FRONTONE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)

FRONTONE (τύμπανον, tympanum)

P. E. Arias*

Spazio triangolare situato al disopra dell'architrave dei lati brevi del tempio greco, limitato dalla cornice orizzontale (gèison) e dai rampanti. Alla teoria (del Léchat, del Leroux e del Fougères) che collegava il tempio col mègaron miceneo e quindi considerava anche la copertura degli edifici sacri strettamente legata agli edifici cretesi-micenei (i quali, invece, hanno avuto sempre un tetto piano o a terrazza), si è recentemente sostituita quella della derivazione dalla casa di età geometrica con tetto a doppio spiovente; in un mègaron di Thermos in Etolia, della fine del X o degli inizî del IX sec. a. C., si è assodata l'esistenza di una copertura a doppio spiovente, e così a Sparta nel santuario di Artemide Orthia; oggi abbiamo anche un appoggio a tale teoria in un modello fittile di òikos dell'Heraion argivo, dove il tetto a doppio spiovente dà accesso ad una terrazza antistante; di alcuni òikoi di Medma in Calabria; di un modello di òikos di Perachora presso Corinto. In sostanza il doppio spiovente come copertura, e quindi lo spazio triangolare antistante, esistono nella casa dell'età geometrica che ha i caratteri del tempio dorico in antis.

Naturalmente, la completa elaborazione del f. non si ha se non quando quella zona triangolare sia nettamente delimitata in basso dal géison orizzontale, il che non è nè nei modelli di Argo e di Medma, nè nel f. del tempio di Demetra a Paestum. Mentre nella decorazione fittile degli òikoi selinuntini dell'acropoli databili tra il 625 ed il 590 a. C., è evidente lo sforzo di cercare il raccordo tra il gèison orizzontale ed i rampanti, soltanto nel mègaron della Gaggera di Selinunte, databile al 590, il raccordo è già realizzato e dà luogo ad uno spazio triangolare ben evidente e delimitato; in Grecia il tentativo è quasi realizzato nel f. del Tesoro di Gela in Olimpia del 580 a. C., nel tempio di Atena al Sunio e nel tempio di Apollo ad Eretria della metà del sec. VI a. C. Basandosi su alcuni versi di Pindaro (Olymp., xiii, 20 ss.) il Reinach ha ritenuto che in alto sui templi greci fossero impostate, sul culmine, delle aquile, donde il nome di ἀετός; in realtà pare oggi più logico che il poeta abbia conservato ricordo di un momento particolare in cui i f. furono aggiunti al resto dell'edificio sacro; e la copertura a doppio spiovente avrebbe steso le sue ali protettrici sul tempio alla stessa maniera dell'aquila. La superficie triangolare del f. poté forse in origine essere decorata con pitture; e qualche studioso ha anzi sosténuto che la pittura precedette la decorazione a bassorilievo, ad altorilievo ed a tutto tondo; ma tranne qualche insignificante frammento di pòros dipinto rinvenuto sull'acropoli e qualche altro rappresentante la centauromachia trovato a Thermos, nulla si conosce dei dipinti. Va tenuto presente che il f. (come la metopa) è sentito, tettonicamente, come spazio vuoto, non come elemento strutturale portante. I primi f. noti in Grecia sono quello del tempio di Corfù e quelli in pòros (pietra tufacea) dell'acropoli di Atene che si dividono in due grandi classi: dei f. monumentali e dei piccoli frontoni. Dei primi vanno segnalati quello con due leoni affrontati che divorano un toro, del 600 a. C. circa; i f. dell'Hekatòmpedon I, con due leoni di fronte fiancheggiati da serpenti ad oriente e due leoni divoranti una preda con due scene mitiche ai fianchi, cioè la lotta tra Eracle e Tritone ed un mostro tricorpore, del 570 a. C.; dell'altra categoria ricordiamo il f. con Eracle in lotta con l'Idra; quello con l'apoteosi di Eracle in Olimpo e il cosiddetto Frontone dell'Olivo con la scena dell'agguato di Achille contro Troilo che abbevera i cavalli alla fontana. I f. monumentali hanno, come motivo araldico centrale, dei leoni di natura religiosa e con valore apotropaico. Più complesso, ma indubbiamente legato allo stesso principio religioso, è il f. O del tempio di Artemide a Corfù (circa 580 a. C.) con la rappresentazione dell'intera figura della Gorgone alata, Chrysaor alla sua sinistra e Pegaso alla destra, fiancheggiata da due pantere sdraiate; nelle estremità che vanno restringendosi sono, a destra della Gorgone, la morte di Priamo e, a sinistra, Zeus che fulmina un Gigante; agli estremi il poco spazio è riempito da due figure sdraiate. Un semplice gorgonèion decora la sommità del f. del tempio C di Selinunte del 520 (?) a. C. e dimostra così la diffusione singolare del motivo profilattico della Gorgone, che si trovava nei f. di altre zone greche occidentali - a Gela, Ipponio e Locri - e che riporta a Corinto, nel Peloponneso, l'origine di questa decorazione frontonale. I piccoli f. dell'Acropoli, con le loro scene asimmetriche, evidentemente ispirate a rappresentazioni pittoriche, denotano singolare vitalità ed originali concezioni del mito, non legate alla rigida simmetria di Corfù né alla mostruosa rappresentazione della Gorgone, ma frutto di un'elaborazione tipicamente attica della seconda metà del VI sec. a. C. Sicché due centri hanno dato vita alla decorazione frontonale del pieno arcaismo greco: Corinto ed il Peloponneso nord-orientale da un lato col gorgonìon e con una rappresentazione rigidamente simmetrica; Atene, dall'altro, con una concezione libera e singolarmente feconda del mito e dell'iconografia.

