MARABITTI, Francesco Ignazio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 69 (2007)

MARABITTI, Francesco Ignazio

Paolo Russo

Nacque a Palermo il 6 genn. 1719 da Pietro e Caterina (Palermo, p. 356); i fratelli Giuseppe e Lorenzo furono entrambi scultori, intagliatore in legno il primo, mediocre scultore in marmo il secondo (Giudice, pp. 13 s.; Malignaggi, 1974, p. 9, n. 14). Allievo dapprima di G. Vitaliano, completò la sua formazione professionale alla scuola di F. Della Valle, a Roma, dove giunse appena ventenne, tra il 1740 e il 1741, e dove si trattenne fino al 1745 circa (Palermo, pp. 257, 356; Bertini). Nell'Urbe lo scultore aggiornò l'attardato repertorio formale della tradizione statuaria siciliana sul modello della coeva scultura romana tardobarocca, di prevalente indirizzo classicista. Al suo rientro in patria, sposò Oliva Spoto, dalla quale ebbe quattro figli, Domenico (che fu professore di matematica presso l'Università di Palermo), Luigi, Pietro e Marianna (Emmanuele e Gaetani, Diari, cc. 52 s.; Giudice, pp. 18 s.; Malignaggi, 1974, p. 9, n. 13). Grazie alla elevata perizia tecnica e alle moderne soluzioni formali acquisite, ottenne numerose commissioni in diversi luoghi dell'isola.

Le prime opere documentate furono a Siracusa, dove collaborò inizialmente con lo scultore palermitano G.B. Marino alla realizzazione della balaustra della cappella del Sacramento (1746-47) e dell'altare di S. Ignazio nella chiesa del collegio dei gesuiti (1746-54 circa). Nell'aprile del 1753 si impegnava per la esecuzione di cinque statue destinate al decoro della facciata e della gradinata della cattedrale, la Madonna e i santi Lucia, Marziano, Pietro e Paolo (Giudice, pp. 101-107; Agnello, 1937). Le statue, dagli evidenti caratteri formali "romani", furono ultimate nel 1757. I quattro modelli preparatori in terracotta dorata - un quinto, raffigurante l'Immacolata, è andato perduto - furono realizzati tra il 1753 e il 1754 e si conservano presso il palazzo arcivescovile di Monreale, dove nel 1754 si era trasferito il vescovo Francesco Testa, che aveva commissionato le opere (Fittipaldi). Negli stessi anni, collocava sull'altare della chiesa del collegio Massimo di Siracusa, realizzato dieci anni prima, la statua di S. Ignazio (1756-57), ispirata, su precisa richiesta della committenza, alla statua del santo di P. Le Gros nella chiesa del Gesù di Roma (1699).

Il confronto con l'opera dello scultore francese si sarebbe riproposto intorno al 1760, quando i gesuiti di Palermo commissionarono al M. due statue raffiguranti La Religione e La vittoria della Religione, eseguita quest'ultima sulla falsariga del gruppo del Trionfo della Religione sull'Eresia del Gesù di Roma, statue che in seguito all'espulsione della Compagnia dagli Stati borbonici (1767) furono confiscate e collocate a villa Giulia, in prossimità della fontana del Genio di Palermo, riconvertite nelle figure dell'Abbondanza e della Gloria (Emmanuele e Gaetani, Diario palermitano…, p. 281: per i disegni si veda Sgadari di Lo Monaco, tavv. LXVII-LXVIII).

Successiva al periodo siracusano è la statua di S. Rosalia (1758), collocata sotto l'altare dell'omonimo santuario sul monte Pellegrino presso Palermo.

Nella fase iniziale della sua attività si data la definizione del nuovo tipo della pala d'altare marmorea in altorilievo, con l'Apoteosi di s. Ignazio e le quattro parti del mondo, nella chiesa dei gesuiti di Catania (1749-51), cui seguirono, negli anni Sessanta, gli altorilievi dell'Apoteosi di s. Benedetto nel duomo di Monreale, considerato il suo capolavoro (firmato e datato 1776, ma realizzato tra il 1761 e il 1766: Malignaggi, 1974, pp. 35 s.), del S. Luigi Gonzaga in gloria, nella chiesa della casa professa di Palermo (1763), e dell'Immacolata, nella chiesa del collegio di Trapani (1766).

