Garanzia propria e impropria e processo

Il Libro dell Anno del diritto 2017

Garanzia «propria» e «impropria» e processo

Sergio Menchini

Il contributo esamina l’istituto della garanzia nel processo civile, alla luce della sentenza Cass., S.U., 4.12.2015, n. 24707. La pronuncia della Corte di cassazione è di notevolissima importanza, sia sul piano sistematico sia su quello applicativo; con un’ampia ed articolata motivazione, la Corte ha (ri)definito la disciplina della garanzia, riguardo alle plurime regole che la prendono in considerazione (artt. 32, 106 e 108 c.p.c., nonché artt. 331 e 332 c.p.c.), di fatto negando rilievo, ai fini processuali, alla classica distinzione tra garanzia “propria” e garanzia “impropria”.

La ricognizione

L’istituto sostanziale della garanzia ha significative implicazioni di diritto processuale; prova ne è che più disposizioni del codice di rito, in modo espresso, lo prendono in considerazione (artt. 32, 106 e 108 c.p.c.).

Di recente, con un’articolata ed ampia decisione, le Sezioni Unite hanno (ri)definito la disciplina processuale, indicando i confini e l’ambito di applicazione delle norme che assumono valore per la regolamentazione della figura1.

Di fatto, è stata disconosciuta la rilevanza, a fini processuali, della distinzione tra garanzia propria e garanzia impropria; in particolare, è stato specificato il regime del processo litisconsortile, avente ad oggetto la causa principale e quella di garanzia, in sede d’impugnazione, con riguardo allo spazio di operatività degli artt. 331 e 332 c.p.c.

La pretesa di garanzia si manifesta nel processo, comunemente, mediante la chiamata in garanzia (art. 106 c.p.c.); con questo atto, per lo più, è proposta una domanda (ed è esercitata un’azione), che si aggiunge a quella originaria, avente ad oggetto il diritto sostanziale di manleva o di rivalsa, in forza del quale il garante deve rispondere dell’eventuale soccombenza del garantito nella controversia principale.

Il convenuto della causa di molestia chiama in giudizio il garante, allo scopo di essere tenuto indenne rispetto alle (eventuali) conseguenze pregiudizievoli, che è destinato a subire in ipotesi di esito per lui sfavorevole della lite originaria.

Peraltro, la chiamata in causa non costituisce l’unico strumento per fare valere giudizialmente la garanzia e il corrispondente rapporto giuridico; infatti, è possibile che:

a) il cumulo processuale tra la controversia di molestia e quella di garanzia sia realizzato tramite l’operare di istituti diversi rispetto a quello previsto dall’art. 106 c.p.c. (chiamata del garante per ordine del giudice, ex art. 107 c.p.c., nella misura in cui si ritenga che possa determinare un’estensione oggettiva del giudizio; riunione delle controversie proposte separatamente, in forza degli artt. 40 e 274 c.p.c.);

b) i giudizi si svolgano in modo autonomo o contestualmente, non essendone stata disposta la riunione, o uno dopo l’altro, essendo la lite di garanzia introdotta dopo il passaggio in giudicato della sentenza che ha riguardato quella principale2.

Inoltre, è anche consentito che il garante prenda parte al processo originario, senza che sia spiegata contro di lui l’azione di manleva (o di regresso); in questo caso, è realizzato un cumulo soltanto soggettivo.

Ciò può conseguire o all’intervento volontario del garante nel giudizio principale, ex art. 105, co. 2, c.p.c., o alla chiamata di questo in causa, vuoi per ordine del giudice, ex art. 107 c.p.c., vuoi su richiesta di parte, ex art. 106 c.p.c., quante volte il terzo è citato in giudizio, senza che sia proposta nei suoi confronti alcuna domanda, al solo fine di provocarne la partecipazione a questo, in modo da opporgli, nel successivo processo di rivalsa, la sentenza che verrà resa in ordine alla lite principale3.

Sul piano sostanziale, più sono le fattispecie in cui ricorre il diritto di un soggetto ad essere garantito da un altro soggetto.

