MATARAZZO, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008)

MATARAZZO, Francesco

Maria Carmela Schisani

– Nacque a Castellabate, presso Salerno, il 9 marzo 1854 da Costabile, proprietario e avvocato di prestigio locale, e dalla nobildonna Mariangela Jovane, appartenente a un’antica famiglia di Cava de’ Tirreni.

I Matarazzo avevano origini nobili risalenti al Comune di Perugia del XII secolo. In seguito un ramo della famiglia si era stabilito a Velletri e un altro ramo si era trasferito a Procida e poi, dall’isola, a Castellabate, dove ebbe feudi e – per numerose generazioni – esercitò diritti di vassallaggio su varie borgate del Cilento. Tra il XVIII e il XIX secolo prima la crisi della feudalità e poi la crisi economica postunitaria e quella generalizzata dell’agricoltura meridionale avevano fortemente ridotto i possedimenti e le rendite della famiglia.

Compiute le scuole elementari a Castellabate, il M. si trasferì a Salerno, ospite di un fratello della madre, per seguire gli studi classici presso il ginnasio-liceo della città, cui poi sarebbero seguiti gli studi presso l’Accademia militare. I progetti formativi furono però interrotti alla fine del liceo, a causa della prematura morte del padre, nel 1873. A soli diciannove anni, infatti, il M., primogenito di nove figli, fu costretto a tornare a Castellabate per prendersi cura degli affari di famiglia.

Gli scarsi risultati economici del lavoro di questi anni si contrapponevano alle crescenti esigenze anche personali di mantenimento del proprio nucleo familiare. Poco più che ventenne, aveva sposato Filomena Sansivieri e appena venticinquenne, aveva già avuto due dei suoi tredici figli, Giuseppe (1877) e Andrea (1879). Tali condizioni indussero il M. a valutare più volte l’opportunità di partire per le Americhe per cercare fortuna nel commercio, in linea con il crescente trend migratorio nazionale.

Nell’ottobre 1881, il M. si imbarcò per il Brasile con un piccolo carico di generi alimentari tipici e di strutto, con l’obiettivo di commercializzarli presso le comunità di emigranti stabilite nei pressi di San Paolo. L’idea era sorta dai contatti con l’amico e conterraneo F. Grandino, che andava a Sorocaba, piccolo centro a sud-ovest di San Paolo, dove era già insediata una colonia di italiani impegnati nelle grandi fazendas di caffè e nei cantieri di costruzione della ferrovia sorocabana. Tuttavia, il carico di merce del M. affondò quasi completamente nella Baia di Santos, durante il trasporto dalla nave alla banchina del porto. La perdita subita indusse il M. a seguire immediatamente Grandino a Sorocaba, dove nel maggio 1882 aprì la sua prima «venda», un modesto deposito di alimentari in cui commerciava generi di prima necessità (farina di grano e granturco, sale, fagioli, carne, strutto, ecc.).

Tra il 1882 e il 1890 il M. operò come imprenditore individuale. Il mercato locale si connotava per una forte importazione dagli Stati Uniti di strutto, prodotto considerato indispensabile per la conservazione degli alimenti. L’intuizione del M., di interporsi prima nella catena distributiva e poi in quella produttiva di tale prodotto, lo indusse, sempre nel 1882, ad acquistare un piccolo locale attiguo alla venda per iniziare a produrlo in proprio, con mezzi rudimentali.

In quello stesso anno, lo raggiunsero la moglie e i due figli, cui ne seguirono altri undici: Ermelino (1883), Teresina (1885), Mariangela (1887), Attilio (1889), Carmela (1891), Lidia (1892), Olga (1894), Ida (1895), Claudia (1899), Francesco jr. (1900) ed Edoardo (1902).

Poco più tardi aprì una seconda fabbrica a Capão Bonito, iniziando ad accumulare una notevole fortuna economica anche attraverso il commercio dei suini e la produzione di scatole di latta per confezionare lo strutto prodotto.

