NIGETTI, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani (2013)

NIGETTI, Francesco

Gregorio Moppi

NIGETTI, Francesco. – Nacque a Firenze il 26 aprile 1603 da Ippolito di Cristofano e da Margherita di Niccolò Bocciolini.

Cugino del pittore Matteo e dell’architetto Giovanni, ebbe due sorelle, Alessandra (deceduta nel 1666) e Cassandra. Il padre era acquaiolo insieme allo zio Francesco Carosi. Finita la società, a causa di una lite tra i due, avviò un negozio di linaiolo; nel 1622 prese in affitto per un quinquennio un podere nei pressi di Montespertoli.

Il 1° gennaio 1613 venne ammesso nella Compagnia dell’Arcangelo Raffaello: si presume che il maestro di cappella Marco da Gagliano lo iniziasse allo studio della musica. Ai suoi tempi ottenne grande fama come esecutore, compositore e costruttore di strumenti .

Già attorno alla metà del secolo Severo Bonini lo diceva «sonator di tiorba delicato, d’organo artifizioso», oltreché «inventore di sinfonie per i violini, violoni e tiorbe», le cui composizioni «in tutti gli stili sono state pregiate e stimate in Firenze et in Roma» (Galleni Luisi, 1975, p. 111); né taceva la sua maggior riuscita in campo musicale, che ne tenne vivo il ricordo per vari decenni dopo la scomparsa, vale a dire l’invenzione di quel cembalo ‘omnicordo’ che si proponeva di ovviare i limiti armonici dei cembali correnti.

Tuttavia solo in parte Nigetti poté garantirsi la sussistenza con le attività musicali. Per esempio fra il 1622 e il 1628 possedette una bottega d’acquaiolo, fu inoltre cassiere della tinta nell’Arte della lana dal 1630 al 1636 e, dal giugno 1652 fino almeno al 1660, camarlingo alla Magona (l’amministrazione granducale che aveva il monopolio del ferro nel territorio mediceo).

Nel 1629 divenne discepolo per l’organo di Girolamo Frescobaldi, appena stabilitosi a Firenze, col quale da tempo aveva tenuto contatti per mezzo del cognato Francesco Toscani (marito della sorella Alessandra), che nel periodo 1618-25 gliene inviava da Roma le opere stampate di fresco, avute dalle mani dell’autore. Nello stesso anno, l’11 dicembre, fu eletto organista e maestro di cappella della pieve (oggi cattedrale) di S. Stefano a Prato in sostituzione di Lorenzo Brunelli in partenza per Pisa.

Se abbia mai preso servizio è dubbio: il 14 gennaio 1630 Crestofano Ceffini, che conduceva la trattativa tra l’istituzione ecclesiastica e il musicista, cercava ancora di persuaderlo ad assumere l’incarico prospettandogli la creazione di una scuola di musica i cui allievi, oltre a rimpolpare il magro organico della cappella, gli avrebbero potuto assicurare emolumenti non minori di quelli garantiti dalla pieve; ma che infine non si giungesse a un’intesa lo si evince da quanto i responsabili dell’Opera del duomo di Firenze scrissero al granduca nel luglio 1649 per perorare la candidatura di Nigetti a primo organista di S. Maria del Fiore, in sostituzione del defunto Valerio Spada: «suggetto eminente, non tanto nel sonar nobilmente e con esquisitezza di fondamento, quanto in ogni altra parte di teorica e di pratica della musica, e con la penna e con la mano, come è noto pubblicamente […], benché questo suo gran talento se ne stia come sepolto, non avendo egli aùtomai impiego né utile alcuno in materia di musica» (in Fabbri, 1962, p. 139). Il 30 luglio quel posto era suo.

Del resto aveva collaborato con l’Opera del duomo già nei 3 anni precedenti come consulente alla manutenzione degli organi, riscuotendone in cambio fiaschi di vino, prosciutti, formaggi e altri viveri.

A quella data aveva già realizzato due versioni del cembalo omnicordo (o ‘Proteo’, secondo la denominazione riferita da Cionacci) che poi avrebbe perfezionato costruendone una terza nel trentennio seguente.

Lo strumento (di cui non sopravvive alcun esemplare, e sul quale cfr. principalmente le testimonianze raccolte in Barbieri 1987) sviluppava l’archicembalo inventato a metà Cinquecento da Nicola Vicentino per consentire l’esecuzione dei tre generi della musica greca grazie a un’ottava frazionata in 31 quinti di tono, a fronte dei consueti dodici semitoni diseguali dell’accordatura mesotonica. Risalente probabilmente ai primi anni Quaranta, la prima versione dell’omnicordo consisteva di due tastiere, una delle quali con una doppia fila di tasti neri. Intorno al 1644 Nigetti ne approntò una seconda versione a cinque ordini di tasti bianchi fra loro perfettamente simili, che solo lui e un suo allievo erano in grado di suonare (un esemplare dello strumento risulta da un inventario della corte dell’arciduca Sigismondo Francesco del Tirolo a Innsbruck nel 1665).

