CAVALCHINI GUIDOBONO, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 22 (1979)

CAVALCHINI GUIDOBONO, Francesco

Francesco Raco

Nacque a Tortona il 4 dic. 1755 da Pier Alberto, gentiluomo di Camera di Carlo Emanuele III re di Sardegna, e da Antonia Maria della Valle Agnelli Maffei, di famiglia patrizia di Casale Monferrato. Nel 1769 fu inviato a Roma per prepararsi alla carriera prelatizia sotto la protezione dello zio paterno Carlo Alberto Cavalchini Guidobono, decano del Sacro Collegio dei cardinali. Studiò dapprima, come convittore, nel Collegio Clementino, tenuto dai padri somaschi, ove subì l’influenza dell’insegnamento del filogiansenista e antigesuita Giuseppe Bettoni. Quindi, intorno al 1775, entrò nella Pontificia Accademia ecclesiastica, ove venivano preparati quanti intendevano dedicarsi al servizio della Curia pontificia. Nel 1779 venne creato dal papa cameriere segreto soprannumerario e l’anno successivo prelato domestico. Nel 1784 divenne ponente della Sacra Congregazione della Consulta e prelato assessore del governo; nel 1787 primo assessore criminale del tribunale del governatore. Nel giugno 1792 negli ambienti ecclesiastici romani circolava la voce che egli potesse essere nominato inquisitore di Malta (Lettere di G. Marini, pp. 349, 351), ma essa si rivelò all’atto pratico del tutto infondata e soltanto l’8 febbr. 1794 (non nel 1791, come afferma il Moroni) il C. riuscì ad ottenere la prima carica di rilievo con la promozione a chierico della Camera apostolica. Nel 1797 a questo ufficio si aggiunse quello di prelato presso la Congregazione dell’Immunità ecclesiastica.

Occupata Roma dalle truppe francesi del generale Berthier e creata la Repubblica romana (15 febbr. 1798), dopo che Pio VI era stato deportato, il C., in ottemperanza al decreto del Tribunato che prevedeva il rimpatrio degli ecclesiastici forestieri, ritornò a Tortona ove si trattenne fino alla restaurazione del governo pontificio. Tornato a Roma, fu chiamato dal nuovo papa Pio VII a far parte della Congregazione economica, istituita con decreto 9 luglio 1800 e incaricata di prendere i provvedimenti necessari a migliorare l’economia dello Stato pontificio (fra l’altro essa provvide alla soppressione delle corporazioni di arti e mestieri). Nel 1801, essendo ormai considerato un esperto degli uffici del governatorato, venne nominato governatore di Roma, carica che esercitò “con energica fermezza” (Moroni, XI, p. 6) in un periodo politicamente molto delicato in cui era impresa ardua mantenere l’ordine pubblico.

Perciò non mancarono aspre critiche nei suoi confronti, in gran parte fondate anche se sarebbe imprudente accogliere senza riserve il giudizio di Luigi Pianciani, che alcuni decenni dopo lo bollava come “un fou furieux” poiché “faisait enchaîner, bâtonner, donner la corde par caprice, pour un mot, pour un geste”, concludendo che “l’opinion générale était qu’il avait le cerveau dérangé” (La Rome des Papes, I, Bâle-London 1859, pp. 213 s.).

Comunque la sua azione tu tanto gradita al papa che nel concistoro segreto del 24 ag. 1807 egli fu creato cardinale diacono riservato in pectore.

L’anno seguente, occupata nuovamente Roma dai Francesi, il 2 febbraio 1808 il C. fu arrestato per ordine del generale Miollis, detenuto per tre mesi nel forte di Fenestrelle e deportato nella Francia meridionale, ove rimase fino al 1814, quando, liberato e rientrato a Roma, venne riconfermato nella carica di governatore della città ed ebbe quella di vicecamerlengo di Santa Romana Chiesa. Alla fine del 1817 trascorse alcuni mesi in Piemonte, nella città natale, riannodando i legami con il governo sardo, che (secondo un rapporto dell’incaricato d’affari pontificio R. Valenti: cfr. Savio, p. 605) sarebbe stato incline ad affidargli quella carica di ministro plenipotenziario ordinario a Roma tanto ambita dal conte de Maistre.

Nel concistoro segreto del 6 aprile 1818 Pio VII finalmente pubblicò la sua promozione alla sacra porpora, attribuendogli il 25 maggio il titolo diaconale di S. Maria in Aquiro e assegnandolo come membro alle congregazioni del Concilio, dell’Immunità, della Consulta e del Buon Governo. Dal 19 aprile 1822 al 10 marzo 1823 il C. esercitò la carica di camerlengo del Sacro Collegio e negli ultimi mesi del pontificato di Pio VII ricoprì anche le funzioni di proprefetto della Congregazione del Buon Governo.

