NATTA, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013)

NATTA, Francesco

Fulvio Conti

NATTA, Francesco. – Nacque a San Salvatore (Alessandria) il 7 settembre 1844 da Giuseppe e da Teresa Milanesi.

Di umili origini, esercitò il mestiere di meccanico. Si avvicinò alle idee mazziniane fin dalla giovinezza, tanto che nel 1870 subì il primo arresto per cospirazione repubblicana. Dopo la scarcerazione si stabilì a Firenze insieme al fratello Agenore, pittore decoratore (n. San Salvatore, 7 gennaio 1846), con il quale condivise, all’indomani della Comune di Parigi, la critica al mazzinianesimo e l’avvicinamento al movimento internazionalista. Nel 1871 fu tra i membri dell’Unione democratica sociale, un’associazione in cui confluirono quegli esponenti dell’estrema sinistra fiorentina, i quali, nella polemica che contrappose Mazzini a Bakunin, si riconobbero nelle posizioni del rivoluzionario russo e approdarono progressivamente a un’idea di socialismo libertario e antiautoritario dalle forti venature anarchiche. Con alcuni di costoro, fra i quali Gaetano Grassi e Oreste Lovari, nel gennaio 1872 Natta fondò il Fascio operaio che aderì all’Associazione internazionale dei lavoratori (AIL) e nel volgere di poco tempo raggiunse i 3000 iscritti. Nel dicembre 1872, però, il Fascio si sciolse, dando origine alla Federazione operaia toscana, del cui consiglio direttivo Natta fece parte.

In quei mesi emerse rapidamente come uno dei maggiori esponenti dell’internazionalismo italiano, di cui interpretò l’inquieto oscillare tra istanze organizzative legalitarie e pulsioni apertamente rivoluzionarie. Sul finire del 1873 figurava tra i membri della commissione di corrispondenza della Federazione italiana dell’AIL, che nel frattempo aveva trasferito la sua sede da Bologna a Firenze, nonché del Comitato italiano per la rivoluzione sociale, un organismo segreto creato da Carlo Cafiero, Andrea Costa, Errico Malatesta e altri, che si richiamava alla Alliance internationale de la démocratie socialiste di Bakunin e aveva scopi insurrezionali. Nel 1874, mentre presiedeva la Federazione operaia democratica toscana, fu individuato da Bakunin come responsabile per la Toscana della grande insurrezione che doveva scoppiare nell’Italia centrosettentrionale il 15 agosto. Il movimento fallì e Natta fu arrestato con l’accusa di cospirazione contro la sicurezza dello Stato. Durante il processo, che si celebrò nell’estate del 1875 e lo vide assolto insieme a quasi tutti gli altri imputati, pronunciò una vibrante autodifesa che trasformò in atto di accusa contro le classi dirigenti e la situazione sociale e politica del paese.

Molti anni dopo quel suo discorso, unito all’autodifesa pronunciata da Giuseppe Scarlatti, venne dato alle stampe e divenne «un opuscolo classico della propaganda anarchica» (Di Lembo, 2004, p. 237): Le celebri autodifese (stenografate) pronunziate da un Meccanico e da un Contadino (F. N. e Giuseppe Scarlatti) – Corte d’Assise di Firenze 1875-1879, a cura di L. Cenni, Firenze 1909, ora anche in Autodifese di militanti operai e democratici davanti ai tribunali (1875-1937), a cura di S. Merli, Milano-Roma 1960.

Rimesso in libertà il 31 agosto 1875, Natta cercò di ritessere le fila dell’organizzazione internazionalista e il 23 luglio 1876 presiedette il congresso regionale toscano dell’AIL che sancì la ricostituzione della Federazione toscana e stabilì di dar vita in tutta la regione a sezioni di mutua assistenza articolate per arti e mestieri e dotate di casse di resistenza. Nel congresso fu deciso inoltre di pubblicare un settimanale, Il Nuovo risveglio, con redazione a Livorno. Il 25 agosto seguente Natta, a nome della commissione di corrispondenza, convocò il III congresso italiano dell’AIL, che avrebbe dovuto aprirsi a Firenze il 21 ottobre 1876. Due giorni prima dell’inizio dei lavori, però, fu arrestato insieme a numerosi altri delegati e il congresso si aprì, in forma clandestina e con la partecipazione solo di pochi iscritti, in una locanda di Vallombrosa, nel comune di Tosi, per concludere poi i suoi lavori all’aperto, nei boschi presso Pontassieve (in provincia di Firenze).

