FAERNO, Gabriele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 44 (1994)

FAERNO, Gabriele

Simona Foà

Nacque a Cremona nel 1510 da Francesco, notaio e letterato. Nel 1528 fu iscritto al Collegium notariorum della città natale, ed entrò quindi al servizio di Ermete Stampa. Nulla si sa dei suoi studi e delle sue vicende fino al 1548, se non che nel 1538 seguì il suo padrone in missione in Spagna, a Barcellona. Grazie alla protezione dello Stampa, del vescovo di Cremona, il cardinale Francesco Sfondrato, e, forse già da questi anni, del cardinale Gian Angelo Medici, riuscì ad ottenere a Roma un posto di correttore e revisore presso la Biblioteca vaticana. La prima testimonianza della sua presenza a Roma è in una lettera di Carlo Gualteruzzi a Giovanni Della Casa del 6ott. 1548. Quando agli inizi del 1549 iniziò il suo lavoro presso la Biblioteca vaticana, bibliotecario era Marcello Cervini, che si servì del F. soprattutto come revisore dei testi di scrittori latini. Questa attività lo fece entrare in contatto con molti degli studiosi e dei filologi che gravitavano intorno alle attività della biblioteca; fra questi particolarmente legati al F. si dimostrarono Giovanni Della Casa, Marco Antonio Flaminio, Latino Latini, Paolo Giovio, Guglielmo Sirleto e Fulvio Orsini.

Per dieci anni il F. si dedicò allo studio della tradizione letteraria dei classici latini. Grazie all'intercessione del Medici riuscì, nel 1554, a mantenere il posto, che era stato richiesto dal cardinale Alessandro Farnese per un suo protetto. Da una testimonianza del Latini sappiamo che subito dopo la pubblicazione dell'Index librorum prohibitorum il F. si preoccupò di togliere dalla propria biblioteca "ciò che non è lecito tenere". Quando nel 1560 Gian Angelo Medici divenne papa Pio IV, il F., grazie anche alle insistenze degli amici, si decise a pubblicare alcuni risultati del suo lavoro, ma, gia sofferente per una malattia, la morte lo colse nel novembre dell'anno successivo, a Roma, mentre stava attendendo alla pubblicazione delle Filippiche di Cicerone.

Probabilmente il F. morì in casa del cardinale G. Morone. Numerose sono le testimonianze sulla modestia del F. e sulla sua perizia di correttore di testi: ricordiamo una lettera di Stanislao Osio del 1561, dalla quale ricaviamo la notizia che il F. avrebbe rinunciato ad un vescovato, e le parole di Pier Vettori, dai Variarum lectionum libri XXV: "Quique [F.] praeterea in munere hoc corrigendorum veterum auctorum magna cum laude versatus est. Novit que pracclare vulnera antiquorum scriptorum, ac quibus in rebus labi plerunque, atque peccare librari consuessent" (Firenze 1553, p. 141).

Testimonianze dell'attività di filologo del F., che si svolse in diverse direzioni durante gli anni del soggiorno romano, è già nei Variarum lectionum libri, dove il Vettori ricorda alcune correzioni apportate dal F. ad Ennio e a Cicerone. Una lettera del 1553 al Vettori (conservata presso la Bibl. ap. Vat., Vat. lat. 4104, c. 184) riguarda l'interpretazione di un vocabolo di Cesare. Sul metodo filologico del F., fra i più apprezzati del sec. XVI, ricordiamo, da una lettera di Latino Latini ad Andrea Masio: "Quanto a Livio non vorrei che tu credessi, ch'egli [F.] sia tanto audace e presuntuoso da mutare od aggiungere qualcosa senza l'attestazione degli antichi codici, eccetto se questi appariscano evidentemente corrotti. Se poi non può talora districarsi da errori madornali, fa tutto con tanto scrupolo, da dare esatta ragione del suo parere e della sua congettura, sì da lasciare libertà a chiunque di decidere col presentare le varie lezioni e coll'indicare intanto il modo quasi solenne di parlare di Livio in simile circostanza" (citato in P. Paschini, F., p. 75).

