MINNUCCI, Gaetano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 74 (2010)

MINNUCCI, Gaetano

Alessandra Capanna

– Nacque a Macerata il 10 marzo 1896 da Carlo e da Ida Ridolfi. Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale come tenente di vascello di complemento nella R. Marina militare (nel 1929 gli fu riconosciuta la croce di merito), si laureò in ingegneria civile a Roma il 10 dic. 1920. Nell’estate aveva conosciuto a Senigallia Iete van Begue, una pianista e pittrice olandese che sarebbe stata la sua compagna per il resto della vita.

Abilitato alla professione nel 1926, iniziò, subito dopo la laurea, una stretta collaborazione con l’ingegnere U. Gennari. Nel suo studio tra il 1921 e il 1930 partecipò alla progettazione e direzione dei lavori di alcune residenze signorili e della sistemazione dell’albergo Majestic a Roma, del grand hotel Quisisana a Capri, dei lavori di consolidamento e trasformazione del Grand Hotel di Napoli. Nel 1931 si iscrisse anche all’albo degli architetti.

Parte del periodo formativo del M. fu una lunga frequentazione con la cultura architettonica olandese. Dopo un primo breve soggiorno all’Aja nel 1921, tra il 1923 e il 1926 si recò per lunghi periodi in Olanda, dove strinse rapporti di amicizia con W.M. Dudok e P. Oud; nel 1925 partecipò al congresso internazionale dei piani regolatori di Amsterdam, un’esperienza che, insieme con lo studio delle tecniche costruttive e l’organizzazione dei tipi edilizi del nascente Movimento moderno nelle sue declinazioni olandesi, divenne l’occasione tra il 1924 e il 1926 di numerose pubblicazioni in Italia e riferimento costante per le sue esperienze progettuali. Con il libro L’abitazione moderna popolare nell’architettura contemporanea olandese (Roma 1926), definito da A. Sartoris l’opera di uno scopritore, il M. precisava i temi della sua ricerca sui paradigmi della modernità, che applicò direttamente nella progettazione della casa unifamiliare di via Carini a Roma (1926), nella quale è chiaramente individuabile la matrice olandese. Questa casa fu tra le poche opere contemporanee effettivamente costruite pubblicate nel Manifesto del Gruppo 7. Formato da L. Figini, G. Frette, S. Larco, G. Pollini, C.E. Rava, G. Terragni e U. Castagnola, sostituito nel 1927 da A. Libera, il Gruppo si presentò al pubblico e dettò nuovi principî per l’architettura con una serie di articoli nella rivista Rassegna italiana, che nel dicembre del 1926 pubblicò anche il manifesto del razionalismo italiano, il quale sosteneva il rifiuto dell’eclettismo a favore del principio della costruzione in serie. Questo documento fu preliminare alla costituzione del Movimento italiano per l’architettura razionale (MIAR) che comprendeva una cinquantina di architetti divisi per ambiti regionali, con il M. segretario della sezione romana fin dalla fondazione.

In quegli anni e fino al dopoguerra il M. fu al centro degli accadimenti che portarono, nell’arco di appena otto anni, alla nascita e al declino del movimento razionalista italiano. Condivise con Libera l’organizzazione della prima esposizione di architettura razionale che ebbe luogo a Roma tra il mese di marzo e l’aprile del 1928 al palazzo delle Esposizioni. In quell’occasione il M. presentò il progetto per un planetario, un edificio che interpretava il tema dell’edificio come monumento in chiave di semplificazione formale. L’esposizione del Ventotto rappresentò l’ingresso ufficiale degli architetti italiani nel seno del movimento razionalista europeo. In seguito, infatti, il comitato svizzero responsabile della mostra alla Galleria Moos di Ginevra incaricò Rava e Sartoris di scegliere le opere da presentare e il M. fu uno dei «21 Artistes du Novecento Italien». Ma soprattutto aprì le porte ad alcuni esponenti della cultura architettonica italiana ai Congressi internazionali di architettura moderna (CIAM), che furono organizzati proprio a partire dal 1928 su iniziativa di Le Corbusier (C.-E. Jeanneret-Gris) con lo scopo di studiare e propagandare i fondamenti dell’architettura moderna, lo stesso obiettivo che il M. insieme con Libera avevano espresso nell’introduzione al catalogo della mostra (cfr. Cennamo).

