REDI, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 86 (2016)

REDI, Francesco

Gabriele Bucchi
Lorella Mangani

REDI, Francesco. – Nacque ad Arezzo il 18 febbraio 1626 dal medico Gregorio e da Cecilia de’ Ghinci.

Fino al 1633 visse con la famiglia a San Sepolcro per poi trasferirsi a Prato tra il 1635 e il 1641.

Nel 1643 si recò a Pisa per gli studi universitari e qui si laureò in medicina e filosofia il 1° maggio 1647. Nell’anno successivo ottenne l’iscrizione all’Arte dei medici e speziali di Firenze. Già erudito nelle lingue classiche, allargò le sue conoscenze anche a quelle moderne, nonché alla musica e al disegno. In quegli anni compì gli unici viaggi che lo portarono fuori dalla Toscana: tra il gennaio e il marzo del 1650 fu a Roma per il giubileo, e poi a Napoli. A Roma partecipò ad alcune sedute dell’Accademia degli Umoristi, visitò la Biblioteca Vaticana e strinse amicizia con Leone Allacci e Raffaello Magiotti. Tornato a Firenze nel luglio del 1651 se ne allontanò di nuovo, probabilmente nel 1653, quando accompagnò il cardinale Cesare Facchinetti in un viaggio che toccò Bologna, Venezia e Padova. Nell’estate del 1654 effettuò un secondo soggiorno romano.

Appena trentenne, Redi era già ben noto nella società letteraria fiorentina e la sua conoscenza delle lingue classiche e del toscano antico gli valsero, il 15 luglio 1655, l’ascrizione all’Accademia della Crusca, dove cominciò a lavorare agli spogli e alle correzioni per la terza edizione del Vocabolario e al progetto di un vocabolario etimologico. Insieme ai maggiori rappresentanti dell’eredità scientifica galileiana, dal 1657 fu membro dell’Accademia del Cimento, collocandosi su posizioni di «non belligeranza e di conciliazione tra nuova e vecchia filosofia naturale» (Galluzzi, 2001, pp. 20 s.). I proventi della professione di medico privato, sempre più spesso chiamato anche a corte (nel 1660 per curare il vaiolo del futuro Cosimo III de’ Medici), gli consentirono di contribuire all’incremento patrimoniale della sua famiglia, finanziando, ad esempio, il padre nell’acquisto della villa degli Orti (1659), a cui si aggiunsero in seguito altri acquisti di censi e terreni ad Arezzo. Nel 1664 dette alle stampe a Firenze la prima importante opera scientifica, sotto forma di lettera a Lorenzo Magalotti, le Osservazioni intorno alle vipere.

L’opera si inseriva in un ambito di interesse ben vivo alla corte di Toscana: lo studio sugli effetti del veleno e l’utilizzo farmacologico e dietetico delle vipere. La «iterata e reiterata esperienza» (Opere di Francesco Redi, 1809-1811, IV, p. 149) su alcuni esemplari giunti da Napoli nel 1663 alla spezieria granducale dimostrò che l’avvelenamento conseguiva dall’inoculazione per le vie sanguigne del liquido stagnante nelle guaine dei denti del rettile, mentre il veleno risultava del tutto innocuo se ingerito. Inoltre furono smentite credenze e opinioni sulle virtù terapeutiche attribuite tradizionalmente all’uso dei derivati viperini.

Redi dette inizio in quegli anni agli studi per il Vocabolario aretino, ricca e pionieristica raccolta del lessico e della fraseologia di Arezzo e delle sue vallate. Nel 1665 fu nominato lettore di lingua toscana nello Studio fiorentino e l’anno successivo dedicò le Notizie intorno alla natura delle palme al principe Cosimo (postumo, Venezia 1718). Il 28 novembre 1666 fu nominato da Ferdinando II ‘primo medico e sovrintendente della Fonderia e Spezieria granducale’. L’incarico di archiatra conferì a Redi un potere che andava ben al di là delle sue funzioni e che ne fece per trent’anni un personaggio di primo piano a corte. Se la parziale riconfigurazione del rapporto tra i filosofi e il potere mediceo, a seguito dell’elezione cardinalizia di Leopoldo de’ Medici (1667), portò all’allontanamento da Firenze di alcuni dei più importanti esponenti del partito dei filosofi ‘moderni’, Redi riuscì da parte sua a conciliare prudenza cortigiana e attività di indagine sperimentale, mettendo a punto una metodologia di ricerca destinata a rinnovare radicalmente le conoscenze biologiche dell’età moderna. Un’autentica e clamorosa rivoluzione dell’ontogenesi dei viventi conseguì dalla pubblicazione, nel 1668, della sua memoria scientifica più importante, le Esperienze intorno alla generazione degl’insetti, indirizzate a Carlo Dati, in cui affrontò la confutazione dell’origine spontanea di alcune specie viventi con una serie di procedure sperimentali che avrebbero rifondato metodi e contenuti delle scienze della vita (Bernardi, 1997, p. 8).