Fin dai primi anni Cinquanta il M. si affermò come ricercato ritrattista e autore di monumenti commemorativi per viceré o esponenti delle famiglie dell'aristocrazia laica ed ecclesiastica, elaborati entro un numero definito di tipi, con la figura clipeata dell'effigiato a mezzo busto, affiancata da angeli e/o personificazioni allegoriche. Tra gli altri, i monumenti ad Alessandro Testa (1753) nella cattedrale di Nicosia e a Nicolò (1758) e Carlo Di Napoli (post 1759) in S. Francesco d'Assisi a Palermo e quelli al Viceré Eustachio duca di Laviefuille (1754), a Carlo Filippo Cottone principe di Castelnuovo (1764) e a Gaetano Cottone e Onofrio Ardizzone (1791-92), tutti nella chiesa dei cappuccini di Palermo. Caratteristico è, in particolare, il tipo del monumento con doppio ritratto, che discende dalla rielaborazione settecentesca di antichi prototipi dell'arte funeraria romana (Malignaggi, 1974, fig. 23), cui si riportano il Monumento di Vincenzo e Francesco Paternò Castello dei duchi di Carcaci (1788) nella chiesa del Carmine di Catania e il Mausoleo di Giuseppe e Giovan Battista Paternò Asmundo dei marchesi di Sessa (1781 circa) nella chiesa dei cappuccini di Palermo.

Nell'ottavo decennio del secolo eseguì per l'oratorio di S. Filippo Neri a Palermo il rilievo marmoreo con la Gloria di angeli (1775) che incornicia il quadro del pittore palermitano G. Martorana (Giudice, pp. 132-140). Nel mosso turbinio di angeli e nuvole, con l'Angelo di dimensioni maggiori, a figura intera, che si libra per aria con improvvisa torsione, nello stesso "bel composto" di pittura e scultura, più manifestamente lo scultore siciliano trae ispirazione dalle fonti della scultura barocca romana, attentamente studiate negli anni della formazione (Nava Cellini). Furono quelli anni di intensa attività artistica: tra ottavo e nono decennio, furono collocate la statua di S. Vito, nella settecentesca piazza della Repubblica a Mazzara (1771), commissionata dal vescovo Michele Scavo; quella di S. Domenico, a coronamento della fontana nel chiostro della chiesa di S. Caterina a Palermo (1781 circa); e, infine, la statua di S. Martino con il povero (1778-86), posta con studiata ubicazione nell'atrio dell'abbazia dei monaci benedettini di S. Martino delle Scale, a lato dello scalone d'ingresso, su progetto di G.V. Marvuglia, gruppo equestre che traduce in più compassato linguaggio classicista il celebre modello berniniano del Costantino a cavallo, nell'atrio di S. Pietro in Vaticano (Sola, 1997). Cade negli stessi anni la decorazione della cappella dell'Ecce Homo in S. Francesco a Palermo, con i bassorilievi della Flagellazione, del Calvario e della Deposizione (1780).

Artista oramai famoso, il M. si trovò ad accogliere richieste provenienti da tutta la Sicilia e fu chiamato a far parte delle commissioni giudicatrici dell'opera di suoi colleghi scultori, ai quali forniva modelli per statue, bassorilievi e intagli (Giudice). Alla committenza ecclesiastica si assommano i molteplici incarichi per opere pubbliche e private.

Scolpì archi di portici, cariatidi e stemmi nei balconi; ed eseguì altri lavori di abbellimento dei palazzi nobiliari, come i palazzi del principe di Belmonte e della marchesa di Geraci a Palermo, ma anche palazzo San Giuliano-Paternò a Catania (Giudice, pp. 192-209, 220-225); realizzò numerose fontane monumentali, tra le quali vanno almeno ricordate la Fontana del drago (1767) e la Fonte del pescatore (1769), ubicate lungo la strada che unisce Palermo con Monreale (Costantino).

Nel novembre del 1778, con solenne "funzione festiva", fu collocata nella fontana al centro della villa Giulia a Palermo la statua del Genio di Palermo, che ripete l'iconografia di analoghe rappresentazioni presenti in città, in cui il Genio è raffigurato nei panni di un vecchio re con un serpente al petto e gli emblemi della città: "pregiasi la detta statua - annota nel suo Diario palermitano il marchese di Villabianca - essere uscita dalle virtuose mani di D. Ignazio Marabitti, egregio scultore de' nostri tempi e nostro cittadino, universalmente riputato per merito d'arte qual novello Antonio Gagini" (pp. 246-248). Subito dopo portò a termine, con larga partecipazione della bottega, la Fontana del fiume Oreto in S. Martino delle Scale (1778-82 circa).

Tra il 1779 e il 1781 sono documentati i lavori a Palermo per il monastero di S. Anna e Teresa, nel piano della Porta dei Greci (1779-81), dove il M. si impegnò a scolpire le statue della Madonna, di S. Giovanni e della Maddalena, nonché il rilievo con il Padre Eterno fra nuvole e serafini (Giudice, docc. 33-39, pp. 155-165, doc. 42, pp. 169 s.).

