CALCAGNINI, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 16 (1973)

CALCAGNINI, Francesco

Tiziano Ascari

Nacque, probabilmente a Rovigo, da Niccolò e da una Teresa (o Caterina) Libanori intorno al 1405. Suo padre, notaio, fu tra i riformatori degli statuti del Comune rodigino nel 1428 ed ebbe anche vari uffici pubblici. Il C. forse già a Padova, e certamente a Mantova, fu uno dei primi scolari di Vittorino da Feltre, del quale restò poi sempre amico devoto. Francesco Prendilacqua, che nel dialogo De vita Victorini Feltrensis, scritto intorno al 1465 (edito a cura di N., dalle Laste a Padova nel 1774 e poi, nella traduzione italiana di G. Brambilla, a Como nel 1871), finge interlocutori tre antichi scolari di Vittorino, cioè il principe Alessandro Gonzaga, il giureconsulto Raimondo Lupi e il C., fa narrare proprio a quest'ultimo, come al più intrinseco, la vita del maestro. A Mantova il C. copiò nel 1425, da un esemplare fornito forse da Guarino Veronese, l'Orator e il Brutus di Cicerone (la copia da lui fatta è ora parte del codice Est. lat. 261 della Biblioteca Estense di Modena). Dalla scuola di Vittorino il C. passò poi a quella di Guarino e nel 1429 era a Ferrara, dove attendeva agli studi e conviveva con due altri scolari di Guarino, Antonio Bresciano e Bartolomeo Roverella. Di costui, che fu poi arcivescovo di Ravenna, il C. sposò, non sappiamo quando, la sorella Maria Giglia.

In seguito il C. tornò a Mantova, dove pare si trasferisse anche suo padre, e fu segretario del marchese Gianfrancesco Gonzaga. Con questo titolo infatti egli figura come testimonio, insieme con Vittorino da Feltre, in un atto notarile redatto a Borgoforte il 16 ott. 1439 e relativo all'eredità del celebre medico mantovano Bernardo Campagna. Negli anni 1440 e 1441 il C. fu quasi sempre a Ferma, come inviato del Gonzaga, che il 1º dic. 1441 concedette a lui e al padre suo la cittadinanza mantovana e si valse molto della sua opera: pare che lo abbia mandato anche podestà a Volta. Il 23 sett. 1444 il C. sottoscrisse come testimonio l'atto notarile col quale il marchese, il giorno stesso della sua morte, manifestò le sue ultime volontà.

Dopo la morte di Gianfrancesco il C. restò al servizio del suo successore Lodovico: ancora infatti nel luglio 1452, recandosi a Milano, ebbe da Borso d'Este una lettera di presentazione per lo Sforza in cui, era detto "famegliare e segretario del marchese di Mantova".Tuttavia negli anni tra il 1448 e il 1453 il C. soggiornò spessissimo a Ferrara, conservando forse, di segretario del marchese di Mantova, più che altro il titolo; certo è che egli, suddito dell'Estense per ragione di nascita e famigliare del Gonzaga per ragione d'ufficio, benvoluto dall'uno e dall'altro, fu in quegli anni abile e destro intermediario tra quei due principi, fortemente ostili tra loro. Poco dopo il C. lasciò completamente il servizio del Gonzaga e passò a quello del duca Borso, che nel 1455 lo fece camerlengo per la provincia di Rovigo e nel 1463 capitano generale del Polesine. Il 10 dic. 1468 l'imperatore Federico III, passando da Rovigo, lo fece cavaliere aurato.

Il C. morì ai primi di giugno del 1476 a Lendinara, dov'era andato podestà. Il suo corpo fu portato a Rovigo, poi a Ferrara, dove fu sepolto nella chiesa di S. Maria in Vado.

Secondo una tradizione raccolta da molti scrittori ferraresi il C., oltre ad aver avuto sedici figli illegittimi, ne ebbe anche ben ventotto legittimi dalla prima moglie, Maria Giglia, e dalla seconda (una Giacomina di cui è ignoto il casato). Dedicatosi in gioventù con buon successo agli studi letterari, egli dovette poi, forse per provvedere a una figliolanza così straordinariamente numerosa, darsi all'attività più redditizia di funzionario marchionale e ducale. Fu giudicato dai contemporanei uomo di molta intelligenza, ricco di cultura, di spirito acuto e brillante; si distinse anche nelle armi, seguendo il Gonzaga in varie imprese militari e partecipando a giostre. Ma fu soprattutto la fortuna di suo figlio Teofilo, il grande favorito del duca Borso, a dare lustro e opulenza alla famiglia.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 1228; Archivio di Stato di Modena, Cancelleria ducale, Rettori dello Stato, Rovigo, b. I; Ibid., Particolari, b. 252; I. C. Lünig, Codex Italiae diplomaticus, III, Francofurti et Lipsiae 1732, col. 1787; Guarino Veronese, Epist., a cura di R. Sabbadini, II-III, Venezia 1916-19, ad Indicem;B. Zambotti ed altri, Diario ferrarese, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXIV, 7, a cura di G. Pardi, ad Indices; U. Caleffini, Diario, a cura di G. Pardi, I, Ferrara 1938, p. 118; M. A. Guarini, Comp.historico delle chiese di Ferrara, Ferrara 1621, p. 316; C. De Rosmini, Idea dell'ottimo precettore, Milano 1825, pp. 167-170; L. Balduzzi, I Calcagnini, in Giornale araldico, XII(1884), p. 7; D. Fava, La Biblioteca Estense nel suo sviluppo storico, Modena 1925, p. 110; A. Lazzari, Ilprimo duca di Ferrara: Borso d'Este, in Atti e mem. della Deput. di storia patria per l'Emilia e la Romagna, Sezione di Ferrara, III(1945), pp. 48 s.; G. P. Marchi, Un documento su Vittorino da Feltre, in Italia medievale e umanistica, VIII(1965), pp. 344, 346 s.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, sub voce Calcagnini di Ferrara, tav. I.

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