PONTANI, Gaspare

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 84 (2015)

PONTANI, Gaspare

Anna Modigliani

PONTANI, Gaspare. – Nacque con ogni probabilità alla fine degli anni Quaranta del XV secolo. Visse a Roma nel rione Ponte, tra Tor di Nona e la chiesa di S. Salvatore in Lauro.

Ebbe un fratello, Sebastiano, nella cui bottega Pontani spesso stipulava i suoi atti notarili; dalla moglie Alteria (morta nel 1506), ebbe almeno tre figli, menzionati come viventi nel testamento del 1515: Antonio, probabilmente un ecclesiastico, Ippolito e Vincenza.

Pontani fu notaio (detto del Nantiporto, espressione che riconduce forse alla figura degli antepositi, notai dei caporioni di Roma; cfr. Diario, 1907-08, p. 10). Il primo atto da lui stipulato risale al 22 marzo 1468 e la sua attività di notaio capitolino è attestata da cinque protocolli, che coprono un arco di tempo di quasi mezzo secolo, fino all’aprile del 1513 (Archivio di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, voll. 1313-1317).

La notorietà di Pontani è dovuta alla composizione di un diario ‘romano’, di notevole interesse per la storia della città durante i pontificati di Sisto IV e di Innocenzo VIII.

L’identificazione di Gaspare Pontani con l’autore del Diario, sfuggita a Ludovico Antonio Muratori e ad altri studiosi, fu compiuta da Diomede Toni sulla base della corrispondenza della notizia di un prestito di perle fatto da Gaspare anche a nome della moglie Alteria, registrato nel Diario il 7 agosto 1487 (Diario, 1907-08, pp. 67 s.), con il relativo atto notarile del 4 agosto (p. XLVI; l’atto è in Archivio di Stato di Roma, Collegio dei Notai Capitolini, vol. 648, cc. 149v-150v, notaio Bartholomeus de Coronis; per la quietanza del 29 luglio 1488, c. 172rv).

I codici che tramandano il Diario sono stati scritti almeno un secolo dopo la morte dell’autore. Tale circostanza, comune a tutta la cronachistica romana del XIV e XV secolo, ha sollevato il problemi dell’autenticità di queste opere, ai quali la storiografia ha generalmente risposto in senso positivo. Nell’ampia introduzione all’edizione, Toni dimostra l’autenticità del contenuto storico del Diario di Pontani e nota come le varie notizie siano state composte a brevissima distanza dai fatti; mentre afferma che il «contenuto filologico è in gran parte autentico» (p. XLIV).

A fronte della sua lunga carriera di notaio, il Diario di Gaspare Pontani copre soltanto undici anni e mezzo di storia, dal 1481 alla morte di Innocenzo VIII (25 luglio 1492). Il Diario racconta la stagione di brighe e di lotte armate tra le fazioni dei Colonna e degli Orsini, alleate rispettivamente con le famiglie dell’aristocrazia municipale Della Valle e Margani, di fedeltà colonnese, e Santacroce e Crescenzi, appartenenti al ‘clan’ orsino. Racconta l’uccisione di Lorenzo Oddone Colonna (30 giugno 1484; Diario 1907-08, p. 35), il clima di paura che regnava in città e soprattutto nel rione Ponte, dove si attestava la residenza degli Orsini di Monte Giordano.

Proprio la vicinanza della casa di Pontani all’insediamento della potente famiglia baronale aveva costretto il cronista, il 29 maggio dello stesso anno, a barricarsi in casa per evitare di essere coinvolto nella guerriglia urbana: «si fecero per Roma gran guardie et ognuno si forniva in casa lo meglio che poteva, et io misi doi caratelli alla porta carichi di sassi et pontellai molto bene et a tutte le finestre et alla loggia misi sassi ben grossi et tutta la notte se gridava per Ponte: “Orso” et in Monte Giordano si fecero fochi con soni de trombe et molti scoppi» (pp. 29-30).

A partire dal 1488 le notizie riferite da Pontani si fanno molto più scarse, cosa da cui si può desumere un suo progressivo disinteresse per la scrittura dell’opera.

Il Diario, che lo stesso Pontani definisce «historia» (p. 10) è scritto in un volgare romanesco tendente al toscano, con alcuni inserti in latino. L’autore lascia per lo più ai margini le vicende internazionali per accogliere una prospettiva tipicamente cittadina, con un interesse specifico per i fatti riguardanti il rione Ponte e con una serie di notazioni di carattere familiare e personale. Il racconto è organizzato in modo strettamente cronologico e anche la composizione dell’opera, spezzata in una serie di lemmi spesso molto brevi che si aprono con una data, appare accompagnare molto da vicino gli eventi appena trascorsi. Tali scelte rispondono, piuttosto che a un disinteresse per una prospettiva politica più ampia (prospettiva che entra comunque nella narrazione sotto la forma di notizie circolate a Roma), a una concezione autoptica dello scrivere storia. Tale concezione, già comune a gran parte della cronachistica romana trecentesca e quattrocentesca, è da collegare anche alla professione di notaio svolta da Gaspare, che lo portava a scrivere solo quello che aveva personalmente visto e udito («Alli 16 [luglio 1482] venne la nova come la Città di Castello era in tutto perduta...», p. 11).