Nei trasferimenti dei diritti, di regola a titolo oneroso, non soltanto reali ma anche di credito, il cedente deve garantire il cessionario circa la titolarità e l’esistenza del diritto ceduto; tipica la garanzia per evizione, che si accompagna, per legge, al trasferimento della proprietà di una cosa o di un altro diritto verso il corrispettivo del prezzo (art. 1470 c.c., in materia di contratto di compravendita). Per l’art. 1485 c.c., il compratore convenuto da un terzo, che pretende di avere diritti sulla cosa venduta, deve chiamare in causa il venditore, allo scopo di essere difeso dalla domanda del terzo molestante; se il compratore subisce l’evizione totale o parziale della cosa, il venditore è tenuto a restituire al compratore, in tutto o in parte, il prezzo pagato, a rimborsarlo delle spese e dei pagamenti compiuti in esecuzione del contratto e a risarcirlo del danno subito (artt. 1483, 1484, 1479 c.c.). In difetto di chiamata in causa del garante, il compratore «perde il diritto alla garanzia, se il venditore prova che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la domanda» (art. 1485, co. 1, c.c.).

In presenza di un vincolo di coobbligazione, il debitore che ha pagato l’intero debito può ripetere dai condebitori la parte di ciascuno di essi (art. 1299 c.c., rivalsa tra condebitori); nelle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo (esempio, fideiussione), il garante e il responsabile dell’obbligo altrui hanno diritto di richiedere al debitore principale tutto quanto pagato al creditore nell’interesse di questo (artt. 1950-1952 c.c., regresso del fideiussore contro il debitore principale).

Nell’assicurazione per la responsabilità civile, «l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto» (art. 1917, co. 1, c.c.).

Nelle vendite a catena (e negli incidenti a catena), il venditore finale, chiamato a risarcire i danni al compratore per vizi o difetti della cosa venduta (art. 1490 c.c.), ha diritto di rivalsa nei confronti del produttore (o del suo dante causa), il quale ha titolo nei vizi denunciati dal consumatore e posti a fondamento della sua domanda.

In tutte queste figure ricorrono alcuni elementi comuni.

In primo luogo, sotto il profilo funzionale, la pretesa del garantito verso il garante ha un contenuto minimo costante: il diritto del primo ad essere manlevato, in tutto o in parte, in caso di soccombenza nella lite con il terzo4. Il garante è obbligato a ristorare il garantito della perdita economica subita, a causa della riconosciuta esistenza o dell’avvenuto soddisfacimento di un diritto altrui5.

In secondo luogo, dal punto di vista strutturale, ricorre sempre un nesso di pregiudizialità-dipendenza, con una relazione di successione cronologica; infatti, da un lato, fatto costitutivo del rapporto di garanzia è la sussistenza del rapporto garantito, e, dall’altro lato, il diritto del garante verso il garantito sorge soltanto allorché il secondo sia risultato soccombente nella causa di molestia, richiedendosi, a volte, anche che abbia eseguito la prestazione dovuta a vantaggio del terzo6.

Tuttavia, si rinvengono, innegabilmente, anche aspetti peculiari in ciascuna delle situazioni sostanziali descritte; la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, proprio facendo leva sui tratti distintivi ed anzi valorizzandoli, sono solite ricostruire più categorie di garanzia, attribuendo ad esse discipline processuali non (del tutto) omogenee.

Innanzitutto, viene in rilievo la differenziazione tra garanzia propria e garanzia impropria7.

Le opinioni non sono concordi né circa il criterio discretivo, né riguardo alle fattispecie sostanziali da ricondurre alla garanzia impropria.

