Gammaastronomia

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Branca dell’astronomia, che studia la radiazione γ emessa dagli astri. Il confine fra l’astronomia-X e la g. può collocarsi a una lunghezza d’onda di ∿4‧10−12 m, corrispondente a una energia dei fotoni di ∿3‧105 eV(0,3 MeV). La g. è la più giovane fra le cosiddette ‘astronomie fuori del visibile’, che hanno via via allargato all’intero spettro elettromagnetico le osservazioni astronomiche: la data di nascita della g. può porsi nel 1968, quando G. Clark, G. Garmire e W. Kraushaar scoprirono la prima sorgente celeste di raggi γ (il centro della Via Lattea).

La rivelazione dei raggi γ

L’osservazione dei raggi γ presenta difficoltà maggiori di quelle connesse con la rivelazione delle onde elettromagnetiche nelle altre bande dello spettro. La radiazione γ infatti, a differenza di quella di lunghezza d’onda maggiore, non può essere concentrata con specchi o lenti sul rivelatore, che quindi misura soltanto i fotoni che cadono direttamente su di esso. Diventa, di conseguenza, difficile distinguere i deboli segnali provenienti dalle sorgenti celesti, dal fondo di radiazione presente nell’ambiente. Lo strumento più largamente impiegato, a bordo dei satelliti, negli esperimenti di g., è la camera a scintilla. Per rivelare i fotoni γ, con energie al di sopra di alcuni MeV, si sfrutta il fatto che essi, interagendo con la materia, si materializzano in coppie positrone-elettrone; misurando le energie del positrone e dell’elettrone e l’angolo formato dalle traiettorie delle due particelle, si può risalire all’energia del fotone incidente e alla sua direzione di provenienza. Grandi progressi sono stati realizzati dopo l’entrata in funzione nel 1991 del primo osservatorio spaziale per g. (operativo fino al 2000), chiamato Compton gamma ray observatory (CGRO), impiegante quattro diversi strumenti, tutti basati sull’utilizzo dell’effetto Compton (interazione fra radiazione e un elettrone libero, con trasferimento di parte dell’energia e della quantità di moto del fotone all’elettrone, ➔ Compton, Arthur Holly). Raggi γ di altissima energia (superiori ai 50 MeV e fino a decine di TeV) possono essere rivelati anche a terra con la tecnica IACT (imaging air cerenkov telescope), sperimentata a partire dalla fine degli anni 1980, un efficiente metodo di selezione dei segnali basato sulla forma dell’immagine della luce Čerenkov (➔ Čerenkov, Pavel Alekseevič) prodotta dagli sciami atmosferici di particelle secondarie, che ha reso possibile discriminare quelli iniziati dai fotoni da quelli, molto più frequenti, iniziati dai protoni rivelando l’esistenza di alcune sorgenti γ anche a queste energie.

La IACT è usata da Magic, telescopio costruito da una grande collaborazione internazionale, alle isole Canarie; entrato in funzione nel 2004, con i suoi 17 m di diametro è il più grande telescopio per g. mai realizzato.

Le sorgenti celesti di raggi γ

fig. 1A

La fig. 1A rappresenta una mappa celeste della emissione γ, ricavata dalle misure del satellite europeo COS-B (attivo dal 1975 al 1982). Le coordinate utilizzate in questa rappresentazione sono la latitudine e la longitudine galattiche. La scala dei colori corrisponde a intensità crescenti del flusso di fotoni osservato; i flussi più intensi si possono osservare nella fascia equatoriale. Integrando, per ciascun valore della longitudine, i contributi del flusso alle varie latitudini, si ottiene il grafico della fig. 1B il quale mostra che l’emissione raggiunge il massimo intorno al centro galattico (longitudine 0°). Vi sono, inoltre, dei massimi secondari a varie longitudini, per es. a quelle corrispondenti alle costellazioni della Vela e del Cigno. Uno studio più dettagliato dei dati di COS-B ha permesso di distinguere una componente γ diffusa e numerose (almeno 25) sorgenti localizzate (osservazioni eseguite in seguito con altri telescopi hanno portato all’individazione di centinaia di altre sorgenti localizzate).

L’emissione γ diffusa ha due origini: galattica ed extragalattica. Quella galattica, concentrata intorno al piano equatoriale della Via Lattea, è dovuta alla interazione dei raggi cosmici con la materia interstellare. Gli elettroni dei raggi cosmici, attraversando le nubi di gas interstellare, urtano i nuclei degli atomi di idrogeno e di altri elementi, sicché variano la loro velocità producendo radiazione elettromagnetica. Si calcola che i raggi γ con energie inferiori a ∿100 MeV siano generati soprattutto con questo meccanismo. Responsabili della generazione dei raggi γ più energetici sarebbero, invece, i protoni dei raggi cosmici, che, interagendo con l’idrogeno, producono mesoni π0 che decadono quasi istantaneamente in due fotoni γ. La componente diffusa extragalattica si distingue da quella galattica perché non è confinata all’equatore della Via Lattea, ma permea isotropicamente l’intero spazio. Si pensa che essa nasca dalla sovrapposizione di un gran numero di sorgenti extragalattiche localizzate (per es., galassie di Seyfert, radiogalassie, quasar, AGN), che gli esperimenti non sono in grado di risolvere.

