APPENDINI, Francesco Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

APPENDINI, Francesco Maria

Armando Pitassio

Nacque a Poirino (Torino) il 6 nov. 1769, e a Torino compì gli studi umanistici. Recatosi a Roma a 17 anni, vesti l'abito degli scolopi il 15 apr. 1787: ammesso al collegio G. Calasanzio studiò filosofia e teologia sotto la guida dei padri Grassini e Giuliani, lettere ed eloquenza con padre Faustino Gagliuffi, terminando con una dissertazione De Ecclesia (1791), in cui prendeva posizione contro le decisioni del recente concilio di Pistoia. Nel 1792 fu inviato come professore di eloquenza - era iscritto all'Arcadia - al liceo convitto della Repubblica di Ragusa, dove, nel 1795, egli fu raggiunto dal fratello minore Urbano (nato a Poirino il 18 marzo 1771), che - presi egli pure i voti degli scolopi nel 1788, e compiuti gli studi di filosofia e matematiche a Roma ed a Firenze - era stato inviato con l'incarico di lettore di filosofia e matematiche.

Il liceo, amministrato fino al 1773 dai gesuiti e successivamente, sciolto quest'ordine, dagli scolopi, era notevolmenté frequentato; molti allievi di famiglie nobili proseguivano poi i loro studi nelle università italiane e francesi, e conseguentemente la vita culturale ragusea era piuttosto vivace, mentre altrettanto non accadeva per la Dalmazia veneta, ove l'istruzione primaria era affidata per lo più alla buona volontà di un clero secolare ignorante, e quella secondaria avveniva in qualche raro istituto ecclesiastico (Zara, Traù).

Sin dal suo arrivo nella città dalmata l'A. dimostrò i suoi interessi storici, allorché, entrato in contatto insieme con il fratello con l'ambiente culturale del luogo, permeato di cultura classicista, ma non alieno dallo studio sulle condizioni etniche, storiche e culturali degli Slavi (studi dell'abate Ferich, dell'abate Zamagna, del Boscovich, dello Stay), ritenne opportuno impadronirsi a fondo del croato per intraprendere ampie ricerche sulle cronache manoscritte e su altri documenti degli archivi di Ragusa; frutto di ciò furono le Notizie storico-critiche sull'antichità, storia, letteratura dei Ragusei (2 voll., Ragusa, Martecchini, 1802-1803), che egli dedicò al senato raguseo.

La prima parte dell'opera tratta delle origmi mitologiche della città, delle vicende storiche della sede arcivescovile ragusea ed infine della storia e dell'ordinamento civile di Ragusa fino alla pace di Passarowitz: e questa è la sezione più valida, grazie soprattutto alla gran copia di documenti profusavi. La seconda vuol dare un panorama complessivo della produzione culturale ragusea, divisa in varie sezioni: teologi, storici, poeti, ecc.

La sua conoscenza del croato lo portò anche a studi di tipo filologico, dove si lasciò andare, però, a talune affermazioni arbitrarie e peregrine.

Polemizzando contro i sostenitori del greco e del latino come lingue-madri europee, affermò l'origine di tutte le lingue europee dalla lingua "illirica", che si sarebbe conservata pura solo tra gli Slavi e, particolarmente, tra i Dalmati.

Fra le sue opere filologiche, di più ampia mole fu il Varro illyricus - opera incompiuta ed inedita - in cui cercava di dimostrare, mediante analogie, come molte denominazioni antiche di città, fiumi e monti europei derivassero da radici slave. Analoghi vistosi errori d'impostazione resero inutile tutta la massa, di cognizioni filologiche che l'A. riversò a piene mani in alcune sue dissertazioni sulle origini della lingua slava come: Dissertatio de praestantia et vetustate linguae Illyricae (Ragusa 1806); Dissertatio circa analogiam inter antiquam Asiae minoris linguam et antiquorum recentiumque Thraciae nec non Illyrici populorum, che egli scrisse come prefazione al Dizionario di Gioacchino Stulli. Nel 1808 pubblicava anche una Grammatica della lingua illirica, dedicata al generale Marmont, in cui faceva un tentativo di dare un'ortografia latina più accurata ed unitaria della lingua croata.

Con l'occupazione della Repubblica di Ragusa da parte delle truppe del Lauriston (27 maggio 1806), gli scolopi dovettero abbandonare la loro casa con annesso collegio, essendo questo adibito ad ospedale militare. Ma con l'annessione della città al Regno italico e con la nomina del Marmont a duca di Ragusa (maggio 1808) terminarono le pene degli scolopi. Marmont, da cui la città dipendeva e dal lato militare e dal lato civile - mentre il resto della Dalmazia era governato sino al 1810dalla diarchia Marmont-Dandolo -, aveva da tempo compresa l'importanza del clero dalmata, cui la popolazione era particolarmente legata; già in Dalmazia egli aveva seguito la tattica di accaparrarsi le simpatie del clero (mentre Dandolo con alcuni suoi tentativi di riforme giuseppine era ormai odiato). A Ragusa avvenne la stessa cosa. Marmont divenne amico dell'A., e la scuola fu affidata nuovamente all'Ordine.