Nel 1889, in corrispondenza della caduta della monarchia di Pedro II e della successiva proclamazione della Repubblica degli Stati Uniti del Brasile che segnò l’inizio del periodo di più intenso sviluppo economico del Paese, il M. si trasferì a San Paolo.

Qui nel 1890 ebbe inizio la seconda fase dell’attività imprenditoriale del M.: la rapida crescita del fatturato annuo lo indusse a passare dalla forma di impresa individuale a quella societaria creando, insieme con tre dei cinque fratelli che lo avevano raggiunto in Brasile (Giuseppe, Luigi, Andrea, Nicola e Costabile), la Matarazzo & Irmãos, nella quale egli partecipava con le due fabbriche di strutto di Sorocaba e Capão Bonito, il fratello Giuseppe con la fabbrica di strutto di Porto Alegre e Luigi con un deposito nella città di San Paolo. La società, però, ebbe vita brevissima: appena un anno dopo, nel 1891, in piena depressione economica brasiliana, la Matarazzo & Irmãos fu sciolta e venne costituita la Compagnia Matarazzo spa, con 43 azionisti, che acquistarono le fabbriche di Sorocaba e Porto Alegre. In questa fase organizzativa, che terminò nel 1911 con l’organizzazione delle Indústrias Reunidas Fábricas Matarazzo (IRFM), il M. restò associato al solo fratello Andrea.

Riguardo all’oggetto dell’attività imprenditoriale, la seconda fase – delimitata tra il 1890 e il 1900 – fu ancora essenzialmente incentrata sull’attività originaria, il commercio, che puntava però sempre più su un allargamento qualitativo e geografico dei beni di importazione: in particolare l’impresa iniziò a importare frumento dagli Stati Uniti e riso dalla Cina.

La vera svolta si ebbe nel 1900, quando il fatturato annuo societario aveva ormai raggiunto livelli elevatissimi: in tredici anni, dal 1887 al 1900, era passato da 20 contos a più di 2000 contos de réis (un conto equivaleva a un milione di lire). Nella terza fase imprenditoriale, durata fino al 1930, il M. riprese e sviluppò su vasta scala gli interessi della produzione industriale legati essenzialmente alle sue attività commerciali e di importazione. La scarsità di farina e dei suoi derivati lo aveva indotto, tra il 1889 e il 1900, alla formazione della prima grande fabbrica: il Mulino Matarazzo, costruito con il finanziamento della London and Brazilian Bank e situato nel Brás, il quartiere operaio di San Paolo, nei pressi della linea ferroviaria della città.

Il Mulino, che arrivò a produrre una media giornaliera di 7000 sacchi di farina e 3000 di crusca, era una fabbrica moderna attrezzata con macchine inglesi e rappresentò la cellula madre di quello che nel giro di pochi anni sarebbe divenuto un vero e proprio impero industriale. Nel Mulino funzionavano anche un’officina di riparazioni, che nel 1902 si trasformò nella Metalúrgica Matarazzo, e un’altra officina per la fabbricazione di sacchi di cotone per la farina. Quest’ultima fu l’embrione della futura espansione delle attività industriali del M. in campo tessile, concretizzatasi nel 1904 con la creazione della fabbrica di tessuti Mariangela, sempre localizzata nel Brás, che si estendeva su una superficie di circa 40.000 m2, con 2200 telai e 60.000 fusi, cui era annesso un cascamificio.

Due mesi dopo l’apertura del grande mulino, il M., considerato ormai esponente di rilievo della nuova borghesia capitalista di San Paolo, estese i suoi interessi al settore finanziario partecipando, nel maggio 1900, alla fondazione della Banca commerciale italiana di San Paolo, insieme con altri capitalisti italiani.

