FRANCIA

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

FRANCIA.

Isabelle Dumont
Giulia Nunziante
Ilenia Rossini
Alessandra Criconia
Elisabetta Sibilio
Simone Emiliani

– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Politica economica e finanziaria. Storia. Bibliografia. Architettura. Bibliografia. Letteratura. Bibliografia. Cinema. Bibliografia

Francia

Demografia e geografia economica di Isabelle Dumont. – Stato dell’Europa centro-occidentale. La F. contava 64.641.279 ab. secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs) relativa al 2014, di cui circa 63,8 milioni nella F. metropolitana, e 2 milioni nei dipartimenti d’oltremare, residuo del passato francese di potenza coloniale (INSEE, Institut National de la Statistique et des Études Économiques). Con un incremento di 9,7 milioni di unità negli ultimi trent’anni, la popolazione francese si trova da decenni in una fase di crescita, che ha subito però un rallentamento a partire dal 2006 (saldo naturale di +302.400 unità nel 2006, contro +238.000 nel 2013; saldo migratorio di +112.000 nel 2006, contro +40.000 nel 2013). Con il 13,1% della popolazione dell’Unione Europea (27 Paesi), la F. è il secondo Paese più popoloso, dopo la Germania (16,1%), ed è seguita dal Regno Unito (12,7%) e dall’Italia (11,9%).

Nel corso del 2014 François Hollande, presidente della Repubblica francese dal 15 maggio 2012, ha intrapreso una grande riforma territoriale delle suddivisioni amministrative, con l’intento di trasformare durevolmente l’«architettura territoriale della Repubblica». La motivazione è stata doppia: diminuire la spesa pubblica e migliorare la capacità di risposta ai bisogni dei cittadini. L’amministrazione del territorio francese è molto articolata e a seguito delle importanti leggi sul decentramento (décentralisation) del 1982 e dell’introduzione di quest’ultimo nella Costituzione della Repubblica (l’articolo 1° precisa che «l’organisation de la République française est décentralisée»), vi è stato un trasferimento di competenze amministrative e di relative risorse dallo Stato agli enti locali, strutturati su quattro livelli: il comune, il «consorzio di comuni» (groupements intercommunaux), il dipartimento e la regione. Questi livelli di autorità locale acquisiscono una certa autonomia di gestione in termini di personale, di beni e di servizi, e a ognuno di essi compete un tipo di incarico, benché talvolta alcune mansioni possano coinvolgere due o tre diversi livelli.

Indicatori economico-sociali

Al momento di intraprendere la nuova riforma del 2014, la F. contava 36.700 comuni, 2600 groupements intercommunaux, 101 dipartimenti e 22 regioni. Questa stratificazione di piani distinti nell’amministrare e gestire finanziamenti, spesso riassunta con la metafora di millefoglie territoriale, pone un problema di leggibilità dell’amministrazione da parte dei cittadini e compromette l’efficacia dell’azione pubblica dei territori. L’intercommunalité si riferisce alle varie forme di cooperazione tra comuni a favore di progetti territoriali. Due sono le modalità di cooperazione intercomunale: la prima, più flessibile, è detta associativa, mentre la seconda, più impegnativa, è detta federativa.

Nel primo caso si opera una gestione congiunta di alcuni servizi pubblici locali (per es., raccolta dei rifiuti, trasporti pubblici) o si realizzano strutture comuni, al fine di ottimizzare le risorse economiche. Nel secondo caso si elabora una vera e propria programmazione comune dei progetti di sviluppo locale (Direction de l’information légale et administrative). Dal 1° gennaio 2014, i 36.700 comuni francesi fanno tutti parte di un’intercommunalité, strutturata sotto forma di comunità di comuni (communauté de communes), o di aree urbane (agglomérations urbaines) oppure, ancora, di future metropoli (futures métropoles). Alle elezioni municipali del marzo 2014 i cittadini hanno eletto per la prima volta i consiglieri di comunità (conseillers communautaires), ma queste intercommunalités, di dimensioni tra l’altro assai eterogenee, hanno mezzi troppo scarsi per poter condurre a termine grandi progetti. In questo senso, la nuova riforma territoriale, votata dall’Assemblea nazionale il 25 novembre 2014, prevede un ulteriore processo di raggruppamento di comuni per ampliare la scala intercomunale. Secondo il capo dello Stato, «ognuna di esse [intercommunalités], a partire dal 1° gennaio 2017, dovrà contare almeno 20.000 abitanti, contro i 5000 di oggi. Eventuali adattamenti saranno previsti per le zone di montagna e i territori scarsamente popolati» (http://www.gouvernement.fr).

tab. 1

Le principali novità della riforma sono però legate all’accorpamento di alcune regioni, che da 22 passeranno a 13. Questa nuova suddivisione del territorio francese era già stata adottata dall’Assemblea nel luglio del 2014, in prima lettura, nonostante le accese discussioni sia nel mondo politico sia nell’opinione pubblica, ma in ottobre i senatori hanno votato per una suddivisione dell’Esagono in 15 parti, ripristinando l’autonomia dell’Alsace, del Languedoc-Roussillon e del Midi-Pyrenées. Durante l’ultima votazione, di fine novembre 2014, i deputati hanno invece preferito tornare alla carta delle 13 regioni (tab. 1). La nuova organizzazione dello Stato diverrà giuridicamente effettiva dal 1° gennaio 2016, ma verrà implementata progressivamente durante una fase transitoria di tre anni, alla fine della quale la nuova struttura dello Stato dovrà essere definitivamente stabilizzata.

Queste «nuove» regioni sono simili per dimensione a quelle di altre regioni europee. Hollande vede in esse «le uniche autorità competenti in materia di politiche di formazione e di occupazione, nonché in materia di trasporti, dai treni regionali agli autobus passando per strade, aeroporti e porti. Esse gestiranno scuole medie e superiori. Saranno anche incaricate della pianificazione e delle grandi infrastrutture [...]. Avranno a disposizione risorse finanziarie proprie e dinamiche. Saranno gestite da assemblee di dimensioni ragionevoli composte da un minor numero di eletti» (http://www.gouvernement.fr).

