COSTA, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)

COSTA, Francesco

Lauro Magnani

Nacque a Genova nel 1672. Il padre lo pose a bottega presso Gregorio De Ferrari e l'apprendistato si concretizzò in collaborazione diretta con il maestro a partire dalla decorazione della distrutta chiesa dei SS. Giacomo e Filippo a Genova, dove il C. appare impegnato come esecutore delle quadrature su disegni dello stesso De Ferrari. Una nota apposta di suo pugno su un disegno di architettura relativo alla medesima chiesa - conservato nella Civica Collezione, dei disegni di Palazzo Rosso a Genova (n. inv. 3698) - mostra però il C. già attivo in proprio nel 1700, come pittore di quadrature con Paolo Gerolamo Piola. La maggiore attività del C. si incentrerà infatti nella collaborazione con i pittori di "casa Piola", con Gregorio De Ferrari, genero di Domenico Piola e, in particolare, con il figlio di questo, Paolo Gerolamo "che del solo Costa per le prospettive servivasi" (Ratti, 1769, p. 245); una collaborazione estesa anche a Domenico Parodi già nei primissimi anni del XVIII secolo. Non ancora trentenne quindi l'artista si qualifica come "prospettico" pienamente affermato presso i più richiesti frescanti genovesi. La sua attività proseguì peraltro senza soluzione di continuità anche con la generazione successiva di "figuristi", suoi coetanei, fino ai lavori compiuti con Giuseppe Palmieri (1725) e con Sebastiano Galeotti (1726). Nei primi tre decenni del secolo il C. e Giov. Batt. Revelli detto il Mustacchi, si dividevano la grande mole di committenze locali, uniti da una amicizia - sottolineata dalle fonti - che divenne anche sodalizio artistico nella decorazione di alcuni ambienti di palazzo Grillo a Genova Pegli, oggi distrutti. L'attività del C. si mantenne estremamente intensa fino alla morte di P. G. Piola (1728) ed all'arrivo a Genova del fiorentino Marco Sacconi e del piacentino Giovan Battista Natali. In contrapposizione alle figure di artisti dai caratteri "saturnini", il C. è delineato dalle fonti settecentesche come uomo di "bell'indole", pieno di "facezie ed arguzie", quasi in un parallelo tra la sua pittura decorativa e di facile successo e la personalità dell'uomo tale che "recava adunque divertimento con tutta grazia e civiltà" (Ratti, 1769, p. 246). Il C. morì a Genova prima del 1736 (Colmuto Zanella, 1976, note 26 e 27).

Nello sviluppo a Genova della grande decorazione a fresco il rapporto pittore di figure - quadraturista era stato risolto dalla metà del XVII secolo con l'apporto di pittori di quadrature per lo più emiliani. In questo filone s'inserisce l'opera del C., teso ormai ad una formula decorativa dai motivi esuberanti, con spazi ed architetture scandite da colonne, arricchite da volute, conchiglie, festoni vegetali e che tendono a trasformarsi col tempo in incorniciature prettamente decorative. Nel C., appositamente formato nella bottega di Gregorio De Ferrari, il gruppo di frescanti di "casa Piola" trova il quadraturista di fiducia: il suo ruolo spazia da quello di esecutore di disegni a quello di collaboratore nell'ideazione preliminare dell'intera macchina scenica della decorazione.

Nel 1700 era impegnato con Domenico Parodi nella decorazione della volta di un salotto in palazzo Negrone dove il pittore di figure dipinse La gloria della famiglia Negrone. Nel 1704, ancora in collaborazione con il Parodi, affrescò le pareti e la volta del presbiterio della chiesa di S. Tommaso, oggi distrutta. Tra il 1715 e il 1726 fu attivo nella chiesa di S. Croce e S. Camillo con Gregorio De Ferrari: al C. si deve la struttura architettonica a grandi colonne tortili finta nel tamburo. La stretta e fruttuosa collaborazione con Paolo Gerolamo Piola è testimoniata da una lunga serie di decorazioni di dimore private e di edifici religiosi che vide uniti i due artisti. Nel 1722 lavorarono in due sale a pal. Durazzo di via Balbi: nella prima, tra partiti architettonici a colonne binate dipinti dal C., il Piola - secondo un modulo consueto nella collaborazione tra i due pittori - inserì figure affacciate e affrescò nello sfondato Giano che consegna a Giove le chiavi del Tempio;nella seconda, tra quadrature ancora segnate da colonne con fughe prospettiche più ardite, il pittore di figure dipinse Apollo circondato dalle Muse. In palazzo Ferretto dipinse gli ornati per un Concilio di dei, e forse ancora al C. sono riferibili le decorazioni di un salotto in palazzo Serra Gerace, sempre in compagnia del Piola che affrescava nello sfondato ancora figure di divinità pagane. Negli affreschi della cappella Torre, nella chiesa di Nostra Signora della Consolazione, le quadrature arrivano a scandire anche lo spazio interno della scena. Tra il 1720 ed il 1724 è databile l'intervento del C. nella chiesa di S. Marta, in particolare con la tipica architettura a balconate balaustrate e colonne binate angolari che racchiude l'ovale affrescato dal Piola sotto il coro delle monache; negli stessi anni lavorava alla cappella di destra della distrutta chiesa di S. Brigida. Nel 1725 il C. era attivo nella chiesa di S. Chiara dove sviluppò ulteriormente sia lo schema a spazi architettonici illusivi, sia i motivi decorativi a semplici cornici, collaborando con Giuseppe Palmieri. Infine, nel 1729, ora impegnato con il fiorentino Sebastiano Galeotti nella volta, della chiesa di S. Maria Maddalena.

Nella voce dedicatagli nel Thieme-Becker viene aggiunto all'ampia produzione ad affresco del C. un ristretto gruppo di opere da cavalletto. I dipinti rintracciati - due olii su tela, uno con Rovine romane (Parma, Galleria nazionale) e un Paesaggio con rovine (già a Firenze, Uffizi; ora a Roma, Quirinale) - non sembrano giustificare l'attribuzione al Costa. È da notare, d'altro canto, il comune equivoco che finisce per assimilare il quadraturista genovese con il veneziano Gianfrancesco Costa, pittore prospettico, incisore e scenografo.

Fonti e Bibl.: C. G. Ratti, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura scultura e architettura, Genova 1766, pp. 94, 182, 184, 299 s., 337; Id., Vite de' pittori, scultori ed architetti genovesi, II, Genova 1769, pp. 118, 244-246; L. Lanzi, Storia pittor. della Italia, V, Bassano 1809, p. 352; F. Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, I, Genova 1846, pp. 315, 515; II, ibid. 1847, pp. 187, 558, 756; Id., Notizie dei professori del disegno in Liguria, I, Genova 1864, pp. 19 s.; G. Delogu, Pittori minori liguri, lombardi, piemontesi del Seicento e del Settecento. Venezia 1931, pp. 30, 32, 144; E. Gavazza, Il momento della grande decorazione, in La pittura aGenova e in Liguria, Genova 1971, p. 280; M. Newcome, P. G Piola, in Antol. di belle arti, marzo 1977, pp. 45, 51 s., 54; Id., Genoese Settecento Decoration by the Casa Piola, in The Burlington Magazine, CXX (1978), pp. 533-537; G.Colmuto Zanella, La chiesa di S. Maria Maddalena..., Genova 1976, passim;U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 519.

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