Nella Banca commerciale italiana di San Paolo, che aveva un capitale di 2000 contos diviso in 10.000 azioni, il M. possedeva personalmente 400 azioni mentre altre 600 vennero sottoscritte da quattro fratelli e dai due figli maggiori. Nonostante la cospicua rappresentanza familiare nella compagine proprietaria della banca, il M. fu eletto solo terzo tra i cinque direttori, tutti italiani e perlopiù concorrenti nello stesso settore industriale, tra i quali, G. Puglisi (fondatore del Mulino Santista) ed E. Pinotti Gamba (fondatore dei Grandi Mulini Gamba).

Cinque anni dopo, nel 1905, il M. partecipò alla costituzione della Banca italiana del Brasile, nella quale la sua famiglia deteneva il 73% del capitale e della quale divenne presidente, mantenendo un saldo legame con Pinotti Gamba che ne divenne segretario di direzione.

Intanto, nel 1906, la Banca commerciale italiana – al fine di concretare la politica di partnerships internazionali volta all’inserimento nei mercati sudamericani – assunse il pacchetto di controllo del Banco commerciale di San Paolo, che nello stesso anno cambiò la propria denominazione in Banco commerciale italo-brasiliano, estendendo in breve termine la rete territoriale delle proprie agenzie. Nel maggio 1910, in seguito a lunghe trattative con la Banque de Paris et des Pays-Bas (Paribas), il Banco venne liquidato e le sue attività incorporate in un nuovo organismo: la Banque française et italienne pour l’Amerique du Sud (Sudameris). Quest’ultima espanse il proprio volume affaristico divenendo la seconda banca brasiliana per raccolta di depositi e, tra il 1912 e il 1915, ampliò la propria attività all’intermediazione dei titoli del debito pubblico dei governi federali e degli Stati sudamericani.

Parallelamente all’evoluzione dell’originario Banco commerciale, nel 1910 il M. insieme con Puglisi diede origine a un terzo Banco italiano, che però si sciolse molto presto a causa dei mutamenti strutturali vissuti l’anno successivo dal gruppo Matarazzo. Nel 1911, infatti, il M. sciolse il legame con Puglisi e con Sudameris, dando avvio alla quarta fase organizzativa dell’azienda, che si trasformò nella società anonima IRFM, la totalità delle cui azioni (85.000 da 100.000 réis l’una) era di proprietà della famiglia, con il M. presidente e il figlio Ermelino e il fratello Andrea quali amministratori delegati.

La riorganizzazione in termini di integrazione funzionale e concentrazione verticale del gruppo industriale fu dovuta anche alla necessità di sviluppare un’attività bancaria propria. L’obiettivo era quello di ottenere la rappresentanza del Banco di Napoli per le rimesse degli emigranti dal Brasile, al fine di formalizzare e sistematizzare un’attività che da sempre il M. aveva svolto come punto di riferimento della colonia italiana. L’obiettivo fu realizzato tra il 1911 e il 1913 e la Casa bancaria Matarazzo divenne così rappresentante del banco meridionale per le rimesse da San Paolo in Italia, per volumi monetari elevatissimi (la cui punta massima si ebbe nel quinquennio 1921-25, con complessivi 2,6 miliardi di lire).

A questo punto, la posizione sociale e imprenditoriale del M. aveva acquisito una solidità assoluta, passando anche attraverso le aspre lotte operaie del primo decennio del Novecento, con le accuse di sfruttamento e con il boicottaggio dei prodotti delle sue fabbriche. La riorganizzazione aziendale dette anzi nuovo impulso alla diversificazione degli affari industriali, che progressivamente si allargarono a bevande, navigazione, metallurgia, energia, agricoltura e immobili.