Condizioni economiche. – Sullo scenario economico mondiale, per quanto riguarda il PIL a prezzi correnti (International monetary fund, World economic outlook database, ottobre 2014), con i suoi 2902,33 miliardi di dollari ($) la F. è al quinto posto dopo Stati Uniti (17416,25 miliardi di $), Cina (10355,35 miliardi di $), Giappone (4769,80 miliardi di $) e Germania (3820,46 miliardi di $). A livello europeo, il PIL a prezzi correnti complessivo dei 18 Paesi dell’eurozona ammonta a 13.398,23 miliardi di $. La F. contribuisce per il 21,6%, seconda soltanto alla Germania (28,6%) e seguita dall’Italia, con il 15,9% (2129,27 miliardi di $), e dalla Spagna, con il 10,5% (1400,48 miliardi di $).

La F. è il terzo contribuente al budget totale dell’Unione Europea, dopo la Germania e il Regno Unito (2014, http://www.economie.gouv.fr/les-ministeres/directions-ministere-finances-comptes-publics). Secondo il progetto di legge di finanza 2015, il totale delle risorse che la F. ha previsto di allocare al budget europeo per il 2015 è stimato in 22,6 miliardi di euro, corrispondenti al 16,1% del totale e all’8,1% degli introiti fiscali netti del Paese. Ciò nonostante spicca il costante deficit della bilancia commerciale a partire dal 2004 (con un picco di 80 miliardi di euro nel 2012), cui contribuiscono vari fattori, tra i quali il principale è la perdita di competitività. Vi sono tuttavia anche ragioni strutturali legate alle strategie messe in atto dalla F. nel campo delle esportazioni: eccessiva specializzazione industriale, marcato orientamento geografico delle esportazioni stesse e un apparato produttivo non sufficientemente rinnovato per tenere il passo della globalizzazione. L’incremento del deficit con l’estero è causato in particolar modo dall’aumento dei costi energetici e dal passivo del manifatturiero. In questo ultimo campo, il settore automobilistico è quello che in F. segna la peggiore performance; in deficit sono pure i settori informatico ed elettronico, quello tessile e quello metallurgico. Sono invece aumentate le esportazioni nell’industria aeronautica e, seppur tra alti e bassi, rimane positiva la bilancia per l’agroalimentare, il lusso e il farmaceutico.

A livello nazionale, la regione della capitale (Île de France) rimane economicamente dominante rispetto al resto del territorio francese (dati INSEE). Nel 2011 il suo PIL è stato di 601 miliardi di euro, ossia il 30% del PIL nazionale (F. metropolitana), mentre la regione, con i suoi 11,9milioni di ab., rappresentava solo il 19% del totale. L’Île-de-France è la sola regione importatrice netta di manodopera. Numerosi sono i pendolari che vi lavorano senza risiedervi, contribuendo così ad aumentarne il PIL per abitante e a collocarla tra le cinque maggiori aree economiche europee. La sua crescita dal 2000 in poi è una delle più elevate in Europa occidentale e il suo dinamismo è favorito da una specializzazione settoriale sempre più marcata, rivolta principalmente al terziario e più particolarmente ai servizi per il commercio.

Il 17 maggio 2013 è stata pubblicata la legge che autorizza il matrimonio di persone dello stesso sesso, chiamato matrimonio per tutti (l. 17 maggio 2013 nr. 404). Nel 2013 sono stati celebrati circa 231.000 matrimoni tra persone di sesso diverso e 7000 tra persone dello stesso sesso, questi ultimi distribuiti su più di 2900 comuni diversi. Nel frattempo, il numero di unioni civili (PACS, PActe Civil de Solidarité, istituito dalla l. 15 nov. 1999 nr. 944) è costantemente progredito tra il 2001 e il 2010, registrando poi un netto calo nel 2011, seguito da una lieve ripresa nel 2012 (+5,5%), nel corso del quale sono stati firmati circa 160.200 PACS, di cui circa 7000 tra persone dello stesso sesso.

Politica economica e finanziaria di Giulia Nunziante. – Negli anni che hanno preceduto la crisi finanziaria internazionale, la F. ha avviato un articolato processo di decentramento delle funzioni dello Stato volto a migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi locali e a incentivare la responsabilizzazione degli enti territoriali nel processo di consolidamento dei conti pubblici. Inoltre, l’amministrazione centrale ha varato una serie di misure per ridurre la spesa pubblica, tra le quali la riforma del sistema di sicurezza sociale, la contrazione dei sussidi alla disoccupazione, la revisione della tassazione sui redditi delle persone fisiche e dell’imposta locale sull’attività d’impresa. A partire dalla seconda metà del 2008, le priorità di politica economica sono mutate e le autorità di governo hanno prontamente adottato misure anticicliche volte a prevenire e contenere gli effetti della recessione sul credito, sul mercato reale e sull’occupazione. In particolare, oltre a intervenire a sostegno della liquidità e della solvibilità dei grandi istituti e a incentivare il credito bancario, nel corso del 2009 lo Stato ha sostenuto il sistema produttivo nazionale incrementando la spesa pubblica ed erogando sussidi agli investimenti nelle infrastrutture. Per dare impulso alla competitività delle imprese francesi e aumentare il potenziale di crescita economica del Paese, le autorità hanno favorito la ricerca e l’innovazione, principalmente con misure di natura fiscale, ed esteso i poteri dell’Autorità garante per la concorrenza. Al fine di creare un contesto economico sano per lo sviluppo dell’attività imprenditoriale, il governo ha perseguito la semplificazione amministrativa e fiscale per le piccole e medie imprese e le aziende di nuova costituzione, deliberato la riduzione dei tempi dei pagamenti alle imprese per limitare i problemi di liquidità, rivisto il quadro normativo che regola le operazioni finanziarie, sovvenzionato il fondo di garanzia per il consolidamento di medio-lungo termine dei prestiti concessi dalle banche alle aziende. Sul mercato del lavoro sono stati adottati provvedimenti per preservare i livelli occupazionali e sono stati temporaneamente estesi i sussidi alla disoccupazione, mentre nel 2010 è stato riformato il sistema previdenziale e sono stati aboliti gli incentivi al prepensionamento, precedentemente introdotti per favorire il ricambio generazionale. Nonostante questi interventi la F. è stata duramente colpita dalla recessione globale e dalla successiva crisi economica intervenuta dal 2011 nell’area dell’euro, con ricadute sociali caratterizzate da un’elevata disoccupazione estesa a tutte le fasce di età, e squilibri macroeconomici nei conti pubblici e nel saldo commerciale.