Le sorgenti localizzate di raggi γ si trovano in massima parte in prossimità del piano galattico. Alcune di esse sono state identificate con certezza con oggetti già noti, osservati in altre bande dello spettro. Le due pulsar che emettono flussi γ più intensi sono quelle situate nella nebulosa del Granchio e nella costellazione della Vela (quest’ultima è, anzi, la sorgente celeste più intensa di raggi γ).

La natura della maggioranza delle sorgenti γ galattiche non è chiara e il suo studio rappresenta uno dei principali compiti degli esperimenti di gammaastronomia. Circa un centinaio delle sorgenti scoperte da EGRET, in particolare quelle ad alta latitudine galattica, sono state identificate con alcuni nuclei galattici attivi (➔ AGN), aventi un’emissione radio con distribuzione spettrale piatta, e spesso classificati come blazar (una intensa sorgente continua non termica nel visibile-UV, rapidamente variabile). Si pensa che la loro emissione nei raggi γ, che in qualche caso ha mostrato grandi variazioni in meno di un giorno, sia dovuta all’effetto Compton inverso su fotoni di bassa energia da parte degli stessi elettroni che emettono lo spettro continuo di sincrotrone.

Un altro strumento del CGRO ha rivelato quasi 3000 impulsi intensi o ‘lampi’ di raggi gamma (GRB, gamma ray burst), consentendo di studiarne gli spettri e la struttura temporale. Ulteriore progressi sono stati conseguiti con strumenti realizzati successivamente. Si è dimostrato che la distribuzione delle direzioni di provenienza dei GRB ha un alto grado di isotropia. Si è verificato che i GRB provengono da oggetti rivelabili anche nel visibile, in galassie lontanissime che l’energia associata a ciascun evento è altissima. I GRB possono essere divisi in due classi, in base alla durata: brevi (con durata inferiore ai due secondi, e spettro ‘duro’) e lunghi (caratterizzati da uno spettro ‘molle’, cioè ricco anche di fotoni di bassa energia). L’origine dei lampi brevi è probabilmente riconducibile alla fusione di stelle di neutroni o di buchi neri: la materia espulsa a velocità ultrarelativistica darebbe luogo all’emissione γ nel mezzo interstellare. I lampi lunghi, invece, sono emessi nell’esplosione di stelle di grande massa.

Un’altra importante scoperta è stata quella delle sorgenti appartenenti alla nostra Galassia, dette microquasar, che hanno mostrato, studiandone l’emissione nella banda radio, velocità molto prossime a quella della luce (➔ radioastronomia); la prima di queste sorgenti (GRS 19151105) fu scoperta dal satellite franco-russo Sigma nei primi anni 1990. Grazie ai rivelatori di luce Čerenkov sono poi state individuate sorgenti con emissione gamma ad altissima energia (nella regione dei TeV). Si conoscono circa 50 sorgenti di questo tipo, di cui solo 4 note nel 2004, prima dell’avvio del telescopio Magic: una galattica (la Nebulosa del Granchio, la cui emissione, osservata fino a 100 TeV, non ha il periodo di 0,033 s della pulsar che essa contiene) e tre extragalattiche (tutte blazar caratterizzate da una notevole variabilità).

Contributi della g. alla conoscenza dell’Universo

La g. ha contribuito ad approfondire la comprensione di molti processi astrofisici. L’osservazione dell’emissione γ diffusa, prodotta dall’interazione dei raggi cosmici con il gas interstellare, ha consentito, da una parte, di stimare la massa di alcune nubi di gas, dall’altra di studiare la distribuzione spaziale dei protoni dei raggi cosmici nella Galassia, gettando nuova luce sulla loro origine. Risultati di grande interesse sono stati ottenuti anche riguardo alla nucleosintesi esplosiva degli elementi (➔ elemento). D’altro canto, la rivelazione dei raggi γ emessi dalla supernova SN 1987A ha fornito la prima conferma sperimentale diretta delle teorie sulla formazione di elementi pesanti nelle esplosioni di supernova. La conoscenza dell’emissione γ è importante, infine, per comprendere la fisica di oggetti come le pulsar, le galassie di Seyfert (➔ Seyfert, Carl Keenan), i nuclei galattici attivi (➔ AGN) e i quasar.

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