SABBATINI, Galeazzo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 89 (2017)

SABBATINI, Galeazzo

Gregorio Moppi

SABBATINI, Galeazzo. – Nacque nel 1597 a Pesaro da Carlo e da Caterina Ceccolina.

Ebbe tre fratelli: Francesco, Benedetto e Giulio Cesare, quest’ultimo sacerdote e musicista come lui. Probabile che il suo apprendistato sia avvenuto alla scuola della cattedrale, nella città natia. Il primo documento che ne testimonia l’attività professionale data al 1620, quando era organista in duomo: posto che dal 1611 fino almeno al 1615 aveva occupato lo zio Fabrizio Sabbatini, «suonatore di tasti eccellentissimo» (Radiciotti, 1906). Risulta esserlo ancora il 29 ottobre 1625, in occasione della festa dei ss. Decenzio e Germano. Di tale occupazione serba memoria la lettera di dedica a Malatesta Baglioni, vescovo di Pesaro, premessa alle Sacrae laudes op. III (Venezia 1626, ristampate nel 1637 e, ad Anversa, nel 1642 e 1656), là dove Sabbatini rammenta i servigi prestati al prelato e alla cattedrale («ex quo tibi atque ecclesiae tuae Pisaurensi inservire caepi»); inoltre il compositore sottolinea come le composizioni del volume siano le sue prime in ambito ecclesiastico, frutto di un’elaborazione decennale.

Di poco precedenti sono due altre pubblicazioni di non minor fortuna editoriale: il Primo libro de madrigali [...] concertati a 2, 3 e 4 voci op. I (Venezia 1625, ristampe 1627, 1639) e il Secondo libro de’ madrigali concertati op. II (Venezia 1626, ristampe 1636 e, ad Anversa, 1640; ed. moderna di un madrigale in Whenham, 1982, pp. 260-265). Fonte comune per buona parte dei versi intonati in entrambe è il Gareggiamento poetico del Confuso Accademico Ordito, vasta antologia apparsa a Venezia nel 1611: da qui Sabbatini deve aver direttamente attinto componimenti di Torquato Tasso, Cesare Abelli, Francesco Maria Caccianemici, Pietro Petracci, Francesco Contarini, Giovan Battista Marino, Cesare Rinaldi, Giovanni Capponi, Carlo Fiamma, Orazio Parma, Pietro Bonfadio, Alessandro Gatti. Dalla lettera prefatoria all’op. I si apprende come la genesi di questi madrigali sia stata favorita dal dedicatario, il poeta ed erudito pesarese Fabio Barignani. Scrive infatti l’autore: «Questi miei primi Musici Concerti son più di V. S. che miei [...] perché io ho loro dato l’essere sì, ma ella per l’isquisito gusto ch’ha della musica [...] ha dato a me occasione di componerli e di servirla; composti poi hanno hauto il ben’essere nella sua casa, dove prima furon cantati da molti virtuosi che vi si riducon talora per ricrearsi con esso lei con tal dolcissimo intertenimento». L’op. II è indirizzata a Leopoldo V d’Austria: omaggio che si spiega in virtù del recente matrimonio dell’arciduca con Claudia de’ Medici, vedova dell’ultimo duca d’Urbino, Federico Ubaldo Della Rovere. La raccolta si chiude con un madrigale a due violini obbligati, Se ben la donna si dimostra altiera, risposta per le rime a Quando la donna si dimostra altiera che il collega Stefano Bernardi aveva stampato nel suo Terzo libro di madrigali a sei (Venezia 1624; dedica all’arciduca Carlo d’Austria, fratello di Leopoldo).

Nei successivi volumi di composizioni da camera una fantasiosa varietà timbrica e costruttiva tende a dilatare i confini del madrigale verso organici più opulenti, policromi, sovente variabili a discrezione degli esecutori, e sul piano formale a contenerlo entro l’intelaiatura strofica e l’indole ariosa della canzonetta, oppure a sprigionarne le potenzialità drammatiche in direzione dello stile rappresentativo. Così la seconda parte dei Madrigali concertati op. IV dedicati a Luigi Gallo, vescovo di Ancona (Venezia 1627, rist. 1634) ne contiene uno a tre voci più due violini, basso e, volendo, il singolare complemento di un «rosignolo di creta» (una sorta di ocarina?). Seguono cinque canzonette ora a due, ora a tre voci fornite di sinfonie e ritornelli – talvolta possono pure essere omessi – ed egualmente sostenute da una coppia di violini con il basso continuo: l’ultima, Pastorelle vezzosette, è consentito cantarla in metro binario o ternario, a piacimento, rimodellandone parzialmente il tessuto di pause secondo uno schema prefissato dall’autore. Anche i Madrigali concertati op. V (Venezia 1630, rist. 1637; ed. moderna di un madrigale in Whenham, 1982, pp. 280-286) accolgono un corredo di canzonette della medesima specie, al pari di quelli dell’op. VI (Venezia 1636), fra cui spiccano inoltre due Dialoghi (tra Alma e Caronte, tra Filli e Pastore) e la ciaccona Bella e vaga pargoletta.