A partire dal biennio 2012-13, il governo ha adottato una strategia di politica economica che coniuga l’inasprimento fiscale, in particolare a carico delle grandi imprese e delle classi sociali più abbienti, e la riduzione, in un orizzonte di medio periodo, della spesa pubblica, con riferimento anche al sistema di sicurezza sociale. Tale politica ha comportato la razionalizzazione della spesa a livello di governo centrale, la centralizzazione degli acquisti e delle spese dei ministeri in tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni, la riduzione delle agenzie di Stato, l’applicazione al settore pubblico del blocco salariale già introdotto nel 2010 e la stabilizzazione del numero di dipendenti pubblici. Contestualmente, nel corso del 2013 i trasferimenti pubblici agli enti locali sono stati decurtati ed è stato adottato un piano di razionalizzazione dei governi subnazionali. Per promuovere gli investimenti sono state varate diverse misure, prevalentemente di natura fiscale, di sostegno alla competitività e all’occupazione ed è stato avviato un programma, condiviso con le imprese, di semplificazione delle procedure amministrative. Sul mercato del lavoro, a fronte delle persistenti rigidità che lo caratterizzano, il governo francese ha adottato misure per assicurare un’adeguata formazione professionale e favorire un rapido reinserimento dei disoccupati. Malgrado gli aggiustamenti macroeconomici conseguiti grazie alla politica economica realizzata, nel 2014 la F. non è stata in grado di rispettare i parametri posti dal Patto di stabilità e crescita europeo.

Tab. 2 – Evoluzione dei principali aggregati economici

Storia di Ilenia Rossini. – A cavallo del primo decennio del 21° sec., nello scenario politico francese si impose la figura di Nicolas Sarkozy, presidente dell’Union pour un mouvement populaire (UMP) – il partito di centrodestra nato nel 2002 dall’unione di forze politiche di ispirazione gollista, centrista e liberale – e, dal giugno 2005, ministro dell’Interno del governo di Dominique de Villepin. In questo ruolo, Sarkozy aveva svolto una funzione di primo piano nella repressione delle sommosse nelle periferie francesi dell’autunno 2005, divenendo il candidato ideale alla successione del presidente Jacques Chirac.

Nei primi mesi del 2007, il dibattito politico francese, in vista delle elezioni presidenziali di aprile, si concentrò intorno alla richiesta di una discontinuità rispetto all’immobilismo politico degli anni precedenti: Sarkozy, candidato del centrodestra, alla proposta di un rilancio dei valori conservatori e dell’identità nazionale accompagnò la promessa di ridurre tasse e disoccupazione e di rendere più severe le leggi sull’immigrazione. Visto i risultati inferiori alle aspettative dell’estrema destra nazionalista e xenofoba del Front national (FN), guidato da Jean-Marie Le Pen, e del centrista François Bayrou al primo turno elettorale, al ballottaggio di maggio si sfidarono Sarkozy e la candidata del Parti socialiste (PS) Ségolène Royal: il primo prevalse sulla seconda con il 53,1% dei voti e, come nuovo presidente della Repubblica francese, nominò come primo ministro François Fillon.

Il governo di Fillon vide la presenza come ministri di alcune personalità legate ai socialisti e alle sinistre. Tuttavia, nonostante questa apertura verso le opposizioni, la riforma delle pensioni e del settore pubblico proposta dal governo provocò durissime manifestazioni di protesta.

Su iniziativa di Sarkozy, nel 2008 fu approvata un’ulteriore revisione della Costituzione dopo quella del 2001: essa aveva come obiettivi – raggiunti solo parzialmente – tanto quello di fornire un riconoscimento costituzionale alle relazioni tra presidente (che, a partire da Charles De Gaulle, aveva assunto un ruolo più rilevante di quello attribuitogli dalla Costituzione), primo ministro e membri del governo e Parlamento, quanto quello di rivalutare il ruolo di quest’ultimo.

Sul fronte dei diritti civili, dopo l’emanazione della legge sulla laicità (2004), che aveva vietato di indossare nelle scuole pubbliche simboli o capi d’abbigliamento che ostentassero la propria appartenenza religiosa, nel 2010 fu approvato un provvedimento che vietava l’uso di veli ‘integrali’ in qualsiasi luogo pubblico: nonostante le critiche delle organizzazioni internazionali, che videro in esso una possibile violazione dei diritti umani, e della comunità musulmana, esso entrò in vigore nella primavera 2011. In generale, la presidenza di Sarkozy fu caratterizzata da un atteggiamento restrittivo verso gli immigrati, come dimostrarono l’introduzione di test di lingua e cultura francese quale requisito per ottenere il permesso di soggiorno e i trasferimenti forzati e le espulsioni di centinaia di cittadini bulgari e rumeni, di etnia Rom.

Per far fronte alla crisi economica, a partire dall’ottobre 2008, il governo emanò dei provvedimenti per sostenere le imprese attraverso prestiti bancari agevolati, che si accompagnarono ad altri contenuti sgravi fiscali per le famiglie meno abbienti, aumenti del sussidio di disoccupazione e altre misure di welfare. Nel giugno 2010, il governo decise di innalzare l’età pensionabile: nonostante le opposizioni dei sindacati e dei partiti di sinistra, le cui manifestazioni e i cui scioperi contarono centinaia di migliaia di partecipanti, la misura fu approvata nel novembre 2010. La crisi economica, inoltre, rafforzò il legame tra la F. e la Germania guidata dalla cancelliera Angela Merkel, con la quale Sarkozy stabilì la necessità per i Paesi membri dell’UE di inserire nelle carte costituzionali l’obbligo del pareggio di bilancio, poi istituzionalizzato nel Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria (cd. Fiscal compact) entrato in vigore nel gennaio 2013, che conteneva una serie di vincoli per i Paesi dell’eurozona (le ‘regole d’oro’).

