato dopoguerra il D. realizzò il "ricordo marmoreo" delle visite di Pio XII dopo i bombardamenti del 1943 nell'atrio della basilica romana di S. Lorenzo fuori le mura, inaugurato il 27 giugno 1948. A Subiaco fu impegnato nella redazione del piano di ricostruzione della città (1945-53) e curò gli interventi di ricostruzione e restauro della cattedrale di S. Andrea (1945-52), dopo le distruzioni beiliche. Nella vicina Rocca Canterano, suo luogo di nascita, fece numerosi lavori dal 1933 al 1947, fra cui la propria casa (1938). Si ricordano inoltre per Pompei la proposta di piano regolatore, i progetti per la facciata del santuario e la costruzione dell'albergo del Rosario (1949-50).

A Roma, da ultimo, progettò e realizzò la casa generalizia cistercense (1947-55), sull'Aventino, piazza del Tempio di Diana, e diede i disegni (1955) per il mercato coperto rionale "Metronio" in via Magna Grecia, costruito poi su progetto dell'ing. R. Morandi. I suoi interventi nel complesso dell'antico santuario benedettino di Montevergine (Avellino) sono la sua ultima opera impegnativa, in cui stanchezza ed aridità sembrano esserne la connotazione conclusiva.

Progettò la nuova basilica, la prima pietra fu posta il 30 nov. 1948: l'abate R. Marcone fu il promotore dell'impresa, che compromise l'assetto storico del monastero. I lavori iniziarono solo nella estate del 1952. Tutto in cemento armato e rivestito in pietra locale, il nuovo tempio, che mostrava uno stile romanico modernizzato assai poco convincente, fu inaugurato l'11 maggio 1961. I lavori interessarono anche il monastero, che venne ampliato, e gli annessi: il bar ristorante Romito fu trasformato dal D. in un albergo a tre piani (1961-66).

Il D. morì a Roma l'11 genn. 1965.

Fonti e Bibl.: Carte del D. sono conservate presso gli eredi a Roma, Caracas (Carte Marcatulli), Rocca Canterano (Roma). Roma, Arch. stor. dell'Accademia di S. Luca, fasc. personale; Ibid., Ministero degli Affari esteri, Stralcio Africa, Ufficio Rodi, Titolario, ad annos; Ibid., Boll. del governo delle Isole italiane dell'Egeo 1912-1943, ad annos; Ibid., Istituto Italo-Africano, Fototeca e dotazione ex sala Rodi dell'ex Museo coloniale, Stampe e documenti; Rodi, Istituto archeologico, Raccolta mappe piano regolatore della città di Rodi 1926; Roma, Arch. stor. del Genio militare, Sanatorio di Anzio; Predappio, Arch. comunale, ad annos; Subiaco, Arch. comunale, Piano di ricostruzione (1947-1949).

Oltre ai necrol. in Il Tempo, 13 genn. 1965; Atti della Acc. naz. di S. Luca, s. 6, VIII (1965-1966); cfr. A. Lancellotti, La facciata di S. Pietro e la sua futura sistemazione, in Roma, I (1923), pp. 435 ss.; A. Muñoz, Il monumento a Pio X, Roma 1923; G. Polvara, Il monumento a papa Pio X nella basilica vaticana, in Arte cristiana, XI (1923), pp. 298-305; Rodi e le Isole italiane dell'Egeo, in L'Illustrazione italiana, numero spec. Natale-Capodanno 1926-1927, passim; La questione del teatro, in Il Messaggero di Rodi, 20 febbr. 1927; Il nuovo palazzo delle Poste e telegrafi, ibid., 14 ott. 1927; Coo, una prima pietra, ibid., 18 ott. 1927; Api, Le reliquie della Passione e la nuova cappella di S. Croce in Gerusalemme, in L'Illustr. vaticana, 31 marzo 1931, pp. 23-26; M. Biancale, F. D., Genève 1932; C. Giorgi, Albania vecchia e nuova, Roma 1932, pp. 72 s.; F. Gregorovius, Le tombe dei Papi, Roma 1932, p. 123; Il Messaggero di Rodi, 19 febbr. 1933, num. dedicato al decennale del governatorato Lago; V. Buti, Dieci anni di governo fascista nel possedimento delle Isole italiane dell'Egeo, in Rivista delle Colonie italiane, VII (1933), 1-2, passim; F. Bocchetti, Il nuovo sanatorio militare di Anzio, Bergamo s. d. [1934]; B. M. Apollonj, L'attuale momento edilizio della Libia, in Archit., XVI (1937), pp. 793-818; I. Balbo, La litoranea libica, in Nuova Antol., 11 marzo 1937, pp. 5-13; Predappio e dintorni. Guida illustr., Forlì 1937, pp. 35, 41, 54; R. Buscaroli, Forlì. Predappio..., Bergamo 1938, p. 145; V. Roberti, L'architettura libica e i nuovi centri agricoli, in Emporium, LXXXVIII (1938), pp. 309-318; Il palazzo della Ragion Comune in Ferrara, Ferrara 1939, p. 5; Liceo ginnasio Giordano Bruno-Maddaloni, MaddaIoni 1940, p. 118; Predappio e dintorni, Predappio 1940, pp. 65, 70, 81; L'Italia a Rodi, Roma 1946, passim; I deputati alla Costituente, Torino 1946, pp. 97 s.; A. M. Bessone-Aurelj, Diz. degli scultori ed architetti italiani, Genova-Roma-Napoli-Città di Castello 1947, p. 193; L'Italia e gli italiani di oggi, a cura di A. Codignola, Genova 1947, s. v.; I deputati e i senatori del primo Parlamento repubblicano, Roma-Milano-Catania 1949, s. v.; Panorama biografico degli italiani d'oggi, a cura di C. Vaccaro, Roma 1956, p. 543; C. D'Angelantonio, Il monumento a S. Pio X. Lo scultore P. E. Astorri e il cardinale Merry del Val, in Strenna dei romanisti, XXXIX (1968), pp. 113-119; S. Ortolani, S. Croce in Gerusalemme, Roma 1969, pp. 33, 88; G. Mongelli, Guida storico-artistica del santuario di Montevergine, Montevergine 1972, pp. 49 s.; G.C. Nerifli, Roma riconoscente al "Defensor Civitatis", in Strenna dei romanisti, XXXIV (1973), pp. 294-302; Ch. I. Papachristodulu, Istoria tis Rodu, Athina 1972, pp. 558-561; C. Gerlini-P. Mancini, S. Croce in Gerusalemme, in Alma Roma, XV (1974), 1-2, pp. 52 ss.; G. Mongelli, Profilo storico di Montevergine, Montevergine 1976, pp. 210 s.; P. Sica, Storia dell'urbanistica, III, 2, Il Novecento, Bari 1978, pp. 502-506, 508 s.; E. Papani Dean, La nazione ital. e l'attività urbanistica ed edilizia nel Dodecaneso 1912-1943, in Storia urbana, III (1979), n. 8, pp. 36-40, 44; G. Reitani, Politica territoriale ed urbanistica in Tripolitania, 1920-1940, ibid., p. 57; G. Sacchi Lodispoto, Un "ardito" progetto d'intervento sulla facciata della basilica vaticana, in Strenna dei romanisti, XLVI (1985), pp. 593-612.

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