CARTA, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 20 (1977)

CARTA, Francesco

Armando Petrucci

Nacque a Ierzu (Nuoro) il 2 febbraio del 1847 da Antioco e da Geltrude Murgia. Laureatosi in legge a Cagliari nel 1870, si dedicò al giornalismo negli anni immediatamente seguenti collaborando al Corriere di Sardegna, e dirigendoanche, per un breve periodo, la Rivista sarda.Nel 1872 intervenne con decisione nella polemica accesasi intorno alle famose, e false, "carte d'Arborea", per sostenerne la genuinità con argomentazioni di natura paleografica tratte ingegnosamente, anche se senza sistematicità e metodo critico, dall'esame di documenti medievali dell'Archivio di Stato di Sassari; ma più tardi egli stesso riconobbe l'errore di giudizio commesso in questa occasione. Entrato nei ruoli del personale delle biblioteche governative nel 1874, fu destinato alla Universitaria di Cagliari; passò poi nel 1875 alla Nazionale di Roma, allora appena nata per volontà di R. Bonghi, e collaborò alla sua prima (e disgraziata) fase organizzativa. È di questi anni un suo opuscolo politico, La questione tunisina e l'Europa (Roma 1879), che risente ancora degli interessi e del tono propri del giornalista. Ma ben presto il gusto per lo studio dei codici e delle antiche scritture, nato in lui al tempo della sfortunata polemica intorno alle carte arboreesi, prevalse su ogni altro interesse. Passato alla Braidense di Milano nel 1880 (dopo un brevissimo soggiorno alla Nazionale di Firenze), il C. ne iniziò nel 1882 un catalogo dei manoscritti e libri a stampa miniati, che poi completò e pubblicò, sotto gli auspici del Bonghi, nel 1891 (Codicicorali e libri a stampa miniati della Biblioteca Nazionale di Milano, Roma 1891).

Nella lettera indirizzata al Bonghi che funge da prefazione, il C. tracciava un programma generale di catalogazione dei manoscritti miniati delle biblioteche italiane ispirato a criteri ragionevoli e moderni; e lo stesso catalogo da lui compilato, corredato di ampi indici e di appendici documentarie, appare ancora oggi accurato ed utile.

Il C. era intanto tornato a Roma per dirigervi prima la Vallicelliana (1884-1887), poi la Universitaria Alessandrina (1887-1891). A Modena, dove passò come direttore della Estense, compì fra il 1891 e il 1893 un eccellente lavoro di organizzazione, dirigendo il trasloco della Biblioteca universitaria nei locali del Museo (1892) e provvedendo all'unificazione di questa con la antica e nobile biblioteca principesca. Passato nel 1893 alla Nazionale di Torino, che fungeva anche da Universitaria, il C. si trovò a dover affrontare i gravi problemi dovuti al sempre maggiore afflusso di pubblico e alla difficile, se non impossibile, conciliazione fra compiti di lettura e di documentazione e compiti di conservazione, gravanti contemporaneamente e quotidianamente su strutture antiquate e inadeguate. Avviò un arduo piano di riorganizzazione dei servizi, e contemporaneamente si diede a illustrare i più pregiati manoscritti della biblioteca torinese, collaborando attivamente anche all'organizzazione di grandi mostre a carattere nazionale (si ricordano il catalogo dedicato ai Manoscritti e libri a stampa miniati esposti dalla Biblioteca Nazionale di Torino all'Esposizione nazionale di Torino del 1898, Firenze 1898; e, soprattutto, il famoso e ancora oggi utilissimo Atlante paleografico-artistico compilato sui manoscritti esposti in Torino alla mostra d'arte sacra, Torino 1899, in collaborazione con C. Cipolla e C. Frati, e corredato di utili e precise descrizioni e trascrizioni dei facsimili riprodotti). Si occupò anche in modo originale della storia della stampa in Piemonte (in Per la storia del libro in Italia nei secc. XV e XVI, Firenze 1900, pp. 11-44). Ma nella notte fra il 25 e il 26 genn. 1904 un rovinoso incendio si appiccò alla biblioteca e portò alla distruzione di tremila manoscritti, fra cui molti altomedievali di origine bobbiese, dell'intero fondo orientale, e di venticinquemila stampati.