Secondo quanto rilevato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 24707/2015 (§§ 8.1 e 8.2), la garanzia propria ricorre in quei casi in cui «la struttura tipica dell’azione di garanzia sotto il profilo funzionale … trova giustificazione già nella previsione di una norma che stabilisce essa stessa un collegamento fra il rapporto giuridico garantito ed il rapporto giuridico di garanzia»; la garanzia impropria, invece, è da ravvisare «in quelle ipotesi nelle quali l’operare del meccanismo strutturale della garanzia non ha un referente per così dire preliminare ed astratto in una norma che prevede il collegamento fra il rapporto garantito e quello di garanzia, ma emerge perché un fatto storico, insorto nell’ambito di un rapporto giuridico fra due soggetti e sfavorevole ad uno di essi, integra, come accadimento della vita ed in via del tutto occasionale, il presupposto per cui in un diverso rapporto, che lega quel soggetto ad un altro, è previsto che una certa tipologia di fatti, cui quel fatto risulta ex post riconducibile, dia luogo all’insorgenza a favore del soggetto dell’altro rapporto ad un dovere di prestazione di garanzia, cioè di farsi carico delle conseguenze negative del fatto sfavorevole». In estrema sintesi: la garanzia è propria quando è stabilita da una norma di legge o rinviene il suo titolo in una fonte convenzionale8; invece, è impropria allorché trova origine, in modo del tutto occasionale, da una vicenda storica, caratterizzata da ciò che il fatto costitutivo del diritto del terzo verso il garantito coincide con quello del diritto di quest’ultimo verso il garante.

Per l’opinione comune, la garanzia da evizione e quella da vincoli di coobbligazione sono da considerare figure di garanzia propria; quella da vendite a catena è reputata la fattispecie più rilevante di garanzia impropria9. Invece, a lungo, è stata dibattuta la qualificazione della garanzia dell’assicuratore per la responsabilità civile; le Sezioni Unite, nel 2004, hanno fissato un punto fermo, stabilendo che debba essere considerata propria10.

Poi, sono individuate, all’interno della garanzia propria, due figure: la garanzia formale (o reale) e quella semplice (o personale). La prima è data dalle vicende traslative dei diritti (artt. 1483, 1266 e 1586 c.c.); la pretesa di garanzia ha un duplice contenuto: innanzitutto, il compratore ha diritto di chiamare in giudizio il venditore, affinché lo difenda dalle pretese del terzo e dimostri la validità e l’opponibilità a questo del suo acquisto; in secondo luogo, il venditore, ove non sia stato in grado di adempiere all’obbligo di difesa processuale, essendo stata accolta la domanda dell’attore in molestia, deve restituire il prezzo e risarcire

i danni (artt. 1484 e 1479 c.c.). La seconda è rinvenibile, invece, in presenza di situazioni di coobbligazione: colui che ha adempiuto l’obbligazione ha diritto di ripetere, in tutto o in parte, quanto abbia pagato al creditore; dunque essa ha per contenuto la pretesa di rivalsa o di regresso verso gli altri coobbligati (art. 1950 c.c.) o nei confronti di colui nel cui interesse è stata assunta l’obbligazione di garanzia (art. 1298 c.c.)11.

La focalizzazione

La garanzia, nelle plurime specificazioni sopra evidenziate, deve essere considerata con riferimento ai seguenti aspetti:

a) costituzione del cumulo processuale;

b) posizione e poteri del garante rispetto alla causa principale (o di molestia);

c) estromissione del garantito dal giudizio;

d) litisconsorzio nelle fasi di gravame.

La sentenza del 2015 delle Sezioni Unite, anche mediante il ricorso ad obiter dicta, ha preso posizione su tutti questi temi.

Le Sezioni Unite erano chiamate a risolvere un conflitto interpretativo riguardante l’ambito di applicazione degli articoli 331 e 332 c.p.c., in presenza di un cumulo processuale tra la controversia promossa dal terzo contro il garantito e quella di garanzia, introdotta da quest’ultimo contro il garante; tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto opportuno ampliare il perimetro della sua attenzione, occupandosi, a tutto tondo, della disciplina processuale della garanzia.

Prendo avvio dal primo aspetto. Allorché un terzo abbia agito contro il garantito, costui ha diritto di chiamare in giudizio il garante, in forza dell’art. 106 c.p.c.; in tale ipotesi, il convenuto della lite originaria:

i) può proporre la domanda di garanzia (a seconda dei casi, di evizione, di manleva, di regresso) contro il garante, dando vita, così, ad un cumulo oggettivo, oltre che soggettivo;

ii) alternativamente, può limitarsi a citare in causa il garante, senza far valere contro di lui la pretesa di garanzia, al solo fine di opporgli, in un secondo tempo, nella eventuale causa che andrà a proporre contro lo stesso, la sentenza di contenuto sfavorevole, provocando, in questo modo, un cumulo soltanto soggettivo e non anche oggettivo (cd. denuntiatio litis).