Dopo un grande investimento nell’industria del legname con la segheria di São Caetano (1911), il M. estese le sue imprese territorialmente nel Belemzinho, con la fabbrica di tessuti Belemzinho (1910-13), e nel Paraná, dove costituì la succursale S.A. Indústrias Matarazzo do Paraná, per immagazzinare il grano importato dall’Argentina (1913). Sempre negli stessi anni vennero aperte le fabbriche della Mooca, che comprendevano un mulino per il sale, una raffineria di zucchero e grandi magazzini (1913-15); la Fabbrica e raffinazione di olio e saponi Sol Levante a São Caetano, e l’Amideria e fecolaria Matarazzo (1914-15), con la cui produzione di amido di riso, di grano e fecola abbatté l’importazione di tali prodotti da altri Paesi. Istituì inoltre filiali delle IRFM a Santos, Rio de Janeiro e Curitiba.

In occasione della prima guerra mondiale il M. lasciò il Brasile per recarsi in Italia, dove si impegnò principalmente nel coordinamento per l’approvvigionamento delle truppe e della popolazione civile. Per il servizio prestato in patria fu insignito dal re del titolo di conte nel 1917. In questo stesso anno costruì il mulino di Antonina, nello Stato del Paraná, che arrivò a una produzione annuale di un milione di sacchi di farina e di 10.000 tonnellate di sottoprodotti.

Durante la parentesi italiana l’attività imprenditoriale delle IRFM era stata proseguita dal figlio Ermelino. Al ritorno in Brasile, nel 1919, il M. riprese immediatamente il proprio ruolo con la creazione, nello stesso anno, della Società paulista di navigazione Matarazzo ltda, che fu l’unica impresa legalmente separata dal gruppo IRFM e che ebbe lo scopo di facilitare la circolazione e l’esportazione in America e in Europa della produzione delle sue numerose fabbriche. Di questi anni fu anche l’acquisizione della Companhia Metalgráfica Aliberti, che divenne la Metalgráfica Matarazzo, e, unita alla preesistente sezione metallurgica delle IRFM, diede origine a uno stabilimento grafico moderno con attività diversificate: dalla tipografia alla litografia su carta e su latta, dai magli agli stampi, alla fabbricazione di scatole di latta.

Nel decennio compreso tra il 1920 e l’ascesa al potere di Getúlio Vargas le IRFM detenevano vari monopoli statali, tra cui quello del raion e quello della profumazione dell’olio di cotone. Proprio all’inizio di questo decennio il M. estese le IRFM, i cui stabilimenti erano concentrati essenzialmente nel Brás, in altre zone della città di San Paolo. Rilevò dalla società Antártica (produttrice di birra) un’area di circa 100.000 m2 ad Água Branca, nella parte ovest della città, e vi costituì il primo grande parco industriale del Brasile. Il complesso comprendeva unità di produzione che trattavano una vasta gamma di attività. Vi furono trasferiti le fabbriche di produzione di strutto, di sapone, di candele, di stearina, di glicerina, di chiodi, la raffineria di zucchero e di sale, la fabbrica di olio di cotone, di insetticidi, profumi, i laboratori chimici, la segheria, e vi fu impiantata una officina meccanica per la manutenzione autonoma dei macchinari. Il parco industriale era inoltre attraversato da una propria linea di treni collegata direttamente alla ferrovia Sorocabana, per facilitare il trasporto e la commercializzazione delle merci.

Fino alla metà degli anni Venti l’impegno in campo industriale, oltre a essere concentrato sulla febbrile attività di co-

struzione del complesso di Água Branca, si concretizzò nella realizzazione di una fabbrica di liquori, nel 1922, e nella intensificazione, in particolare nel 1924, degli interessi nel campo dell’industria chimica: alla Sociedade industrial Matarazzo de Mato Grosso, per la ricerca delle materie prime necessarie alle sue imprese, seguirono la Viscoseda-Viscofil fabbrica di raion Matarazzo, la fabbrica di solfuro di carbonio e la fabbrica di oli industriali. Sempre al 1924 risalgono la creazione, nel Paraná, del grande Frigorifero di Jaguariaíva per la produzione di strutto e salumi, nonché l’espansione degli interessi del gruppo nel settore della distribuzione cinematografica. Relativamente a tale attività, che durò solo dieci anni, venne creata la sezione cinema delle IRFM che ebbe il monopolio della distribuzione dei film nordamericani in tutto il Brasile.

