Jacobi, Friedrich Heinrich

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Filosofo (Düsseldorf 1743 - Monaco 1819). Studioso non accademico, strinse rapporti con i maggiori esponenti della cultura tedesca dell'epoca (J.W. von Goethe, J.G. Herder, J.G. Hamann, 1730-1788, G.E. Lessing) e suscitò un importante dibattito sulla filosofia di B. Spinoza. Critico verso il formalismo della filosofia kantiana, J. rivendicò l'importanza della fede (intesa sia come certezza del mondo sensibile, secondo la lezione di D. Hume, sia come certezza delle cose divine) come principio del conoscere e dell'agire.

Vita

Successe al padre nella direzione della casa commerciale di questo, ma si dedicò ben presto agli studî filosofici e letterarî, dando anche vita, nella sua casa nei pressi di Düsseldorf, a un vivo centro intellettuale. Più tardi, dissesti finanziarî lo indussero ad accettare la presidenza dell'Accademia delle scienze di Monaco.

Opere e pensiero

Le sue prime opere furono due romanzi filosofici, pubblicati (1772) sul Deutscher Merkur di Wieland: Allwill e Woldemar; poi (1785) uscirono i Briefe an M. Mendelssohn über die Lehre des Spinoza, forse la sua opera più importante, che contribuì decisamente a interessare gli ambienti romantici a Spinoza. Il suo pensiero si determinò tuttavia con maggior esattezza nel dialogo D. Hume über den Glauben, oder Idealismus und Realismus (1787), e nei successivi: Sendschreiben an Fichte (1799); Über das Unternehmen des Kriticismus, die Vernunft zu Verstand zu bringen (1801). Poi pubblicò il saggio Von den göttlichen Dingen (1811), e iniziò la pubblicazione dei suoi Werke (6 voll., 1812-25; importante la prefazione al secondo volume, del 1818). Il pensiero di J. è fondamentalmente caratterizzato da una critica del kantismo, che, in quanto aspirazione a un previo controllo critico delle facoltà conoscitive, dà luogo, secondo J., a un formalismo vuoto. Egli rivendica perciò la facoltà originaria del sentire, sia come fondamento primo della conoscenza e del suo contatto con la realtà, sia come principio necessario per fornire alla volontà morale un suo contenuto affettivo, e liberarla dalle difficoltà del rigorismo kantiano. Questa rivendicazione del sentire sbocca in una rivalutazione della fede religiosa.

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