LUCIO, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LUCIO (Luccio, Luzzo), Francesco

Carlida Steffan

Francesco Nato probabilmente a Conegliano, nell'entroterra trevigiano, intorno al 1628, il L. deve la sua formazione musicale e gli esordi compositivi al maestro veneziano A.G. Rigatti. Nella raccolta di Salmi diversi di compieta in diversi generi di canto di quest'ultimo, dati alle stampe a Venezia nel 1646, si rintraccia anche il salmo Ecce nunc per voce, violino e basso continuo del giovane allievo (il frontespizio della parte vocale recita infatti: "Ecce nunc [(] Di Francesco Lucio da Conegliano, Discepulo del Rigati"). Nel marzo dell'anno precedente il L. aveva esordito come organista presso la chiesa veneziana di S. Martino, dove prestò servizio saltuariamente fino al 1652 e rimase a vivere, fino alla prematura morte, presso la casa del parroco.

Nel suo testamento - redatto nell'agosto 1658 poco prima di morire - il L. fa riferimento "a tutti li mobili di casa" che si trovano "in casa del Signor Piovan di S. Martin" (Walker, 1984, p. CXXXIII).

Sempre da metà degli anni Quaranta il L. prestò servizio come organista presso altre chiese e monasteri veneziani, senza rivestire incarichi fissi. Il 26 apr. 1649 firmò la dedica al conte L. Widmann della sua prima raccolta a stampa di Motetti concertati a doi e tre voci, licenziata presso l'editore veneziano Alessandro Vincenti. Il 25 ottobre dello stesso anno morì Rigatti e il L. ereditò il suo posto di maestro di canto presso l'ospedale degli Incurabili. L'anno seguente uscì, sempre per i tipi di A. Vincenti, una seconda raccolta di Motetti concertanti a doi e tre voci.

La dedica, firmata dal L. il 6 settembre, è rivolta al conte polacco Alessandro Lubomirski: "V.E. conoscerà, che in comporre questi Sacri Concerti, ho avuto più divotione, che valore. Ma perché il sudore, che versò l'ingegno nell'esercitarvi l'industria, è stato più tosto tedio di mente che riputatione d'honore. Ho deliberato con la presuntione d'una devota temerità, acciò servano alla memoria di V.E. per testimonio della mia sempre devotissima osservanza; già che non potranno servire nel Teatro del Mondo per ritratto della mia insufficienza" (ibid., p. CLIV).

Nel frontespizio di quest'ultima raccolta il L. si definisce ancora "Discepolo del Sig. Antonio Rigatti"; i mottetti dati alle stampe dimostrano peraltro una fattura accurata, con impiego di episodi di imitazione e passaggi contrappuntistici (nel 1658 la raccolta fu ristampata a Rotterdam da J. van Geertsom; tre ulteriori mottetti finirono in una raccolta miscellanea stampata nel 1665 ad Anversa da Phalèse; altri sopravvivono manoscritti: cfr. Die Musik in Geschichte und Gegenwart, col. 551). Seguendo la testimonianza riportata in una lettera del compositore veneziano P.A. Ziani oltre una quindicina d'anni più tardi, già nel gennaio 1649 il L. - indicato come "quondam Luzzo" - avrebbe esordito sui palcoscenici veneziani, al teatro dei Ss. Apostoli con L'Orontea su testo di G.A. Cicognini (reintonato, 1656, da A. Cesti: cfr. Walker, 1984, pp. CXXXV-CXXXVII). L'anno seguente il L. fu nuovamente incaricato dallo scenografo G. Burnacini, impresario del teatro dei Ss. Apostoli, per la messa in musica de Gl'amori di Alessandro Magno e di Rossane, su libretto scritto in parte dall'"Academico Instancabile" Cicognini e completato da altra mano dopo la sua morte.

Il dramma debuttò il 24 genn. 1651; il L. avrebbe dovuto ricevere dall'impresario 100 ducati (50 ducati "quando sii ridotta intieramente tutta essa opera sulla sena" e altri 50 "al tempo che sia corsa la mettà [sic] delle recite"); Burnacini invece non pagò a tempo e ricorse a un atto notarile, accusando il compositore di inadempienze ("non havete date fuori tutte le parti, ma ne anco fatta la musica alle Deità nel fine del primo et del secondo atto" e inoltre "sette mancato di venir a suonar"). Da parte sua il L. rispose di aver adempiuto ai suoi doveri ("così nella facitura della musica di tutta l'opera, come nel sonnare ogni volta che detta opera è stata rappresentata") e scaricò invece tutta la responsabilità sull'impresario (cfr. Glixon, p. 452).

