MONTI, Gaetano Matteo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 (2012)

MONTI, Gaetano Matteo

Giovanni Fanti

MONTI, Gaetano Matteo. – Nacque a Ravenna il 13 marzo 1776, primogenito di Francesco e di Maria Trincossi, i quali, dopo di lui, ebbero quattro figlie; all’atto di battesimo, redatto il 14 di marzo, gli furono imposti i nomi Giovanni Matteo Gaetano. Il padre, continuando l’attività di suo padre Girolamo, conduceva insieme alla moglie un piccolo terreno in affitto coltivato a orto, che si trovava a ridosso della città.

Nel 1786, come si ricava dagli Stati delle anime, Monti lasciò la casa paterna e fu ospitato dallo zio Giovanni Battista che si era trasferito a Roma dal 1774 e vi svolgeva con successo l’attività di scultore: presente nel cantiere della nuova sacrestia della basilica di S. Pietro dal 1778, dal 1790 fino alla morte ricoprì l’incarico di assessore come commissario sopra le sculture.

La prima opera autografa di Monti risale al 1795 quando, con il bassorilievo in terracotta Giacobbe al pozzo con Rachele (Roma, Galleria dell’Accademia nazionale di S. Luca), vinse il premio di scultura nel concorso annuale indetto dall’Accademia di S. Luca. Tra la fine del secolo e l’inizio del successivo si trasferì a Milano per seguire gli insegnamenti dello scultore Giuseppe Franchi (Farioli - Poppi, 1987, p. 62). Per Monti fu l’occasione, dopo le riforme napoleoniche delle scuole del 1802, di frequentare con successo l’Accademia di belle arti di Bologna, riuscendo poi a partecipare, nel 1806, al concorso di scultura dell’Accademia di Milano dove vinse il primo premio con il bassorilievo in gesso dal titolo Ahi! Ahi! Ciprigna, il vago Adone è spento (Milano, Galleria dell’Accademia di belle arti di Brera); la motivazione della commissione recitava: «Lodovvi lo stile per ciò che spetta alla composizione, e vi riconobbe grazia di forme e gentilezza d’espressione». Lo stesso anno, presso l’Accademia di belle arti di Bologna, vinse l’alunnato per la scultura, della durata di quattro anni, con sede nel palazzo Venezia di Roma sotto la direzione di Antonio Canova, che consentiva la più alta specializzazione in quest’arte.

Nel 1809, al termine dell’alunnato, gli fu richiesto dall’Accademia di belle arti di Bologna di realizzare un busto in marmo di Antonio Canova; l’opera, portata a termine nel 1810, fu inaugurata a Bologna nel giugno dello stesso anno (Bologna, Accademia di belle arti) ricevendo da subito il plauso di molti; lo stesso Canova lo ritenne meritevole di lode tanto che Monti dovette realizzarne diverse copie in gesso, una delle quali venne richiesta dal re di Napoli Gioacchino Murat (Borghi, 1947, p. 133). Sempre nel 1809 realizzò il busto in marmo di Napoleone, un tempo collocato in una delle sale di palazzo Reale a Milano e oggi esposto, nella stessa città, in palazzo Archinto. Il busto, ispirato a modelli d’arte antica romana, riprende e rielabora un ritratto dell’imperatore ideato da Canova; impostato di tre quarti presenta, sulla spalla sinistra, una grande fibula con il motivo dell’aquila che ferma il mantello.

Concluso l’alunnato a Roma, nel 1811 Monti tornò a Milano, aprendo un proprio studio in contrada S. Agnese e riuscendo anche a inserirsi subito con successo nel grande cantiere della Fabbrica del duomo, dove fu presente fino alla morte; per questo edificio realizzò le statue dei santi Domnina vergine e martire (1812), Quintiliano, Cornelio centurione, Felice, Zenone, Esichio, Vezio, Simeone, Anempodisto e Mattia (1815), oltre alla colossale statua di S. Carlo Borromeo posta sulla controfacciata e scolpita nel 1820; a partire da questo periodo cominciò a siglare le proprie opere facendo seguire alla firma l’aggettivo «Ravennate » per distinguersi dal contemporaneo scultore milanese Gaetano Monti (1750-1827).