Con L. Piccinato nel 1926 il M. fu il fondatore del Gruppo urbanisti romani (GUR), del quale facevano parte anche G. Cancellotti e G. Nicolosi; nell’ambito delle sperimentazioni sul tema della pianificazione moderna, il GUR nel 1929 propose al congresso della International Federation for housing and town planning un piano urbanistico per la città di Roma particolarmente innovativo.

Il progetto, che aveva come capogruppo il più anziano M. Piacentini, prevedeva una serie di centri satellite in forma di borgate rurali, operaie, signorili, dotate sempre dei servizi minimi necessari, tutti collegati tra loro e con il centro di Roma con una rete stradale e ferroviaria. La peculiarità di questo progetto era quella di creare un sistema di espansione che abbandonava la tendenza a un ampliamento della città per fasce concentriche, scegliendo un modello definito «a coda di cometa»: l’area metropolitana che congiungeva Roma con il mare (Ostia) e i colli a sud-est (colli Albani) avrebbe alleggerito la zona storica dal peso della troppa popolazione, in modo da enfatizzare il centro nella celebrazione della Roma antica, tema caro al fascismo. Questo progetto di piano regolatore, in seguito presentato a B. Mussolini, fu approvato nel 1931.

Il MIAR, che si poneva in aperta opposizione al tradizionalismo e dichiarava piena fiducia al fascismo, trovò in P.M. Bardi e nella sua galleria un sostegno alla II mostra di architettura razionale che il M. ancora con Libera organizzò nel 1931. All’evento inaugurale, rappresentato dalla consegna a Mussolini del Rapporto sull’architettura redatto da Bardi, fece seguito la presentazione presso la Galleria di via Vittorio Veneto della Tavola degli orrori, un collage di architetture accademiche e tradizionaliste che i curatori esposero come rappresentativo di ciò che venne rifiutato dal movimento per l’architettura razionale. Le polemiche che ne nacquero con i sostenitori della vecchia accademia generarono molte defezioni nel MIAR, tanto che il suo segretario Libera fu costretto a sciogliere il movimento.

Nonostante i diverbi innescati dalla mostra e contemporaneamente in ragione di questa posizione precisa dal punto di vista delle scelte figurative in architettura, dal 1932 per il M. iniziarono gli incarichi professionali più consistenti, mentre l’attività accademica, se si esclude la frattura temporanea con il professore G.B Milani, del quale era assistente, procedette con continuità fino alla nomina a professore di ruolo nel 1939. Nel 1961 fu direttore dell’istituto di tecnica delle costruzioni della facoltà di architettura di Roma e nel 1973 fu nominato professore emerito.

L’impegno accademico e quello professionale del M. furono completati da un considerevole impegno editoriale.

Dal 1928 al 1934 fu redattore della rivista del sindacato nazionale ingegneri per il notiziario tecnico, dal 1931 al 1935 di L’Architettura, la rivista del Sindacato nazionale architetti; e collaborò con l’Enciclopedia Italiana per l’architettura tecnica redigendo voci come: acustica delle sale, ambulatorio, area, asilo, autodromo, bagno, bar, baracca, barriera, infermeria, ippodromo, galleria, hangar, magazzino ecc.

L’attività professionale del M. fu nettamente divisa in due periodi, uno prima dell’inizio della seconda guerra mondiale, che coincise con il suo coinvolgimento nel seno del razionalismo italiano, e uno post­bellico nel quale le occasioni progettuali gli consentirono di recuperare i temi legati alle sue primissime ricerche sull’architettura degli edifici industriali (L’architettura e l’estetica degli edifici industriali, in Architettura e arti decorative, V [1926], 11-12, pp. 481-583), di cui sono esempio il mercato del pesce di Ancona (1955) e le centrali idroelettriche sul Tevere presso Roma (1953-56), nei quali sono evidenti le suggestioni derivanti da un efficace utiliz­zo formale della dimensione tecnica del progetto.

Fa parte della prima fase dell’attività del M. la direzione dei lavori della Città universitaria di Roma: dal 1932 al 1935 egli ebbe l’incarico di collaborare alla progettazione di vari edifici, esaminare i migliori possibili usi di materiali da costruzione moderni, verificare e controllare l’acustica delle sale e particolarmente dell’aula magna e, in prima persona fu l’autore dell’edificio per il dopolavoro universitario (1933-34), poi trasformato nel teatro Ateneo, nel quale riemerge il riferimento alle architetture dei maestri olandesi.