A questo punto giunse a maturazione la quinta fase organizzativa del sistema imprenditoriale del Matarazzo. A partire dalla parentesi italiana il M. aveva iniziato a trasferire parte del proprio potere ai figli, in particolare a Ermelino, destinato a succedergli nella guida delle IRFM, il quale però nel 1920 morì improvvisamente in un incidente stradale in Italia.

Tale avvenimento fu all’origine del successivo sdoppiamento del gruppo, nel 1924, quando il nipote Francesco (figlio del fratello Andrea) e il genero Giulio Pignatari acquisirono la Metallurgica Matarazzo per costituire la Società Pignatari & Matarazzo. La separazione del fratello Andrea e dei suoi figli dal gruppo IRFM, tuttavia, si completò solo più tardi con la formazione del gruppo Matarazzo Sobrinho, mentre i discendenti diretti del M. restarono a formare il gruppo Matarazzo propriamente detto. Tali trasformazioni portarono nel 1929 alla ridenominazione aziendale, che divenne Società anonima I(ndústrias) R(eunidas) F(rancisco) M(atarazzo), mantenendo inalterata la sigla identificativa, e puntando su un sistema a integrazione orizzontale.

Nel frattempo il suo prestigio sociale, già ai massimi livelli, venne confermato nel 1926 dal conferimento, su indicazione di B. Mussolini, della ereditarietà del titolo di conte. I rapporti del M. con il fascismo furono più che altro di ammirazione personale per il duce. Pur non essendosi mai tesserato al Partito nazionale fascista (PNF) e non avendo mai pubblicamente appoggiato le campagne di diffusione del fascismo in Brasile, di fatto il M. fu uno dei massimi finanziatori del partito in patria. Inoltre, il fratello Andrea fu nominato senatore del Regno il 9 apr. 1939.

Studi recenti evidenziano un parallelismo tra la sua ambiguità politica e una certa contraddittorietà della sua posizione sociale, che lo vide impegnato nel non facile tentativo di coniugare l’immagine di operaio asceso socialmente, con il ruolo, nel 1928, di fondatore e primo presidente della Confederazione delle industrie dello Stato di San Paolo (CIESP) e della Federazione delle industrie dello Stato di San Paolo (FIESP): cariche simbolo della posizione che il M. ricopriva nell’élite industriale paulista.

Dal 1930 l’attività imprenditoriale del gruppo fu concentrata esclusivamente sull’industria. In corrispondenza della crisi economica mondiale seguita al crollo di Wall Street e del colpo di Stato in Brasile che portò all’affermazione del regime autoritario di Vargas – con il quale non mantenne gli stessi rapporti avuti con il governo precedente, perdendo i monopoli industriali degli anni Venti – il M. istituì due filiali in Argentina e continuò nella politica di apertura su tutto il territorio brasiliano di nuove fabbriche di insetticidi, di calce, di estrazione di caolino e di quarzo, di idrogenazione degli oli, di cotone, e altro.

Nel 1934, nel Cubatão, fondò l’IME (Indústria Matarazzo de Energia) per l’estrazione e trasformazione del petrolio. Acquisì inoltre varie imprese che avevano risentito in maniera rilevante dei prolungati effetti della crisi del 1929. Tra queste la Santa Celina S.A. (1932) e la S.A. Tessitura di seta italo-brasiliana (1935).

Il M. morì a San Paolo il 10 febbr. 1937.

Alla sua morte l’impero delle IRFM era costituito da 365 fabbriche, che si estendevano per un totale di 2 milioni di m2 e davano lavoro a 600 tecnici, 2000 impiegati e 25.000 operai. In Italia la sua figura di uomo e industriale fu commemorata da G. Volpi di Misurata alla Confederazione fascista degli industriali.

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