CAPORALE, Gaetano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 18 (1975)

CAPORALE, Gaetano

Francesco Di Battista

Nacque il 15 nov. 1815 ad Acerra, grosso borgo agricolo in provincia di Napoli, da Gabriele e da Maria Basile. Il padre, proprietario (i fondi rustici dei Caporale saranno stimati, probabilmente in difetto, 40.000 lire) e interessato anche nell'appalto di dazi locali, lo fece studiare nel locale seminario, e poi a Napoli presso il collegio dei gesuiti. Ottenuto un posto gratuito nel Collegio medico, si laureò in medicina e chirurgia il 20 dic. 1839. Ad Acerra esercitò con passione, riuscendo anche ad imporre l'immunizzazione Jenner dal vaiolo, che incontrava resistenza a diffondersi tra la popolazione meridionale; al seguito del "medico chimico" G. Semmola partecipò al secondo congresso degli scienziati italiani che si riunì a Firenze nel 1841; tenne anche aperto uno studio privato d'insegnamento medico. In Acerra, dove il Decurionato lo aveva nominato primo della terna dei consiglieri distrettuali, rimase sino al 1855, quando si trasferì a Napoli anche per l'educazione dell'unica figlia Attilia, avuta nel 1843 dal primo dei tre matrimoni, quello con Filomena Pulcrano, sorella del futuro deputato. Di idee larvatamente liberali (il che è comunque accertato soprattutto da certe amicizie), se la cavò nel '48 con un semplice confino; verrà in seguito anche "riabilitato", e pronuncerà un epicedio d'occasione in morte del re Ferdinando.

A Napoli, pur continuando l'esercizio della professione (fra l'altro, presso l'ospedale della Pace, presso il manicomio di Miano di cui fu direttore medico, presso il Pio Monte della misericordia) che praticamente non abbandonerà mai, maturò quell'aggiustamento dalle scienze naturali alle scienze sociali che era stato, e che era ancora, caratteristico di tanti intellettuali meridionali coinvolti nell'impatto coi nuovi valori dell'ideologia economica borghese. Se fino dagli anni '40 risulta l'interesse del C. per l'impiego della statistica in medicina, fu dall'esame della realtà agraria del circondario di Acerra che nacque la sua prima memoria statistica, presentata nell'aprile del 1853 alla locale Società economica in risposta ai quesiti formulati dal centrale Istituto d'incoraggiamento. A quell'epoca risale anche la Pianta topografica e quadro statistico della novella diocesi di Acerra. La scoperta della statistica come "migliore regola della vita sociale" segna ora l'evoluzione del C.: "arcade romano" nel lontano 1836, già socio corrispondente dell'Accademia Cisminia di Ronciglione e della Volsca Veliterna di Velletri, diviene ora membro della Società economica di Terra di Lavoro, e sarà poi socio corrispondente dell'Istituto d'incoraggiamento di Napoli, dell'Accademia fisio-medico-statistica di Milano, dei Georgofili. Sia sotto il regime borbonico, che durante la luogotenenza a Napoli, lavorò presso la Commissione di statistica generale, di cui anzi elaborò nel settembre 1860 un progetto di riordinamento.