Nell'ultimo venticinquennio del VI sec. a. C. la composizione frontonale greca è alla ricerca di nuove strade: nei frammenti, molto probabilmente di f., degli Astragalìzontes dell'Acropoli vi è il tentativo di rendere le quadrighe di profilo; nel frontone del Tesoro dei Sifni a Delfi, con la lotta di Eracle e Apollo, si rileva una prima ricerca di movimento ed una liberazione da schemi eccessivamente simmetrici, con un'ingenua rappresentazione che vorrebbe essere a tutto tondo; nel frontoncino del Tesoro Megarese di Olimpia la gigantomachia è concepita per la prima volta in un frazionamento di gruppi di contendenti staccati. Queste esperienze varie della scultura si ritroveranno più tardi nel V sec. a. C.,ma già fanno la loro apparizione in due grandi f.: quello marmoreo dell'Hekatòmpedon dell'Acropoli e quelli del tempio di Apollo a Delfi. Mentre il f. occidentale dell'Hekatòmpedon si mantiene sulla stessa linea di quelli arcaici - due leoni che divorano un toro - l'orientale svolge il tema della gigantomachia, dando risalto all'episodio che rivela il valore della dea tutelare della città, Atena; la quale non soltanto segna l'asse della decorazione frontonale ma attivamente partecipa all'azione, inclinata com'è verso l'avversario; tutta la scena non è più concepita come un altorilievo ma, nonostante la permanenza di certi schemi arcaici, l'artista ha fuso intimamente i singoli episodi con la rappresentazione di figure semigiacenti dando però a tutto l'insieme un ritmo ascendente verso il centro dell'azione. A Delfi, nel f. orientale del tempio degli Alcmeonidi, è una scena tranquilla consistente nell'arrivo di Apollo sulla quadriga, rappresentata di prospetto, mentre ai fianchi assistono tre kòrai e tre koùroi ed alle estremità sono sistemati gruppi animaleschi; nel f. occidentale è una gigantomachia con Zeus sul carro rappresentato di prospetto e gruppi di contendenti ai lati, nei quali però il movimento sembra diffondersi dal centro alle estremità con un'unità profonda. Ormai la differenza tra i piccoli ed i grandi f. è distrutta; le esperienze della grande plastica frontonale vanno ampliandosi in una superiore unità di composizione, che sarà il patrimonio più prezioso dei f. dell'età classica.

