ORSOLINI, Gaetano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

ORSOLINI, Gaetano

Francesco Franco

– Nacque a Montegiorgio (Fermo) il 7 marzo 1884, da Pietro (1847-1927) e da Fortunata Spalvieri.

Restò presso la bottega del padre, intagliatore come già il bisnonno Pietro (1769-1828), fino all'età di vent'anni (Calisti, 1998, pp. 21, 36). Nel 1905, all'Esposizione regionale marchigiana di Macerata, presentò un lavoro che evidenziava l'alto livello precocemente raggiunto dalla sua tecnica scultorea: un Cofanetto delle arti (Varese, coll. priv.; ripr. ibid., pp. 73-77), intagliato in legno di ciliegio, che risentiva notevolmente dello stile Luigi XV, sia per la forgia bombata sui quattro fianchi, sia per la scelta dei temi e l'esecuzione delle scene (sui quattro lati l'Architettura, la Scultura, la Pittura e la Musica e sul coperchio Minerva protettrice delle arti).

L'opera gli valse l'assegnazione di una piccola borsa di studio della Cassa di risparmio di Fermo e l'accesso alla Scuola libera del nudo dell'Accademia di belle arti di Firenze. Qui studiò le collezioni d'arte cittadine, come testimoniano alcune prove fra le quali il gesso Bozzetto per una Pietà (conservato nelle Collezioni comunali di Montegiorgio, come tutte le opere menzionate in seguito, ove non diversamente indicato; ibid., p. 81), evidentemente ispirato alla Pietà Palestrina  di Michelangelo delle Gallerie dell'Accademia.

Nel 1910 si recò a Torino per collaborare con lo scultore Edoardo Rubino (presso il quale lavorò almeno fino al 1921, a eccezione degli anni della guerra mondiale) al Monumento al generale Mitre (ibid., pp. 21 s., 25).

Ebbe un ruolo rilevante anche nella medaglistica, con la produzione di oltre 100 esemplari (Nazzaro Azzolino, 1998, p. 183). Nel 1912 a Roma ricevette un premio al concorso per la Medaglia commemorativa del cinquantenario dell'Unità d'Italia, che rappresentava un condottiero con in mano lo scettro della vittoria, su un carro trainato da leoni con sfondo l'Altare della Patria di Roma, sul recto, e una Minerva vittoriosa, davanti a un fregio raffigurante una battaglia di cavalieri, sul verso (Calisti, 1998, pp. 22, 83 s.). Dopo un breve soggiorno a Montegiorgio nell'estate del 1912, tornò a Torino e prese parte alla XV Esposizione della Società amici dell'arte con Medaglia ricordo degli sports atletici (1913). Nel 1914 fu invitato da Mario Nelli a partecipare, insieme al maestro Rubino, a un ciclo commemorativo della guerra della Libia, consistente in 20 medaglie realizzate da 15 artisti, da regalare al re Vittorio Emanuele III e alla regina (ibid., p. 25).

Nel 1915 firmò La Pietà per la tomba della famiglia Bulgarini nel cimitero di Fermo, ispirandosi nuovamente a quella michelangiolesca delle Gallerie dell'Accademia di Firenze. Fra il 1915 e il 1918 non si hanno notizie di commissioni pubbliche. Successivo alla Grande Guerra è il Progetto per il monumento dell'aviatore (ibid., pp. 44, 49, 68), ritraente un pilota ai piedi di un'aquila, con le lunghe ali tese in verticale nell'atto di spiccare il volo. Nel 1920 vinse il primo premio al concorso indetto dalla città di Venezia per una medaglia raffigurante S. Marco e la Vergine Nicopeia (ibid., p. 184) e il concorso per il Monumento del fante a Cuorgnè (ibid., pp. 193-195). Nel 1922 fu selezionato per la versione italiana della Medaglia per la vittoria interalleata (1919; ripr. ibid., p. 88 s.), che fu riprodotta in oro, in argento e in bronzo per i reduci di guerra e i congiunti dei caduti. Nel 1923, a Milano, partecipò alla I Mostra internazionale delle arti decorative.