Con il procedere della crisi, il consenso attorno alla figura di Sarkozy calò sensibilmente: al primo turno delle nuove elezioni presidenziali (apr. 2012), il candidato del PS François Hollande riscosse il 28,6% dei consensi contro il 27,2% del presidente uscente, mentre Marine Le Pen, succeduta all’anziano padre Jean-Marie alla guida del FN, sfiorò il 18%. Al ballottaggio, Hollande prevalse con il 51,6% dei consensi e, diventato presidente della Repubblica francese, nominò Jean-Marc Ayrault come primo ministro.

Nel settembre 2012, Hollande varò dei provvedimenti che elevarono la tassazione per i grandi patrimoni – una misura poi sospesa dalla Corte costituzionale – e i redditi medio-alti, stabilendo sgravi per quelli più bassi e apportando drastici tagli alla spesa pubblica. Sul piano dei diritti civili, nel maggio 2013, venne riconosciuto alle coppie di partner dello stesso sesso il diritto a sposarsi e ad adottare bambini. I movimenti cattolici e i partiti conservatori manifestarono in piazza per contestare la legge, mentre lo scrittore di estrema destra Dominque Venner si suicidò nella Cattedrale di Notre-Dame (maggio 2013) in opposizione tanto alla legalizzazione dei matrimoni omosessuali quanto a quella che percepiva come una tendenza alla islamizzazione della società francese.

Nei mesi successivi, l’aggravarsi della crisi economica e delle misure di austerity necessarie per farvi fronte, l’aumento delle tasse e della disoccupazione, oltre a una serie di scandali riguardanti la vita sentimentale del presidente, erosero i consensi su Hollande. Dopo la sconfitta alle elezioni amministrative del marzo 2014, nelle quali il PS perse oltre 150 città, Hollande decise un rimpasto di governo, nominando premier il ministro dell’Interno Manuel Valls, gradito alla destra. Questa misura si rivelò, tuttavia, poco efficace e alle elezioni europee del maggio 2014, il FN – avvantaggiato da una retorica euroscettica – emerse come il primo partito francese, con il 24,9% delle preferenze. Seguì l’UMP con il 20,8%, mentre il PS, coalizzato con il Parti radical de gauche (PRG), precipitò al 14%.

Nei mesi successivi, i consensi per il PS calarono ulteriormente: alle elezioni per il rinnovo di metà dei senatori (sett. 2014), i partiti di destra riconquistarono la maggioranza in Senato, dove entrò per la prima volta anche il FN, con due eletti; mentre le elezioni dipartimentali (marzo 2015) portarono le forze di centrodestra a controllare 67 dipartimenti (rispetto ai precedenti 40) contro i 34 delle forze di sinistra (rispetto ai precedenti 61).

Il 7 gennaio 2015, la F. fu sconvolta dall’irruzione di due uomini armati, i fratelli franco-algerini Saïd e Chérif Koua chi, dichiaratisi affiliati di al-Qā῾ida, all’interno della redazione parigina del giornale satirico «Charlie Hebdo», accusato di aver pubblicato vignette blasfeme contro la religione islamica. I due uccisero 12 persone e si diedero alla fuga. Mentre le attenzioni della polizia erano rivolte a rintracciarli, il giorno successivo, nella cittadina di Montrouge, Amedy Coulibaly, legato ai Kouachi, aprì il fuoco contro alcuni poliziotti, uccidendone una. Il 9 gennaio, mentre i due attentatori dello «Charlie Hebdo» venivano assediati in una tipografia nella cittadina di Dammartin-en-Goële, Coulibaly si barricò in un supermercato ebraico, prendendo alcuni ostaggi (ne uccise poi quattro): la simultanea irruzione delle forze di sicurezza francesi nei due luoghi condusse alla morte di tutti e tre i terroristi. Mentre la comunità internazionale si stringeva attorno alla F., l’11 gennaio sfilarono in tutto il Paese milioni di persone: alla testa del corteo di Parigi, 50 capi di Stato e di governo e rappresentanti diplomatici provenienti da tutto il mondo.

In campo internazionale, la F., in particolare sotto la presidenza di Sarkozy, si riavvicinò progressivamente agli Stati Uniti, come dimostrato, nel 2009, dal suo reintegro nel comando congiunto della NATO (dopo l’uscita voluta da Charles de Gaulle nel 1966). Parallelamente, fu rafforzato il legame franco-tedesco, nonostante l’insofferenza francese per politiche di austerity troppo rigide e per il ruolo di primo piano che la Germania si era ormai conquistata in Europa.

La F. continuò, inoltre, ad agire autonomamente in alcune regioni dell’Africa, proseguendo con la tradizionale Françafrique (termine con cui si indicano i complessi rapporti, spesso di ingerenza da un lato e di subordinazione dall’altro, tra la F. e le sue ex colonie africane): nel 2011, durante la crisi libica, dopo aver riconosciuto il governo dei ‘ribelli’ e aver richiesto all’ONU una risoluzione che stabilisse una no-fly zone sulla Libia, assunse autonomamente la guida delle operazioni militari contro il regime di Muammar Gheddafi nel marzo 2011, poi passate sotto comando NATO; nel 2013, l’esercito francese intervenne prima in Mali per fermare l’offensiva dei gruppi islamisti e, poi, nella Repubblica Centrafricana per ripristinare la sicurezza del Paese.

Bibliografia: M. Nava, Il francese di ferro. Sarkozy e la sfida della nuova Francia, Torino 2007; La Francia di Sarkozy, a cura di G. Baldini, M. Lazar, Bologna 2007; M. Lazar, S. Romano, La Francia in bilico, Venezia 2012; «Limes», 3, 2012, nr. monografico: La Francia senza Europa; La Francia di Hollande, a cura di R. Brizzi, G. Goodliffe, Bologna 2013.

