FUOCO

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

FUOCO (XVI, p. 199)

Silvio Ferri

Etnologia e preistoria. - Non è possibile stabilire, neanche approssimativamente, l'epoca in cui il fuoco è stato primamente adoperato dagli uomini; è certo ad ogni modo che il suo uso sussisteva prima dell'esistenza degli ordigni - percussore o strumento ligneo - destinati a produrlo; e che esistevano, come si è detto (cfr. p. 200) solo nel tardo, o, al più, nel Medio Paleolitico; ma già nell'epoca neolitica gli uomini sapevano produrre temperature di circa 800°, occorrenti per cuocere la ceramica.

Fra i miti relativi all'invenzione del fuoco (p. 201) è notevole quello orientale secondo il quale il fuoco fu dapprima prodotto da un uccello che beccava insistentemente il legno di un albero. In questi miti si riscontra costantemente la nota comune della difficoltà di produzione, e questo spiega - come si è detto (cfr. p. 201) - l'altra nota, anche essa costante, della tendenza universale alla conservazione del fuoco stesso.

Altre caratteristiche universali del fuoco sono: la concezione di esso come di un ente vivace di per sé, ente il quale nasce, vive, invecchia e muore e deve essere quindi sostituito periodicamente; la connessione del fuoco con la persona del re di un dato aggruppamento etnico, onde alla morte del re il fuoco viene contemporaneamente spento; la connessione del fuoco anche con le vicende sociali di un dato popolo, onde il fuoco viene spento e riacceso al termine di determinati avvenimenti e determinate crisi; la concezione del fuoco come ente distruttore di tutto ciò che è caduco, onde esser bruciati equivale ad acquistare la divinità; la traslazione del fuoco da determinati luoghi sacri in ogni altro luogo dove si svolge o sta per iniziarsi una nuova vita civile; la connessione dell'atto di produzione del fuoco con l'atto sessuale.

Antichità classica. - Due sono i concetti fondamentali cui è connesso il fuoco nel mondo classico, e risalgono evidentemente al più antico ceppo indoeuropeo, dove trovano la documentazione più ampia: uno topografico, l'altro etnografico-fisiologico. Sotto il primo aspetto il fuoco è considerato come la ragion d'essere geografica di un dato aggruppamento etnico; è il "centro" del territorio abitato dai devoti, e la sua natura è messa in relazione o con un dato astro (sole) o col fulmine; quel fuoco è eterno e si è acceso da sé (in Grecia: tracce a Etne, Olimpia, Akakesion, Argiro, Mantinea, Delfi, Eleusi; a Roma, Vesta). Secondo l'altro concetto, attraverso la concezione di uno dei legni che serve allo sfregamento igneo come "maschio", il fuoco è considerato un principio fecondatore; così il serpente, demone fecondatore per eccellenza, è uno ζῷον πυρῶδες (Frag. Hist. Gr., III, 572); e così il gallo e l'aquila; così nel focolare di Tarquinio c'è un αἰδοῖον ἀνδρός, e nelle nozze risalta costantemente il valore del fuoco, e una fanciulla può rimanere incinta da una scintilla schizzata dal focolare; così Varrone (De lingua lat., V, 61) può scrivere: mas ignis quod ibi semen (Dion. Hal., Ant. rom., IV, 2; Servio, ad Aen., VII, 768).

Origine orientale ha invece il concetto mistico del fuoco distruttore che a intervalli regolari è destinato a rinnovare il mondo; è il concetto della ἐκπύρωσις, assai comune nell'escatologia stoica, in quella della letteratura apocalittica, ecc.; un saeculum, l'annus in senso mondiale, è appunto determinato da due ἐκπυρώσεοις (Plat., Timeo, 22 c, 39 d; Seneca, Nat. quaest., III, 29; Melitone, in Corpus apologet., IX, p.432).

Ma la concezione del fuoco distruttore di tutto ciò che è nocivo, del fuoco punitore, è anche nel mondo classico. Apollo è divenuto Helios certamente attraverso questa concezione (Plut., De E apud Delphos, 9); dalla quale dipenderanno anche le accezioni apotropaica e giudicatrice del fuoco considerato ormai come un ente divino a sé.

Bibl.: V. Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte, III, Berlino 1925, p. 275 segg., s. v. Feuer. Per la εκπύρωσις, v. Gruppe, Griech. Kulte und Mythen, I, Lipsia 1887, p. 687 segg.; per il resto, id., Griech. Mythol. und Religionsgesch., ivi 1906, passim; per il giudizio di Dio, G. Glotz, L'ordalie dans la Grèce primitive, Parigi 1904.

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