L'entusiasmo per i Vantaggi della statistica (Napoli 1861) sia riguardo alla promozione dell'istruzione popolare, sia al progresso generale della civiltà moderna, sia all'efficienza delle pubbliche amministrazioni, si sovrappone nel C. a un fondo di cultura municipalistica non scevro di pretese storico-archeologiche. Non a caso l'epigrafe che si legge sulla tomba lo dice "medico statistico archeologo". Questi tre elementi confluiscono chiaramente in un'opera di ampio respiro, commissionatagli dal Decurionato e dal capitolo acerrani nell'aprile 1855, e della quale alcune anticipazioni avevano visto la luce sulla Rivista Sebezia: Dell'agro acerrano e della sua condizione sanitaria (Napoli 1859, e varie successive edizioni). In esso il fine immediato, e cioè la dimostrazione della non ineluttabilità del paludismo della zona, è talora trasceso nella vicenda secolare degli insediamenti (la scomparsa medievale di Suessola) e dei tentativi di bonifica iniziati a metà '500, proseguiti dal conte di Lernos, ripresi nel secondo periodo borbonico. Ma a prevalere è pur sempre il raccoglitore di patrie memorie, spesso di veri e propri reperti archeologici (con i baroni Spinelli promuoverà gli scavi della necropoli di Suessola), il C. che progetta "memorie storico-mediche", che interviene nel restauro della chiesa degli oratoriani. Il collegamento tra questa attività culturale e quella attività di propugnatore della statistica, cui nel 1862 vorrebbe addirittura fosse intitolata una sezione della rigenerata Accademia di scienze morali, di autore delle Lezioni di statistica teorico-pratica applicate in sessanta modelli ad uso delle scuole e dei Municipii d'Italia (Napoli 1963), passa piuttosto attraverso la mediazione di un'ideologia economica che era rimasta sostanzialmente inalterata prima e dopo l'Unità. È l'ideologia che ha individuato nell'agricoltura, "principale sorgente di ricchezza", e nel commercio, "unico mezzo destinato a formare la ricchezza delle nostre provincie" (I vantaggi..., pp. 22-3), i due settori che, sviluppandosi parallelamente e senza intaccare la struttura produttiva, sono i depositari del progresso dell'area meridionale, in un quadro di libertà economica in cui v'è posto anche per una "moderata ingerenza" dello Stato. La statistica allora, pur riconosciuta dal C. come scienza perfettamente autonoma, sarà concepita come "l'ausiliaria di tutti gli altri rami dello scibile umano", slargandone i contenuti nelle direzioni più svariate suggerite da quell'ideologia, ma per ciò stesso sottovalutandone l'esigenza di perfezionamento metodologico.

Gli anni del governo della Destra storica furono per il C. il periodo di maggior attività. La pubblicazione delle sue Lezioni avveniva in un momento favorevole in cui da più parti veniva sollevato sia il problema dell'introduzione della statistica generale nella pubblica amministrazione, sia quello dell'insegnamento della disciplina: furono perciò ben accolte, e l'eco ne giunse anche fuori d'Italia (cfr. L'economiste français, 10 agosto 1863, p. 287). Con il favore di G. Manna, ministro di Agricoltura, Industria e Commercio, ed il sostegno del Consiglio provinciale e dell'Istituto d'incoraggiamento, gli venne creata una cattedra di statistica, la prima autonoma in Italia, presso l'istituto tecnico industriale e professionale di Napoli, a Tarsia: fondata il 24 apr. 1864, essa subì numerose vicissitudini, che lo amareggiarono non poco, frustrandolo nelle sue aspettative di carriera.

Inaugurata come corso libero di statistica commerciale, ne allargò il corso anche per gli allievi dei rami amministrativo ed agrario, sino a che col decreto 12 dic. 1868 del ministro A. Ciccone fu nominato professore incaricato di statistica, con stipendio annuo di 1.760lire. Col riordinamento degli istituti tecnici varato da S. Majorana nel 1876, l'insegnamento statistico, orientato maggiormente in senso teorico, risultò abbinato all'economia, con la conseguente impossibilità per il C. di tenerne un corso obbligatorio. Facendo leva sul "privilegio" goduto dalla città di Napoli, il C. ottenne a mala pena di continuarlo sotto forma di incarico di statistica pratica, limitato però alla sola "carriera di Commercio e Ragioneria". Per alcuni anni tenne anche un corso di lezioni speciali di leggi e regolamenti della marina mercantile all'istituto nautico annesso al tecnico.

