DE ROBERTIS, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 39 (1991)

DE ROBERTIS, Francesco

Roberta Ascarelli

Nacque a San Marco in Lamis, in provincia di Foggia, il 16 ott. 1902 da Nicola e Carolina Tardio. Entrato nel 1917 all'Accademia navale di Livorno, il D. iniziò giovanissimo quella esperienza di vita marinara che fornirà l'ispirazione e la materia della sua matura produzione cinematografica. Dopo aver partecipato a bordo della "Amerigo Vespucci" alle ultime fasi della prima guerra mondiale, seguì la consueta carriera degli ufficiali di marina: guardiamarina nel 1923, sottotenente di vascello nel 1928; in quello stesso anno venne distaccato all'aeronautica come "osservatore". Dopo il suo debutto come autore teatrale nel 1932, con La luce sulfondo, rappresentato a Milano al teatro Manzoni dalla compagnia Calò, il D. decise di congedarsi dalla marina militare, affascinato dalla prospettiva di dedicarsi prima al teatro (con due commedie rappresentate rispettivamente nel 1934 e nel 1936: Civiltà, al teatro Goldoni di Venezia, dalla compagnia Pavlova, e Hàtama al teatro Manzoni di Milano, dalla compagnia E. Gramatica) e quindi al cinema. Ma il fallimento di una sua prima sceneggiatura dedicata alla vita sul mare, Il nastro azzurro, un dattiloscritto di ottocento pagine corredato di dettagliate indicazioni tecniche e proposto con scarso successo a Luigi Freddi nel 1937, lo indusse a chiedere il richiamo in servizio. Destinato all'ufficio stampa del ministero della Marina a Roma, partecipò alla progettazione di numerosi documentari di propaganda e nel 1940 diresse le riprese del documentario Mine in vista, dedicato all'azione della marina italiana nei primi mesi di guerra. Sempre nel 1940 venne nominato tenente di vascello e, l'anno successivo, capitano di corvetta in ausiliaria con il compito di coordinare le attività del Centro cinematografico istituito presso il ministero della Marina; del 1941 è anche il suo primo film, Uomini sul fondo, giudicato il suo capolavoro, del quale curò, oltre alla regia, il soggetto e la sceneggiatura.

Il film che si inserisce, come scriveva un critico del periodo, in "una produzione permeata dall'austerità del momento, a carattere essenzialmente educativo" (Il cinema italiano nei primi dieci mesi di guerra, in Primi piani, I [1941], 1, p. 11) presenta l'impianto sobrio e rigoroso della descrizione d'ambiente che tenta strade espressive ancora inesplorate, ai confini tra l'invenzione cinematografica e il documentario, e opera una decisa rottura con il gusto dei "telefoni bianchi" e con le mode divistiche del cinema di regime. Girato quasi interamente a bordo di un sommergibile, il film narra la vicenda di un gruppo di marinai costretti dall'avaria del mezzo sul quale sono imbarcati a rimanere per settantadue ore sul fondo del mare, che vengono infine salvati dal sacrificio di uno di loro e dall'azione di recupero di alcuni sommozzatori.

Realizzando questo soggetto con degli attori dilettanti, marinai di professione, e con la collaborazione tecnica di Giorgio Bianchi per la "direzione artistica" e di Ivo Perilli per le riprese in esterni, il D. si proponeva - come afferma in uno scritto del 1949, Libertas, Unitas, Caritas (in Cinema, n. s., II [1949], 7, p. 212) - di svolgere in primo luogo una azione informativa sui mezzi di salvataggio adottati dalla marina militare. In realtà con questa sua regia il D. realizzava una commistione originale tra indirizzi diversi e riusciva a far tesoro delle esperienze più significative della cinematografia europea, dai documentari inglesi del General Post Office Film Unit, realizzati negli anni '30, alla produzione sovietica, come testimonia l'espressività del montaggio, l'impiego dei tipi e delle alternanze iconografiche, e ad adattarle alle linee di politica culturale del regime. Le tendenze centrifughe rispetto al conflitto, che caratterizzano gli spettacoli di questi anni e la volontà di cogliere, anche nella propaganda, i motivi privati dei personaggi rappresentano infatti il fulcro tematico dell'opera del D., che narra la vicenda, apparentemente fuori dalla storia, della lotta fra l'uomo e la macchina, secondo un criterio rigorosamente antropocentrico che presta maggiore attenzione alle dinamiche psicologiche, piuttosto che alla realtà del conflitto.