L’art. 106 c.p.c., inoltre, nella sua duplice portata applicativa (mera denuntiatio litis ovvero esercizio dell’azione di garanzia), opera, indistintamente, in ordine a tutte le categorie di garanzia (propria ed impropria; reale e personale)12.

Questi principi sono stati riaffermati, con chiarezza, dalla Corte di cassazione, benché non vi fosse alcun contrasto al riguardo (si vedano, rispettivamente, §§ 9.2 e 11). Ben altro significato, invece, assume l’intervento delle Sezioni Unite circa l’interpretazione dell’art. 32 c.p.c., del quale è riconosciuta l’operatività rispetto a tutte le figure di garanzia e, in particolare, anche circa quella impropria.

L’art. 32 c.p.c., allo scopo di agevolare la realizzazione del cumulo, introduce una regola speciale in punto di competenza: la causa principale e quella di garanzia sono trattate e decise nello stesso processo, per il quale è competente il giudice superiore.

Questa disposizione presuppone che sia stata esercitata dal garantito la domanda di garanzia; perciò, essa non entra in gioco in caso di mera denuntiatio litis, originando questa un mero cumulo soggettivo13.

Per molto tempo, la giurisprudenza prevalente ha valorizzato la distinzione tra garanzia propria ed impropria, allo scopo di escludere l’applicabilità dell’art. 32 c.p.c. in presenza del secondo fenomeno14.

Tuttavia, negli ultimi anni, questo principio è stato eroso in varia guisa.

Ciò è avvenuto sulla base di due direttrici: da un lato, riconducendo alla garanzia propria fattispecie che, in precedenza, erano considerate di garanzia impropria: è questo il caso, specialmente, della garanzia dell’assicuratore per la responsabilità civile, rispetto alla quale è stata sostenuta l’operatività dell’art. 32 c.p.c., sul presupposto che trattasi di garanzia propria15; dall’altro lato, pur conservando la distinzione concettuale tra le due tipologie, escludendone la rilevanza ai fini della deroga alla competenza e, soprattutto, alla giurisdizione, secondo quanto previsto dal reg. (UE) n. 1215/2012 e, prima ancora, dal reg. (UE) n. 44/2001 e dalla Convenzione di Bruxelles del 196816.

L’opera è stata completata dalle Sezioni Unite, con la sentenza del dicembre del 2015, in forza del rilievo che «la giustificazione di un diverso trattamento fra i due casi non aveva e non ha base normativa», non rinvenendosi nell’art. 32 c.p.c. alcun indice che giustifichi la sua applicazione alla sola garanzia propria; in quest’ultima norma «assume rilievo soltanto la domanda di garanzia, la quale, nei sensi descritti, può essere proposta tanto in caso di chiamata in garanzia propria che impropria» (si veda, in particolare, il § 12 della sentenza).

Spostando l’attenzione sui poteri del garantito in ordine alla causa principale, l’intervento delle Sezioni Unite ha portata innovativa minore rispetto alle posizioni in precedenza accolte in dottrina e in giurisprudenza17.

La soluzione accolta dalla Cassazione è, oltre che sviluppata con coerenza logica, del tutto condivisibile nel merito (si segnalano, sul punto, i §§ 9.3 e 9.4).

Premesso che la distinzione tra garanzia propria ed impropria ha valore meramente descrittivo, di guisa che nessuna differenza è dato rilevare tra le due figure circa i poteri del garante; premesso anche che la posizione di questo, rispetto alla lite originaria, non muta, a seconda che sia stata esercitata oppure no contro di lui la domanda di garanzia; premesso, infine, che la chiamata in garanzia contiene sempre una richiesta di estensione soggettiva dell’efficacia dell’accertamento del rapporto altrui al chiamato, il quale, se non è stato citato a prendere parte al processo originario, nel successivo giudizio contro di lui proposto, non è affatto vincolato dalla sentenza di contenuto sfavorevole per il garantito; la Suprema Corte sviluppa in modo coerente le conseguenze.