Ponendo a confronto identiche varietà di carni collocate in recipienti chiusi e in altrettanti aperti, dimostrò che le larve e gli insetti che comparivano nel corso della putrefazione erano generati ex semine o ex ovo unicamente in quelli aperti, nei quali non era stato impedito l’ingresso degli animali ovopositori. L’indagine sulla morfologia degli organi riproduttivi di varie specie animali, condotta in collaborazione con il danese Niels Stenseen (Niccolò Stenone), confermò il modello unico della generazione parentale. Una parziale eccezione a questo fondamentale principio fu ammessa tuttavia da Redi per i vermi che nascono nella frutta e per gli insetti che si sviluppano nelle galle (cecidi) di alcune piante. Riconducendo il fenomeno alla virtù zoogenetica dei vegetali (in realtà già suggerita da Antonio Oliva), Redi promise che avrebbe ripreso il problema in seguito in una Storia de’ vari e diversi frutti ed animali che dalle querce e da altri alberi son generati, rimasta manoscritta.

In quegli anni Redi fu indirettamente coinvolto in alcune dispute scientifiche che ebbero per protagonista il matematico Donato Rossetti. Nel 1669 Ferdinando II chiese ad alcuni dei suoi filosofi la loro opinione sulla fragilità e sulla resistenza delle cosiddette ‘gocciole di vetro’, formazioni artificiali ottenute gettando vetro fuso in acqua. La questione era già stata spiegata in termini atomistici da Rossetti, ai quali invece si era opposto Geminiano Montanari. Nel marzo del 1669 Redi inviò al cardinale Leopoldo il risultato delle sue osservazioni, poi pubblicate nel 1671 con il titolo Osservazioni intorno a quelle gocciole e fili di vetro che rotte in qualsisia parte tutte quante si stritolano (Livorno 1671 e Bologna 1671), insieme a quelle dei due contendenti.

Frattanto anche in Francia le opere di Redi accendevano discussioni.

Il farmacista Moyse Charas sostenne nelle Nouvelles expériences sur la vipère (Paris 1669) che il liquido stagnante nelle guaine dei denti della vipera, di per sé innocuo, veniva trasformato in siero mortifero dagli spiriti animali alterati dalla collera del serpente. Redi replicò nel 1670 con una Lettera sopra alcune opposizioni fatte alle osservazioni intorno alle vipere indirizzata a Pierre Bourdelot e ad Alexander More, che ribadiva la validità delle numerose esperienze condotte, dalle quali si dimostravano gli effetti letali provocati perfino dal veleno estratto da vipere morte. Di fronte alla replica di Bourdelot (Recherches et observations sur les vipères, Paris 1671), Redi preferì tacere perché convinto di aver già fornito prove sperimentali inoppugnabili.

Contro le credenze e le superstizioni diffuse sui favolosi rimedi provenienti d’Oltreoceano, Redi ingaggiò una nuova battaglia con le Esperienze intorno a diverse cose naturali e particolarmente a quelle che ci son portate dall’Indie (Firenze 1671) dedicate ad Athanasius Kircher.

Kircher aveva inviato a Redi notizie su alcune pietre rinvenute nella testa di serpenti indiani velenosissimi. Tali pietre sarebbero state capaci (a detta del gesuita e di altri suoi confratelli che le recavano d’Oltremare anche alla corte di Toscana) di assorbire miracolosamente ogni tipo di veleno. Redi ne dimostrò la totale inefficacia e mise al bando le improbabili virtù attribuite a numerose bizzarrie esotiche.

Nello stesso anno egli fece stampare un’edizione delle biografie antiche di Dante Alighieri e Francesco Petrarca scritte da Leonardo Bruni sulla base di un manoscritto in suo possesso. Tra il 1672 e il 1673 cominciò a stendere un breve scherzo anacreontico in lode dei vini toscani – primo getto del celebre Bacco in Toscana –, progettando di affiancare ai versi del ditirambo un vasto autocommento di carattere linguistico ed erudito.