Qualche anno dopo il Senato di Palermo approvava il modello in creta presentato dallo scultore per la statua di Ferdinando III di Borbone (1786-90), distrutta nel 1820 (Emmanuele e Gaetani, Palermo d'oggigiorno; Giudice, pp. 186-192). Lo stesso Senato palermitano, nel novembre del 1781, giustificava la concessione al M. "in perpetuo e gratis" di un terreno davanti al suo studio, con "i particolari servigi prestati dal detto di Marabitti a questo eccellentissimo Senato" e "per il decoro ed onore che ha recato a questa capitale con la sua virtù e perizia nella scoltura, resosi insigne e famoso per le sue celebri opere anche in tutta Italia" (ibid., pp. 177 s.).

Nella fase tarda della sua carriera, caratterizzata da una sostanziale adesione allo stile neoclassicheggiante di fine secolo, più stretta si fece la collaborazione con l'architetto Marvuglia: a S. Ignazio all'Olivella a Palermo eseguì le statue dei Ss. Pietro e Paolo, poste ai lati dell'altare maggiore (ibid., pp. 210-217).

Il 22 apr. 1795, colpito da una paralisi che lo privò dell'uso della mano destra, stese il testamento (ibid., pp. 233-238). Ancora nel 1796 portò a termine uno dei due previsti Angeli-acquasantiera per la chiesa palermitana di S. Giuseppe; l'altro è opera di Federico Siracusa, con Filippo Pennino tra i più dotati dei numerosi giovani discepoli che si formarono alla sua avviata bottega.

Il M. morì a Palermo il 10 genn. 1797.

Fonti e Bibl.: Palermo, Biblioteca comunale, Mss., Qq.E.88: F.M. Emmanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, Opuscoli palermitani, cc. 8-11; Qq.D.109: Diari, cc. 50, 308, 317; Qq.D.112, cc. 52 s.; Qq.F.263: G. Bertini, Estratti di autori antichi e moderni intorno alle belle arti in Sicilia (inizio del XIX secolo), cc. 279 s.; G. Palermo, Guida di Palermo, Palermo 1816, pp. 257, 356; F.M. Emmanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, Palermo d'oggigiorno, in Opere storiche inedite sulla città di Palermo…, a cura di G. Di Marzo, Palermo 1873, p. 240; Id., Diario palermitano, in Diari della città di Palermo dal secolo XVI al XIX…, a cura di G. Di Marzo, Palermo 1879, pp. 246-248, 281; R. Giudice, F.I. M., scultore siciliano del secolo XVIII: con 73 documenti inediti, Palermo 1937; G. Agnello, Il prospetto della cattedrale di Siracusa e l'opera dello scultore palermitano I. M., in Archivi d'Italia e Rass. internazionale degli archivi, III (1937), 1-2, pp. 12 s.; Id., L'opera dello scultore I. M. nella cappella del Ss. Sacramento nella cattedrale di Siracusa, Siracusa 1940; P. Sgadari di Lo Monaco, Pittori e scultori siciliani dal Seicento al primo Ottocento, Palermo 1940, pp. 79 s., tavv. LXVII-LXVIII; S.L. Agnello, Artisti siciliani dei sec. XVII e XVIII: D. Monteleoni, E. Martorana, I. M., in Archivi d'Italia e Rass. internazionale degli archivi, X (1943), 1-2, pp. 60-65; G. Agnello, Opere ignorate dello scultore I. M., ibid., XXII (1955), 3, pp. 228-248; D. Malignaggi, I. M., in Storia dell'arte, 1974, n. 7, pp. 5-61; T. Fittipaldi, Sculture inedite di I. M., in Napoli nobilissima, XV (1976) 2-3, pp. 65-105; D. Malignaggi, La scultura della seconda metà del Seicento e del Settecento, in Storia della Sicilia, X, Napoli 1979, pp. 101-103; A. Nava Cellini, La scultura del Settecento, Torino 1982, pp. 85-89; G. Costantino, Le fontane del pescatore e del drago di I. M. lungo lo stradone di Monreale, Palermo 1984; M. Guttilla, Le vie dei dragoni: fontane a Palermo da Mariano Smiriglio a I. M., Palermo 1984, pp. 45-57; F. Giunta, Fontane monumentali a Palermo, Palermo 1985, pp. 59-66; V. Sola, Le sculture di Giuseppe Pampillonia e I. M., in L'eredità di Angelo Sinisio. L'abbazia di San Martino delle Scale dal XIV al XX secolo (catal.), a cura di M.C. Di Natale - F. Messina Cicchetti, Palermo 1997, pp. 265 s.; Id., Tre sculture restaurate per l'oratorio dei Bianchi, in V. Abbate - M. Guttilla - V. Sola, La Crocifissione di Antonio Manno all'oratorio dei Bianchi e tre sculture restaurate, Palermo 2005, pp. 35-37; E. Bénézit, Dictionnaire…, VII, Paris 1976, p. 155; L. Sarullo, Diz. degli artisti siciliani, III, Palermo 1994, pp. 205-208; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 49.

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