Architettura di Alessandra Criconia. – In questo inizio di millennio in F. l’architettura ha avuto un ampio sviluppo grazie a una politica urbana di livello nazionale e locale che ha promosso programmi di riqualificazione che vanno dalla rigenerazione dei centri città al recupero di aree ed edifici dismessi, alla realizzazione di quartieri residenziali misti, alla creazione di parchi e attrezzature urbane. Il ministero della Città, organo nazionale della politica urbana, ha varato diverse leggi e programmi tra cui la legge Borloo (2003) di orientamento e programmazione del rinnovamento delle città; le leggi per la coesione sociale (2005) e le pari opportunità (2006); il contratto urbano di coesione sociale (2007); il piano banlieue (2008), la legge delle metropoli (2014). Di particolare importanza quest’ultima che ha aperto la strada alla riforma del territorio e gettato le basi giuridiche per la costituzione delle città metropolitane, agglomerati urbani di grandi dimensioni e amministrativamente autonomi, di cui Grand Lyon, Grand Paris, Aix-Marseille-Provence rappresentano gli esempi più significativi.

Edifici residenziali
Musée des civilisations d'Europe

Sempre in questi anni numerosi sono stati i progetti faro della politica nazionale tali da consentire la realizzazione di grandi interventi di architettura e urbanistica. Tra questi, particolare risonanza hanno avuto: Lyon-Confluence (2003-in itinere), progetto urbano ecosostenibile certificato nel 2009 dal WWF (World Wildlife Fund) e situato all’estremità meridionale di Lione nel punto di confluenza dei fiumi Rodano e Saona, che ha promosso la costruzione di quartieri residenziali ambientalmente innovativi dotati di ampi spazi pubblici, parchi e attrezzature culturali e commerciali; il progetto EuroMéditerranée (2007-13), programma di riqualificazione di Marsiglia, capitale della cultura nel 2013, che ha riguardato la sistemazione dell’area centrale e la pedonalizzazione dell’area del Vieux-Port (Foster+Partners, Michel Desvigne, Tangram Architectes, 2013); la sistemazione della quinta architettonica sul mare con edifici di Stefano Boeri, Eric Castaldi e Roland Carta, Zaha Hadid, Rudy Ricciotti; la ristrutturazione della stazione Saint Charles in un polo multimodale; la realizzazione del centro direzionale e residenziale Joliette; la conversione dell’area industriale dismessa nel polo culturale Belle de Mai.

Anche Parigi e il territorio dell’Île de France sono stati oggetto di importanti interventi urbani e architettonici in previsione della realizzazione del progetto Grand Paris, la trasformazione della capitale in una metropoli di 20 milioni di abitanti. Particolarmente significativa è stata la ristrutturazione multimodale della rete dei trasporti pubblici che, oltre alle stazioni ferroviarie, ha interessato i nodi delle stazioni della metropolitana, il ripristino dei batobus sulla Senna e la creazione di una vasta rete di biciclette (Velib’ 2007) e di auto elettriche (Autolib’ 2011) a noleggio.

Significativi sono stati anche i progetti di recupero dei lungofiume che hanno interessato le grandi e medie città della F. con obiettivi di riqualificazione ambientale e sociale dei centri urbani attraverso la realizzazione di passeggiate attrezzate, aree sportive e per il tempo libero, microarchitetture. Tra questi, quelli della Garonna a Bordeaux (quais Rive Gauche, 2000-09, di Michel Corajoud), del Rodano (Berges du Rhône, 2003-07, di In-Situ Architectes paysagistes con Jourda Architectes) e della Saona a Lione (Rives de Saône, 2010-15, di Agence Dumetier), della Senna a Parigi, iscritti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO (Berges de Seine, 2010-12, di APUR, Atelier Parisien d’Urbanisme) si distinguono per l’input dato all’organizzazione dei trasporti pubblici ‘lenti’ con il ripristino dei tram su rotaia, dei batobus e delle piste ciclabili connesse alla rete delle biciclette a noleggio.

Nel decennio inoltre sono stati inaugurati numerosi progetti di biblioteche, musei e centri culturali tra cui il Musée du quai Branly (2006) di Jean Nouvel a Parigi, il centro culturale Alvéole 14 (2007) negli spazi recuperati della base sottomarina di Saint-Nazaire a opera dello studio LIN, il Centre Pompidou-Metz (2011) di Shigeru Ban e Jean de Gastines, il centro di arte contemporanea FRAC (Fonds Régional d’Art Contemporain) Bretagne (2012) di Odile Decq a Rennes, il Musée du Louvre-Lens (2012) di SANAA, il Musée de la romanité (2012) a Narbonne di Foster, il MuCEM (Musée des Civilisations d’Europe et de Méditerranée, 2013) di Rudy Ricciotti e il centro di arte contemporanea FRAC (2013) di Kengo Kuma a Marsiglia, il Musée des confluences (2014) a Lione di Coop Himmelb(l)au, la Filarmonica (2014) di Nouvel al parco della Villette a Parigi.

Altre importanti realizzazioni nel decennio si sono concretizzate con i parchi naturali e urbani collegati alla corrente del paesaggismo francese contemporaneo che vanta tra i suoi maestri Gilles Clément e Michel Corajoud (scomparso nel 2014). Esemplari di una nuova visione della natura che entra in città sono Les jardins d’Eole a Parigi, realizzati da Corajoud nel 2007, e quelli dell’isola Seguin a Billancourt (Desvigne, 2010) realizzati nell’ambito di programmi ZAC (Zone d’Aménagement Concertés), che seguono le tracce dei tre casi ‘storici’ degli anni Novanta (i parchi della Villette, di Bercy e André Citroën). Esemplare è anche il giardino del Musée du quai Branly disegnato da Clément come luogo dell’incontro delle culture del mondo. Infine, nel 2013 il parco Georges-Valbon a La Courneuve, uno dei più grandi di F., ha dato inizio a un nuovo ampliamento in corso di realizzazione.

Bibliografia: Progetto urbano in Francia, «Rassegna di architettura e urbanistica», 2003, 110-111; G. Clément, Manifeste du Tiers paysage, Paris 2004 (trad. it. Macerata 2005); Le grand Pari(s). Consultation internationale sur l’avenir de la métropole parisienne, éd. I.F. Drevon, Paris 2009; Spécial Marseille, «Architecture d’aujourd’hui», 2012, 389.