Nel conclave apertosi il 2 settembre 1823 egli fu uno degli uomini di punta del “partito zelante”, che mirava all’elezione del cardinale Severoli.

Sul C. si concentrarono nei primi scrutini alcuni voti d’assaggio e, dopo l'“esclusiva” esercitata dall’Austria nei confronti del vescovo di Viterbo, la sua candidatura sembrò prendere quota per le pressioni dei più estremisti fra gli “zelanti”, come il cardinale Pallotta che, riferendosi agli Austriaci, affermava: “Giacché non hanno voluto la lima abbiano la raspa. Si faccia Cavalchini Papa e Severoli segretario di Stato” (Diario Brunelli, p. 139). Ma fra gli stessi “zelanti” non tutti furono d’accordo sul suo nome (non lo vollero sostenere De Gregorio, Pedicini, Falzacappa e Odescalchi), cosicché il 28 settembre si giunse all’elezione del cardinale Della Genga (Leone XII).

Sotto il nuovo pontificato il C. ebbe importanti uffici e larga considerazione. Il 23 sett. 1824 venne designato a far parte della nuova Congregazione degli Studi, ma già il 4 ottobre gli era stata attribuita la prefettura del Buon Governo (che esercitava di fatto). Partecipò anche a molte congregazioni speciali, tra cui quella deputata a decidere circa il concordato con l’Olanda (aprile 1825). In questa occasione, contro il parere del moderato mons. Mazio, il C. si batté contro l’estensione all’Olanda del concordato francese del 1801, che sottomettendo i vescovi “agli ordini della potestà temporale” avrebbe impedito la “vera libertà religiosa de’ vescovi e fedeli, e la loro perfetta unione al capo della Chiesa” (Colapietra, La Chiesa…, p. 410). Il 28 febbraio 1826, benché già malato e in pratica dimissionario dalla prefettura del Buon Governo, fu chiamato a partecipare alla neoistituita Congregazione di Vigilanza, con compiti di sorveglianza e riforma della pubblica amministrazione.

Il C. morì a Roma il 5 dicembre 1828 e venne sepolto nella chiesa di S. Maria in Aquiro.

Fonti e Bibl.: Notizieper l’anno 1785, Roma 1785, p. 70; Notizie per l’anno 1788, Roma 1788, p. 241; Notizie per l’anno 1795, Roma 1795, p. 153; Notizie per lanno 1798, Roma 1798, pp. 137, 151; Notizie per l’anno 1801, pp. 124, 137; Notizie per lanno 1819, Roma 1819, p. 40; Lettere inedite di G. Marini, II, Lettere a G. Fantuzzi, a cura di E. Carusi, Città del Vaticano 1938, pp. 349, 351, 371; P. Savio, Devozione di mgr. A. Turchi alla Santa Sede. Testo e DCLXXVII documenti sul giansenismo italiano ed estero, Roma 1938, pp. 604 s.; Memorie del cardinale E. Consalvi, a cura di M. Nasalli Rocca di Corneliano, Roma 1950, p. 146; R. Colapietra, Il Diario Brunelli del conclave del 1823, in Archivio storico italiano, CXX (1962), pp. 76-146; G. Carnevali, Notizie per servire alla biogr. degli uomini illustri tortonesi..., Vigevano 1838, pp. 11 s.; G. Casalis, Diz. geografico-storico-statistico-commerc. degli Stati di S. M. il re di Sardegna, XXIII, Torino 1853, p. 183; H. Welschinger, Le pape et lempereur, 1804-1815, Paris 1909, p. 67; J. Schmidlin, Papstgeschichte der neuesten Zeit, I, Papsttum und Päpste im Zeitalter der Restauration, 1800-1846, München 1933, pp. 348, 351, 369, 372 s., 378, 386; C. Spellanzon, Storia del Risorgimento..., II, Milano 1934, p. 87; R. Colapietra, La Chiesa tra Lamennais e Metternich. Il pontificato di Leone XII, Brescia 1963, pp. 41, 60, 140, 142, 165, 178 s., 181, 183, 201 s., 216, 227, 293, 328, 355, 409 s.; G. Moroni, Dizion. di erudiz. storico-ecclesiastica, XI, pp. 5 s. e ad Indicem; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VII, Patavii 1968, pp. 4, 13 s., 17, 45, 50.

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