Nella prima metà del V sec. a. C., oltre ai f., per noi quasi completamente perduti, di Apollo Daphnephòros ad Eretria, del Kabìrion tebano, di un piccolo edificio eleusinio e del Tesoro degli Ateniesi a Delfi, due grandi complessi frontonali documentano la singolare fortuna di questo genere di scultura in Grecia: quelli del tempio di Aphaia ad Egina, ora a Monaco, e quelli del tempio di Zeus in Olimpia. Nei primi, purtroppo manomessi dal restauro del Thorwaldsen nel secolo scorso, ad E sembra che sia rappresentata la lotta di Telamone, eroe di Egina, contro Laomedonte re di Troia, alla presenza di Atena al centro; ad O forse le imprese troiane di Aiace e di Achille; nel primo f. il movimento è dalle estremità verso il centro, pur con la simmetrica disposizione delle masse; ad O, invece, è il contrario, e l'Atena del primo f. partecipa all'azione mentre quella del secondo è in atteggiamento ieratico; anche lo stile è diverso, e ad E si notano forme più piene che denotano un' esecuzione posteriore, forse in sostituzione di un precedente f. perduto. Tutto l'insieme è concepito però con statue a tutto tondo in schemi divenuti di repertorio, come quelli delle figure inginocchiate che si ritroveranno ad Olimpia. Nei f. del Tesoro degli Ateniesi a Delfi, nonostante gli scarsissimi resti, si nota l'opposizione tra la scena immobile del lato orientale della facciata e quella movimentata di battaglia ad O; nel primo l'immobilità è soltanto al centro della scena in cui si suppongono alcune figure immobili di divinità, ma ai lati altre figure sono prossime al movimento, come la quadriga con lo stalliere rappresentata di profilo. Ad Olimpia (v.) i f. del tempio di Zeus, databili intorno al 460 a. C., segnano un momento fondamentale nel problema della decorazione frontonale; attribuiti da Pausania a due artisti assai diversi, essi in realtà devono forse darsi ad una stessa scuola peloponnesiaca.

Ad E Zeus, perfettamente in asse, è circondato da Enomao e Sterope da un lato e da Pelope ed ippodamia dall'altro, tutti rappresentati (nella ricostruzione del Bulle), in atteggiamento frontale con lo sguardo fisso dinanzi a loro; seguono i carri dei contendenti con stallieri e aurighi, e le figure estreme di fiumi, il Cladeo e l'Alfeo; discussa è la posizione delle altre figure, fra le quali spicca quella di un indovino nel lato destro, dietro il carro; la preparazione della corsa di Pelope, collegata all'origine leggendaria dei giochi, sottolinea con le linee verticali dei quattro personaggi centrali, qualunque sia la ricostruzione e l'esegesi delle figure che hanno avuto diverse interpretazioni, la solennità e la sospensione del momento che precede la gara, mentre un'inquieta attesa drammatica sembra aleggiare su alcuni personaggi. Composizione invece movimentata è quella del f. occidentale; la lotta tra i Lapiti ed i Centauri alle nozze di Piritoo si svolge alla presenza ideale di Apollo o, secondo un'altra interpretazione meno probabile, ma non interamente messa da parte e che ha fondamento in Pausania (v, 10, 8), di Piritoo; questa lotta si spezza in gruppi estremamente fusi di tre o due personaggi, Centauro, Lapitessa e Lapita, o Centauro e Lapita, che nonostante la preoccupazione di una disposizione simmetrica, riescono a dare per la prima volta l'impressione di una vitalità e di un movimento resi in un altorilievo monumentale.

I f. del Partenone, databili fra il 438 ed il 433 a. c., rappresentano la conclusione del problema compositivo frontonale nei due temi mitici trattati, ad E la nascita di Atena, ad O la lotta tra Atena e Posidone per il possesso dell'Attica simbolicamente espressa nell'olivo.

Composti di statue a tutto tondo, essi rompono la simmetria tradizionale; anche se ad E Zeus seduto è, secondò qualche ricostruzione, al centro, le figure di Efesto e di Atena hanno un movimento divergente che si va estendendo a tutte le altre figure, sedute o stanti, di divinità che assistono; il Dioniso semisdraiato, disposto obliquamente, accentua la profondità della disposizione generale delle figure, immaginate quasi intorno al tema centrale. Ad O il motivo centrale della lotta fra le due divinità di Atena e Posidone è espresso in queste due figure divergenti con moto centrifugo e drammatico fra i due carri e si sviluppa in un onda ritmica collegante i personaggi delle due famiglie di Cecrope e di Eretteo inquadrate fra il Cefiso con l'Eridano e la Calliroe con l'Ilisso. La scena del f. orientale è compresa invece fra Helios e Selene, che inquadrano cosmicamente, con i loro cavalli, il mito. Nulla di preciso sappiamo dei f. dell' Olympieion di Agrigento con là gigantomachia ad E e la conquista di Troia ad O (Diod., xiii, 82), e ben poco dei frontoni dell'Heràion di Argo (Paus., ii, 17, 3) con la nascita di Zeus e l'Ilioupèrsis, dove erano gli episodi di Aiace che strappa Cassandra dall'ara e di Elena che si afferra alla statua divina; nel monumento delle Nereidi di Xanthos in Licia ad E è l'epifania di divinità infernali stranamente rappresentate di profilo con personaggi di fronte, e ad O la rappresentazione di una battaglia secondo schemi convenzionali. Solo qualche frammento conosciamo dei f. del cosiddetto Theseion di Atene, del 450-40 a. C., di cui restano tracce degli incassi sul fondo del gèison; né più informati siamo sul tempio di Apollo Epikoùrios a Bassai, del 445-20 a. C., che per qualcuno consisteva in una strage dei Niobidi ricostruita attraverso gruppi esistenti a Roma e a Copenaghen. L'elemento patetico comincia tuttavia a farsi strada nella decorazione frontonale che è completamente sotto l'influenza del Partenone.