Accolto con calore dalla critica ufficiale, che lo definì "capolavoro di arte cinematografica" e lo pose insieme a L'assedio dell'Alcázar di A. Genina, sulle vette della produzione italiana del 1940, il film venne "scoperto" da un critico belga, C. Vincent, che in un saggio sul cinema italiano (Lettre de Rome, in Cinema belgique, aprile 1942, pp. 38-46) mise in evidenza gli aspetti rivoluzionari dello stile antiretorico e realistico del De Robertis.

Il successivo film del D., La nave bianca, di discussa attribuzione (regista dell'opera figura infatti R. Rossellini, ma, secondo la testimonianza di Mario Bava, esso venne completamente rifatto dal D., autore tra l'altro del soggetto e della sceneggiatura), segnava secondo lo stesso Rossellini l'inizio del neorealismo italiano per il gusto dimesso della narrazione e l'attenzione alla riproduzione d'ambiente (cfr. M. Verdone, Intervista a R. Rossellini, in Bianco e nero, XIII [1952], 2, p. 8). Particolarmente felici le sequenze della battaglia navale che, riprese dal vero, interrompono il ritmo lento della descrizione di una nave ospedale. Nella seconda opera attribuita interamente al D., Alpha Tau, un film a soggetto del 1942 che narra le vicende di un gruppo di marinai in licenza, si notano i primi segni di stanchezza nella vena del regista e che si faranno sempre più evidenti nella produzione successiva: pur senza discostarsi sostanzialmente dal genere del suo capolavoro (anche qui protagonista è un vero equipaggio, seguito quasi di nascosto dalla macchina da presa e l'intento è essenzialmente documentaristico) e malgrado l'efficacia di alcune scene, come quella del ritorno del capitano nella città bombardata, l'opera perde di compattezza e di rigore formale, tanto da venir giudicata "un film quasi senza regia" (Cinema, VII [1942], p. 590).

Il confronto tra Uomini sul fondo e la successiva produzione del D. suscita non poche perplessità nei critici che tentano di liquidare il portato storico di quella prima opera e la sua influenza sul cinema del dopoguerra, giudicandolo "un caso, un incontro fortunato tra l'istinto genuino di chi lo realizzò e la materia semplice, sintetica, uniana" (ibid.) e attribuendo il valore di La nave bianca al solo intervento di Rossellini. Si giunge infine ad una completa sottovalutazione dell'importanza del D., dovuta forse anche all'abitudine di considerare il neorealismo come prodotto del rinnovamento politico e morale del paese. La critica di Aristarco del 1948 esplicita con chiarezza questa diffidenza: "Di fronte alla disfatta morale e materiale - sottolinea a proposito di Marinai senza stelle, un film edito nel 1945, ma girato nel 1943 - De Robertis non ha saputo o voluto guardare, più o meno obiettivamente, alle cause che determinarono e l'una e l'altra... Per queste ragioni Francesco De Robertis ha la "rettorica ufficiale" di un tempo". Scarso valore viene invece assegnato al dato tecnico della collaborazione tra il D. e due professionisti di grande valore come G. Bianchi e I. Perilli, che era probabilmente, come sottolinea F. Venturini, alla base della riuscita di Uomini sul fondo, per la loro capacità di garantire quella coerenza di ritmi e di forma che venne invece a mancare nelle regie successive.

