PUCCI, Francesco

Enciclopedia Italiana (1935)

PUCCI, Francesco

Delio Cantimori

Nato a Figline nel 1540, morto a Salisburgo forse nel 1595. Compiuti i primi studî umanistici a Firenze, il P. si recò a Lione per esercitarvi la mercatura; ma prese subito tanta parte alle dispute teologico-dottrinali che vi fervevano, che decise di andare a Parigi per meglio addottrinarsi in quel centro di studî religiosi, e "dopo l'orribile uccisione dell'anno 72", passò alla parte dei riformati. E andò in Inghilterra: prima a Londra, poi a Oxford dove s'addottorò, poi di nuovo a Londra, donde si recò a Basilea.

Le sue idee lo avvicinavano al pensiero dei platonizzanti propensi a una larga tolleranza religiosa sulla base d'una semplificazione e riduzione dei dogmi. Contro F. Socino, egli sostenne in un'acre disputa (1577) a Basilea la tesi - che rimase per lui fondamentale, e con la quale precorse i teorici della religione naturale - che l'uomo è stato creato immortale per natura, mentre il Socino rimaneva fermo alla tesi che l'immortalità si acquista solo entrando nella (vera") comunità cristiana. Sostenne poi che "tutti gli uomini nascono e restano innanzi all'uso della ragione et del giudizio" in istato "d'innocenza": tesi radicalmente opposta tanto al rigorismo calvinistico, quanto alla dottrina cattolica.

Cacciato dalla Svizzera e dall'Inghilterra, dov'era tornato, dopo la disputa a Basilea, per le sue opinioni e la sua irrequietezza, si recò nei Paesi Bassi, dove fu anche imprigionato, e poi a Cracovia, per una nuova disputa col Socino. Finché, disgustatosi dei protestanti e sotto l'influsso di visioni, chiese e ottenne di essere riammesso, a Praga, nel 1585, nella comunione cattolica. Non ben visto in quegli ambienti cattolici, dovette recarsi nei Paesi Bassi.

Da Amsterdam scrisse nel 1592 una lettera a Clemente VIII accompagnando l'invio dell'operetta che gli aveva dedicato: De Christi Servatoris efficacitate in omnibus et singulis hominibus... Assertio Catholica... (Gouda 1582). In quest'opera il P. torna a sostenere la sua tesi della bontà e religione naturale dell'uomo, richiamandosi tra gli altri, in modo caratteristico, al Petrarca e a Dante, che sin da giovane erano stati la sua lettura preferita, al Savonarola, a Pico della Mirandola. Nella lettera italiana di accompagnamento esponeva piani di accordi generali e unioni di tutte le Chiese, di conversioni generali dei maomettani e degli ebrei. Ma invano: ché anzi il suo libro entrò nell'edizione dell'Indice dei libri proibiti fatta nel 1596, sotto Clemente VIII stesso.

Così, nel 1593, si decideva a recarsi a Roma: ma nei pressi di Salisburgo per un incidente di viaggio si spezzò una gamba, e dovette rimanere presso quell'arcivescovo, scrivendo altre opere dedicate al Bellarmino, fino alla sua morte avvenuta di lì a poco.

Le sue idee furono subito confutate da Luca Osiander (Refutatio Puccii, Tubinga 1593), a nome dei luterani; e l'Osiander sentirà bisogno di tornarvi sopra nelle sue Centuriae del 1603, rincarando le dosi; da Franc. Junius (Collatio Catholicae doctrinae de natura hominis..., in Opera, II, 1606) per i calvinisti; da Nicolò Serrario (Contra novos novi pelagiani errores et Chiliastae, F. P. Filidini, Würzburg 1593) per i gesuiti. Ma si diffusero; e cent'anni dopo se ne faceva la storia e se ne deplorava la figliazione: Th. Ittig, De puccianesimo (Lipsia 1704); J. Schmidt, Puccius in naturalistis et indifferentistis redivivus (Lipsia 1712).

Bibl.: F. Socino a M. Radecius, in Bibliotheca Fratrum Polonorum, II, p. 379 segg.; G. B. De Gasparis, De Vita F. P. Filidini, Raccolta Calogerana, XXX, Venezia 1776; Friedrich, in Sitzungsberichte der philosophisch-philologischen und historischen Classe der k. bayerischen Akademie der Wissenschaften, Monaco 1880, p. 111 segg.; G. Radetti, in Giornale critico della Filosofia Italiana, 1930; A. Gordon, in Dictionary of National Biography, s. v.; e mss. inediti del P., presso l'Archivio concistoriale di Salisburgo.