A Delfi il tempio di Apollo, del IV sec. a. C., presentava ad E Apollo, Artemide e Leto circondati dalle Muse, e ad O Dioniso e le Tiadi fra Helios e Selene (Paus., x, 9, 4), ma nulla ne rimane. Ben poco ci resta anche dei f. del tempio di Atena Alaea a Tegea (Paus., viii, 45, 3), opera di Skopas (v.); ad E la caccia al cinghiale calidonio a cui son presenti Meleagro e Teseo coi Dioscuri, Atalanta ed altri eroi, ad O la lotta tra Telefo ed Achille nella pianura del Caico. Temi religiosi, ambedue legati al culto dionisiaco ed espressi anche mediante un certo simbolismo sia nel personaggio di Meleagro sia nella vite del f. occidentale; ma troppo poco ci resta dell'insieme per poter giudicare della sintassi decorativa. Nel tempio di Asklepios ad Epidauro era una scena di centauromachia, ovvero di Ilioupèrsis ad E e di amazzonomachia ad O; ne restano alcuni frammenti. Nasce il gusto del racconto mitologico, che però non è più diviso tra la statica rappresentazione ad E ed il movimento ad O, ma è fuso in scene ugualmente animate. Questa tendenza religiosa, che è così evidente nel IV sec. a. C., andrà rapidamente estinguendosi nell'ellenismo; e così nel portico di Antigono a Delo e nel Bouleutìrion di Mileto i f. saranno soltanto animati da elementi puramente decorativi.

Etruria e Roma. - La costruzione in legno del tempio etrusco spiega la particolare struttura del f.; Vitruvio (iv, 7) dispone che i mutuli, cioè le travi orizzontali, salgano per una lunghezza uguale al quarto dell'altezza di una colonna, e che il f., se in muratura, debba essere a piombo con la facciata del tempio. Nei modellini di templi votivi, il f. ha una notevole profondità, come, per esempio, nel piccolo tempio votivo di Nemi, dove al centro, in alto, è un interessante rivestimento fittile del columen; il trave maestro o columen reggeva la spina dorsale del tetto, mentre le travi laterali o mutuli poggiavano sulle mura della cella incrociate con i cantherii o cavalle, di modo che si formava un fitto reticolato ligneo, destinato a sostenere le tegole ed in genere il rivestimento in terracotta. Il f. in generale non aveva una decorazione propria fino al IV sec. a. C., ma soltanto le tegole terminali con cornice traforata, il fregio decorativo nelle linee ascendenti e nella linea di base, gli acroteri, i rivestimenti fittili del columen e dei mutuli, le antefisse del piano interno, mentre il triangolo profondo del timpano è lasciato vuoto. Si nota che la pendenza va crescendo dall'età arcaica in poi.

Il più antico esempio di rivestimento di mutulus è offerto da una lastra dipinta con Gorgone alata dal santuario del Garigliano, databile alla seconda metà del VI sec. a. C. In età tardo-arcaica tali rivestimenti sono sempre ad altorilievo e raffigurano scene di combattimento, a volte anche ispirate al mito greco (ad es. a Satrico). Forse di ispirazione corinzia è il timpano dipinto della Tomba tarquiniese della Pulcella con grande maschera gorgonica sul columen. Ad un f. figurato di tipo greco sembra appartenere l'alto-rilievo con Atena in lotta, approssimativamente coevo, recentemente scoperto nel santuario di Pyrgi (v. etrusca, arte).