Il funzionamento della scuola era assicurato mediante una rendita di 23.746 franchi e la fondazione di 20 borse di studio; i due fratelli Appendini erano nominati direttori del collegio, e il raguseo abate Zamagna 7 gesuita, fino allo scioglimento dell'ordine - ispettore. Nel 1811 il liceo di Ragusa fu ulteriormente favorito, portandosi il numero delle borse a 60. Si insegnava italiano, latino, greco, slavo, francese, storia, disegno, filosofia e matematica; il lavoro era tale che l'A. fu costretto a chiedere degli assistenti alla casa madre di Roma.

Nonostante l'intensa attività pedagogica, l'A. diede proprio in questo periodo alle stampe un'altra opera storica, le Memorie spettanti ad alcuni illustri di Cattaro (Ragusa, Martecchini, 1811).

Scomparsa la Francia napoleonica, incorporata dall'Austria nei suoi domini la Dalmazia - di cui ormai Ragusa faceva parte integrante anche da un punto di vista politico - lo spirito conservatore degli Appendini, che si andava, tra l'altro, manifestando nella presa di posizione da parte di Urbano contro il romanticismo a favore del purismo, trovò modo di affermarsi: una serie di carmi latini celebrativi della casa imperiale d'Austria usci dalla penna sia di Francesco Maria sia del fratello Urbano. L'orgamzzazione austriaca dell'istruzione pubblica portò alla creazione di un liceo-convitto a Zara, affidato agli scolopi anch'esso, cui fu preposto Urbano (1824),mentre l'A. fu nominato prefetto del ginnasio (già liceo) di Ragusa. Sempre nel 1824 Urbano venne nominato direttore dei ginnasi della Dalmaziá, e in quella carica favorì l'avviamento e il progresso delle scuole elementari e ginnasiali di tutta la provincia. Gran parte dei suoi principî pedagogici possono leggersi nella sua operetta in esametri Opus de educatione, edita dal Demarchi, a Zara, nel 1834. Lo stesso anno - il 7 dicembre - egli moriva.

I principî che ispiravano l'azione asburgica, di cui Urbano fu il fedele interprete, erano quelli di creare una classe dirigente dalmata, estraendola dalle famiglie nobili locali, mentre, per quel che riguardava l'istruzione delle masse popolari, si pensava che essa fosse mezzo opportuno per introdurvi determinati principi d'ordine, badando bene che gli elementi culturali impartiti non fossero tali da destare aspirazioni giudicate fuori luogo in quelle classi.

A succedere a Urbano nelle cariche che ricopriva fu chiamato l'A., fino a quel momento prefetto del ginnasio raguseo e tutto preso da una serie di studi di disparata natura.

Volgeva in croato il codice civile austriaco (l'opera non fu mai pubblicata); s'interessava a questioni di critica letteraria, trattando lo sviluppo epico dell'Osmanide in una prefazione alla Vita di Giovanni Francesco Gondola (autore del poema) e riallacciandosi così a precedenti studi dello Zarnagna, che aveva appunto tentato la versione dal croato in latino del poema del Gondola; in latino scriveva un Devita et scriptis B. Zamagnae (Zara1830);petrarchista convinto, s'impegnava a dare un quadro analitico e storico delle vicende della lingua italiana ne La vita e l'esame delle opere del Petrarca: in quest'opera, dopo aver preso in considerazione quali fossero stati gli influssi del Petrarca sulla lirica italiana e quali gli imitatori del poeta, sosteneva che chi si allontanava dallo stile petrarchesco si allontanava dalla lirica. Sorta poi un'accesa polemica tra lo Stancovich e il Capor circa la possibilità della nascita di s. Girolamo in Dalmazia, egli intervenne nella disputa con l'Esame critico della questione intorno alla patria di S. Girolamo (Zara 1833), in cui prendeva posizione a favore della tesi della nascita del santo in Dalmazia.

Avendo in comune col fratello le idee in materia di organizzazione dell'insegnamento, a Zara ne continuò con entusiasmo l'opera, nonostante la stanchezza dovuta alla sua tarda età e gli ostacoli dovuti, tra l'altro, alla mancanza di insegnanti religiosi. La Rivoluzione francese aveva sconvolto non pochi Ordini, e tra questi anche quello degli scolopi. I gesuiti soltanto riguadagnavano terreno, e questo era un elemento di preoccupazione per gli Appendini, che vedevano il proprio Ordine perdere scuole a favore di quelli. Tuttavia l'aiuto degli scolopi d'Ungheria permise di superare la crisi.

Il 30 genn. 1837, a due anni di distanza dal fratello, l'A. morì a Zara.

Bibl.: I. F. - Zivot P. O., Franje Marke Appendina, in Danica ilirska, III(1837); A. Cosnacich, Memoria storica sulla vita e sulle opere del p. F. M. A., Ragusa 1838; I. M. Bozoli, in E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri del sec. XVIII, VI,Venezia 1838, pp. 142-145; F. Carrara, Chiesa di Spalato un tempo Salonitana, Trieste 1844, passim; G. Valentinelli, Bibliografia della Dalmazia e del Montenegro, Zagabria 1855; G. Gliubich, Dizionario biografico degli uomini illustri della Dalmazia, Vienna 1856, pp. 9-12; T. Vifias a S. Aloisio, Index bio-bibliographicus C. C. R. R. P. P. Matris Dei Scholarum Piarum, II, Romae 1908, pp. 183-186; III, ibid. 1911, pp. 483-485. Su Urbano, vedi: Gazzetta di Zara, 1834, n. 99 e 1835, nn. 2 e 21; L. Picanyol, Un educatore insigne, Roma 1935.

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