Il terzo chiamato deve necessariamente poter contraddire riguardo all’accertamento del rapporto principale; allo stesso debbono essere riconosciuti tutti i poteri di gestione della lite, salvo che si tratti di quelli di disporre dell’oggetto di questa. Inoltre, essendo tali poteri attribuiti al garante nel suo interesse, egli assume il ruolo di parte non secondaria, ma principale (da segnalare, peraltro, l’errata assimilazione della posizione del garante a quella dell’interventore adesivo autonomo, atteso che questo non è titolare di un diritto dipendente, ma è contitolare della situazione soggettiva controversa).

In verità, la sentenza del 2015 ha una valenza fondamentale, allorché riconosce, in ogni ipotesi, il potere del terzo chiamato d’impugnare il capo concernente il rapporto principale, anche in caso di acquiescenza delle parti di questo. Il tema era dibattuto sia in ordine all’esistenza di siffatto potere, sia rispetto agli effetti della sentenza di riforma di quella di primo grado, non da tutti ritenuti in grado di interessare anche le parti del rapporto principale, rimaste acquiescenti18.

Variando tema, anche l’art. 108 c.p.c., il quale, in presenza di determinate condizioni, consente l’estromissione dal giudizio del garantito e la prosecuzione dello stesso ad opera del garante, il quale opera da sostituto processuale del primo, è stato preso in considerazione dalle Sezioni Unite.

La norma ha un impatto applicativo molto limitato, ma ha sicura valenza teorica ai fini della ricostruzione della disciplina processuale della garanzia.

Le opinioni circa l’ambito di operatività dell’estromissione sono variegate. Per alcuni, l’art. 108 c.p.c. interviene soltanto nei casi di garanzia propria e non anche in quelli di garanzia impropria19; per altri, l’estromissione può essere disposta con riguardo a tutte le figure di garanzia, ma soltanto ove, con la chiamata, il garantito si limiti a provocare la partecipazione al processo del garante e non anche ove proponga azione di regresso o di rivalsa, in quanto il garante, a seguito dell’estromissione del garantito, rispetto alla domanda di garanzia, «verrebbe ad assumere contemporaneamente la qualità di convenuto e di attore, l’uno in proprio e l’altro come sostituto processuale: il che sarebbe palesemente assurdo»20; per altri ancora, la norma deve essere interpretata in maniera fortemente restrittiva, potendo entrare in gioco solo se la chiamata sia avvenuta senza contestuale proposizione dell’azione di garanzia ed esclusivamente nelle ipotesi di garanzia reale21.

La Cassazione rigenera l’istituto, prevedendone l’utilizzabilità:

i) sia nel caso di chiamata in causa del garante ad effetto soltanto estensivo della legittimazione, sia nel caso di chiamata in giudizio ad effetto estensivo dell’oggetto del giudizio, cioè con richiesta di accertamento del rapporto di garanzia;

ii) in ordine a tutte le figure di garanzia, senza alcuna limitazione (§ 13)22.

Anche con riguardo all’atteggiarsi in sede di gravame del litisconsorzio insorto per effetto di una chiamata in causa del terzo garante, le Sezioni Unite hanno negato ogni rilievo alla distinzione tra le due tipologie di garanzia (propria ed impropria).

In questo modo, sono stati posti nel nulla decenni di giurisprudenza della stessa Corte di cassazione, la quale, fatte salve alcune sporadiche ed isolate pronunce, in maniera pressoché monolitica, riconduceva la garanzia propria all’art. 331 c.p.c. e quella impropria all’art. 332 c.p.c.23 La sentenza del dicembre del 2015 pone la parola fine a questo sistema e ne introduce uno nuovo.

Quale che sia il fenomeno di garanzia che viene in rilievo, propria oppure impropria, reale o personale, a seguito della chiamata in causa del terzo, avvenga essa con oppure senza proposizione della domanda di regresso o di manleva, si determina un litisconsorzio necessario processuale rispetto alla causa principale o di molestia, il quale impone, di regola, l’applicazione dell’art. 331 c.p.c.