Spesso la sua perizia filologica si applicò alla critica ed alla revisione di moderne edizioni di classici, offrendo in tal modo occasione di polemiche, come nel caso della Epistola qua continetur censura emendationum Sigonii Livianarum, inviata nel 1557 a Paolo Manuzio, e stampata con intenti polemici da Francesco Robortello nelle Ephemerides Patavinae (cc. 47r-51v), ed alla quale Carlo Sigonio rispose nelle Patavinarum disputationum adversus Franciscus Robortellum Liber secundus (Patavii 1562, cc. 68v-72r). Nessuno dei classici latini dei quali aveva ricostruito il testo venne pubblicato dal F. in vita. Le Filippiche di Cicerone, da lui approntate con il testo delle Orazioni Pro Fonteio, Pro Flacco e In Pisonem, e già pronte per la stampa, uscirono solo nel 1563, presso l'editore romano Vincenzo Luchino, dedicate dall'editore a Carlo Borromeo, e con una dedica preparata dal F. per Piero Vettori. Nel 1565 lo stesso Vettori curò la pubblicazione delle Commedie di Terenzio nel testo stabilito dal F. (Giunti, Firenze). Oltre al testo, l'edizione presentava anche sei libri di emendazioni al testo e il Liber de versibus comicis, una breve trattazione, rimasta incompiuta, sulla versificazione delle commedie latine. Fra gli altri autori latini cui il F. dedicò le sue fatiche, ma che non vennero pubblicati, ricordiamo Orazio, Livio, Rutilio Namaziano, Plauto, Svetonio, Tacito. Nel 1563 vennero pubblicate per la prima volta le Fabulae centum ex antiquis auctoribus delectae et a Gabriele Faerno cremonensi carminibus explicatae (Vincenzo Luchino, Roma), curate da Silvio Antoniano e da lui dedicate a Carlo Borromeo in qualità di nipote di papa Pio IV. Fin dal 1558 si ha testimonianza di questa raccolta, in una lettera del F. a Onofrio Panvinio: "Ho in ordine le mie fabule al numero di cento che sono in versi come creddo che sappiate et esse fabule sono parte d'Esopo, parte d'altri autori, et parte cose non mai più scritte in alcuna lingua ... spesso anco le antique parono nuove, (in L. Ceretti, F. filologo in otto lettere inedite al Panvinio, in Aevum, XXVII [1953], p. 328). L'edizione presentava le cento favole accompagnate da belle illustrazioni ricavate da incisioni di Pirro Ligorio, ma che vennero anche attribuite a Tiziano. Raccogliendo materiale favolistico soprattutto da Esopo, ma anche da altri autori antichi e moderni, il F. scrisse un testo che conobbe una grande fortuna editoriale, e che venne tradotto in francese da Charles Perrault. Jacques-Auguste de Thou accusò il F. di aver ricavato l'argomento di alcune delle sue favole da Fedro, di cui avrebbe conosciuto e quindi occultato il testo, che venne però pubblicato per la prima volta solo nel 1596. La più recente edizione delle Favole scelte riproduce l'edizione del 1536 con la traduzione di Raniero Gnoli, e con una nota di Francesco Barberi (Roma 1970). Alcuni versi latini del F. vennero pubblicati da Paolo Giovio come illustrazione degli Elogia virorum bellica virtute (Firenze 1551, passim) e vennero ripubblicati nell'edizione padovana del 1718 delle Fabulae, a cura di Giovanni Antonio Volpi. Un'altra poesia latina del F. è stata recentemente rinvenuta in un codice della Biblioteca comunale di Como (4.4.26) e pubblicata con il titolo di Fortunae descriptio da R. Galli Salviati negli Atti e memorie dell'Arcadia, s. 3, VIII (1983-1985), 2-3, pp. 58 ss. Alcune lettere sono state invece pubblicate da L. Ceretti, cit., e in Critica testuale a Terenzio in una lettera del F. a Paolo Manuzio, in Aevum, XXVIII (1954), pp. 522-551.

Fonti e Bibl.: D. Giannotti, Lettere a Piero Vettori, a cura di R. Ridolfi-C. Roth, Firenze 1932, ad Indicem; A. Saba, La biblioteca di s. Carlo Borromeo, Firenze 1936, pp. 41, 47, 50; P. Giovio, Lettere, a cura di G. G. Ferrero, II, Roma 1958, pp. 120 s., 141, 149; E. Pastorello, Inedita Manutiana 1502-1597. Appendice all'inventario, Venezia-Roma 1960, ad Indicem; Corrispondenza Giovanni Della Casa-Carlo Gualteruzzi (1525-1549), a cura di O. Moroni, Città del Vaticano 1986, p. 524; T. A. Vairani, Cremonensium monumenta Roma extantia, II, Roma 1778, pp. 61-78; J. H. Kroon, Commentatio de Fabulis Gabrielis Faerni, Leyden 1825; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, IV, Milano 1833, pp. 241 ss.; P. De Nolhac, La bibliothèque de Fulvio Orsini, Paris 1887, ad Indicem; L. von Pastor, Storia dei papi, VII, Roma 1923, pp. 548, 550; L. Cisorio, F. di Cremona. Favolista, filologo e letterato del Cinquecento, Cremona 1926; P. Paschini, F., cremonese favolista e critico del '500, in Atti dell'Accademia "L'Arcadia", XIII (1929), pp. 63-93; E. Pastorello, L'epistolario manuziano. Inventario eronologico-analitico 1483-1597, Firenze 1957, pp. 253 s.; P. Paschini, Cinquecento romano e riforma cattolica, in Lateranum, n.s., XXIV (1958), pp. 126 s., 232; V. Paladini, Il "Liber Faerni" e la "Pro Marcello", in Atti del I Congresso intern. di studi ciceroniani, II, Roma 1961, pp. 309-319; M. Ferrari, Le scoperte a Bobbio nel 1493: vicende di codici e fortuna di testi, in Italia medioevale e umanistica, XIII (1970), pp. 177 s.; S. Prete, Il codice di Terenzio Vaticano latino 3226. Saggio critico e riproduzione del manoscritto, Città del Vaticano 1970, pp. 15 s.; P. O. Kristeller, Iter Italicum, ad Indices.

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