Lo scultore operò nei più importanti cantieri neoclassici di Milano, che, soprattutto in campo urbanistico e architettonico, stava vivendo, in epoca napoleonica e nel periodo successivo, un profondo rinnovamento urbanistico degno del suo ruolo di moderna capitale europea con la creazione di spazi urbani aperti e razionali, punteggiati di edifici sobri e grandiosi. In questo contesto ritroviamo attivo Monti nel 1811 presso il cantiere dell’arco del Sempione, poi chiamato arco della Pace dal governo austriaco, dove lavorò, fino dal 1814, al grande bassorilievo rappresentante L’Incoronazione di Napoleone I a re d’Italia; a seguito della caduta di Napoleone l’opera subì alterne vicende fino a quando fu portata e ricomposta, nel 1834, presso la Pinacoteca di Brera dove ancora oggi è custodita. Altre sculture, realizzate successivamente alla caduta di Napoleone, sono rimaste in opera nell’arco: si tratta dei bassorilievi marmorei raffiguranti L’abboccamento dei tre sovrani a Lipsia (all’interno dell’arcata maggiore sul lato sud), La pace di Parigi (sopra l’arco minore di destra verso l’esterno) e L’ingresso del generale Neipperg a Milano (sopra l’arco minore di sinistra verso l’esterno), quest’ultimo eseguito su suo disegno da Claudio Monti. È anche ascrivibile a Gaetano Matteo il bassorilievo con l’Allegoria della Lombardia (alla base dell’ultima colonna di destra, verso l’esterno), oltre al modello per il lungo fregio con Putti che reggono festoni di fiori, posto nella parte superiore dell’arco e realizzato in collaborazione con Pompeo Marchesi. Nel 1813 scolpì il bassorilievo affigurante La Fama che distribuisce le corone d’alloro ai vincitori posto entro il timpano racchiuso nel frontone che sormonta la porta dell’Arena: un arco trionfale in granito a un solo fornice con due colonne monolitiche scanalate ai lati e sormontate da un frontone, progettato dall’architetto Luigi Canonica.

Nel 1815 sposò Giuseppina Ortolani da cui ebbe quattro figli e una figlia. Il 22 luglio 1816 fu nominato accademico di Brera. Negli anni che seguirono lavorò intensamente realizzando molti ritratti, quali quello di Giuseppe Zanoia (Milano, Galleria dell’Accademia di belle arti di Brera) e quello della contessa Maria Laderchi (Ravenna, palazzo della Provincia).

La reputazione di Monti come scultore continuò a crescere e quando nel 1825 la comunità di Chiari (Brescia) decise di erigere un Monumento funebre a memoria di Stefano Antonio Morcelli, noto erudito ed epigrafista che aveva donato la sua copiosa biblioteca alla città, si rivolse a lui, considerandolo il maggiore scultore del suo tempo.

Il cenotafio del letterato (Chiari, chiesa parrocchiale), che si presenta come un maestoso e articolato gruppo marmoreo, fu inaugurato il 29 ottobre 1828; ai lati dell’urna, sopra la quale è posta la statua di Morcelli, vi sono quelle dell’Epigrafia e della Fede. L’opera apparve ai contemporanei un vero capolavoro tanto che si decise di far realizzare una medaglia dedicata allo scultore; coniata a Milano, fu incisa da Gaetano Zapparelli. Lo stesso anno furono commissionate a Monti due statue da collocare nel monumento funebre di monsignor Antonio Codronchi, eretto nella cattedrale di Ravenna, raffiguranti la Carità e la Fede, replica, quest’ultima, di quella scolpita per il monumento morcelliano.

Sempre nel 1828 fu presente a Bergamo per la realizzazione dell’altare maggiore della chiesa dei SS. Sette Fratelli. Nel 1830, a Milano, scolpì per la facciata di palazzo Melzi di Cusano, disegnato in stile tardo neoclassico daGiovanni Battista Bareggi, sia il lungo fregio sia la decorazione del timpano triangolare rappresentanti L’entrata in Milano del duca Francesco Sforza sia i bassorilievi riguardanti altre imprese del duca.

Nel 1831 scolpì la grande statua di Mosè posta nella nicchia centrale della fontana di S. Maria, ideata da Giuseppe Zanoia, al Sacro Monte di Varese. Nello stesso anno fu eretto a Brescia il monumento funerario del vescovo Gabriele Nava, posto a destra dell’ingresso del nuovo duomo, per il quale realizzò il gruppo marmoreo raffigurante la Carità che piange l’insigne prelato sul letto di morte.