Nel luglio del 1673, Redi realizzò alcuni esperimenti per verificare le presunte proprietà di un’acqua indebitamente creduta antiemorragica. Il resoconto fu pubblicato nel Giornale de’ letterati di Roma con il titolo di Esperienze intorno all’acqua che si dice stagna tutti quanti i flussi del sangue che sgorgano da qualsiasi parte del corpo (31 agosto 1673). Sempre sul Giornale romano videro la luce, il 30 maggio 1674, le Esperienze intorno a’ sali fattizi, frutto di una sperimentazione sui residui cristallini ottenuti dalla combustione di sostanze vegetali e animali dall’effetto lassativo.

Nell’inverno del 1675 trascorse alcuni mesi ad Arezzo per curare una grave malattia, ma i dissapori con la famiglia gli fecero, già da allora, abbandonare l’idea di ritirarsi stabilmente nella villa degli Orti. A Firenze intanto il suo prestigio era al culmine.

Lo si evince da una lettera di Lorenzo Bellini a Malpighi del 7 marzo 1678, in cui si dice che Redi «arbitro di quella poca letteratura che è qua […] giudica d’ogni mestiere, pesa ogni talento, determina ogni controversia, e guai a chi muovesse un passo fuori della sua direzione, o procurasse di portarsi avanti e di promuovere i suoi interessi senza la di lui dipendenza» (Atti, 1847, pp. 161 s.).

Ai numerosi incarichi già assunti, egli aggiunse nel 1678 la nomina ad arciconsolo della Crusca. Nel dirigere i lavori di spoglio e correzione del vocabolario in vista della terza edizione, ebbe un ruolo determinante nell’ampliare il canone dei citati nonché nell’incrementare il lessico scientifico, per il quale non esitò a coniare numerosi esempi antichi falsi (Volpi, 1915-1916), così come si rivelarono del tutto inesistenti alcuni autori citati nella Lettera intorno all’invenzione degli occhiali (Firenze 1678).

La pratica della sperimentazione – favorita e nel contempo condizionata dal ruolo cortigiano – fu rivolta anche ad ambiti fino ad allora meno frequentati di tipo fisico, termometrico e chimico; tuttavia, dai primi anni Ottanta, che segnarono l’inizio della collaborazione con lo speziale livornese Giacinto Cestoni, Redi tornò a concentrarsi sulle questioni biologico-naturalistiche. L’occasione gli fu offerta dalla pubblicazione della Ricreazione dell’occhio e della mente nell’osservazione delle chiocciole (Roma 1681) con cui il gesuita Filippo Buonanni ripropose nuovi argomenti a sostegno dell’origine spontanea dei viventi. Redi controbatté con le Osservazioni intorno agli animali viventi che si trovano negli animali viventi (Firenze 1684), uno studio sui parassiti, in cui si ribadiva la critica alla generazione equivoca. L’indagine zootomica, realizzata in particolare durante le villeggiature della corte, consentì a Redi di corredare lo scritto di osservazioni su uccelli, mammiferi, pesci, molluschi di mare e di terra, illustrando i molteplici piccoli organismi che ne parassitavano tessuti e viscere.

Nei primi mesi del 1685 dette l’ultima mano al ditirambo del Bacco in Toscana, pubblicato nel luglio di quell’anno con numerose aggiunte, rispetto alle prime stesure, in lode di amici e protettori e con il corredo delle voluminose Annotazioni. In quegli anni Redi orientò l’indagine, condivisa da Cestoni e dal medico Giovanni Cosimo Bonomo, sull’eziologia parassitologica della scabbia.

Il 20 giugno 1687 Bonomo inviò a Redi il resoconto delle osservazioni e delle esperienze sull’acaro (pellicello) visibile nella pelle dei rognosi e ancor più nitidamente sotto le lenti del microscopio di Cestoni. Nel luglio Redi riscrisse le Osservazioni intorno a’ pellicelli del corpo umano che furono stampate sotto il nome del solo Bonomo (Firenze 1687). La novità dello scritto accese le critiche di alcuni medici romani (tra cui Giovanni Maria Lancisi) che rifiutarono l’origine acarica e negarono l’efficacia dei rimedi terapeutici esterni.

A partire dal 1687 la sua attività pubblicistica e professionale cominciò a rallentare, complici anche le sempre più deboli condizioni di salute dovute a malattie renali e all’aggravarsi delle crisi di epilessia. Egli restava nondimeno una delle personalità più ascoltate e influenti in campo letterario e scientifico, come testimoniano le numerose opere originali a lui dedicate e i ripetuti omaggi tributatigli dalle maggiori accademie italiane (tra cui l’Arcadia, cui fu ascritto nel 1692).