Letteratura di Elisabetta Sibilio. – Nonostante il 21° sec. sia iniziato da poco è già possibile osservare con il necessario distacco critico la letteratura del cosiddetto extrême contemporain, e si stanno creando in F. diversi centri di ricerca specializzati, si tengono interi corsi universitari e si organizzano convegni su singoli autori o su nuove tendenze nel panorama letterario contemporaneo. Si sta vincendo insomma la ritrosia accademica nei confronti di oggetti di studio giudicati troppo poco consolidati e spesso difficilmente catalogabili secondo categorie tradizionali. Una delle ragioni di questa inversione di rotta può essere vista nell’estrema vivacità del mondo letterario francese, soprattutto se si fa un confronto con quanto avviene negli altri Paesi europei. Vivacità della produzione letteraria che attira l’interesse del grande pubblico, il quale a sua volta, nonostante i tempi di crisi, mantiene su livelli elevati il giro d’affari legato alla cultura in genere e all’editoria in particolare. Ogni anno, una a gennaio e una a settembre, si celebrano due rentrée letterarie in occasione delle quali si riversano ogni volta nelle librerie più di settecento nuovi titoli. L’autunno è la grande stagione dei premi, molto sentiti dal pubblico che li vive con l’entusiasmo che altri riservano a eventi sportivi. Oltre al grande Salone del libro di Parigi, ogni città, anche piccola, ha il suo salone, al quale sono spesso legati eventi culturali di grande interesse. Naturalmente, in questo grande giro d’affari, non tutto è letteratura e anche la Letteratura (con la L maiuscola) risponde in modi diversi alle attese del pubblico e del mercato.

Dominique Viart ha messo a punto una distinzione di massima tra una letteratura ‘concertante’ e una ‘sconcertante’. La prima «va alla ricerca dello scandalo, ma di uno scandalo calibrato sul gusto del giorno, che cavalca il gusto che il pubblico può avere, ad esempio, per i giochi del sesso, dello spettacolo o del cinismo. Va a braccetto con gli slogan pubblicitari e le formule pseudoculturali. È una lettura consenziente perché acconsente allo stato del mondo che per lei si riassume nelle leggi di mercato da sfruttare poi per il suo profitto. [...] Non c’è dubbio che questa letteratura traduca qualcosa dello stato sociale, ma non lo pensa» (Viart, Vercier 2005, 20082, p. 9). Non si tratta semplicemente di una letteratura commerciale nel senso che si vende molto, che questi libri diventano oggetto di consumo popolare come avveniva nel secolo scorso per i sottogeneri del romanzo (poliziesco, fantascienza, romanzi rosa). Viart sembra denunciare una tendenziosità di certa produzione letteraria, volta a rassicurare il pubblico e a riaffermare i suoi gusti e i suoi valori producendo quindi, al di là delle questioni di mercato, una regressione, un attestarsi sullo stato di cose. Dal punto di vista letterario questo atteggiamento finisce per produrre una ripetitività di temi e di forme, una vasta produzione che rimane in superficie, che non riesce a innovare i generi e le forme e si esprime di solito in narrazioni-fiume, poesia convenzionale, teatro divertente. Se per la letteratura ‘concertante’ la scrittura è qualcosa di indefinito e già dato, un semplice strumento comunicativo, per gli scrittori che Viart definisce sconcertanti, invece, la scrittura, e lo stile quindi, è l’ambito in cui la ricerca del-l’autore è volta a crearsi una fisionomia, una personalità. È così che un lettore avvertito può riconoscere da qualche riga autori come Patrick Modiano, Michel Houellebecq, Pascal Quignard, Pierre Michon, Jean Echenoz. La letteratura sconcertante pone domande, trasmette inquietudini e pensieri e lo sa fare nei registri più diversi, non sempre producendo dei capolavori.

Nell’equilibrio tra i generi letterari i bilanciamenti seguono i cambiamenti sociali e non c’è dubbio che il genere dominante nel 21° sec. sia il romanzo e che all’interno di esso sia cambiato il rapporto tra i sottogeneri. Oggi nel romanzo francese emerge con forza la modalità del noir, il paradigma indiziario che permette, per es., a un autore come Didier Daeninckx (n. 1949) di affrontare grandi temi della storia recente, ferite ancora aperte come il collaborazionismo o la guerra d’Algeria o, come in La route du Rom (2003), quelle delle persecuzioni naziste. Ma questi e altri temi della storia recente sono affrontati dal romanzo contemporaneo anche con approcci diversi: da quello inclassificabile dei romanzi di Modiano all’immedesimazione in un ufficiale delle SS di Les bienveillantes (2006; trad. it. Le benevole, 2007) di Jonathan Littell (n. 1967), al racconto, volutamente in un tono medio, del protagonista di Lutetia (2005), il responsabile dell’albergo che fu, durante la guerra, prima sede dei servizi d’informazione tedeschi e poi luogo di smistamento dei reduci dei campi alla liberazione, o del maggiordomo degli Hollenzorn che dovette assistere alla requisizione del castello di Sigmaringen (2013) da parte di Hitler con il suo stato maggiore, romanzi entrambi di Pierre Assouline (n. 1953), al racconto delle conseguenze ancora terribili a molti anni di distanza della guerra d’Algeria sulle vite individuali in Des hommes (2009; trad. it. Degli uomini, 2010) di Laurent Mauvignier (n. 1967). E l’elenco potrebbe continuare a lungo poiché la storia del 20° sec. è protagonista di molti romanzi degli ultimi quindici anni anche se, proprio per la diversità degli approcci e dei generi, non si può parlare di romanzo storico.

Altro filone molto fecondo è quello che, anziché dalla storia, muove dalla cronaca, dai faits divers. Se già i romanzieri dell’Ottocento, da Stendhal a Balzac a Flaubert, si ispiravano alla «Gazette des tribunaux» per costruire le loro narrazioni dietro le quali la cronaca non era più riconoscibile, nel 21° sec. l’episodio di cronaca fa irrompere in letteratura materiali eterogenei, in genere provenienti dai mezzi d’informazione. Nel caso dell’Adversaire (2000; trad. it. L’avversario, 2000) di Émmanuel Carrère il testo gioca su due piani diversi e oppone alla cronaca il rapporto personale intrattenuto per via epistolare tra l’autore e Romand, l’assassino dalla doppia vita, rapporto che sfiora in vari momenti l’identificazione. I fatti di cronaca non interessano François Bon (n. 1953; Un fait divers, 1993), o Marc Dugain (n. 1957; Avenue des géants, 2012, trad. it. Viale dei giganti, 2013), o Régis Jauffret (n. 1955; Sévère, 2010, trad. it. Il banchiere, 2011) in quanto tali, ma costituiscono uno spunto di riflessione sulla natura umana e sul funzionamento della società. «Si tratta di rispondere all’appello di fatti insoliti e cruenti che appaiono inspiegabili, non tanto per decifrarli quanto piuttosto per renderli a loro volta oggetto di interrogativi, proprio perché accadono in una realtà in cui la causalità è costantemente smentita o sospesa tra razionale e ignoto» (G. Rubino, in Il romanzo francese contemporaneo, 2012, p. 69).

