BRANCACCIO, Francesco Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 13 (1971)

BRANCACCIO, Francesco Maria

Georg Lutz

Appartenente a un'antica famiglia napoletana, nacque il 15 apr. 1592 in Canneto di Bari da Muzio, signore di Pistaso e barone di San Cipriano, che ricopriva in quel momento la carica di governatore di Bari. Studiò a Napoli presso i gesuiti e il 5 nov. 1611 si addottorò in diritto civile e canonico. Dopo alcuni anni di pratica legale abbracciò la carriera ecclesiastica: il 21 sett. 1619 fu ordinato sacerdote e il 30 sett. 1620 si addottorò in teologia. Si trasferì subito dopo a Roma e sotto il pontificato di Gregorio XV, negli anni dal 1621 al 1623, fu referendario delle due Segnature. Da Urbano VIII fu inviato governatore a Fabriano (la sua progettata nomina a vescovo di San Marco fallì per ragioni sconosciute) e poi a Todi. Trasferito quindi a Terni, il 9 ag. 1627 fu nominato vescovo di Capaccio.

In tale qualità fu coinvolto in fastidiosi conflitti di giurisdizione, nel 1629, con l'abate Angelo di SS. Trinità in Cava dei Tirreni, che, rivendicando illegalmente titolo e privilegi di ordinario di SS. Trinità, non esitò a scomunicarlo, ma fu costretto da una sentenza della Congregazione dei vescovi e regolari a una solenne sottomissione; nel 1631con Francesco del Cavaliero vescovo di Sulmona e abate commendatario di Sant'angelo in Fasanella nella diocesi di Capaccio. Il conflitto più grave che decise di tutta la sua carriera ebbe luogo però nel 1632.Nel marzo il governatore spagnolo di Sala, che aveva imprigionato un prete, fu ucciso da gente del vicario del B., il quale fu citato dal viceré a Napoli, ma si sottrasse all'arresto riparando nel territorio pontificio. Mentre Sala, dove si trovava la sede vescovile, veniva saccheggiata dalla soldatesca spagnola, un fratello del B. venne trattenuto agli arresti in Napoli, e a lui stesso furono bloccate le entrate.

Nell'esilio romano il B. trovò l'appoggio del cardinal nepote Antonio Barberini: il 28 nov. 1633 Urbano VIII lo nominò cardinale, assegnandogli il 9 genn. 1634 il titolo dei SS. Apostoli. Questa improvvisa promozione del giovane e oscuro prelato napoletano al cardinalato fu interpretata generalmente come un affronto deliberato del papa alla Spagna. Cosicché la stessa rinuncia al vescovato di Capaccio (a quanto pare avvenuta per iniziativa del B. tra la fine del 1634 e l'inizio del 1635) non migliorò i suoi rapporti con gli Spagnoli: quando all'inizio del 1638 fu nominato da Urbano VIII arcivescovo di Bari, egli si recò a Napoli per ottenere l'exequatur, ma il viceré glielo negò e nell'estate se ne dovette ritornare a Roma ammalato e a mani vuote. Questa circostanza lo spinse definitivamente nel partito filofrancese in quel momento assai attivo nella Curia: egli, del resto, già nel 1633, aveva collaborato con il cardinale Antonio Barberini a progetti di cospirazione contro il governo spagnolo di Napoli. Negli anni precedenti alla rivolta di Masaniello (1647) risulta in contatto con l'opposizione nobiliare napoletana e tramite i Barberini con il Mazzarino. Mostrò i suoi vincoli di devozione alla famiglia di Urbano VIII anche più tardi, durante la persecuzione dei Barberini seguita alla morte del papa, quando si adoperò tra l'altro per ottenere la restituzione dei beni sequestrati a Francesco Barberini, con il quale manteneva una corrispondenza cifrata.

Il 13 sett. 1638 fu nominato da Urbano VIII vescovo di Viterbo e Toscanella, e il 25 settembre fece il solenne ingresso in Viterbo. Nel corso del suo più che trentennale episcopato tenne almeno sette sinodi diocesani, completò la costruzione del seminario, restaurò e ampliò il palazzo vescovile e si prodigò nell'assistenza ai poveri. Il 30 maggio 1670 rinunciò al vescovato a favore del nipote Stefano Brancaccio, al quale voleva cedere pure alcuni dei suoi benefici, le abbazie di Sant'adriano e Santa Maria del Carrà in Calabria.

Dopo la sua elevazione al cardinalato il B. fu attivo in quasi tutte le congregazioni cardinalizie: dal 1633 in quelle del Palatinato, del Concilio e di Propaganda Fide; nel 1636 fu membro di una congregazione particolare istituita per trattare i problemi ecclesiastici della Boemia, almeno dal 1643 in quella dei vescovi e regolari e poi in quella dell'immunità. Nel 1668-1671 fu anche membro di una congregazione particolare "sopra le doglienze de' principi secolari contro l'osservanza delle bolle di Gregorio XIV in materia dell'immunità, libertà e giurisdizione ecclesiastica". Fece parte anche delle Congregazioni dei Riti, del Rituale greco riformato, delle Cose concistoriali, dell'esame dei vescovi, dell'Indice; nel 1668 fu chiamato in una congregazione particolare "sopra il giansenismo".

Grazie al favore papale, il B. poté cambiare spesso il titolo di cardinale: il 2 luglio 1663 ottenne quello di S. Lorenzo in Lucina, l'11 ott. 1666 divenne cardinale vescovo di Sabina, il 30 genn. 1668 di Tuscolo, infine il 18 marzo 1671 di Porto e S. Ruffina. Partecipò a quattro conclavi.