Per niente scoraggiato, nel novembre 1876 Natta promosse il primo congresso operaio toscano, a cui parteciparono 26 associazioni che decisero di costituirsi in Federazione operaia toscana e di aderire all’AIL. Dopo il moto del Matese della primavera del 1877, che vide quasi tutti i principali dirigenti dell’Internazionale incarcerati oppure costretti a fuggire all’estero, fu lui di fatto per qualche tempo a reggere le fila dell’organizzazione in Italia. Molto attivo nel promuovere comizi e manifestazioni a Firenze, nel febbraio 1878 negò qualunque responsabilità degli anarchici nell’attentato avvenuto in città durante una cerimonia funebre per la morte di Vittorio Emanuele II. Il 3 ottobre 1878, all’indomani di un convegno clandestino dei vertici internazionalisti svoltosi a Firenze, fu di nuovo arrestato: con Natta furono incarcerati, fra gli altri, Anna Kuliscioff, che aveva ospitato per qualche giorno nella sua casa, e i coniugi anarchici ravennati Francesco Pezzi e Luisa Minguzzi, che risiedevano stabilmente presso di lui. Il periodo di detenzione durò fino al processo, che iniziò soltanto alla fine del 1879 ed ebbe vasta risonanza pubblica. Natta, che in questa occasione fu difeso da Francesco Saverio Merlino, venne assolto e liberato al pari di tutti gli altri imputati. Nel frattempo, però, una pesante condanna (20 anni di lavori forzati) era stata inflitta a suo fratello Agenore, ritenuto responsabile, insieme ad altri sette anarchici, di un attentato terroristico avvenuto a Firenze nel novembre 1878 che aveva provocato numerose vittime.

La dura repressione poliziesca seguita alle vicende del 1878 mise in difficoltà il movimento internazionalista, che fu ulteriormente disorientato dalla ‘svolta’ legalitaria di Costa e dal suo rifiuto dei metodi violenti di lotta (1879). Natta nel 1880 dette vita a un comitato rivoluzionario segreto che ristabilì i contatti con gli anarchici rifugiati in Svizzera e restò fedele alla linea insurrezionalista; cercò tuttavia di evitare la rottura con il gruppo di Costa privilegiando l’impegno per il rilancio dell’organizzazione. Dopo esser stato presentato come candidato di protesta, insieme a Cafiero, alle elezioni politiche del 1882, l’anno seguente fu tra i fondatori della Federazione socialista fiorentina, che si riconosceva pienamente nel programma comunista anarchico. Sempre nel 1883 firmò la circolare che annunciava l’uscita de La Questione sociale, il periodico diretto da Malatesta che divenne il portavoce degli anarchici italiani rimasti allineati su posizioni antiparlamentari e rivoluzionarie. Nel 1884, quando Malatesta e Merlino furono condannati come ‘malfattori’ dal tribunale di Roma, Natta fu tra i firmatari di un manifesto di protesta che gli costò l’ennesima incriminazione e la condanna in contumacia, il 19 settembre 1884, a 30 mesi di carcere. Resosi latitante, alla fine del 1884 riuscì a fuggire dall’Italia insieme a Malatesta, ai coniugi Pezzi e ai suoi familiari (la moglie Elisa Innocenti, da cui era separato, e i figli Ezio e Temistocle), riparando a Buenos Aires, dove avevano trovato asilo numerosi anarchici in fuga dalle polizie europee.

A Buenos Aires aprì una piccola officina e collaborò intensamente con Malatesta, che fin dal 1885 riprese a pubblicare La Questione sociale. Quando però nel 1889 Malatesta e i Pezzi decisero di rientrare in Europa, rimase in Argentina e si trasferì a La Plata, dove tra la fine del 1903 e il 1904 si prodigò per accogliere gli anarchici perseguitati dal governo argentino.

Morì a La Plata nel marzo 1914.

Fonti e Bibl.: Ampi riferimenti archivistici e bibliografici si trovano nelle voci di I. Tognarini in Il movimento operaio italiano. Diz. biografico, 1853-1943, a cura di F. Andreucci - T. Detti, III, Roma 1977, pp. 653-656, e di L. Di Lembo in Diz. biografico degli anarchici italiani, diretto da M. Antonioli et alii, II, Pisa 2004, pp. 237-239. Fra i contributi più recenti si vedano G. Berti, Errico Malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale, 1872-1932, Milano 2003, ad ind., e C. Bassi Angelini, Amore e anarchia. Francesco Pezzi e Luisa Minguzzi, due ravennati nella seconda metà dell’Ottocento, Ravenna 2004, ad ind.