Del 1628 è la Regola facile e breve per sonare sopra il basso continuo, nell’organo, manacordo o altro simile stromento (Venezia; rist. 1644, nonché Roma 1669; una traduzione tedesca manoscritta dovuta a Johann Caspar Trost è citata in un catalogo librario lipsiense del 1673): si tratta di un agilissimo manuale di pratica tastieristica rivolto ai principianti. Non si ha notizia della seconda parte, che avrebbe dovuto seguire.

L’op. VI è dedicata ad Alessandro I Pico, duca di Mirandola, al cui servizio Sabbatini si trovava almeno da un paio di anni come maestro di cappella. Per la piccola corte il musicista partecipò all’allestimento di spettacoli e intrattenimenti musicali di vario genere. Nel carnevale del 1634, per esempio, lavorò a una favola in stile recitativo sugli amori di Aurora per Cefalo: vi erano inseriti un balletto mitologico-allegorico e una giostra. Il musicista mantenne tuttavia i contatti con Pesaro: vi inviava sue composizioni per averne giudizi e ne riceveva componimenti da musicare. Tra i corrispondenti di Sabbatini vi era Fabrizio Ondedei, segretario della duchessa d’Urbino, che in una missiva non datata gli preannuncia l’arrivo di alcuni suoi strambotti contenenti «mille bizzarrie e stravaganze, e se bene da molti in diverse volte mi sono stati richiesti, non ho voluto però che ricevano ornamento da altra penna che da quella di V. S., che è sufficiente a dar spirito anche alle cose inanimate» (Ondedei, 1639, p. 114).

Morto Alessandro I il 2 settembre 1637, gli succedette il nipote Alessandro II, bambino. Ne divennero tutori la madre Maria Cybo, la zia Maria Pico e il marchese Enea Magnani, patrizio bolognese, i quali, nel gennaio del 1638, per limitare le spese dello Stato furono costretti a ridurre il numero di gentiluomini e dame di corte: Sabbatini vi restò ancora a libro paga per tutto l’anno, sebbene in quel periodo soggiornasse a Roma. A rendere servizio ai Pico tornò brevemente nel 1641 per una missione diplomatica a Vienna, presso Ferdinando III d’Asburgo, al fine di ottenere per Alessandro II, ormai in età di governo, la conferma dell’investitura imperiale a duca di Mirandola. Intanto, nel novembre del 1639, aveva rinunciato ad assumere l’incarico di maestro di cappella in S. Maria Maggiore a Bergamo, pur avendone già preso l’impegno; comunque, all’epoca il musicista dimorò in quella città, come risulta dalla dedica a Sabbatini del Discorso primo dell’inutile osservanza de’ tuoni o modi odierni (1640), che Giovanni Battista Doni gli indirizza «a Bergamo».

In questi anni Sabbatini mandò in tipografia, a Venezia, i suoi ultimi libri, tutti da chiesa: Sacrarum laudum musicis concentibus [...] liber secundus op. VII (1637; rist. purgata dai molti errori: Anversa 1641), Deiparae Virginis laudes op. VIII (1638) e Sacre lodi concerto a voce sola [...] con la parte continua da sonare op. IX (1640). Nello stesso periodo favorì l’esordio editoriale di due allievi, contribuendo con un mottetto e una Messa al primo libro di mottetti del bolognese Raniero Scarselli (Venezia 1637), e con un salmo al primo libro di salmi del pesarese Marcello Minozzi (Venezia 1638), che nella dedica ai padri oratoriani di Carpi gli esprime riconoscenza.

Tornato a Pesaro, il 23 gennaio 1641 Sabbatini ottenne un canonicato in cattedrale, dove si occupò di questioni amministrative e gestionali; divenne indi vicario generale del vescovo Gianlucido Palombara. In questi anni crebbe la sua notorietà come compositore (suoi mottetti uscirono anche in florilegi transalpini) e soprattutto come musicista speculativo – lo attesta l’interesse di Marin Mersenne per le sue ricerche – grazie agli studi sul tema, allora in gran voga, della differenza tra l’armonia degli antichi e dei moderni e sulla maniera di comporre nei generi diatonico, cromatico, enarmonico, che lo condussero a fabbricare un cembalo da 38 tasti per ottava, a confezionare il mottetto sperimentale Derelinquat impius viam suam e a redigere un trattato, Scintille armoniche, che alla sua morte era ancora inedito e poi è andato perso, sebbene nelle linee essenziali fosse noto ai suoi corrispondenti e qualche paragrafo circolasse manoscritto o a stampa. Tra coloro che tenevano in gran conto Sabbatini c’erano Giovanni Battista Doni e il gesuita Athanasius Kircher, che nella Musurgia universalis lo dice «virum musicae non speculativae tantum sed et practicae summe [...] peritum, ac insuper insignem omnibusque numeris absolutum compositorem» (1650, I, pp. 647 s.), fornisce la sola raffigurazione superstite della tastiera enarmonica, pur zeppa di errori (pp. 460 s.) e pubblica in partitura il «Triphonium diatonico-chromatico-enarmonicum», ossia il citato Derelinquat (pp. 664-672).