Dopo aver aderito alla Repubblica sociale italiana, nel dopoguerra il D. fece apparire (1947) Uomini e cieli, iniziato nel 1943, dedicato all'ambiente dell'aeronautica e a quel rapporto tra marina e aviazione sperimentato personalmente dall'autore in anni giovanili; ma l'adattamento del dialogo alla nuova situazione politica e l'alterazione delle stesse motivazioni che sostenevano il lavoro rendono l'opera oscura e insincera e vanificano la testimonianza autobiografica del regista. Mal riuscito anche Fantasmi del mare del 1948, un film a tesi sul senso del dovere dei marinai italiani durante il conflitto, che narra la vicenda di un'unità navale che dopo l'8 settembre, invece di arrendersi ai Tedeschi, preferisce allontanarsi dalle acque di Pola nel tentativo di raggiungere il Comando italiano in Puglia. Lasciata la marina militare nel 1949, con il grado di capitano di fregata, il D. si dedicò al cinema esclusivamente, alternando alle consuete tematiche del mare e della guerra (Carica eroica, 1952; Mizar, 1954; Uomini ombra, 1955) soggetti che ricalcano i modelli della commedia o del film avventuroso hollywoodiano (Ilmulatto, 1949; Gliamanti di Ravello e La donna che venne dal mare, 1956; Ragazzi della Marina 1958), senza riuscire a ritrovare lo smalto di un tempo.

Il D. morì a Roma il 3 febbr. 1959.

Filmografia: Mine in vista (doc.), 1940; Uomini sul fondo (anche soggetto e sceneggiatura), 1941; La nave bianca, di R. Rossellini (sogg., scenegg. in coll. con Rossellini, supervisione), 1941, Alpha Tau (anche sogg. e scenegg.), 1942; Marinai senza stelle (anche sogg. e scenegg.), 1943; Uomini e cieli (anche sogg. e scenegg.), 1943; I figli della laguna, con Carlo Micheluzzi e Luciano De Ambrosis (anche sogg. e scenegg.), 1944; La vita semplice, con Giulio Stival, Luciano De Ambrosis, Maurizio D'Ancora (anche sogg. e scenegg.), 1945; La voce di Paganini (doc.), 1947; Fantasmi del mare, con Raf Tindi, Nicola Morabito, Gaby Sylvia (anche sogg. e scenegg. in coll. con G. Pastina e N. Morabito), 1948; Ilmulatto, con Umberto Spataro, Jole Fierro, Mohamed Hussein (anche sogg. e scenegg.), 1949; Gli amanti di Ravello, con Lida Baarova, Rino Salviati, Carlo Ninchi, Gabriele Ferzetti (anche sogg. e scenegg. in coll. con G. Prosperi), 1950; Carica eroica, con Dario Michaelis, Franco Fabrizi, Tania Weber (anche sogg. e scenegg.), 1952; Isette dell'Orsa Maggiore, di Duilio Coletti (scenegg.), 1953; Mizar, con Dawn Addams, Franco Silva, Paolo Stoppa (anche sogg. e scenegg.), 1954; Uomini ombra, con Giorgio Albertazzi, Mara Lane, Paolo Stoppa (anche sogg. e scenegg.), 1955; La donna che venne dal mare, con Sandra Milo, Vittorio De Sica (anche sogg. e scenegg.), 1956; Yalis, la vergine del Roncador, 1956; Ragazzi della Marina, con Silvio Noto, Lyn Shaw, Geronimo Meynier, 1958.

Bibl.: G. Isani, Uomini sul fondo, in Cinema, VI (1941), p. 139; U. Casiraghi-G. Viazzi, Presentazione postuma di un classico, in Bianco e nero, VI (1942), 4, pp. 32-49; F. Pasinetti, Alpha Tau, in Cinema, VII (1942), pp. 497, 590; R. Renzi, Le inibizioni di un cinema di dittatura, in Bianco e nero, IX (1948), 8, p. 47; G. Aristarco, Fantasmi del mare, in Cinema, n. s., I (1948), 5, p. 156; O. Campassi, Gli altri, in Sequenze, I (1949), 4, pp. 34 s.; F. Venturini. Origini del neoralismo, in Bianco e nero, XI (1950), 2, pp. 41-45; M. Gromo, Film visti, Roma 1957, pp. 217 ss.; F. Savio, Ma l'amore no, Milano 1975, pp. 11 s., 208 s., 380 ss; G. P. Brunetta, Storia del cinema ital. 1895-1945, Roma 1979, pp. 402 s.; Id., Intervista a M. Bava, in La città del cinema, Roma 1979, pp. 84 s.; Enc. dello spett., IV, coll. 500 ss.; Filmlexicon degli autori e delle opere, I, coll. 237 s.

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