Sempre, la chiamata provoca l’estensione soggettiva dell’efficacia della sentenza avente ad oggetto il rapporto principale e, di conseguenza, l’estensione della legittimazione rispetto alla relativa causa. Il garante, che, di per sé, non essendo parte sostanziale di questo rapporto, non ha legittimazione processuale rispetto ad esso, a seguito dell’atto di chiamata, acquisisce piena legittimazione, la quale si spinge sino a comprendere il potere autonomo d’impugnazione; in ogni sede, e, quindi, anche nelle fasi di gravame, l’accertamento del rapporto principale deve avvenire con effetti verso tutti e tre i soggetti implicati nella (complessa) vicenda sostanziale e nel loro contraddittorio, atteso che il garantito, con la chiamata, ha fatto sì che l’efficacia del giudicato proiettasse i suoi effetti, in parte qua, anche sul rapporto di garanzia e anche verso il garante (§§ 14 e 15).

La Cassazione, compiute queste decisive premesse, analizza, poi, in modo specifico, le varie fattispecie, cominciando dall’ipotesi di chiamata con mera estensione soggettiva e passando, infine, a quelle in cui alla chiamata si accompagna la proposizione dell’azione di regresso contro il terzo garante.

Come già evidenziato, il coerente sviluppo delle premesse accolte conduce la Suprema Corte a sostenere la generalizzata applicazione dell’art. 331 c.p.c., ritenendo non necessaria la proposizione dell’impugnazione incidentale, eventualmente tardiva, del soccombente, per ottenere dal giudice di appello la riforma del capo di decisione concernente il rapporto che, dal punto di vista oggettivo, non è direttamente coinvolto dall’impugnazione principale (§§ 14, 15 e 16).

I profili problematici

La garanzia, comunque qualificata, presenta elementi costanti: sotto l’aspetto funzionale, essa consiste sempre nella pretesa che taluno si faccia carico, in tutto o in parte, verso un soggetto, delle conseguenze sfavorevoli da lui patite, a seguito del riconoscimento o del soddisfacimento di un diritto altrui; sul piano strutturale, il rapporto garantito e quello di garanzia presentano sempre un nesso di pregiudizialità con successione cronologica.

Peraltro, i tratti comuni non debbono fare trascurare quelli peculiari a ciascuna figura: nella garanzia impropria, i due rapporti, soltanto occasionalmente collegati, hanno una questione (di fatto e di diritto) comune (ad esempio, nelle vendite a catena, i vizi della cosa); nella garanzia reale, e soltanto in essa, la prestazione di garanzia ha per contenuto primario l’obbligo di difesa processuale.

La pretesa di garanzia presuppone, per la sua esistenza, l’avvenuto riconoscimento del diritto del terzo e, a volte, anche il soddisfacimento dello stesso (è questo il caso del diritto di regresso nei vincoli di coobbligazione).

Per questa ragione, la domanda di garanzia può essere proposta congiuntamente a quella di molestia, ma in maniera subordinata o condizionata rispetto all’accoglimento di questa. Anche la sentenza è condizionata, in quanto la condanna del garante a tenere indenne il garantito è pronunciata subordinatamente al pagamento, da parte di questo, di quanto dovuto al terzo.

La chiamata in garanzia ha lo scopo di estendere al terzo chiamato l’efficacia dell’accertamento relativo al rapporto principale, la quale, in difetto di chiamata, risulterebbe circoscritta alle parti dello stesso.

Peraltro, è anche consentito che, con la chiamata, venga esercitata, seppure in modo subordinato, l’azione di garanzia, con costituzione del cumulo, oltre che soggettivo, oggettivo; ciò al fine di economia processuale e di accelerazione della decisione.

Sulla base di queste premesse, possono essere svolte alcune, brevi considerazioni sulla disciplina processuale, come risulta tratteggiata dalle Sezioni Unite.

L’art. 32 c.p.c. è applicabile rispetto a tutte le tipologie di garanzia; vero è che il garantito ha a disposizione la chiamata in causa con estensione solo soggettiva del cumulo, ottenendo, in questo modo, che il giudicato che verrà reso sia vincolante per il garante, ma non vi è ragione, allo scopo di rispettare le regole ordinarie di competenza, d’impedire alla parte di realizzare il cumulo oggettivo, determinando la trattazione congiunta delle due domande.

