Pucci, Francesco

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Riformatore religioso (Figline 1543 - Roma 1597). Le sue idee lo avvicinavano al pensiero dei platonizzanti propensi a una larga tolleranza religiosa sulla base d'una semplificazione e riduzione dei dogmi. Contro F. Socino, egli sostenne in un'acre disputa (1577) a Basilea sostenendo la tesi - che rimase per lui fondamentale, e con la quale precorse i teorici della religione naturale - che l'uomo è stato creato immortale per natura. Sostenne tesi radicalmente opposte tanto al rigorismo calvinistico, quanto alla dottrina cattolica. Cacciato dalla Svizzera e dall'Inghilterra, dov'era tornato, dopo la disputa a Basilea, per le sue opinioni e la sua irrequietezza, si recò nei Paesi Bassi, dove fu anche imprigionato, e poi a Cracovia, per una nuova disputa col Socino. Finché, disgustatosi dei protestanti e sotto l'influsso di visioni, chiese e ottenne di essere riammesso, a Praga, nel 1585, nella comunione cattolica. Non ben visto in quegli ambienti cattolici, dovette recarsi nei Paesi Bassi. Morì a Roma, decapitato e arso.

Vita e opere

Compiuti i primi studi umanistici a Firenze, P. si recò a Lione per esercitarvi la mercatura; ma prese subito tanta parte alle dispute teologico-dottrinali che vi fervevano. Nutrito di religiosità savonaroliana e di filosofia platonica, si avvicinò ai riformati (1572) a Parigi; si recò poi a Londra, a Oxford e a Basilea, sempre sostenendo ideali di tolleranza e di conciliazione religiosa. In polemica con F. Sozzini (1578) rinnovò, con toni semipelagiani, la dottrina della bontà naturale dell'uomo (la disputa fu edita postuma: De statu primi hominis ante lapsum, 1610). Al pari degli altri eretici italiani in esilio, ruppe i rapporti con le ortodossie dominanti e dovette abbandonare la Svizzera e l'Inghilterra: a Praga tornò al cattolicesimo (1585). Recatosi ad Amsterdam, scrisse l'opera De Christi Servatoris efficacitate in omnibus et singulis hominibus ... assertio catholica (1592), sostenendo sempre la bontà naturale dell'uomo e, nella dedicatoria a Clemente VIII, esponendo i suoi progetti per una riunione di tutte le confessioni e di tutte le religioni. In quest'opera P. torna a sostenere la sua tesi della bontà e religione naturale dell'uomo, richiamandosi tra gli altri, in modo caratteristico, al Petrarca e a Dante, che sin da giovane erano stati la sua lettura preferita, al Savonarola, a Pico della Mirandola. Nella lettera italiana di accompagnamento esponeva piani di accordi generali e unioni di tutte le Chiese, di conversioni generali dei maomettani e degli ebrei. L'opera fu messa all'Indice: P. decise di recarsi a Roma, ma un incidente lo costrinse a fermarsi a Salisburgo (1592); ripreso il viaggio, fu poi arrestato e condotto nel carcere dell'Inquisizione a Roma (1594), dove s'incontrò con il giovane Campanella; condannato, fu decapitato e arso. Tra le altre sue opere oltre il perduto De regno Christi, ricordiamo il De praedestinatione, e Forma d'una repubblica cattolica, pubblicato anonimo (importante per gli ideali di riforma politico-religiosa); interessanti anche le numerose lettere.

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