Più tipico del romanzo francese è certamente il successo del genere autobiografico spinto al di là dei limiti ‘classici’ del genere, fino all’invenzione vera e propria del genere dell’autofiction. La critica ha messo a punto diverse definizioni di questo genere che possono riassumersi tutte dicendo che l’autofinzione è, appunto, un racconto di finzione il cui protagonista, o uno dei personaggi, è l’autore del testo. L’autore che per primo, con Fils (1977), ha utilizzato il termine, Serge Doubrovsky (n. 1928), ha dato alle stampe nel 2011 una summa delle sue autonarrazioni precedenti con il titolo Un homme de passage. L’autofinzione si rivela poi un genere molto congeniale alle scrittrici, da Annie Ernaux che adotta questa postura nel tentativo di oggettivare l’autobiografia (molti titoli, l’ultimo: Retour à Yvetot, 2013) a Marie Darrieussecq (n. 1969) che fa mettere in copertina l’indicazione di genere per il suo Le pays (2005) nel quale si alternano la voce dell’autrice e quella della narratrice. Anche alcuni testi di Amélie Nothomb, scrittrice di successo che alcuni ascrivono alla letteratura ‘concertante’, possono essere inseriti nella produzione autofinzionale: si tratta dei romanzi ambientati in Giappone dove la scrittrice è nata, ha vissuto la sua infanzia e dove è tornata, adulta, a lavorare in un’impresa. Ni d’Ève ni d’Adam, del 2007 (trad. it. Né di Eva né di Adamo, 2008), racconta una storia d’amore tra una ragazza europea e un ragazzo giapponese con ironia e leggerezza.

Gli scrittori cosiddetti ‘di Minuit’, tutti pubblicati dalla casa editrice omonima, sono stati etichettati in vario modo dalla critica: minimalisti, per aver ridotto la narrazione alle sue dimensioni minime e impassibili, perché rimangono distaccati dalla narrazione, con ironia e intellettualismo. I loro romanzi vengono definiti ludici perché giocano con le forme narrative pur militando nella schiera di coloro che promuovono ‘il ritorno del racconto’. I due maggiori esponenti di questa ‘scuola’ sono il già citato Echenoz (i suoi ultimi titoli Courir, 2008, trad. it. Correre, 2009; Des éclairs, 2010, trad. it. Lampi, 2012; ’14, 2012) e Jean-Philippe Toussaint (n. 1957), che nel 2013 ha concluso conNue un ciclo dedicato a Marie, la sua compagna, iniziato nel 2002 con Faire l’amour (trad. it. Fare l’amore, 2003) e proseguito con Fuir (2005; trad. it. Fuggire, 2007) e La vérité sur Marie (2009; trad. it. La verità su Marie, 2011).

Menzione a parte va fatta per quegli scrittori che, con tecniche narrative molto diverse, esprimono una profonda critica nei confronti della società contemporanea. Il più importante di questi è senz’altro Houellebecq. Personalità molto discussa, scrittore di grande talento, tanto da vincere nel 2010 il Goncourt, il premio più prestigioso di Francia, con La carte et le territoire (trad. it. La carta e il territorio, 2010), mette in scena nei suoi romanzi un futuro prossimo (si vedano in particolare La possibilité d’une île, 2005, trad. it. La possibilità di un’isola, 2005; e il recentissimo Soumission, 2015, trad. it. Sottomissione, 2015) in cui le società umane sperimentano soluzioni di volta in volta scientifiche, politiche, economiche per superare l’inarrestabile decadenza che le condanna all’estinzione.

Bibliografia: Le roman français au tournant du XXIe siècle, éd. B. Blanckeman, M. Dambre, A. Mura-Brunel, Paris 2004; D. Viart, B. Vercier, La littérature française au présent, Paris 2005, 20082; R. Godard, Itinéraires du roman contemporain, Paris 2006; Il romanzo francese contemporaneo, a cura di G. Rubino, Roma-Bari 2012.

Cinema di Simone Emiliani. – Il cinema francese contemporaneo è caratterizzato da uno sguardo rivolto al passato e da un altro rivolto al futuro, in quanto da una parte ha mantenuto un’identità autoriale, dall’altra però non ha mai perduto il suo contatto con il pubblico. In un periodo in cui il cinema ha vissuto, a livello industriale, una crisi in molti Paesi europei, la F. è infatti andata in controtendenza. Il 2011 è stato un anno esemplare: sono stati prodotti 272 film e venduti 215 milioni di biglietti. E vi sono state commedie che si sono imposte al box-office come Bienvenue chez les Ch’tis (2008; Giù al Nord), di Dany Boon, e Intouchables (2011; Quasi amici) di Olivier Nakache ed Éric Toledano: la storia del rapporto tra un ricco tetraplegico e il suo giovane badante è stata vista nel mon do da 51 milioni di persone.

Ancora oggi il cinema francese sembra offrire l’unico modello che può competere, per certi aspetti, con quello del cinema americano. Lo hanno dimostrato, per es., il successo negli Stati Uniti di alcuni suoi attori diventati star come Marion Cotillard, o di registi come Michel Gondry (Eternal sunshine of the spotless mind, 2004, Se mi lasci ti cancello; L’écume des jours, 2013, Mood Indigo. La schiuma dei giorni), che ha alternato produzioni francesi a quelle statunitensi, o ancora di un film come The artist (2011, di Michel Hazanavicius) che si è aggiudicato cinque Oscar, e del lavoro di Luc Besson come produttore per la EuropaCorp e come regista di film di genere spettacolari, tra live-action (la trilogia inaugurata con Arthur et les Minimoys, 2006, Arthur e il popolo dei Minimei) e thriller fantascientifico (Lucy, 2014).