L'attività teatrale del L. si spostò nel 1653 al teatro di S. Aponal (S. Apollinare) con Pericle effeminato, su libretto di G.A. Castoreo e, l'anno successivo, al più piccolo teatro di S. Moisè con il "drama regio" L'Euridamante su testo di G. Dell'Angelo. Solo in questa prefazione, firmata dallo stesso librettista, si fa esplicito riferimento al L. come compositore ("Mi vanto solo dell'incontro felice, che da virtuoso soggetto, qual'è il Sig. Luccio [sic], siano state animate le mie debolezze. La sua musica degna d'ammiratione darà occasione di ricoprire i miei mancamenti"). Le attribuzioni di paternità delle altre opere si basano invece principalmente sulla raccolta di Arie a voce sola e basso continuo, dedicate dal L. al veneziano Iseppo Zolio la cui stampa pare sia stata assiduamente sollecitata dall'editore A. Vincenti (facsimile in A. Aureli - F. Lucio, Il Medoro, Milano 1984).

Nella dedica, datata 3 giugno 1655, il L. definisce le sue arie teatrali "povere canzzonette [sic]", e confida che la dedica al nobiluomo veneziano le metta al riparo di eventuali giudizi negativi ("ma perché questi parti non vadano mendicando per la sua nudita [sic] per il mondo come andorono vestiti frà le scene, le hò vestite col nome di V.S. molto Illustre acciò che s'ella le adobbò più volte de lode, le conserva anco l'habito della sua gratia per difenderle da velenosi morsi de mal dicenti").

Nella suddetta raccolta si trovano arie provenienti da Gl'amori di Alessandro Magno e di Rossane, Pericle effeminato e Euridamante (ma non dall'Orontea); quattro arie furono poi ristampate l'anno seguente, sempre dal Vincenti, in una raccolta miscellanea curata da F. Tonalli.

La carriera teatrale del L. si chiuse con Il Medoro (unica partitura interamente sopravvissuta attraverso una copia più tarda: ed. in facsimile, cit.). Composto su libretto di A. Aureli, andò in scena l'11 genn. 1658 al prestigioso teatro Grimani ai Ss. Giovanni e Paolo e fu ripreso oltre dieci anni più tardi, con limitati cambiamenti, al teatro Rodino di Palermo. Nel marzo del 1658 è testimoniata la presenza del L. all'interno di un gruppo di musicisti impegnati a Burano, nel convento S. Martino.

Il 7 agosto dello stesso anno il L. subì una ferita alla testa, a causa della quale morì poco dopo, il 1( sett. 1658, in casa del piovano di S. Martino.

Nel testamento il L. fa riferimento a un patrimonio di circa 1500 ducati: menziona la madre, le sorelle (suor Vittoria, "Anzola" e Laura), il fratello (D. Lucio) e uno zio sacerdote; dispose la vendita del suo organo e il passaggio di tutte le sue partiture all'ospedale della Pietà ("acciò [le figlie del coro] le cantino e preghino Dio per l'anima mia"; cfr. Walker, 1984, p. CXXXIII).

Fonti e Bibl.: S.T. Worsthorne, Venetian opera in the seventeenth century, Oxford 1954, ad ind.; L. Bianconi - T. Walker, Dalla "Finta pazza" alla "Veremonda": storie di Febiarmonici, in Riv. italiana di musicologia, X (1975), pp. 379-454 passim; T. Walker, Gli errori di "Minerva al tavolino": osservazioni sulla cronologia delle prime opere veneziane, in Venezia e il melodramma nel Seicento. Atti del I Convegno(, Isola di San Giorgio Maggiore,( 1972, a cura di M.T. Muraro, Firenze 1976, pp. 7-20; T. Walker, "Ubi Lucius": thoughts on reading "Medoro", in A. Aureli - F. Lucio, Il Medoro, cit., pp. CXXXI-CLXIV; E. Rosand, Opera in seventeenthcentury Venice. The creation of a genre, Berkeley 1991, ad ind.; B. Glixon, Music for the Gods? A dispute concerning F. L.'s "Gl'amori di Alessandro Magno, e di Rossane" (1651), in Early Music, XXVI (1998), pp. 445-454; F.-J. Fétis, Biogr. univ. des musiciens, VI, pp. 362-364; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 869; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VI, p. 237; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 512; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XV, pp. 275 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart (ed. 2004), Personenteil, XI, coll. 550 s.

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