In seguito alla realizzazione del busto di Carlo Arrigoni (Ravenna, Pinacoteca comunale) e di quello dell’abate Antonio Cesari (Ravenna, Pinacoteca comunale), fu nominato accademico di merito dell’Accademia di Ravenna l’11 marzo 1832. In questi anni realizzò anche le statue della Fedeltà e dell’Eternità (o Longevità) collocate nel 1833 nelle nicchie di porta Venezia a Milano. Nel 1834, per la facciata della chiesa di S. Fedele a Milano (conclusa per opera dell’architetto Pietro Pestagalli), realizzò il grande bassorilievo marmoreo del timpano con l’Assunzione della Vergine e le statue di S. Fedele e S. Carpoforo. Lo stesso anno l’Accademia di Brera volle decorare lo scalone d’accesso con due grandi monumenti in marmo: il primo dedicato a Cesare Beccaria, opera di Pompeo Marchesi, il secondo, dalla parte opposta, a Giuseppe Parini, del quale Monti scolpì la statua, inaugurato nel 1838. Il 6 luglio dello stesso anno venne nominato accademico d’onore dell’Accademia di S. Luca a Roma.

L’attività dello scultore fu apprezzata anche fuori dalla stretta cerchia milanese; ne è testimonianza l’amicizia che lo legò all’avvocato bresciano Pietro Repossi, conosciuto in occasione della realizzazione del monumento morcelliano. Repossi fu un grande estimatore di Monti del quale acquistò alcune delle opere più importanti come la statua raffigurante Igea scolpita nel 1836 e il gruppo di Angelica e Medoro del 1842 (Chiari, Fondazione Biblioteca Morcelli, Pinacoteca Repossi). In queste statue la tecnica sapiente, la morbidezza e la raffinata delicatezza delle figure diventano un vero esempio dell’arte scultorea tardo neoclassica.

L’8 ottobre 1838 fu nominato consigliere ordinario di Brera e lo stesso anno la sua scultura intitolata Iride fu acquistata per esser posta all’interno del palazzo imperiale di Vienna; nel 1843 divenne socio d’arte dell’Imperiale Reale Accademia di Vienna.

Sono da ricordarsi, negli ultimi anni della sua attività: le statue di S. Pietro e S. Barnaba, firmate e datate 1840, scolpite per l’altare maggiore della chiesa di S. Alessandro della Croce di Bergamo, la Tomba della marchesa Teresa Colleoni nella chiesa della Natività di Thiene (1844) e la Tomba Barbò nella chiesa del Carmine a Milano scolpita nel 1847.

Morì a Milano il 27 maggio 1847.

Fonti e Bibl.: Ravenna, Arch. storico della Parrocchia di S. Giovanni in Fonte, Battezzati, vol. 19, c. 333v; Ibid., Archivio Storico della Parrocchia di S. Biagio, Stati delle anime, ad annum; Roma, Arch. storico dell’Accademia nazionale di S. Luca, vol. 106, n.159; G. Reina, Descrizione dell’arco della Pace in Milano, Milano, 1856; F. Mordani, G. M., in Operette, I, Firenze 1874, pp. 322-339, 442-447; M.G. Borghi, G.M., scultore ravennate (1776-1847), accademico nella Imperiale Regia Accademia di belle arti a Brera in Milano dal 1816 al 1847, in Rendiconti dell’Istituto lombardo di scienza e lettere, s. 3, XI (1947), pp. 132-148; E. Farioli - C. Poppi, Bologna 1804- 1813: un’accademia napoleonica fra tradizione e rinnovamento, in Ricerche di storia dell’arte, XXXIII (1987), pp. 62-64; G. Giani, L’arco della Pace di Milano, Milano 1988, pp. 72, 82 s., 98 s.; V. Pialorsi, Medaglie relative a personaggi, avvenimenti e istituzioni di Brescia e provincia (parte III, 1797-1888), in Medaglia, XIX (1991), 26, 1991, p. 30; V. Vicari, La scultura bresciana dell’Ottocento e del primo Novecento, Supino d’Adda (CR) 1995, pp. 9, 26-38; G. Viroli, Il gesto sospeso. Scultura nel Ravennate negli ultimi due secoli, Ravenna 1997, pp. XIII, 57-65, 238; A. Panzetta, Nuovo dizionario degli scultori dell’Ottocento e del primo Novecento, II, Torino, 2003, p. 587; N. Ceroni, La donazione Elsbeth Ottenbacher Rasponi, in Arte e genius loci (catal.), a cura di N. Ceroni, Ravenna 2004, pp. 45-61; A. Imbellone, in Canova. L’ideale classico tra scultura e pittura (catal., Forlì), a cura di A. Androsov- F. Mazzocca - A. Paolucci, Cinisello Balsamo 2009, pp. 170 s., n. III, 1.

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