SILVESTRI, Francesco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SILVESTRI, Francesco

Francesco Salvestrini

– Nacque a Cingoli, nel Maceratese, forse durante gli anni Ottanta del XIII secolo; restano ignoti i nomi dei genitori.

Proveniente da una famiglia del notabilato locale fu avviato alla carriera ecclesiastica, e nel 1318 divenne vescovo di Senigallia, dignità che tre anni dopo sostituì con quella episcopale di Rimini.

I biografi gli attribuiscono una buona preparazione culturale, nonché la licenza in utroque iure. La fedeltà a papa Giovanni XXII, presso il quale aveva a lungo soggiornato, la fama di uomo energico e la provata opposizione al partito ghibellino favorirono la sua ascesa nelle gerarchie curiali, finché il pontefice gli assegnò la guida della diocesi di Firenze, che egli raggiunse nel marzo del 1323.

Dopo la scomparsa di Antonio degli Orsi, avvenuta il 18 luglio 1321, la sede vescovile gigliata era rimasta vacante. Il capitolo cittadino si era subito spaccato in due opposte fazioni, una favorevole a Federico di Bartolo Bardi e l’altra a Guglielmo Frescobaldi, tesoriere del capitolo stesso. Nel clima di divisione e incertezza determinato da questa situazione il papa avignonese – che ambiva a un progressivo accentramento delle decisioni in merito alle più importanti sedi episcopali – impose ai canonici il prelato marchigiano.

Tale atto determinò la perdita definitiva del ruolo svolto fino ad allora dal clero locale nella proposta e nella scelta degli ordinari diocesani. L’operato del santo padre andò anche incontro agli orientamenti del Comune popolare. Questo, infatti, proprio in concomitanza con la sede vacante e in funzione chiaramente antimagnatizia, aveva imposto il divieto, poi inserito negli statuti del capitano del Popolo promulgati fra il 1322 e il 1325, che un fiorentino o un membro della grande aristocrazia rurale (Guidi, Alberti, Pazzi del Valdarno, Ubertini e Ubaldini) potesse essere designato pastore della città.

L’atteggiamento conciliante verso il governo non impedì, però, che il vescovo forestiero si schierasse fin dal suo arrivo a difesa del clero diocesano, in occasione dell’imposizione alle istituzioni ecclesiastiche (a pochi mesi dall’insediamento) di un gravoso prelievo finalizzato alla costruzione delle mura urbiche. Nel 1326 si levò una seconda e più forte protesta contro le minacce di ulteriori prelievi fiscali; e allo scopo di ribadire i tradizionali privilegi delle persone consacrate Silvestri emanò articolate costituzioni sinodali (agosto del 1327), volte sia a riformare la disciplina canonicale, sia a regolare su nuove basi i rapporti con il potere politico.

Il testo normativo, diviso in quattro libri (con alcune aggiunte e modifiche apportate nel 1336) confermò l’obbligo di residenza dei chierici e invitò costoro al giuramento di fedeltà verso i loro superiori. Intervenne, inoltre, sul problema rappresentato da coloro che, per eludere la giustizia civile, accedevano strumentalmente ai voti religiosi; stabilì poi che i rettori delle chiese non potessero amministrare il sacramento della cresima, facoltà riservata all’ordinario diocesano, e che accompagnassero quest’ultimo nelle celebrazioni solenni di precetto e in occasione delle principali feste del calendario liturgico. Le norme contemplarono il rispetto della continenza e della modestia nel vestire, imposero di amministrare correttamente i sacramenti e vietarono di celebrare in condizione di peccato mortale. Raccomandarono anche la venerazione del corpo e del sangue di Cristo, in ottemperanza alla bolla Transiturus di papa Urbano IV, che nel 1264 aveva istituito la festa del Corpus Domini.

Circa i fedeli laici, le costituzioni tornarono a prevedere il rispetto dei giorni festivi e l’obbligo della messa, ed entrarono nel dettaglio delle cause per usura, questione importante in una città di consolidata tradizione mercantile. In conformità con quanto sancito dal secondo concilio di Lione del 1274, il testo previde che i sacerdoti destinatari delle ultime volontà pronunciate da fedeli dediti all’attività feneratizia richiedessero una dettagliata cauzione scritta che impegnasse i prestatori a rendere esecutiva la restituzione delle somme illecitamente accumulate in favore delle persone vittime dell’usura stessa o, in assenza di queste ultime, dei poveri della città. Il tutto sulla base di un formulario precostituito trascritto nel contesto del dettato normativo. Più in generale, riguardo ai testamenta et ultimae voluntates, il nuovo ordinamento stabilì che un terzo di tutti i legati pii genericamente devoluti dovesse pervenire alla mensa episcopale; provvedimento mirato a garantire una cospicua fonte di reddito per la curia.

Le costituzioni furono contestate dalle magistrature municipali, che si appellarono alla Sede apostolica, e non si ha certezza circa la loro effettiva entrata in vigore. Ma è un fatto che il Comune le accolse fra i documenti della Repubblica. Esse, infatti, andarono a costituire un volume dei cosiddetti Capitoli, la serie archivistica che raccoglieva i diritti e le prerogative giurisdizionali e territoriali del Comune – motivo per il quale Cesare Guasti le pubblicò nel XIX secolo unitamente a tale documentazione –, a dimostrazione del loro rilievo come testo di riferimento per i successivi accordi, soprattutto in materia fiscale, tra il clero fiorentino e le autorità secolari.