Nella cosiddetta III fase del tempio italico, a partire dalla prima metà del IV sec. a. C. (templi di Orvieto), tali frontoni figurati divengono sempre più frequenti, sostituendosi alle vecchie decorazioni del columen e dei mutuli. Le figure, generalmente quasi a tutto tondo, spesso aggettano con le parti alte fuori dello spazio frontonale, mostrando grande libertà nella scelta della scala per adattarsi alle esigenze del campo. Importante, oltre ad una statua femminile del f. del tempio di Giunone Cerite di Falerii Veteres, il tempio di Apollo dello Scasato dal quale provengono due torsi fittili di figure maschili e varie teste che denotano una chiara derivazione lisippea, del III sec. a. C. Quanto ormai la decorazione frontonale fosse vicina all'arte greca ma nello stesso tempo ibrida, è dimostrato dal f. figurato di Norchia, dove sono rappresentati a sinistra episodî di guerra che ricordano il frontone di Egina ed a destra giochi ginnastici, mentre al centro erano tre divinità. Di poco posteriore al 225 è il f. di Talamone che a S conserva frammenti di un'assemblea di divinità, mentre a N ha la scena della scomparsa di Anfiarao entro la terra e la fuga di Adrasto, di cui resta chiara traccia nell'episodio dell'uccisione di Eteocle e Polinice; al centro del f. spiccava la figura alata di un Genio (che può ricordare come composizione l'Apollo del frontone occidentale di Olimpia); nel resto la lotta irruenta è assai vicina all'arte ellenistica ed alla scuola di Pergamo, pur con notevoli elementi etruschi nelle tre figure di Lase. Probabilmente del 177 a. C. sono: i quattro f. di Luni con divinità varie da un lato, tra cui la dea Luna protettrice della città, accompagnata dalle Muse e da Apollo; la Triade Capitolina in un altro f., ed i Niobidi a N, in cui la lotta violenta trova le sue origini nel rilievo ellenistico e specialmente nella scuola pergamena. Ellenistico è pure il f. di Civitalba, ora a Bologna, con Arianna a Nasso e il suo matrimonio; il centro del f. è occupato da due figure, quelle di Bacco e di Arianna, come nel f. fidiaco, ma tutta l'opera rivela un'impronta barocca che risale anch'essa a Pergamo. Tra i f. più tardi si annovera quello da via S. Gregorio a Roma, probabilinente del I sec. a. C., con al centro un gruppo di divinità e al lati una processione sacrificale.

Non è possibile parlare della evoluzione del f. romano, indipendentemente dall'Etruria, durante la Repubblica; il timpano romano vero e proprio è formato da un muro a blocchi regolari che s'innalza in linea con la facciata, ma è più elevato di quello greco in un rapporto da i a 5, come nel Pantheon e nel tempio di Assisi.

La decorazione dei mutuli ornati di gocce si trova sia nel tempio italico che nel tempio romano di età repubblicana, come il cosiddetto tempio della Fortuna Virile a Roma, ed anche nel Pantheon e nel tempio di Nimes.

A differenza dei f. greci di età classica, la decorazione era a rilievo, non a tutto tondo, con conseguente svalutazione della cornice orizzontale come piano d'appoggio delle figure. Rarissimi purtroppo sono i f. conservati, anche parzialmente: menzioniamo quello del Capitolium di Thugga, con Giove sollevato da un'aquila, e quello del tempio di Oea. Quest'ultimo che apparteneva al tempio del Genio della colonia, costruito dopo il 183 d. C., presenta al centro la figura di Tyche-Tanit, fiancheggiata da Apollo e Minerva e sui lati dai Dioscuri. Le sculture dipendono, nello schema, da prodotti urbani. Di molti templi di Roma però conosciamo indirettamente le figurazioni dei f., grazie alle riproduzioni in rilievi di soggetto storico o su monete: così per i templi di Marte Ultore e della Magna Mater, di Giove Capitolino nel restauro domizianeo, di Iuno Regina, Quirino, Fortuna Reduce, ecc. Il f. del tempio dei Dioscuri a Napoli ci è noto da un vecchio disegno. Circa i soggetti, predominano le assemblee di divinita in composizione paratattica, ma non mancano figurazioni mitiche, specie romane, come la leggenda di Romolo e Remo, o divinità isolate con i loro attributi, o i semplici attributi ed altri motivi ornamentali, come trofei di armi, ghirlande, ecc.; frequenti, specie in Oriente, sono simboli celesti (Sole, Luna, stelle, aquila, le tre porte), indice di una assimilazione del f. stesso alla vòlta del cielo. L'Iseum Campense a Roma ed alcuni templi dell'Asia Minore avevano un f. semicircolare di probabile origine alessandrina. In templi di Spalato, Termessos e Mileto si incontrano f. aperti in basso nel centro con un passaggio a vòlta, che ne spezza la linea di base, secondo un motivo che ricorre per la prima volta in Siria. Ma in sostanza, a parte la maggiore rigidità dei montanti, il tempio romano non dà molto di nuovo alla decorazione frontonale la quale non è più un elemento essenziale dell'edificio.