Dal 1493 Pontani fu accolto nella Società del Salvatore; nell’aprile del 1509 fu tra i tredici ufficiali del Salvatore, per il rione Ponte, e il 24 agosto dello stesso anno fu eletto segretario. In tale funzione, nel 1512, riceveva una ricompensa dalla Società del Salvatore per alcuni servizi prestati al cardinale Alessandrino, Giovanni Antonio Sangiorgio, morto nel 1509. Nel VII protocollo degli Istromenti della Società del Salvatore (Archivio di Stato di Roma, Ospedale del SS.mo Salvatore ad Sancta Sanctorum, vol. 30, cc. 120v-244r) si trovano gli atti stipulati da Petrone in qualità di segretario, dal 1509 al marzo del 1514, quando chiese di essere rilevato dall’incarico per motivi di età.

Il 7 luglio 1515 dettò il suo testamento al notaio Pietro Paolo de Manfredis nella chiesa di S. Maria in Aracoeli (Archivio di Stato di Roma, Collegio dei Notai Capitolini, vol. 1028, cc. 36v-41v).

Disponeva di essere sepolto nella chiesa dei Ss. Celso e Giuliano, alla quale lasciava dieci fiorini per la riparazione dell’altare della Vergine, mentre all’ospedale del Salvatore destinava cinquanta fiorini. La parte di eredità spettante al figlio Antonio era costituita dal denaro già speso per l’acquisto di benefici, probabilmente ecclesiastici, e dalla sesta parte di una casa nel rione Ponte. Il figlio Ippolito (marito di Ippolita Cerretani) era dichiarato erede universale, mentre alla figlia Vincenza, monaca nel monastero di S. Maria in Campo Marzio, era destinata la sua dotazione più 12 ducati l’anno da ricavare dall’affitto di una casa a Tor di Nona. A Brigida e Bernardina, figlie del fratello Sebastiano già morto nel 1499, Gaspare Pontani lasciava una veste lugubre.

Si ignora la data di morte di Pontani, che un’errata attribuzione a lui di un protocollo di Ponziano Ponziani (Archivio di Stato di Roma, Collegio dei Notai Capitolini, vol. 1318) ha stabilito a dopo il 1524, mentre è da considerare certamente successiva al 1515, quando dettò il suo testamento.

Fonti e Bibl.: D. Iacovacci, Repertorii di famiglie, Biblioteca apostolica Vaticana, Ottoboniano latino 2552.III, pp. 949-954; Diarium romanae Urbis ab anno MCCCCLXXXI ad MCCCCXCII, auctore anonymo synchrono notario de Antiporto, a cura di L. A. Muratori, Mediolani 1734, in RIS, s. 1, III, parte II, coll. 1063-1108; Il diario romano di G. P., già riferito al ‘notaio del Nantiporto’ (30 gennaio 1481 - 25 luglio 1492), a cura di D. Toni, Città di Castello 1907-1908, ibid., s. 2, III, parte II, pp. 3-71).

Il notariato nella civiltà italiana. Biografie notarili dall’VIII al XX secolo, a cura del Consiglio nazionale del notariato, Milano 1961, pp. 464-474; G. Ernst, Die Toskanisierung des römischen Dialekts im 15. und 16. Jahrhundert, Tübingen 1970, p. 22; Scrittura, biblioteche e stampa a Roma nel Quattrocento. Atti del 2° seminario1982, a cura di M. Miglio, Città del Vaticano 1983, pp. 585, 596, 753; P. D’Achille - C. Giovanardi, La letteratura volgare e i dialetti di Roma e del Lazio. Bibliografia dei testi e degli studi, I, Dalle origini al 1550, Roma 1984, p. 57; P. Cherubini, Tra violenza e crimine di stato: la morte di Lorenzo Oddone Colonna, in Un pontificato ed una città. Sisto IV (1471-1484). Atti del convegno…, a cura di M. Miglio et al., Roma 1986, pp. 355, 377 s.; A. Modigliani, La lettura ‘storica’ delle fonti in volgare: il caso di Roma. Memorie cittadine e familiari, in Storia della lingua e storia, Atti del II Convegno ASLI…, Catania 1999, a cura di G. Alfieri, Firenze 2003, pp. 241 s., 250.

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