Eppure l'impegno del C. in quegli anni era stato notevole, né solo nell'insegnamento, dei cui risultati informò periodicamente con pubblicazioni che danno la misura dell'ambito sociale di lui oltre che del livello didattico. Va ricordato infatti lo sforzo operato dal C. per ampliare la sua visuale scientifica, e insieme per saggiarne in qualche modo l'effettiva utilità sociale. I numerosi congressi ed esposizioni, nazionali o internazionali, lo videro quasi sempre partecipe. Nominato sin dal 1864 membro della Commission central de statistique di Bruxelles, rappresentò insieme al Trinchera l'Istituto d'incoraggiamento al VI Congresso internazionale di statistica tenutosi a Firenze nel 1867, facendo approvare dalla sua quarta sezione, presieduta dal Correnti, un suo quadro di statistiche comunali; vi riconobbe apertamente l'esigenza per ladisciplina, specie in Italia, di precisare i suoi "principii", di andare avanti sul piano della teoria; e stese del congresso i Sunti storici (Napoli 1868). Entrò in quel periodo in rapporti epistolari, e talora di amicizia, col De Vincenzi e lo Scialoja, il Ridolfi e lo Zuccagni Orlandini, col Balbi e il Ferrario, col Maestri e col Bodio, coll'Heuschling ed il Berg, con A. Wagner e C. Lyell. Collaborò a giornali come L'Avvenire,LaPatria,L'Opinione nazionale.

Membro dei Comizi agrari di Napoli e di Caserta, del primo fu anche consigliere di direzione. Già legato da amicizia con un grande agronomo, il Gasparrini (del quale, oltre la commemorazione nel 1868, curò l'edizione anche dell'inventario degli inediti), cercò di applicare l'osservazione statistica a qualche aspetto della realtà agricola e sociale del Napoletano: l'alimentazione del bestiame da macello e il consumo delle carni; la diffusione di un'apicoltura razionale in modo da sfruttare le risorse delle "amene nostre contrade" e non esser tributari dell'estero (cfr. fra l'altro L'importanza economico-industriale dell'apicoltura in Italia, Milano 1870); l'approvvigionamento idrico e la tipologia delle acque della regione (Delle acque minerali campane, Napoli 1861; Sulle acque potabili per la città di Acerra, Napoli 1878; ecc.); l'igiene a Napoli, in occasione del concorso bandito dal comune per l'introduzione del relativo ufficio (Della statistica igienica e della necessità di organizzarne il servizio nella città di Napoli, Napoli 1872; cfr. pure il Saggio di topografia statistica compilato per l'ediz. 1880 della Grande guida commerciale di Napoli di Bronner e Cipriani).

Dalle scienze naturali il C. derivò certo questa tendenza al concreto: essa però, portata da lui ad irrigidimenti, doveva rendere sempre più manifesti i limiti di una concezione della statistica incapace di porsi convenientemente, nonostante i riconoscimenti, nel nuovo solco metodologico aperto dai Messedaglia, dai Lampertico, dai Gabaglio. L'apertura che gli proveniva dall'aumentata circolazione dei progressi della scienza non produsse in lui che una confusa adesione all'aura positivista che spirava: piuttosto, la polemica della scuola storica tedesca contro i pericoli di una eccessiva speculazione astratta gli diventò fra le mani scissione decisa tra statistica teorica e pratica, contrapposizione senza possibilità d'incontro tra il vecchio gioianesimo e il contributo matematicizzante della fisica sociale di Quételet, e quindi, a maggior ragione, fra la tradizione meridionale dell'"arte statistica" risalente al Cagnazzi, e il più recente approfondimento metodologico in atto. Egli restò fermo alla statistica come "analisi logica e numerale" dei fatti sociali nel momento in cui essa, proprio per la migliore difesa della sua autonomia, tendeva a superare la semplice osservazione di quei fatti per portarsi sul terreno dell'elaborazione delle loro leggi. Che è quanto gli veniva implicitamente osservato anche da un benevolo recensore del suo manuale più compiuto, il Corso distatistica (Napoli 1876; cfr. la rec. di F. D. P., in L'Economista, III [1876], pp. 682 s.). Venivano al pettine insomma, nella pur particolare vicenda scientifica del C., i nodi lasciati irrisolti dalla crisi post-Romagnosi degli studi statistici in Italia, e nel Mezzogiorno in particolare, stretti tra l'ortodossia economica liberale vincente (si ricordino i Dubbi sulla statistica avanzati dal Ferrara a Palermo sin dal 1835) e l'indeterminatezza del quadro romagnosiano (la discussione sul "modello ideale" attardò non a caso maggiormente i meridionali). Né va taciuto che la progressiva chiusura del C. segna anche il suo limite ideologico, e cioè di un moderato liberalismo a tinte cattolico-municipalistiche, destinate col tempo a caricarsi sempre più di conservatorismo sociale. Anche la scissione tra statistica teorica e pratica acquisterà così il senso di discriminazione di classe tra i destinatari di due livelli d'istruzione (cfr. I due insegnamenti di statistica, Napoli 1892).