L'accaduto, in sé gravissimo, mise drammaticamente in luce le serie deficienze dell'organizzazione bibliotecaria italiana e i pericoli che ne derivavano al patrimonio preziosissimo in esse malamente conservato e peggio sorvegliato, e sollevò grande emozione nell'opinione pubblica e nel Parlamento. Mentre il C. veniva sostituito nell'incarico, e altri avviava il faticoso processo di recupero e di restauro dei manoscritti superstiti (ancora oggi in corso), G. Biagi dava voce alle esigenze della nuova generazione dei bibliotecari italiani, che chiedevano una più razionale riorganizzazione del sistema bibliotecario, la divisione dei compiti fra le biblioteche dei vari centri, e più adeguati stanziamenti di fondi da parte del governo (La morale dell'incendio di Torino, in Nuova Antologia, 16 marzo 1904, pp. 294-301). L'incendio della Nazionale torinese provocò anche la perdita del manoscritto, completo di riproduzioni e di calchi di sigilli, di un Codice diplomatico della Sardegna, compilato dal C. in collaborazione con C. Baudi di Vesme, e contenente la trascrizione di circa un centinaio di pergamene sarde dei secc. XII e XIII tratte prevalentemente dall'Archivio arcivescovile di Cagliari.

Tornato a dirigere la Biblioteca Estense di Modena, il C. vi rimase sino al 1910, compiendo insieme con G. Bertoni l'illustrazione di un noto codice miniato francese della prima metà del Cinquecento (Petites prières de Renée de France, Modena 1906) e un'attenta analisi paleografica della scrittura di A. Tassoni (La scrittura di A. Tassoni, in Misc. tassoniana, Modena 1908, pp. 179-207). Dal 1910 al 1922 il C. fu di nuovo destinato alla Braidense di Milano, presso la quale, durante la prima guerra mondiale, organizzò, alla testa del locale comitato, il servizio di raccolta e di invio di libri ai combattenti; dal 1919 assolse anche ai compiti, previsti da una nuova legge emanata quell'anno, di soprintendente bibliografico per la Lombardia.

Messo in pensione nel 1922, il C. assunse la direzione della Biblioteca delle facoltà di giurisprudenza, lettere e filosofia dell'università statale di Milano, di cui nel 1932, al termine dell'incarico, pubblicò una breve illustrazione (Notizie della Bibloteca delle Fac. di Giurisprudenza, Lett. e Filos. della Regia Univ. di Milano, in Annuario della Regia Univ. di Milano, 1931-32, pp. 115-27). Negli ultimi anni di vita dovette sospendere ogni attività di studio per una grave malattia agli occhi. Morì a Milano il 25 marzo 1940.

Il C. rappresenta simbolicamente nelle vicende della carriera, nella produzione scientifica e soprattutto nell'incidente gravissimo occorsogli a Torino il dramma della prima generazione postunitaria dei bibliotecari italiani, provenienti tutti dalle più varie professioni, tecnicamente impreparati ai gravi compiti che li attendevano, genericamente e superficialmente attratti, con gusto più letterario e antiquario che scientificamente erudito, dal materiale pregiato e antico conservato nelle raccolte loro affidate. I suoi lavori di catalogazione e di illustrazione di codici, soprattutto miniati, non mancano tuttavia di pregi e mostrano una certa dimestichezza con il materiale manoscritto acquisita via via col tempo e con la diretta esperienza; in questa prospettiva, particolarmente interessante, per l'evidente sforzo di una organica visione storica e per qualche accenno ad una valutazione estetica dei fenomeni grafici, appare ancora oggi il saggio già ricordato sulla scrittura del Tassoni.

Altri scritti del C. sono: Le poesie italiane delle carte d'Arborea e il sig. G. Vitelli, s.n.t.; Le carte d'Arborea e l'Acc. delle Scienze di Berlino. Osservaz. critiche (in coll. con E. Mulas), Bologna 1872; Pagina di diplomatica in una lettera del sec. XV, in Arch. stor. lomb., IX (1882), pp. 557-63; Di un messale valdostano del sec. XV, Roma 1885; Sul poemetto di Pietro da Bescapè esistente nella Bibl. Naz. di Milano, Roma 1885; Di un aneddoto dantesco. Lettera, in Rendic. dell'Accad. nazionale dei Lincei, classe di scienze morali, s. 4, VII (1891), pp. 439-442; I miniatori dell'Apocalisse dell'Escuriale, in L'Arte, IV(1901), pp. 35-42 (in collaborazione con A. Vesme).

Bibl.: B. Baudi di Vesme, Guglielmo giudice di Cagliari e l'Arborea, in Arch. stor. sardo, I (1905), pp. 37-38; G. Fumagalli, La Bibliografia, Roma 1923, p. LXXXI; E. Devrieux, L'opera cinquantenaria della Regia Deputaz. di storia patria di Torino, Torino 1935, pp. 155-156 (con bibl.); D. Fava, F. C., in Accad. e Biblioteche, XV (1941), pp. 307-311; V. Carini-Dainotti, La Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele al Collegio Romano, I, Firenze 1956, pp. 94, 98 s., 101, 117, 119, 151.

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