Già nel 1655, dopo la morte di Innocenzo X, fu considerato papabile, ma solo nel 1667 la sua candidatura ebbe un peso effettivo; contro di essa tuttavia gravava la minaccia di un veto spagnolo, facilmente prevedibile in conseguenza dell'affare di Capaccio e per la circostanza, divenuta di dominio pubblico, che egli riceveva segretamente una pensione francese. Particolare favore sembrò godere la sua candidatura nel corso del lungo conclave del 1669-1670. Malgrado l'appoggio dei Barberini, della regina Cristina di Svezia, del cardinale Azzolini e del suo squadrone volante, essa fallì per il veto opposto di sua iniziativa dall'ambasciatore spagnolo Astorga. A nulla valsero le garanzie incondizionate che egli offrì alla Spagna: una smentita della corte di Madrid, che in precedenza aveva dato istruzioni poco precise al suo ambasciatore, arrivò troppo tardi a Roma, quando già era stata concordata l'elezione del papa Altieri, Clemente X, con il decisivo appoggio dello stesso Brancaccio.

Membro sin dal 1613 dell'Accademia degli Umoristi, il B. era in stretti rapporti con vari letterati del suo tempo e si segnalò anche come mecenate, finanziando fra l'altro la stampa degli scritti di Latino Latini. Scrisse vari trattati di teologia e di diritto canonico, dei quali alcuni furono stampati singolarmente negli anni tra il 1664 e il 1668 e raccolti poi da F. Grisedio. Delle sue numerose lettere solo poche furono pubblicate in varie raccolte. La sua ricca biblioteca, che con testamento del 3 genn. 1675 destinò all'istituzione di una pubblica biblioteca in Napoli, costituì, dopo la morte dei suoi eredi, il primo nucleo della famosa Brancacciana.

Morì a Roma il 9 genn. 1675.

Opere: Dissertationes quae continent: De privilegiis quibus gaudent cardinales in propriis capellis. De optione sex episcopatuum S.R.E. cardinalium. De pactionibus cardinalium quae vocantur Conclavis Capitula. De Sacro Viatico in extremo vitae periculo certantibus exhibendo. De potu chocolatis,an chocolates aqua dilutus,prout hodierno usu sorbetur,ecclesiasticum frangat jejunium. De Regulis Sanctorum Patrum. De Benedectione Diaconali. De altarium consecratione, Romae 1672. Furono stampati anche i decreti dei seguenti sinodi diocesani tenuti sotto la sua direzione: sinodo di Capaccio del 1629 (stampato a Roma nel 1630), sei sinodi di Viterbo, fra gli altri del 1639, 1645, 1649 (stampati a Viterbo nel 1639-1660); un sinodo di Toscanella (stampato a Viterbo nel 1669). Lettere del B. a Francesco Barberini si conservano nella Biblioteca Apostolica Vaticana, Fondo Barberini lat., 8692, ff. 74-275.

Fonti eBibl.: Biblioteca Apostolica Vaticana, Fondo Barberini lat., 4504, ff. 19-20; Fondo Borgiano lat., 74, ff. 104', 109, 129, 136, 164, 176', 186 (minute di bolle di Urbano VIII in favore del B., 1628-1633); P. Coretino, De episcopis Viterbii provinciae... summa chronologica, Viterbii 1640 (dedicata al B.), p. 180; L. Latinii Epistolae,coniecturae et observationes..., II, Viterbii 1667, pp. V-XII; M. Gustiniani, Lettere memoriabili, III, Roma 1675, pp. 70 s.; Orazione funerale del p. Tommaso Strozzi della Compagnia di Gesù,detta da lui nelle solenni esequie celebrate in Napoli..., Napoli 1675; A. Ciaconius-A. Oldoinius, Vitae et res gestae Pontificum romanorum, IV, Romae 1677, coll. 590-592; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, coll. 152, 246, 1423; VII, ibid. 1721, coll. 479 ss.; G. J. Eggs, Supplementum novum purpurae doctae, Augustae Vindelicorum et Graezii 1729, pp. 535-539; G. Volpi, Cronologia de' vescovi Pestani,ora detti di Capaccio, Napoli 1752, pp. 145-161; L. Cardella, Memorie storiche de' cardinali, VI, Roma 1793, pp. 307-310; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese...di Roma, X, Roma 1877, p. 479; N. Barozzi-G. Berchet, Relazioni degli stati europei, s. 3, Relazioni di Roma, II, Venezia 1878, p. 31; E. Ricca, La nobiltà delle Due Sicilie, I, 5, Napoli 1879, pp. 247-293; H. Hurter, Nomenclator literarius theologiae catholicae..., IV, Oeniponte 1910, pp. 307 s.; Aggionta alli Diurnali di Scipione Guerra: governo di D. Fernando Afan de Ribera, Enríquez duca d'Alcalá (1629), in Arch. stor. per le prov. napoletane, XXXVI(1911), pp. 773-775; N. Cortese, Gli "Avvertimenti ai nipoti" di Francesco d'Andrea,ibid., n.s., VII (1921), pp. 325 s.; L. v. Pastor, Storia dei Papi, XIII, Roma 1931, pp. 715 s.; XIV, 1, ibid. 1932, pp. 311 s., 542, 561, 571 s., 631; G. Coniglio, Il viceregno di Napoli nel sec. XVII, Roma 1955, pp. 282 s.; H. Tüchle, Acta S. C. De Propaganda Fide Germaniam spectantia. Die Protokolle der Propagandakongregation zu deutschen Angelegenheiten 1622-1649, Paderborn 1962, p. 402; A. Kraus, Das päpstliche Staatssekretariat unter Urban VIII., Rom-Freiburg-Wien 1965, pp. 279, 281 s.; Dict. d'Hist. et de Géogr. Ecclés., X, coll. 386 s.

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