Inoltre quello francese sembra essere un cinema senza età. Con alcuni cineasti della Nouvelle vague che hanno continuato a realizzare film in cui libertà creativa e sperimentazione sono continuati ad andare di pari passo. Jean-Luc Godard ha proseguito nella sua strada di frantumazione dei codici narrativi e linguistici tradizionali attraverso una lettura della storia del cinema che si intreccia con quella delle altre arti e che è stata rimessa in discussione con il digitale e il 3D (Film socialisme, 2010; Adieu au langage, 2014, Addio al linguaggio). Il caso, il teatro, lo spettacolo tra vita e rappresentazione hanno attraversato in forme diverse l’opera di Alain Resnais (Les herbes folles, 2009, Gli amori folli) e di Jacques Rivette (36 vues du Pic Saint-Loup, 2009, Questione di punti di vista), mentre Claude Chabrol ha continuato a realizzare opere in cui analizza la classe borghese e tutto ciò che si nasconde dietro un’apparente normalità con la sua mai sopita passione verso il noir (La fille coupée en deux, 2007, L’innocenza del peccato). La scoperta di universi nuovi ha segnato anche l’ultima parte della carriera di Eric Rohmer, dove l’adattamento letterario diventa punto di partenza per altri viaggi temporali come nel suo ultimo film, la favola arcadica Les amours d’Astrée et de Céladon (2007; Gli amori di Astrea e Celadon). Il cinema è diventato anche l’occasione per Agnès Varda di fare un bilancio dei suoi primi 80 anni tra momenti di esistenza ricostruiti, spezzoni di film, ritorno sui luoghi della propria vita in Les plages d’Agnès (2008).

Scena di Samba
La vie d’Adèle

Tra i registi che si sono messi maggiormente in luce in questi anni vanno ricordati Jacques Audiard, con i suoi melodrammi dalla fisicità straordinariamente esasperata (Un prophète, 2009, Il profeta; Dheepan, Palma d’oro a Cannes nel 2015), Abdellatif Kechiche, con il suo cinema impulsivo sempre sospeso tra desiderio e rabbia (La vie d’Adèle, 2013, La vita di Adele), e Laurent Cantet che ha definitivamente frantumato la soglia tra documentario e finzione (Entre les murs, 2008, La classe); sia Kechiche sia Cantet hanno vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes, rispettivamente nel 2013 e nel 2008. Nel 2012 Léos Carax è ritornato al lungometraggio con Holy motors, interpretato dal suo attore preferito Denis Lavant.

Anche nei registi più giovani del cinema francese si avverte l’esigenza di legarsi e confrontarsi con il cinema dei padri, visto non come modello, ma proprio come stimolo per mettersi in gioco e filmare. Tanto è vero che la componente autobiografica è stata inscindibile dal cinema di Olivier Assayas (Après mai, 2012, Qualcosa nell’aria; Clouds of Sils Maria, 2014), per il quale il cinema diventa l’unica illusione per recuperare il tempo perduto. Il legame continuo con la Nouvelle vague, la sua rimessa in discussione, l’esigenza di raccontarsi in prima persona hanno anche caratterizzato l’opera di Christophe Honoré (Dans Paris, 2006) e di Mia Hansen-Løve (Le père de mes enfants, 2009, Il padre dei miei figli). In alcuni casi, il cinema e la vita si fondono come quando l’esperienza personale della malattia del figlio diventa spunto per un film di movimenti e azioni come in La guerre est déclarée (2011; La guerra è dichiarata), di Valérie Donzelli. Con la Hansen-Løve e la Donzelli si è imposta nel cinema francese una generazione di registe che mettono in scena i propri conflitti attraverso la commedia (Au bout du conte, 2013, Quando meno te lo aspetti, di Agnès Jaoui; Un château en Italie, 2013, Un castello in Italia, di Valeria Bruni Tedeschi), o film drammatici come Tomboy (2011) di Céline Sciamma, o 17 filles (2011; 17 ragazze) delle sorelle Delphine e Muriel Coulin.

Una linea coerente nel percorso autoriale ha continuato a contraddinguere la filmografia di André Téchiné (Les témoins, 2007, I testimoni), Bertrand Tavernier (La princesse deMontpensier, 2010), François Ozon (Jeune & jolie, 2013, Giovane e bella), Paul Vecchiali (Nuits blanches sur la jetée, 2014), Robert Guédiguian (Les neiges du Kilimandjaro, 2011, Le nevi del Kilimangiaro), Xavier Beauvois (Des hommes et des dieux, 2010, Uomini di Dio), Arnaud Des plechin (Un conte de Noël, 2008, Racconto di Natale), Bertrand Bonello (Saint Laurent, 2014), Chantal Akerman (La folie Almayer, 2011), Catherine Breillat (Abus de faiblesse, 2013), Costa-Gavras (Capital, 2012) e Claire Denis (35 rhums, 2008). Alcuni attori hanno poi intrapreso una parallela carriera come registi: tra questi Mathieu Amalric (Tournée, 2010), Guillaume Canet (Les petits mouchoirs, 2010, Piccole bugie tra amici), Maïwenn (Polisse, 2011) e Sandrine Bonnaire (J’enrage de son absence, 2012).

Molti generi hanno i loro nomi di punta: dal documentario (Chris Marker, Nicholas Philibert, Raymond Depardon), all’horror (Alexandre Aja), dalla rivisitazione del polar (Olivier Marchal, Fred Cavayé) fino al cinema d’animazione (Michel Ocelot e, soprattutto, Sylvain Chomet che con L’illusionniste, 2010, L’illusionista, ha riportato sullo schermo un progetto mai realizzato da Jacques Tati; v. anche animazione: Francia).

Bibliografia: V. Domenici, Dentro e fuori il margine. La diversità culturale nel cinema francese contemporaneo, Roma 2013; J. Ervine, Cinema and the republic. Filming on the margins in contemporary France, Cardiff 2013.

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