Simbolismo del frontone. - Una concezione orientale accolta in periodo ellenistico nella Grecia microasiatica, e in seguito diffusa nel mondo romano e più tardi nell'arte cristiana, considera lo spazio frontonale come una parte dello spazio celeste; le raffigurazioni possono essere narrative (Iside, la "signora del cielo", cavalca attraverso il f. stellato, come in monete e rilievi romani del tempo di Caligola) o simboliche: il cielo è suggerito dalla rappresentazione delle "3 porte del cielo" porte che iminettono nell'Aldilà (i primi esempi si hanno nella probabile ricostruzione in base alle immagini monetali dei f. dell'Artemision di Efeso e del tempio di Artemide Leukophryène a Magnesia sul Meandro, le raffigurazioni di questo tipo sono in seguito molto frequenti); da imagines clipeatae e di due imperatori che campeggiano al centro dello spazio triangolare del tympanon (imago di M. Aurelio nel f. dei grandi propilei di Eleusi); dalla testa rodiota di Helios (rilievo di Damasco); da semplici busti, per lo più sorretti da piccole figure alate (tipo che si trova più spesso in rilievi di edicole funerarie). Nella concezione del f. inteso come cielo rientrano anche i f. a lunetta semicircolare di templi rotondi, per i quali è documentata la derivazione da modelli dell'architettura ellenistica di Alessandria, e i f. che presentano al vertice una terminazione ad arco (Baalbek). Tutti i tipi elencati si ritrovano in raffigurazioni di età cristiana (dittici e missori, miniature di codici).

Bibl.: Ch. Avezou, in Dict. Ant., s. v. Tympanum; O. Reuther, in Pauly-Wissowa, VII A, 1948, cc. 1750 ss., s. v. Tympanum; J. Durm, Baukunst der Griechen, I, Baukunst der Etrusker u. Römer, Darmstadt 1881-85; W. J. Anderson-R. Ph. Spiers, Die Architektur von Griechenland u. Rom, Lipsia 1905; A. Choisy, Histoire de l'architecture, Parigi 1910; P. Montuoro, Origine della decorazione frontonale, in Mem. Acc. Lincei, S. VI, vol. I, iv, 1925, p. 274 ss.; D. S. Robertson, Handb. of Greek and Roman Architecture, Londra 1929; M. Pallottino, Tipologia dei f. arcaici, in Rend. Pont. Acc., VIII, 1931-2, p. 187 ss.; Th. Fyfe, Hellenistic Architecture, Cambridge 1936; W. H. Schuchhardt, Archaische Giebelkomposition, Friburgo in Br. 1940; A. Andrén, Architectural Terracottas from Etrusco-italic Temples, Lund 1940, pp. LXVI ss., CCXI ss.; M. Pallottino, in Archeologia Classica, X, 1958, p. 319 ss. (Pyrgi); E. Lapalus, Le fronton sculpté en Grèce, Parigi 1947; W. B. Dinsmoor, The Architecture of the Greeks, Londra 1951. Sui frontoni dei templi romani: A. M. Colini, in Bull. Com., LI, 1924, p. 299 ss.; LIII, 1926, p. 161 ss.; P. Hommel, Studien zu den römischen Figurengiebeln der Kaiserzeit, Berlino 1954. Per il simbolismo: P. Hommel, Giebel u. Himmel, in Istanbuler Mitteil., VII, 1956, p. 1 ss. dove si ritrovano tutti i monumenti citati.