In questa chiave, aggiungendovi peraltro motivazioni di ordine politico e soprattutto personale (il contrasto con Giuseppe De Luca, l'intransigente rettore dell'università di Napoli e titolare della cattedra di geografia e statistica), si spiega come fosse negato al C. già nel 1862 di tenere un corso pareggiato di statistica all'università, ed anche dopo l'istituzione dell'insegnamento nelle facoltà giuridiche egli dovesse vedersi sbarrare le porte accademiche, seppur dopo un discusso e significativo iter della sua richiesta di "abilitazione all'insegnamento libero della statistica con effetti legali" (1877). L'amara vicenda lo aveva portato comunque a concepire quello che rimane il suo scritto probabilmente più lucido, una memoria inviata al ministro Bonghi Sull'insegnamento della statistica nelle università italiane (il manoscritto è conservato nell'Archivio centrale dello Stato).

Scaduto l'impegno scientifico, il C. si limitò alla routine dell'insegnamento tecnico, da cui si ritirerà nel 1895; a svolgere stancamente le mansioni di delegato scolastico mandamentale per la sezione Pendino che gli erano state affidate nel 1869; a propugnare l'impianto delle scuole pratiche di agricoltura previste dalla legge del 1885. Soprattutto, riandò alle patrie memorie cui s'era votato da sempre (sin dal lontano 1840, quando aveva pubblicato sul Poliorama pittoresco l'articoletto Notizie storiche sulla città di Acerra). Riordinò il materiale raccolto in tanti anni, e poté dare alle stampe l'opera cui pensava sin dal 1859, le Memorie storico-diplomatiche della città di Acerra e dei conti che la tennero in feudo (Napoli 1889), che pare gli procurasse anche una certa considerazione da parte del Mommsen, avendogli sciolto qualche dubbio sull'apprezzamento di Acerra come unica superstite delle città etrusco-campane confederate. Ad essi fecero seguito, tra le altre, le Ricerche archeologiche,topografiche e biografiche sulla diocesi di Acerra (Napoli 1893) e lo Studio critico intorno ad Annibale Cesareo e sue Opere pie (Napoli 1894). Si trattò in ogni caso di storiografia minore, testimonianza più che altro della fedeltà del C. alla sua vocazione di intellettuale della provincia meridionale. Dal 1872 aveva lavorato in qualità di membro della Commissione conservatrice di antichità e belle arti di Terra di Lavoro.

Morì in Acerra il 20 genn. 1899.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Min. Pubbl. istruzione. Personale, b. 340;L. Scarabelli, Di un'opera di statistica ai nostri bisogni e ai tempi opportunissima, in L'Indipendente (Napoli), 17 ag. 1863; A. Gabaglio, Storia e teoria gener. della statist., Milano 1880, pp. 205 s.; G. Caporale, Storia,criteri e vantaggi della cattedra spec. e professionale di Napoli, Napoli 1883; A. C. Caporale, Per un figlio di Acerra, Napoli 1931; A. Montesarchio, Discorso per lo scoprimento del busto a G. C., Napoli 1942.

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