Contemporaneamente alla difesa dei privilegi ecclesiastici, Silvestri portò avanti anche una linea accentratrice rispetto al clero capitolare. Questo orientamento fu confermato da alcune importanti decisioni, come l’appoggio al legato pontificio, cardinale Giangaetano Orsini, il quale nell’agosto del 1331 abolì la dignità di tesoriere del capitolo (carica definitivamente soppressa solo sei anni dopo), che aveva dato luogo ad abusi e indebite appropriazioni. Il vescovo si distinse anche per un’attenta gestione della mensa episcopale, che aveva trovato alquanto dissestata a causa della rovinosa amministrazione del suo predecessore e per la lunga vacanza episcopale, durante la quale – come di consueto – le casate cittadine partecipi del vicedominato avevano imposto i loro interessi privati nella gestione del patrimonio e delle finanze della Chiesa. Silvestri operò un sostanziale risanamento finanziario; e in generale mirò a rilanciare l’appannata immagine dei pastori fiorentini, cercando di ricomporre i conflitti che opponevano il clero della cattedrale ai canonici della basilica di S. Lorenzo, nonché la curia vescovile al Comune e alle arti maggiori. Queste avevano operato da tempo una progressiva espropriazione delle dignità e delle prerogative episcopali. Silvestrì reagì ordinando, nel gennaio del 1331, la ricognizione del corpo di san Zanobi, vescovo fiorentino del V secolo, discepolo di Ambrogio da Milano e compatrono della città.

La cerimonia fu eseguita in presenza dei presuli pisano, fiesolano e spoletino, nonché di numerosi canonici e chierici della diocesi di Firenze. Nell’occasione Silvestri fece traslare la testa del santo e volle che fosse collocata in un busto reliquiario d’argento solennemente offerto alla venerazione del popolo. L’operazione fu senz’altro di stimolo per la ripresa dei lavori alla fabbrica della cattedrale; la quale, comunque, nell’ottobre di quello stesso anno, passò sotto il controllo dell’arte della lana.

In seguito si occupò anche della basilica laurenziana, informale concattedrale cittadina, cui concesse (10 agosto 1338, festa del santo) un’indulgenza di 40 giorni ai pellegrini che vi si recavano per la benedizione del mercoledì, dando origine a un assembramento di folla che generò il mercato di S. Lorenzo, per secoli noto in città.

La collaborazione del vescovo con il governo cittadino si mantenne relativamente costante; lo dimostra l’attività diplomatica svolta da Silvestri durante i primi anni Trenta, allorché si fece mediatore con la S. Sede per la risoluzione dei conflitti che allora opponevano pisani, senesi, fiorentini e massesi, e si impegnò per far sospendere l’interdetto sulla città imposto ufficialmente come conseguenza delle usurpazioni a danno della pieve di S. Maria in Pineta (1331), definitivamente revocato nel 1334.

Il presule aveva già in precedenza svolto un ruolo significativo nella difesa della città minacciata dall’imperatore Ludovico IV il Bavaro e, in primis, dal suo ‘vicario’ Castruccio Castracani degli Antelminelli, che nel 1325 giunse a occupare la vicina Pistoia e a sconfiggere la coalizione guidata da Firenze nella celebre battaglia di Altopascio (23 settembre 1325), che aprì una stagione difficile per il guelfismo toscano.

Silvestri si adoperò in favore dei fedeli anche durante la terribile alluvione dell’Arno che colpì la città nel 1333, promuovendo le prime opere di restauro degli edifici danneggiati, con speciale attenzione per quelli religiosi. Fu certamente anche su suo impulso che l’anno seguente il Comune affidò a Giotto di Bondone, in qualità di capomastro dell’Opera del duomo e responsabile per le opere pubbliche, il coordinamento dei lavori destinati al ripristino delle mura e dei ponti abbattuti, nonché al completamento della fabbrica della cattedrale, che si era quasi arrestata da un quarto di secolo, con particolare riferimento alla costruzione del campanile. Su questa stessa linea, nel 1340, per agevolare le operazioni di ingrandimento della basilica e di sistemazione della piazza antistante, Silvestri acconsentì alla demolizione e allo spostamento della residenza dei canonici.

Il vescovo si occupò anche degli ordini religiosi. Già agli inizi del suo episcopato aveva autorizzato la definitiva acquisizione da parte dei cistercensi del complesso di S. Maria Maddalena delle Convertite presso la Porta a Pinti (1325). Negli ultimi anni supportò la famiglia Gianfigliazzi nella fondazione del chiostro femminile di S. Niccolò di Cafaggio (intorno al 1340).

Parrebbe confermata anche la sua attività di mecenate, ad esempio in favore della pieve di Vaglia, a nord di Firenze, per la quale commissionò una pala d’altare recante il proprio stemma (uno scorpione nero in campo d’oro).

Morì a Firenze il 21 ottobre 1341 e fu sepolto nell’antica cattedrale. La lastra tombale, con il suo nome e la data della scomparsa, ancora indicata come perduta nel XIX secolo, è stata riscoperta durante gli scavi e i restauri della basilica occorsi fra il 1971 e il 1973.

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