Gallicismi

Enciclopedia Dantesca (1970)

gallicismi

Bruno Migliorini

Intendiamo per gallicismi quei vocaboli o quei costrutti entrati nella compagine dell'italiano per influenza del francese settentrionale (francesismi) o del provenzale (provenzalismi). E si pone subito una questione pregiudiziale: quali di questi gallicismi D. trovasse già circolanti nell'uso parlato e nell'uso letterario del suo tempo, e quali attingesse per proprio conto alle due lingue transalpine. Possiamo dire che in complesso, quanto ai gallicismi, D. sia nell'attingere all'uso parlato, sia rifacendosi all'uso poetico del suo tempo, vi si conforma, ma tenendosi in limiti piuttosto moderati. Pochissimi sono i casi di gallicismi attestati solo nei suoi scritti. Fino a che punto poi D. si rendesse conto che quelli che andremo enumerando erano gallicismi, è estremamente difficile dire, data la diversità fra le sue concezioni sulla consistenza dell" idioma trifario ' e le nostre concezioni sui rapporti di scambio fra le lingue romanze. Per far solo un esempio, ai linguisti di oggi è chiaro che manducare e manicare sono le voci italiane ereditarie, man mano soppiantate dalla voce mangiare, di origine transalpina: ma nell'opinione generale ciò non è noto (e possiamo credere che nemmeno D. se ne rendesse conto).

I rapporti linguistici di dare e avere tra Italia e Galloromania, vivissimi in età imperiale, vivi ancora in età merovingia, si erano intensificati in età carolingia e nei primi secoli dopo il Mille, quando ormai si può parlare di entità nazionali differenti. Si era irradiato dalla Francia il sistema feudale, si erano diffusi gli ideali della vita cavalleresca, facevano capo a essa alcuni dei grandi ordini religiosi medievali (Cluny, Cistercio, la Certosa) e l'impulso dato alle crociate. Inoltre erano fiorite in Francia, a, cominciare dal 1100 circa, cioè prima che negli altri paesi neolatini, due grandi letterature: quella in lingua d'oc e quella in lingua d'oil, che in Italia suscitarono ammirazione e imitazione. Quella d'oc aveva esercitato un forte influsso nella prima metà del Duecento: non solo alcuni poeti provenzali (come Rambaldo di Vaqueiras) erano vissuti in Italia, ma parecchi Italiani avevano poetato in provenzale; quella d'oil aveva ancora ai tempi di D. (si pensi al severo biasimo del Convivio) una fortuna stragrande.

Dalla Francia settentrionale e da quella meridionale erano entrate nell'uso comune della lingua già nell'età anteriore a D. molte centinaia di parole, della cui origine transalpina, come or ora dicevamo, non possiamo dire se D. si rendesse conto o no. Ma è probabile invece che colpissero la sua attenzione quei vocaboli estranei all'uso quotidiano che egli leggeva nei lirici della sua generazione o nei loro immediati predecessori e che ritrovava nei lirici d'oc e d'oil. Possiamo indurlo dal fatto che mentre nella sua lirica, specialmente giovanile, egli indulge alla consuetudine di parole come bieltà o bieltate, lungiamente, oraggio e a numerosi nomi in -anza, in -enza, in -ore (dottanza, fallenza, riccore), frequenti nei poeti siciliani e nei loro modelli transalpini, troviamo poi che tali vocaboli sembrano spariti dal suo lessico quando scrive la Commedia.

Non è compito di quest'articolo descrivere i criteri o gl'indizi in base ai quali si possono riconoscere i francesismi e i provenzalismi dell'italiano antico. Certo, non basta la somiglianza di una voce o di un costrutto italiano con una voce o un costrutto francese o provenzale per permettere di asserire la dipendenza del primo dal secondo: è l'errore in cui spesso caddero P. Bembo e V. Nannucci, che ritennero di origine provenzale vocaboli in cui la somiglianza nasceva non da un imprestito, ma dalla comune origine latina. L'italiano uopo e il provenzale ops si rassomigliano non perché uopo sia un provenzalismo, ma perché ambedue le parole continuano indipendentemente il latino opus.

Rientrano in questa serie alcune somiglianze tra costrutti che l'italiano antico possedeva e oggi ha perduti, mentre il francese li ha conservati (per i quali, dunque, sarebbe erroneo pensare a influenza francese): uomo come pronome impersonale (dov'omo affibbia 'l manto, If XXXI 66), persona nel senso di " alcuno " in frasi negative (E non vedea persona che 'l facesse, XIII 23), per che regge il complemento di agente (Così per li gran savi si confessa, XXIV 106, e mentre che di là per me si stette, Pg XXII 85, ecc.).