Le norme sulla competenza sono cedevoli rispetto a quelle sul simultaneo processo.

L’estromissione del garantito non può essere disposta se è stata introdotta anche la causa di garanzia e se questa non è stata rinunciata; il chiamato, ancorché non abbia contestato il suo obbligo di garanzia, nella causa relativa a questo, non può contraddire con sé stesso rispetto alle questioni, di fatto e di diritto, che debbono essere risolte. Inoltre, questo istituto presuppone che, per disciplina sostanziale, il garante sia tenuto ad assumere la lite, qualora sia chiamato nel processo (art. 1586, co. 2, c.c.), ossia richiede l’esistenza di un obbligo di difesa processuale; però, come si è visto, soltanto nella garanzia reale la prestazione di garanzia ha per contenuto un siffatto obbligo, per cui l’art. 108 c.p.c. può entrare in gioco esclusivamente rispetto a quest’ultima categoria.

Il punto più delicato resta quello del trattamento della garanzia in sede di gravame.

Deve essere condiviso l’assunto delle Sezioni Unite, per le quali, ai fini dell’applicazione degli articoli 331 e 332 c.p.c., non ha alcun valore la distinzione tra garanzia propria ed impropria; infatti, ciò che, a questo riguardo, rileva è il (comune) nesso di dipendenza tra i rapporti, nonché la circostanza che la domanda di garanzia è condizionata alla soccombenza del garantito nella lite di molestia, condizioni, queste ultime, che ricorrono in ogni fenomeno di garanzia.

Al contrario, non è appagante la soluzione della Cassazione, laddove, anche quando con la chiamata è esercitata l’azione di regresso, valorizza la sussistenza di un litisconsorzio necessario processuale rispetto alla causa principale e, in forza di questo postulato, riconduce pressoché tutte le fattispecie processuali all’art. 331 c.p.c.

Una simile conclusione non soltanto complica oltre modo l’instaurazione e lo svolgimento dei giudizi d’impugnazione, ampliando in maniera significativa le ipotesi di litisconsorzio necessario in sede d’impugnazione, ma, soprattutto, entra in conflitto con i principi della legittimazione ad impugnare, la quale presuppone che la parte (impugnante), oltre ad essere titolare del rapporto, abbia subito una soccombenza e abbia interesse ad interporre il gravame.

Note

1 Cass., S.U., 4.12.2015, n. 24707, in Giur. it., 2016, 580 ss., con nota di A. Carratta, e nota di C. Consolo, L. Baccaglini e F. Godio.

2 Vedi, Costantino, G., Garanzia (chiamata in), in Dig. civ., VIII, Torino, 1982, 596 ss., spec. 596 s.

3 Così, Cass., S.U., n. 24707/2015, § 9.1; Proto Pisani, A., Appunti sui profili processuali della garanzia, in Foro it., 2016, I, 2201 ss., spec. 2203 s.; Gambineri, B., Una sentenza storica in tema di chiamata in garanzia, ibidem, 2016, 2195 ss., spec. 2196 s.

4 Cass., S.U., n. 24707/2015, § 8.1.

5 Gambineri, B., Garanzia e processo, I, Fattispecie e struttura, Milano, 2002, 38 ss., 134 ss.

6 Proto Pisani, A., Lezioni di diritto processuale civile, VI ed., Napoli, 2014, 349 ss.; Gambineri, B., Garanzia, cit., 159 ss., 177 ss.

7 Calamandrei, P., La chiamata in garanzia, Milano, 1913, 15 ss.; Costantino, G., op. cit., 597 ss.; La China, S., Garanzia (chiamata in), in Enc. dir., XVIII, Milano, 1969, 466 ss., specie 467, 470; Luiso, F.P., Diritto processuale civile, I, VIII ed., Milano, 2015, 346 s.; Consolo, C., Spiegazioni di diritto processuale civile, II, Torino, 2014, 78 ss.; in senso critico, Gambineri, B., Garanzia, cit., 134 ss.; Proto Pisani, A., Appunti, cit., 2202.