Nella seconda versione dell’omnicordo, l’erudito fiorentino Giovanni Battista Doni (Dichiaratione del Cembalo Pentarmonico di cinque gradi per tuono; con cinque tastature principali et due altre replicate, ms. Firenze, Biblioteca Marucelliana, A.295, cc. 169r-181v, trascritto in Barbieri, 1987, pp. 77-88) ravvisò il plagio di una propria idea, quella del cembalo ‘pentarmonico’ da lui illustrata nelle Annotazioni sopra il Compendio de’ Generi e de’ Modi della Musica (Roma 1640). Ragione di tale addebito, che pare privo di fondamento, va forse ricercata nel deterioramento del rapporto personale tra Nigetti e Doni dovuto anche all’inasprirsi delle divergenze teoriche concernenti la restituzione moderna della musica greca: se infatti in un primo tempo Doni aveva decantato la sapienza musicale di Nigetti dedicandogli lo scritto Quale specie di diatonico si usasse dagli antichi, e quale oggi si pratichi. Discorso terzo (uscito postumo in Lyra Barberina, I, pp. 365-375), nella Dichiaratione, pur senza mai citare il nome dell’antagonista, ne criticò l’arroganza intellettuale e l’ostentato disinteresse verso il ripristino delle antiche armonie.

Peraltro le testimonianze dei contemporanei circa il carattere di Nigetti non sono concordi. Doni stesso ne offre, ed è comprensibile, due ritratti assai contrastanti: se in Quale specie di diatonico gli attribuisce «molta integrità e gentilezza di costumi» (p. 365), nella Dichiaratione scrive: «disprezza tutte l’altre mie inventioni come dai discorsi avuti seco alla giornata ho conosciuto, e [… mi ha] detto in faccia di saper più di musica egli dormendo che io svegliato» (p. 79). Bonini mette in risalto «le tante sue privilegiate virtù», sempre «accompagnate con una inesplicabile modestia et umiltà, senza mai offendere con la sua lingua le fatiche altrui» (in Galleni Luisi, 1975, p. 112), al contrario di Giovanni Cinelli che riferisce «di maniere sì rozze nel trattare, che pochi eran quelli che seco confidenza o dimestichezza avessero» (La Toscana letterata, c. 560).

La terza versione dell’omnicordo venne compiuta nel 1670. Lo strumento disponeva di cinque tastiere identiche a quelle dei cembali comuni, ciascuna però accordata in maniera differente dalle altre.

Intanto, dal maggio 1664 Nigetti, pur rimanendo titolare effettivo e salariato, aveva di fatto abbandonato l’organo del duomo a causa di gravi problemi di salute causati forse da uno stato depressivo persistente. Girolamo Landini e Niccolò Ragnoli si erano offerti di sostituirlo gratuitamente durante le sempre più frequenti assenze: in particolare Ragnoli, sacerdote e canonico di S. Lorenzo, aveva assunto tale impegno con la garanzia che alla morte di Nigetti ne sarebbe stato il successore, come in effetti accadde.

Nel febbraio 1674 Nigetti prese per allievo Giovanni Maria Casini (l’unico altro suo discepolo di cui conosciamo il nome è Braccio Manetti, funzionario mediceo morto nel 1652), che rimase con lui sei anni, apprendendo pure a suonare l’omnicordo.

Grazie ai buoni uffici del maestro, il 19 luglio 1676 Casini venne nominato secondo organista nel duomo in sostituzione dell’anziano Landini, e il 7 settembre 1678 designato primo organista con diritto di entrare effettivamente in carica alla morte di Nigetti e di Ragnoli: dovette dunque attendere il decesso di quest’ultimo, il 10 novembre 1685.

Nigetti morì il 14 febbraio 1681.

Venne seppellito nella chiesa di S. Salvatore d’Ognissanti con l’abito di terziario scalzo di s. Francesco. L’omnicordo passò a Casini e poi, di lascito in lascito, a Benedetto Bresciani, a Giovanni Maria Ficalbi, e nel 1754 al tiorbista di corte Nicolò Susier.