Diamo qui un elenco delle parole adoperate nelle opere di D. che si possono considerare con sicurezza o con molta probabilità di origine provenzale o con semantica influenza da quelle lingue (p. es. argento, ira, valore). Non sono incluse nell'elenco le voci probabilmente giunte d'oltralpe in Italia prima del Mille (come fellone o parlare o troppo o vassallo).

a (in costrutti come a la gaetta pelle), abbandonare, abbellare, accismare, accordanza, adesso, adonare, affare, agio, aggradare, aguato, aitarsi, allegranza, allegro, alluminare, alma, amistà, amistanza, ancidere, anco (" mai "), appoiare, approcciare, argento (" denaro "), arrivare, artiglio, assembrare, astore, augello, avvenente, avvenirsi, azzimare;

baccelliere, balìa, beltà (-ate, -ade), beninanza, bias(i)mare, bolgia, bugiardo;

cangiare, cappello (" ghirlanda "), caribo, caro (" avaro "), carota, cavaliere, cennamella, cera, certanamente, comente, compiangersi, conquiso, conto, coraggio, corale, cordigliero, corsiere, costuma, costumare, covrire, croio, crucciare, cruccio;

dannaggio, degnare, diffalta, discovrire, disire, disgrato, dismisura, dismisuranza, dispitto, dispregiare, dispregiamento, dispregio, divisare, dolzore, donneare, donzella, dotta (" paura "), dottanza;

erranza;

fallenza, fazione (" fattezza "), fidanza, fino (" perfetto "), fio, fiordaliso, flailli, frale, franchigia;

gabbare, gabbo, gaggio, gaetto, gaio, gesta, giallo, giardino, gioia, gioiarsi, giostra, giostrare, giubbetto, giuggiare, giulivo, gorgiera, gradire, grado, grato (sost.), grifagno, guari, guiderdone, guisa;

imprenta, imprestare, insembre, intenza, inveggia, inveggiare, ira (" cruccio ");

lai, laido (lado), lampa, leale, lealmente, lealtà, leggiadria, leggiadro, legg(i)er(a)mente, leggiero, leuto, lievre, logoro (" richiamo in forma di uccello "), lonza, lum(i)era, lungiamente, lusinga, lusingare;

magione, malestruo, malfatato, mancia, mangiadore, mangiare, maniera, marchese, maritaggio, masnada, medes(i)mo, medicinare, membrare, menzogna, merzede, meschino, messere, messione, mestiere (-o), miniera, misura, muda, murare;

nimistà, noia, noiare, noioso;

obliare, oblio, oco (lingua d'oco), oltracotato, onoranza, oraggio, orgoglio, orgoglioso, orranza, ostale, ostello, ostendale, ovrare;

palmiere, pareglio (?), perduto (" disperso "), pesanza, piacenza, piangersi (" lamentarsi "), ploia, poggiare, poiare, possanza, preghiera, preghero, pregiare, pregio, prence, primiero, prossimano;

rancura, rassembrare, reale (" di re "), reame, retaggio, riccore, ricredersi, rima, rimare, rimatore, rimembranza, rimembrare, riparare, riparo, rispitto, riviera, roffia, roggio, romanzo;

saggio, sanza, savio, savore, scherano, schiera, scovrire, sdonneare, selvaggio, sembiante, sembianza, sembiare, senno, ser, sergente, servaggio, serventese, sgradire, sicuranza, sicurtà (-ade, -ate), significanza, sire, sobranzare, sopranzare, sovente, sparviero, speglio, spiritate, spregiare, stile, suppa;

talento (" voglia "), tardanza, temenza, torneare, tostano, tovaglia, tracotanza, travagliare, travaglio, trovare, trovatore;

umìle, unquemai, usanza;

valente, valere, valore, valoroso, vallea, vanare, vassallaggio, vedovaggio, veglio, veltro, venagione, vengiare, vermiglio, viaggio, villa, visaggio, vivanda, volentieri.

Inoltre provengono dal francese molti nomi personali (Luigi, Lancialotto, Ginevra; Ciapetta) e nomi locali (Bruggia, Doagio, Guanto, Parisi, Torso; Era; Proenza).

Non abbiamo incluso nell'elenco che precede i francesismi del Fiore, che costituiscono un problema a sé per la loro stragrande abbondanza: si pensi a versi come sì non son troppo grossa né tro' grella (XLIII 6), Il bel valletto di cu' biasmo avesti / giadisse (CXLII 1-2), E s'ella non è bella di visaggio, / cortesemente lor torni la testa, / e sì lor mostri, sanza far arresta, / le belle bionde treccie da vantaggio (CLXVI 1-4), ecc.; la dipendenza da moduli francesi si estende fino all'imitazione di parole grammaticali: ma 'l Die d'amor non fece pà sembiante (CIV 3).

Bibl. - Oltre ai commenti delle opere di D. (si veda, in particolare, il commento di G. Contini alle Rime), v. N. ZINGARELLI, in " Studi Filol. Romanza " I (1884) 109-143; Parodi, Lingua, passim; R.R. Bezzola, Abbozzo di una storia dei gallicismi italiani nei primi secoli (750-1300), Zurigo 1924; G. Baer, Zur sprachl. Einwirkung der altprov. Literaturdichtung auf die Kunstsprache der fritheren ital. Dichter, ibid. 1939; I. Baldelli, D. e i poeti fiorentini del Duecento, Firenze 1968.