Successivamente fu architetto capo del Servizio architettura parchi e giardini dell’Ente per l’esposizione universale di Roma (EUR) del 1942; è inoltre suo il progetto del palazzo per gli uffici del governatore dell’Ente (1937-38), uno dei pochi edifici dell’EUR terminati prima dell’entrata in guerra dell’Italia, fatto che comportò l’annullamento dell’esposizione universale e l’interruzione dei lavori di tutti gli edifici, completati solo nel 1960 per le olimpiadi di Roma.

Tra le opere di maggior rilievo di questo periodo sono il progetto per il collegio navale di Brindisi (1934) e la casa della Gioventù italiana del littorio (GIL) nel quartiere Montesacro a Roma (1935).

In entrambi la composizione dei volumi e il trattamento delle superfici si orientano verso un razionalismo «mediterraneo», una linea di ricerca tipica dell’area romana nella fase conclusiva dell’esperienza razionalista in Italia. Nel collegio navale prevale una composizione assiale basata sulla successione di sei cortili per cui il sistema dei vuoti prevale sui volumi costruiti; nella casa della GIL, all’opposto, i corpi di fabbrica sono volumi snodati intorno a un patio e si articolano variamente secondo la logica della diversificazione funzionale, includendo il grande vuoto della piscina all’aperto sulla quale si staglia uno scenografico trampolino in cemento armato, che fa della struttura di sostegno una figura architettonica dinamica, sintesi del concetto di corrispondenza forma-funzione.

Dopo l’interruzione pressoché totale durante la guerra, negli anni Cinquanta il programma settennale di costruzione di case per lavoratori, insieme di «provvedimenti urgenti per incrementare l’occupazione operaia» (legge n. 43/1949, più nota come legge Fanfani), fornì occasioni di ripresa dell’attività professionale anche per gli ingegneri e gli architetti; nell’ambito di questo programma di ricostruzione del paese, il M. realizzò quattordici interventi INA-Casa e alcuni complessi di edilizia pubblica e convenzionata, a partire dal 1950.

All’inizio degli anni Sessanta si associò con G. Cigni, che aveva cominciato a collaborare nello studio del M. fin dal 1953, anno in cui gli era stato presentato da Libera: quest’ultimo lo aveva conosciuto nel periodo di insegnamento presso l’Università di Firenze, ateneo nel quale Cigni si era laureato, e lo aveva coinvolto nella progettazione del palazzo della Regione del Trentino-Alto Adige. Cigni fu inizialmente anche assistente del M. al corso di tecnica delle costruzioni.

Il sodalizio del M. con Cigni fu strettissimo. Nello studio Minnucci e Cigni furono elaborati piani regolatori, tra cui quelli dell’Argentario e di Vasto, le centrali idroelettriche sul Tevere a Nazzano e a Castel Giubileo, il policlinico A. Gemelli a Roma e il Centro servizi della Banca popolare di Ancona.

Nel 1962 il M. ricevette la medaglia d’oro del ministero della Pubblica Istruzione quale benemerito della scuola, della cultura e dell’arte.

Il modo di pensare l’architettura del M., come ricordava Cigni nel suo intervento pubblicato nel catalogo della mostra del 1984 presso l’Accademia di S. Luca, era di tipo logico-sequenziale, «si potrebbe dire scientifico, nel senso che nulla doveva essere affidato alla pura fantasia, senza precisi e vincolanti riscontri tecnici e funzionali. Per questo io credo che non abbia mai avuto una figura di riferimento precisa; anche nella sua lunga milizia culturale penso non sia stato mai completamente e criticamente allineato [ …]. Pronto a recepire quanto di nuovo e concreto si manifestava in architettura, ha sempre rifiutato le idee non dimostrabili con i fatti» (in G. M., pp. 25 s.).

Il M. morì a Roma il 1° maggio 1980.

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Archivio G. Minnucci; M. Cennamo, Materiali per l’analisi dell’architettura moderna - Prima Esposizione italiana di architettura razionale, Napoli 1973, ad ind.; G. M. Progetti 1896-1980. Vita, concorsi, progetti, opere di un protagonista del razionalismo (catal.), a cura di S. Benedetti - M.I. Zacheo, Roma 1984; M.I. Zacheo, Dal carteggio di un architetto romano: G. M. e la polemica sull’architettura razionale, in Parametro, 1983, n. 113, pp. 12-45, 58; Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica, Roma 1969, IV, p. 88; Dizionario enciclopedico italiano, VII, p. 784; Dizionario dell’architettura del XX secolo, Torino-London 2001, IV, pp. 315-317.

A. Capanna

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