Il 2 dicembre 1687 modificò il proprio testamento a favore del nipote Gregorio. Dal 1690 abbandonò l’esercizio medico privato, mantenendo tuttavia gli incarichi cortigiani. In quegli anni non pubblicò nuove opere, ma si dedicò principalmente a seguire la ristampa, talvolta con integrazioni, di quanto già edito (importante quella promossa dal napoletano Giuseppe Valletta nel 1687) e attese a sorvegliare l’edizione del Vocabolario della Crusca, apparso nel 1691 allo scadere del suo arciconsolato. Il gesuita Buonanni, da parte sua, non volle chiudere la partita aperta sulla generazione spontanea, che tornò infatti a difendere nelle Observationes circa viventia, quae in rebus non viventibus reperiuntur del 1691, ma Redi preferì evitare lo scontro diretto.

Lasciata nel 1692 la gestione degli interessi patrimoniali al fratello Giovan Battista e al nipote Gregorio, vide di nuovo aggravarsi le proprie condizioni fisiche, tanto che nel 1693 si sparse la notizia della sua morte. In realtà, pur con i limiti imposti dai problemi di salute e dagli impegni a corte, Redi continuò a dedicarsi a «molte e molte esperienze intorno alla storia naturale, e concernenti ancora alla medicina» (lettera a G. Lanzoni del 27 marzo 1694, in Opere di Francesco Redi, cit., IV, p. 436) e a favorire l’opera di giovani amici e discepoli quali Benedetto Menzini, Anton Maria Salvini, Maria Selvaggia Borghini.

Morì a Pisa il 1° marzo 1697, mentre era al seguito della corte, e fu sepolto, dopo onoranze solenni, nella chiesa di S. Francesco ad Arezzo.

Opere. Alcuni dei suoi scritti letterari e scientifici furono pubblicati postumi: tra questi la prefazione alla canzone sulla luce di Giovanni Michele Milani (Amsterdam 1698), i Sonetti (Firenze 1702), il ditirambo incompiuto Arianna inferma (in Opere, IV, Firenze 1729, pp. 1-14), la prefazione (e forse anche il testo) della Guerra dei topi e de’ ranocchi pubblicata (Firenze 1788) con l’attribuzione ad Andrea del Sarto (ma sulla base di una testimonianza dello stesso Redi).

L’edizione più completa delle opere e del vasto epistolario (che attende ancora un censimento completo) rimane quella della Società tipografica de’ classici italiani in nove volumi: Opere di Francesco Redi gentiluomo aretino e accademico della Crusca, Milano 1809-1811. Sono state pubblicate recenti edizioni delle seguenti opere edite e inedite: Consulti medici, a cura di C. Doni, Firenze 1985; A. Nocentini, Il vocabolario aretino di Francesco Redi. Con un profilo del dialetto aretino, Firenze 1989; Esperienze intorno alla generazione degli insetti, introduzione e cura di W. Bernardi, Firenze 1996; Natura e immagine. Il manoscritto di Francesco Redi sugli insetti delle galle, a cura di W. Bernardi - G. Pagliano - L. Santini et al., Pisa 1997; Bacco in Toscana, con una scelta delle Annotazioni, a cura di G. Bucchi, Roma-Padova 2005.

Fonti e Bibl.: Il preziosissimo patrimonio librario raccolto da Redi fu diviso nel 1820 tra la Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze e le biblioteche aretine dell’Accademia di Belle Arti (oggi Accademia Petrarca) e della Fraternita dei Laici di Arezzo (oggi Biblioteca Città di Arezzo). In quest’ultima biblioteca è conservata una delle fonti più importanti per la ricostruzione biografica di Redi: il ms. 299 contenente il Libro dei ricordi, pubblicato da U. Viviani, Vita, opere, iconografia, bibliografia, vocabolario inedito delle voci aretine e libro inedito de’ Ricordi di F. R., I-III, Arezzo 1924-1931. Un importante gruppo di manoscritti, comprendenti parte della corrispondenza con la famiglia e la corte, oltre agli abbozzi di numerosi scritti scientifici e letterari, venne acquisito nel 1883 dalla Biblioteca Marucelliana di Firenze. Si veda inoltre il sito ideato e curato da Walter Bernardi: www.francescoredi.it (18 giugno 2016).