Morì a Pesaro il 6 dicembre 1662 per cancrena alla gamba sinistra, tre giorni dopo essere stato colpito in strada da un’archibugiata. Fu sepolto in cattedrale.

Fonti e Bibl.: F. Ondedei, Lettere, Bologna 1639, p. 114; G.B. Doni, Discorso primo dell’inutile osservanza de’ tuoni o modi odierni, in Annotazioni sopra il compendio de’ generi e de’ modi della musica, Roma 1640, p. 234; A. Kircher, Musurgia universalis, I, Roma 1650, pp. 460 s., 647 s., 664-672; G.A. Angelini Bontempi, Historia musica, Perugia 1695, p. 169; J.G. Walther, Musicalisches Lexicon oder Musicalische Bibliothec, Leipzig 1732, p. 537; G.B. Doni, Commercium litterarium, a cura di A.F. Gori, Firenze 1754, pp. 234, 237; P. Pozzetti, Lettere mirandolesi (Lettera XII), in L’ape, II (1805), 9, p. 426; A. Göhler, Verzeichnis der in den Frankfurter und Leipziger Messkatalogen der Jahre 1564 bis 1759 angezeigten Musikalien, Leipzig 1902, parte II, pp. 87 s.; G. Radiciotti, La musica in Pesaro, in La cronaca musicale, X (1906), p. 25 (stesso testo in La cappella musicale del Duomo di Pesaro (sec. XVII-XIX), in La cronaca musicale, XVIII (1914), p. 65); Id., Cappelle musicali delle Marche, in Santa Cecilia, XV (1913-1914), pp. 17-19; F.T. Arnold, The art of accompaniment from a thorough-bass, London 1931, pp. 16, 110-126; J.M. Barbour, Tuning and temperament, East Lansing (Mich.) 1951, p. 110; M. Mersenne, Correspondance, a cura di C. de Waard, XIII, Paris 1977, p. 435; XIV, 1980, pp. 31, 423, 463, 465; XV, 1983, p. 279; XVII, 1986, p. 310; J. Whenham, Duet and dialogue in the age of Monteverdi, Ann Arbor (Mich.) 1982, passim; A. Morelli, «Alcuni avvertimenti da farsi, et altri da fugirsi nel suonare l’organo sopra la parte»: la prassi del basso continuo all’organo nel XVII secolo, in Il flauto dolce, 1984, n. 10-11, pp. 18-22 (in partic. pp. 21 s.); P. Barbieri, Cembali enarmonici e organi negli scritti di Kircher. Con documenti inediti su G. S., in Enciclopedismo in Roma barocca. Athanasius Kircher e il Museo del Collegio Romano tra Wunderkammer e museo scientifico, a cura di M. Casciato - M.G. Ianniello - M. Vitale, Venezia 1986, pp. 111, 118-123, 128, 132; B. Cavalieri, Carteggio, a cura di G. Baroncelli, Firenze 1987, p. 235; M.A. Mabbett, The Italian madrigal, 1620-1655, PhD. diss., University of London - King’s College 1989, passim; G. Morini, Cenni sul basso continuo in Italia nel XVII secolo, in Studi corelliani, IV, a cura di P. Petrobelli - G. Staffieri, Firenze 1990, pp. 265-267, 271 s.; M. Padoan, Un modello esemplare di mediazione nell’Italia del Nord: S. Maria Maggiore a Bergamo negli anni 1630-1657, in Rivista internazionale di musica sacra, XI (1990), p. 123; U. Gironacci - M. Salvarani, Guida al “Dizionario dei musicisti marchigiani” di Giuseppe Radiciotti e Giovanni Spadoni, Ancona-Fermo 1993, p. 187; M. Longo - N. Michelassi, Teatro e spettacolo nella Mirandola dei Pico (1468-1711), Firenze 2001, p. 81; F. Piperno, Musiche e musicisti intorno ai Della Rovere, in Pesaro nell’età dei Della Rovere, a cura di G. Arbizzoni et al., II, Venezia 2001, pp. 389, 391 s., 400; The new Grove dictionary of music and musicians, XXII, London-New York 2001, p. 63; C. Belli Montanari, La cappella musicale del Duomo di Pesaro: maestri, organisti e cantori dal Rinascimento al Barocco, in Frammenti, IX (2005), pp. 166, 179, 181-183; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XIV, Kassel 2005, coll. 745 s.; S. Carchiolo, Una perfezione d’armonia meravigliosa. Prassi cembalo-organistica del basso continuo italiano dalle origini all’inizio del XVIII secolo, Lucca 2007, ad ind.; M. Kirnbauer, Vieltönige Musik. Spielarten chromatischer und enharmonischer Musik in Rom in der ersten Hälfte des 17. Jahrhunderts, Basel 2013, ad indicem.

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