SALFI, Francesco Saverio

Enciclopedia Italiana (1936)

SALFI, Francesco Saverio

Mario Fubini

Letterato, nato il 1° gennaio 1759 a Cosenza, morto a Parigi il 2 settembre 1832. Avviato al sacerdozio, insegnò privatamente nella sua città; nel 1785 si trasferì a Napoli, dove, nel 1787, pubblicò il Saggio di fenomeni antropologici relativi al tremuoto, studio di psicologia dell'uomo atterrito dai fenomeni naturali e dalle superstizioni, con intenti di polemica illuministica, e nel 1788, in occasione delle discussioni sulla chinea, l'Allocuzione del cardinale N. N. al papa, nella quale si difendono i diritti dello stato e si auspica un ritorno alla religione apostolica Nel 1792 entrò nella Società patriottica napoletana, e nel processo del 1794 riuscì a salvarsi, rifugiandosi a Genova: smise allora l'abito ecclesiastico, e, dopo l'entrata dei Francesi, si recò a Milano, dove prese viva parte alla lotta politica, collaborando attivamente al Termometro politico. Tornò a Napoli quando vi fu proclamata la Repubblica Napoletana; segretario del governo provvisorio e presidente della Sala patriottica, scampò con uno strattagemma alla prigionia e al patibolo al trionfare della reazione. Dalla Francia, dove si era rifugiato, tornò in Italia dopo Marengo, e a Milano tenne nel ginnasio di Brera la cattedra di logica e metafisica e poi quella di storia (1802), di storia e diplomazia (1807), di diritto pubblico e commerciale (1809). Fu membro del Grande Oriente e propugnatore dei principî massonici, che espose nella dissertazione Sulla utilità della F:. Massoneria. Avverso a Napoleone, tenne un contegno dignitoso e indipendente di fronte al suo governo, pur riconoscendo, coi migliori, i benefici effetti dell'istituzione del Regno Italico, per l'espèce d'indépendence che era stata concessa a una parte d'Italia, e più ancora per la reazione che l'effettiva dipendenza da Napoleone doveva far sorgere contro ogni dominazione straniera. Sperò nel Murat, e gli fu consigliere durante il suo tentativo del 1815 (era tornato nel '14 a Napoli e in quella università aveva tenuto la cattedra di storia e di cronologia): esule a Parigi, dove si stabilì, fu ammirato per la costanza nei principî professati e per la dignità della vita. Amico di P.-L. Ginguené e di C. Fauriel, collaborò alla Biographie universelle e alla Revue encyclopédique, facendo conoscere quanto si pubblicava in Italia: né mai si straniò dalla patria, ma ne seguì con ansia le vicende, scrivendo in occasione dei moti del 1821 il libro L'Italie au dix-neuvième siècle, in cui si delinea il programma di una federazione italiana, superato dagli avvenimenti, e partecipando, nel 1831, a trattative dei fuorusciti italiani col Lafayette per la preparazione di un movimento insurrezionale in Italia, per il quale scrisse con F. Buonarroti un proclama d'intonazione repubblicana unitaria.

La varia sua opera di poeta, di storico, di giurista, di economista gli fu ispirata da un proposito di polemica in nome degl'ideali di libertà, di laicità, di nazionalità a cui consacrò la sua vita; il fine politico costituisce, ad es., il precipuo interesse delle sue tragedie, di derivazione alfieriana, il Corradino (1790), la Virginia bresciana (1797), la migliore e più nota, l'antinapoleonico Pausania (1801), e le inedite Giovanna Regina di Napoli, lo Spettro di Temessa, l'Alessandro in Epiro, I Plateesi, Francesca da Rimini. Ma degna di nota è la difesa della storia, che egli tentò fondandosi sul concetto sensistico dell'esperienza, ma non senza ascoltare suggerimenti vichiani, nei suoi discorsi Dell'uso dell'istoria (1807) e Dell'influenza della storia (1815), nei quali confuta la tesi antistorica dell'amico U. Delfico; e assai pregevole è il quadro che egli traccia del risorgimento spirituale d'Italia dalla fine del '600 ai suoi giorni nel libro L'Italie au dix-neuvième siècle. In queste pagine, negli articoli scritti nelle riviste francesi, nel Résumé de l'histoire de la litterature italienne (1826), nei capitoli aggiunti al tomo X della Storia del Ginguené, e soprattutto nella continuazione di quella Storia, pubblicata postuma (1834-35), che a giudizio di B. Croce è ancor oggi la migliore, anzi l'unica storia letteraria del seicento italiano, si vede come, divenuti criterî di giudizio, gl'ideali della sua vita bene lo sorreggessero nell'opera storiografica, in cui si riscontrano un'informazione coscienziosa e una superiore temperanza di giudizio. Erede della migliore tradizione storiografica settecentesca, il S., che per prevenzioni letterarie e religiose guardò con diffidenza il romanticismo, poté, sulla fine della sua fervida vita di patriota, contribuire a preparare la nuova storia della letteratura italiana.

C. Nardi, La vita e le opere di F. S., Genova 1925 (dà un elenco cronologico delle opere edite e inedite e un indice degli articoli pubblicati nella Revue encyclopédique, ed è lo studio più ampio e compiuto sulla vita e sulle opere del. S.). Per il pensiero intorno alla storia, cfr. G. Gentile, Storia della filosofia italiana. Dal Genovesi al Galluppi, 2ª ed., Milano 1930, pp. 89-90; sulla continuazione della storia letteraria del Ginguené, cfr. B. Croce, La storia della letteratura italiana nel secolo decimosettimo di F. S., in Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Bari 1931. Cfr. anche G. Mazzoni, L'Ottocento, 2ª ed., Milano 1934, pp. 5-7, 152-53 e passim.