Nel 1926, anno in cui sposò Malvina Rosso, espose alla Biennale di Venezia l'opera La schiava. Nel 1927 eseguì il Monumento ai caduti di Ascoli Piceno, in piazza Roma, e dopo la morte del padre il Cristo risorto per la tomba di famiglia nel cimitero di Montegiorgio. Fra il 1927 e il 1930 insegnò all'Accademia albertina di Torino, portando intanto a termine, nel 1928, il Monumento ai caduti di Portogruaro. Nel 1930 alla Biennale di Venezia presentò Il seminatore. Dipinse anche vari oli su tela e su tavola, databili fra il 1925 e il 1930, fra cui si segnala Bagnanti, influenzato dai lavori di medesimo soggetto di Pierre-Auguste Renoir, nel quale la figura della donna intenta ad asciugarsi ha la medesima impostazione della scultura Bagnante.

Fra il 1930 e il 1934 presentò alcuni bozzetti in gesso per il concorso per il Monumento del duca d'Aosta, in concorrenza con artisti del calibro di Arturo Martini (ibid., p. 30 s., ripr. pp. 209-213), la cui influenza su Orsolini è spesso evidente. La commissione criticò nei suoi lavori il puntuale realismo, non più attuale (ibid., pp. 30, 33, 60). Nel 1931 partecipò alla Quadriennale di Roma e nel 1936 eseguì in bronzo la scultura Il nuotatore (Torino, Palazzo ex ISEF), presentata al concorso per lo stadio Mussolini a Roma, nella quale sono evidenti le influenze della statuaria greca e anche di Martini, per la sintesi formale che non rinuncia a evidenziare particolari anatomici quali muscoli e vene nella posa rigida dell'atleta. Nel 1937 vinse il concorso per il Monumento ai caduti della città di Alessandria con Il trionfale ritorno (Giardini comunali) e per il comune di Montegiorgio eseguì il medaglione Ritratto di Giacinto Cestoni (Montegiorgio, piazza Matteotti).

Nel 1940 firmò la ceramica Leone e Leonessa (Varese, coll. priv.; ibid., p. 35), unica opera nota di questo genere. Nel 1942 presentò diversi lavori alla Biennale di Venezia, fra i quali i medaglioni in bronzo Vittoria, vittoria Italia ed Ercole contro l'Idra, in cui l'eroe veste i panni del soldato contemporaneo. Nel 1943 espose tre bronzi al premio Donatello di Firenze. Nello stesso anno si trasferì con la moglie a Corio Canavese a causa dei bombardamenti, che provocarono anche la distruzione di molte sue opere e documenti. Per il dolore per tale perdita e le difficoltà logistiche nel continuare attività laboriose e onerose, come la scultura e la fusione in bronzo, si dedicò allora soprattutto all'intaglio e all'acquerello (ibid., p. 34 s.), genere praticato per un piacere personale di dipingere e modellare. Le piccole opere bronzee degli anni Quaranta talvolta risentono ancora dei modelli della scultura di Donatello, ma in alcuni casi subiscono l'influenza del verismo di Vincenzo Vela o di Vincenzo Gemito.

Al termine della guerra tornò a Torino, ospite di alcuni parenti, e perlopiù continuò a produrre lavori di piccolo formato, pur ancora desideroso di realizzare monumenti di grande importanza e dimensioni, come testimonia la partecipazione al Concorso per le nuove porte di bronzo della basilica di S. Pietro in Vaticano nel 1948. Nel 1952 scolpì in marmo la statua di Monsignor dall'Orto (Monforte d'Alba, parrocchiale), due anni dopo partecipò per l’ultima volta alla mostra della Società promotrice di Belle arti di Torino.

Morì a Torino il 27 luglio 1954.

Sue opere si trovano in varie collezioni pubbliche italiane fra cui il Museo del Risorgimento e della resistenza di Ferrara, il Museo della battaglia del Senio di Alfonsine (Ravena), il Museo civico di Barletta e la Pinacoteca comunale di Ascoli Piceno.

Fonti e Bibl.: Cronache, in Emporium, LX (1924), 356, p. 527; I. C., Lutto dell’arte torinese. È morto G. O., in Gazzetta del Popolo, Torino 28 luglio 1954; M. Calisti, La vita e le opere, in G. O. scultore (catal.), a cura di Id., Fermo 1998, pp. 20-40 (con bibl.); Id., Nel corso del Novecento un inedito neomanierismo, ibid., pp. 41-69 e passim; R. Nazzaro Azzolino, G. O.: raffinato medaglista, ibid., p. 183; S. Di Virgilio, Scheda Istituto centrale per il catalogo unico (ICCU), 1999, numero catalogo generale (NCTN) OA 0077; S. Sandri, ibid., OA 00000232.

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