G. Atti, Notizie edite ed inedite della vita e delle opere di Marcello Malpighi e di Lorenzo Bellini, Bologna 1847, ad ind.; G. Volpi, Sandro di Pippozzo, in Rivista delle biblioteche e degli archivi, XX (1909), pp. 65-72; Id., Le falsificazioni di F. R. nel Vocabolario della Crusca, in Atti dell’Accademia della Crusca, 1915-1916, pp. 35-136; D. Prandi, Bibliografia delle opere di F. R., Reggio Emilia 1941; M. Vitale, La III edizione del Vocabolario della Crusca. Tradizione e innovazione nella cultura linguistica fiorentina secentesca, in Acme, XIX (1966), pp. 109-152; B. Basile, F. R., i gesuiti e le meraviglie d’Oltremare, in Filologia e critica, V (1980), pp. 209-241; J. Tribby, Cooking (with) Clio and Cleo: eloquence and experiment in seventeenth-century Florence, in Journal of the history of ideas, 1991, vol. 52, n. 3, pp. 417-439; P. Findlen, Controlling the experiment: rhetoric, court patronage and the experimental method of F. R., in History of science, 1993, vol. 91, pp. 35-64; W. Bernardi, Introduzione a F. Redi, Esperienze intorno alla generazione degl’insetti, Firenze 1997, pp. 5-62; G.M. Baldwin, Vipers and viper-based medicaments, in Between the natural and the artificial. Dyestuffs and medicines. Proceedings of the XX International Congress of history of science…, Liège… 1997, a cura di G. Emptoz - P.E. Aceves Pastrana, II, Turnhout 2000, pp. 157-164. Per una bibliografia completa anteriore al 1999 si rimanda a F. R.: un protagonista della scienza moderna, Atti del Convegno..., Arezzo... 1997, a cura di W. Bernardi - L. Guerrini, Firenze 1999, pp. 339-369 (tra i contributi, si vedano in partic.: W. Bernardi, Teoria e pratica della sperimentazione biologica nei protocolli sperimentali rediani, pp. 13-30; L. Guerrini, Contributo critico alla biografia rediana. Con uno studio su Stefano Lorenzini e le sue «Osservazioni intorno alle torpedini», pp. 47-72; M. Fazzari, R., Buonanni e la controversia sulla generazione spontanea: una rilettura, pp. 97-127; S. Gómez López, R., arbitro tra i galileiani, pp. 129-139; L. Mangani, Tra laboratorio e scrittoio: le fonti testuali scientifiche nelle osservazioni e nelle esperienze di R., pp. 231-259); F. R. aretino, Atti del Convegno…, Arezzo… 1998, a cura di L. Mangani - G. Martini, Arezzo 1999; L. Mangani, Libro ed esperimento. Le teorie della generazione di F. R., tesi di dottorato in Storia della scienza, Università degli studi di Firenze, a.a. 1999-2000; P. Galluzzi, Nel ‘teatro’ dell’Accademia, in Scienziati a corte. L’arte della sperimentazione nell’Accademia galileiana del Cimento (1657-1667), a cura di P. Galluzzi, Livorno 2001, pp. 12-25; W. Bernardi, Tra città e corte. Promozione sociale e vocazione scientifica nella Toscana del Seicento: F. e Gregorio R., in Medicina & storia, IV (2004), 8, pp. 7-34, V (2005), 9 pp. 61-88; G. Bucchi, Introduzione a F. Redi, Bacco in Toscana con una scelta delle Annotazioni, Roma 2005, pp. 13-94; L. Mangani - G. Martini, La biblioteca di F. R. e della sua famiglia, Arezzo 2006; G. Bucchi, La «Guerra dei topi e dei ranocchi» di Andrea del Sarto: un falso di F. R.?, in Filologia italiana, IV (2007), pp. 127-72; F. Favino, On the Cimento’s oak academies”. An unknown contribution by Antonio Oliva, in The Accademia del Cimento and its european context, a cura di M. Beretta - A. Clericuzio - L.M. Principe, Sagamore Beach 2009, pp. 91-119; J. Schickore, Trying again and again: multiple repetitions in early modern reports of experiments on snake bites, in Early science and medicine, 2010, n. 6, pp. 567-617; L. Mangani, Vipere a corte: segreti, ricettari e anatomie al tempo di Galileo Galilei e di F. R., in Atti e memorie dell’Accademia Petrarca di lettere, arti e scienze, LXXII-LXXIII (2012), pp. 343-355; M. Stefani, F. R., in Il contributo italiano alla storia del pensiero, Scienze, Roma 2013, pp. 267-271; D. Generali, Battaglia antispontaneista e origine delle galle in R. e Malpighi, in Esperimento e storia, Trento 2015, pp. 29-36.

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