Futures

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

futures

Laura Ziani

Versione sofisticata e standardizzata dei tradizionali contratti a termine (➔ contratti, tipologia dei) di compravendita di beni, come i commodity f. (➔ commodity), o di attività finanziarie (financial f. su titoli, valute o indici azionari) a prezzi e quantità prefissati, la cui esecuzione è stabilita per una data futura. Sono contratti negoziati in mercati organizzati (borse f. specializzate), con una istituzione terza rispetto alle parti, la clearing house, in Italia la Cassa di compensazione e garanzia (➔), che garantisce l’adempimento di ambedue i contraenti.

Contratti a termine e contratti futures

Si dice che l’acquirente è in posizione lunga e il venditore in posizione corta, come nei contratti a termine. La data di consegna non è determinata con precisione, ma si estende a un certo arco temporale all’interno di un mese (talvolta l’intero mese), detto mese di consegna. Il contraente in posizione corta può scegliere il momento preciso della consegna all’interno di tale intervallo. Ma la fondamentale differenza fra contratti a termine e contratti f. è nelle modalità di chiusura. Mentre il contratto a termine si conclude tipicamente con la consegna del bene o del titolo contro pagamento della somma pattuita, quello f. viene chiuso anticipatamente da almeno uno dei due contraenti nella maggioranza dei casi. La presenza della clearing house e il meccanismo del marking to market (➔ mark to market), unitamente alla standardizzazione dei contratti, determinano infatti la partecipazione al mercato dei f. di una moltitudine di contraenti (speculatori e arbitraggisti), enormemente più ampia dei contraenti spinti da motivazioni di copertura del rischio di movimenti sfavorevoli dei prezzi (i cosiddetti hedgers). Questi ultimi sono i soli operatori effettivamente interessati alla naturale conclusione del contratto a scadenza; speculatori e arbitraggisti confidano, invece, di realizzare guadagni in un orizzonte temporale più corto della scadenza dell’operazione e, soddisfatti o delusi che siano in questa aspettativa, tendono a chiudere la loro posizione in tempi molto più rapidi con un’operazione di segno opposto. Per raggiungere tale obiettivo non è infatti necessaria l’adesione di una controparte specifica, ma semplicemente quella della clearing house. Essa a sua volta utilizza allo scopo i due meccanismi del marking to market e del margine di garanzia.

Stipula e chiusura di contratti futures

Al momento della stipula di un contratto f., ogni contraente deve aprire (tramite un broker autorizzato) un conto di garanzia (margin account), depositando presso la clearing house una certa percentuale (margine iniziale, per es. il 10%) del valore del proprio contratto (prodotto del prezzo f. unitario al momento della stipula per la quantità negoziata). Al termine di ogni giornata di negoziazione, il conto viene aggiornato alle condizioni di mercato (marking to market), accreditando (addebitando) importi corrispondenti alle variazioni favorevoli (sfavorevoli) registrate dal prezzo futures. Per es., se il prezzo unitario f. per un certo bene e per un certo mese di consegna è cresciuto nella giornata di 10 centesimi di euro, il detentore di una posizione lunga in 1000 unità del bene viene accreditato sul suo conto di un margine di 100 euro (1000×0,10). Viceversa un margine negativo di 100 euro viene addebitato sul conto del contraente in posizione corta. Una posizione lunga o corta può essere chiusa a semplice richiesta del contraente cui viene restituito (dalla clearing house) il saldo del suo margin account. La chiusura della posizione è invece obbligata quando il saldo del margin account sia sceso al di sotto di una soglia minima (margine di mantenimento, usualmente il 75% del margine iniziale). In tal caso, la clearing house intima al titolare del conto di ripristinare immediatamente il margine di mantenimento, pena la automatica chiusura della posizione (e contestuale liquidazione del saldo del conto). Per chiarire la differenza fra contratti a termine e f. e fra hedgers e speculatori, si consideri un industriale della trasformazione di materia prima agricola (per es. grano in farina) interessato ad acquistare un certo quantitativo di grano a una data scadenza (fra 6 mesi). Se si vuole coprire dal rischio di variazioni in aumento dei prezzi della materia prima, può assumere una posizione lunga in un contratto a termine (cioè comperare con un contratto a termine) a 6 mesi al prezzo (a termine, pattuito oggi ma da pagare a scadenza) vigente sul mercato. Visto che, alla data di scadenza, necessita della materia prima, è suo interesse dare esecuzione al contratto e farsi consegnare alla scadenza la farina pagando quanto pattuito. Facendo il bilancio dell’operazione, bisogna distinguere fra la valutazione a priori e quella a posteriori. Nella prima il contratto a termine consente di bloccare il prezzo di acquisto rinunciando al vantaggio di diminuzioni ma anche evitando il rischio di aumenti; nella seconda si può presentare un vantaggio se il prezzo (a scadenza) è aumentato (rispetto a quello pattuito) o un rammarico se è diminuito. Dovendo prendere decisioni a priori, un soggetto avverso al rischio preferirà il contratto a termine che gli garantisce la posizione certa priva di rischio. Se nel frattempo il prezzo è aumentato, realizzerà effettivamente un guadagno, se è diminuito avrà una perdita (a posteriori), ma in ogni caso ha ottenuto l’obiettivo di eliminare il rischio. La posizione dello speculatore è diversa: egli non necessita della materia prima per attività industriali, ma punta sulla sua capacità di prevedere l’evoluzione dei prezzi della farina in una direzione differente da quella che il mercato ha preso a base per le sue valutazioni. Pensa allora, per es., che il prezzo nell’arco dei prossimi 6 mesi sarà significativamente superiore (inferiore) al prezzo quotato sul corrispondente mercato a termine, anche se non è in grado di precisare il momento esatto in cui si verificherà la massima discrepanza. In questo caso acquisirà una posizione lunga (corta) su un contratto f. a 6 mesi, non per farsi consegnare (per consegnare) la farina a un prezzo più basso (più alto) di quello di mercato, ma per lucrare dal meccanismo del mark to market la differenza derivante dalla chiusura anticipata del contratto nel momento in cui ritiene di avere ottenuto, dall’accreditamento del suo margin account generato dall’aumento (dalla diminuzione) dei prezzi, un guadagno sufficientemente elevato. L’arbitraggista si differenzia dallo speculatore puro perché le sue mosse non dipendono solo dalla discordanza delle sue valutazioni sul prezzo futuro della farina rispetto a quelle del mercato, ma da quelle (più sofisticate) sul movimento congiunto dei prezzi di farina e grano rispetto ai costi di trasformazione. Coerentemente, egli assumerà posizioni f. sia sulla farina sia sul grano e cercherà di chiuderle non appena il guadagno abbia raggiunto un livello soddisfacente (oppure se si è in presenza di una perdita che minaccia di aggravarsi significativamente prima della scadenza dei contratti f.). Per ovvi motivi, la chiusura di contratti f. su indici azionari avviene in ogni caso per contanti, su base marking to market, anche se si è raggiunto il periodo di consegna.