GARIGLIANO

Enciclopedia Italiana (1932)

GARIGLIANO (A. T., 27-28-29)

Goffredo COPPOLA
Carmelo COLAMONICO
Cesare CESARI

È il corso inferiore del fiume Liri (v.), a valle della confluenza col Rapido (già Gari) che bagna Cassino; il nome deriva dall'antica voce Gariliriano, risultante dalla fusione dei due rami (Gari e Liri), da cui appunto il Garigliano viene formato. Il cambiamento del nome corrisponde al cambiamento di direzione del corso del fiume, il quale, proprio all'incontro col Rapido proveniente da N., piega nettamente ad angolo retto e si dirige verso S. Il corso del Garigliano, complessivamente dello sviluppo di 38 km., si svolge nel primo tratto fra le due masse calcaree degli Aurunci a O. e del M. Camino a E., e quivi confluisce il Peccia; s'incurva nel secondo tratto in una gola incisa tra le falde degli Aurunci stessi, ove scaturiscono ricche e numerose sorgenti di acque minerali, e la massa vulcanica del Roccamonfina; attraversa nell'ultimo tratto una piatta zona alluvionale, nella quale il fiume divaga pigramente con meandri e riceve sulla destra le acque del torrente Ausente. Il bacino idrografico del Liri-Garigliano ha un'estensione di 4950 kmq.; la portata di magra ordinaria del Garigliano, alla foce, è di 44 mc. al secondo, cifra che si discosta di poco dalla portata media, essendo il Garigliano a regime molto regolare. Dal 1927, il Garigliano segna il confine tra le provincie di Napoli e di Roma e, pertanto, fra i compartimenti della Campania e del Lazio.

Il combattimento al Garigliano. - Il 29 ottobre 1860 le truppe del IV corpo italiano al comando del generale Cialdini, dopo aver ricacciato i borbonici dalle alture di Cascano e San Giuliano si fermarono a Sessa. Di là furono impartiti gli ordini per una ricognizione sul Garigliano, alla quale presero parte i quattro battaglioni bersaglieri 6, 7, 11, 12° e i reggimenti di cavalleria Piemonte Reale, Novara e Milano. Queste truppe erano al comando del generale Di Savoiroux. Le forze borboniche schierate sulle alture di Minturno sommavano a 10 mila uomini con 46 cannoni agli ordini del maresciallo Colonna. Per il vivo fuoco di artiglieria e per la rottura dell'unico ponte, i bersaglieri e più specialmente il 7° battaglione, furono esposti a gravissime perdite e la cavalleria avanzando allo scoperto nella pianura del Garigliano non poté dar prova che di una grande intrepidezza; così il fatto d'arme - che da parte piemontese aveva conseguito lo scopo di smascherare le forze avversarie - poté essere decantato dai borbonici come una vittoria.