Di Nigetti restano soltanto tre pezzi vocali col basso continuo conservati nel ms. Q.49 del Museo della musica di Bologna, cc. 13r-14r, 41r-43r (il secondo e il terzo anche nel ms. Lobkowicz II.La.2 già nel castello di Roudnice, ora nel castello di Nelahozeves, cc. 122 e 132 s.): Ohimè quel viso amato a 1 voce (ed. in L. Torchi, L’arte musicale in Italia, Milano, s.d., pp. 37-42), Con sdegnose minacce a 2 voci, Chi l’ha detto, bella Clori a 3.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Compagnie religiose soppresse da Pietro Leopoldo, Carte Nigetti, nn. 2028-2032; Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, IX.66: G. Cinelli, La Toscana letterata ovvero Storia degli scrittori fiorentini, I, c. 560; IX.71: A.M. Biscioni, Giunte alla Toscana Letterata del Cinelli, III, c. 265; Palatino, 802: B. Bresciani, Trattato del Sistema armonico, nel quale si spiega il Cembalo Omnicordo inventato da F. N.; Palatino, 1158: B. Bresciani, Trattato della musica metabolica, cc. 121-182; F. Bocchi, Le bellezze della città di Firenze, ampliate e accresciute da G. Cinelli, Firenze 1677, p. 582; F. Cionacci, Dell’origine e progressi del canto ecclesiastico, Discorso proemiale, in M. Coferati, Il cantore addottrinato, ovvero Regole del canto corale, Firenze 1682, pp. n.n. (poi in C. Minorbetti, Relazione delle Sante Reliquie della Chiesa Metropolitana della Città di Firenze, Bologna 1685, p. 7); F.L. del Migliore, Firenze città nobilissima, Firenze 1684, p. 37; J.M. Casini, Lusus poetici, Firenze 1704, p. 39; Prefazione universale, in G. Galilei, Opere, I, Firenze 1718, p. 42; L.A. Muratori, Della perfetta poesia italiana, II, con le annotazioni critiche dell’Abate A.M. Salvini, Venezia 1724, p. 31; D.M. Manni, De Florentinis inventis commentarium, Ferrara 1731, pp. 72 s.; L. Magalotti, Lettere familiari, I, Venezia 1741, p. 39; G.B. Doni, Trattato secondo sopra gl’instrumenti di tasti, in Lyra Barberina, I, a cura di A.F. Gori, Firenze 1763, p. 327; G. Targioni Tozzetti, Notizie degli aggrandimenti delle scienze fisiche accaduti in Toscana nel corso di anni LX. del secolo XVII, I, Firenze 1780, pp. 338 s.; L.F. Casamorata, F. N., in Studj bibliografico-biografici sui musicisti toscani, in Gazzetta musicale di Milano, VI (1847), pp. 285 s.; Catalogo della Biblioteca del liceo musicale di Bologna, compilato da G. Gaspari, III, Bologna 1893, pp. 24, 247; F. Waldner, Zwei Inventarien aus dem XVI. und XVII. Jahrhunderts über hinterlassene Musikinstrumente und Musikalien am Innsbrucker Hofe, in Studien zur Musikwissenschaft, IV (1916), p. 132; P. Nettl, Über ein handschriftliches Sammelwerk von Gesängen italienischer Frühmonodie, in Zeitschrift für Musikwissenschaft, II (1919-20), p. 93; N. Fortune, A Florentine manuscript and its place in Italian song, in Acta Musicologica, XXIII (1951), pp. 125 s., 131, 133; B. Becherini, Catalogo dei manoscritti musicali della Biblioteca nazionale di Firenze, Kassel-Basel-London-New York 1959, pp. 107-109; M. Fabbri, Giovanni Maria Casini «Musico dell’umana espressione». Contributo su documenti originali, in Studien zur Musikwissenschaft, XXV (1962), pp. 137-146, 154 s.; J. Racek, Stilprobleme der italienischen Monodie. Ein Beitrag zur Geschichte des einstimmigen Barockliedes, Praha 1965, ad ind.; L. Galleni Luisi, Discorsi e regole sopra la musica di Severo Bonini, Cremona 1975, pp. 111 s.; J.W. Hill, Oratory music in Florence, I, Recitar cantando, 1583-1655, in Acta Musicologica, LI (1979), p. 120 (trad. it. Nuove musiche «ad usum infantis»: le adunanze della Compagnia dell'Arcangelo Raffaello fra Cinque e Seicento, in La musica e il mondo, a cura di C. Annibaldi, Bologna 1993, p. 130); F. Hammond, Girolamo Frescobaldi, Cambridge-London 1983, ad ind.; P. Barbieri, Il cembalo onnicordo di F. N. in due memorie inedite di G. B. Doni (1647) e B. Bresciani (1719), in Rivista italiana di musicologia, XXII (1987), pp. 34-113 (rielaborato in Id., Enharmonic instruments and music, 1470-1900, Latina 2008, pp. 441-505); G. Giacomelli, Fortuna dell’opera frescobaldiana in Toscana attraverso il carteggio di F. N. (1618-1657), in L’Organo, XXV-XXVI (1987-88), pp. 97-112; Id., F. N. (1603-1681) maestro di cappella e organista di S. Stefano in Prato, in Prato Storia e Arte, XXXII (1991), n. 79, pp. 40-46; Id. - E. Settesoldi, Gli organi di S. Maria del Fiore di Firenze, Firenze 1993, ad ind.; W. Kirkendale, The court musicians in Florence during the Principate of the Medici, Firenze 1993, pp. 346, 380, 391, 453, 647; G. Giacomelli, Notizie di organi nel carteggio di F. N. con Antonio Dal Corno Colonna e Vincenzo Sormani, in Informazione organistica, XVI (2004), pp. 231-239; F.-J. Fétis, in Biographie universelle des musiciens, Supplément, II, Paris 1881, p. 275; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, II, p. 176; R. Eitner, Quellen-Lexikon der Musiker, VII, 1959, p. 203; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, IX (1961), coll. 1526 s.; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Il lessico, I, 1983, p. 106; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti. Le biografie, V, 1988, p. 380; The New Grove Dict. of music and musicians (ed. 2001), XVII, p. 916.