8 In questo modo, Cass., S.U., 26.7.2004, n. 13968, in Foro it., 2005, I, 2385 ss., con nota di B. Gambineri.

9 Su quest’ultima figura, per tutti, Prendini, L., L’azione di c.d. regresso del venditore finale fra «garanzia propria» e «impropria». Profili processuali e comparatistici, in Corr. giur., 2005, 121 ss.

10 Cass., S.U., n. 13968/2004; successivamente, Cass., 30.11.2011, n. 25581; Cass., S.U., 4.12.2015, n. 24707.

11 Calamandrei, P., op. cit., 1 ss., 7 testo e nota 1; Luiso, F.P., op. cit., I, 340-344; Consolo, C., op. cit., II, 75 ss.; Monteleone, G., Garanzia: II) chiamata in garanzia (dir. proc. civ.), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1989, 1 ss.; La China, S., op. cit., 470.

12 Con riferimento alla garanzia propria, confronta: Cass., S.U., n. 13968/2004; Cass., 1.12.2005, n. 27926; e alla garanzia impropria: Cass., 1.4.2003, n. 4893; 8.8.2002, n. 12029.

13 Così, Cass., S.U., n. 24707/2015, § 12; criticamente, Tiscini, R., Garanzia propria e impropria: una distinzione superata, in Riv. dir. proc., 2016, 835 ss., specie 842.

14 Cass., 14.1.2004, n. 429; Cass., 16.4.2014, n. 8898; Cass., 12.12.2003, n. 19050; Cass., 5.8.2002, n. 11711.

15 Cass., S.U., n. 13968/2004.

16 Con riguardo all’applicazione dell’art. 6, co. 2, Convenzione di Bruxelles, si vedano Cass., S.U., 28.5.2012, n. 8404; Cass., S.U., ord., 12.3.2008, n. 5965; contra, Cass., S.U., 7.8.2001, n. 10891.

17 Al riguardo, si segnala, specialmente, Gambineri, B., Garanzia e processo, II, Il procedimento, Milano, 2002, 530 ss.

18 Vedi, Costantino, G., Garanzia, cit., 599 ss., Gambineri, B., Garanzia, cit., II, 589 ss., 599 ss.; in giurisprudenza, Cass., 13.3.2012, n. 3969, in senso favorevole all’ammissibilità dell’impugnazione del rapporto principale ad opera del garante.

19 Così, la giurisprudenza dominante: Cass., S.U., n. 13968/2004; Cass., 4.6.2006 n. 5478; Cass., 8.11.1985, n. 5461.

20 In questo modo, Proto Pisani, A., Lezioni, cit., 356 s.; in modo parzialmente difforme, Gambineri, B., Garanzia, cit., II, 454 ss., per la quale l’estromissione è sì consentita anche allorquando, con la chiamata, sia stata esercitata la domanda di garanzia, ma, in tal caso, l’estromissione del garantito attua una semplificazione non soltanto soggettiva ma anche oggettiva del giudizio, implicando o presupponendo una rinuncia alla causa di regresso.

21 Consolo, C., op. cit., II, 88 s.; Luiso, F.P., op. cit., I, 356 s.

22 Criticamente circa questa posizione, Carratta, A., “Garanzia propria” e “garanzia impropria” - Requiem per la distinzione fra garanzia propria e impropria in sede processuale, in Giur. it., 2016, 580 ss.

23 Nel senso che alla garanzia propria si applica sempre la disciplina delle cause inscindibili o dipendenti di cui all’art. 331 c.p.c., per tutte: Cass., 5.10.2009, n. 21240; per l’affermazione che, invece, la garanzia impropria è da ricondurre alla categoria delle cause scindibili, ex art. 332 c.p.c., Cass., 25.7.2013, n. 18044; Cass., 4.6.2007, n. 12492; Cass., 10.6.2004, n. 11013; Cass., 1.4.2003, n. 4893; per la dottrina, si rinvia a Menchini, S., La struttura (oggettiva e soggettiva) del giudizio di impugnazione in caso di chiamata in garanzia dell’assicuratore per la responsabilità civile, in Giusto proc. civ., 2012, 1077 ss., e ivi riferimenti ulteriori.

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