GASTRALGIA

Enciclopedia Italiana (1932)

GASTRALGIA (dal gr. γαστήρ "ventre, stomaco" e ἄλγος "dolore"; ted. Magenschmerz)

Leonardo Alestra

È il dolore localizzato allo stomaco. Quando si presenta in forma primitiva è dato da una neurosi gastrica che è forse la più frequente delle neurosi sensitive. È caratterizzato allora da dolori accessionali, crampiformi, che insorgono improvvisamente, sono accompagnati da senso di malessere, vomito; cominciano all'epigastrio e si diffondono in diverse direzioni per lo più posteriormente, e dileguano lentamente. La durata e la frequenza degli accessi è variabile. La pressione sull'epigastrio allevia il dolore. Gli accessi dolorosi si presentano per lo più in individui giovani, specialmente di sesso femminile. Talvolta si possono collegare a stati d'eccitazione psichica. Ma la gastralgia può essere anche un sintomo di alterazioni del chimismo gastrico (iperacidità), di lesioni dello stomaco (gastrite, ulcera, ecc.). Mentre le forme primitive sono indipendenti dai pasti, le gastralgie dovute a una lesione organica dello stomaco dimostrano uno stretto rapporto con l'ingestione dei cibi. La gastralgia può dipendere anche da malaria, tabe, ingestione di cibi o medicamenti irritanti, ecc.

La cura si propone anzitutto di calmare il dolore, salvo poi a combatterne la causa. Per far cessare il dolore, se è intenso, si dovrà ricorrere al laudano, alla papaverina, alla morfina, meglio se associata all'atropina. Nelle forme leggiere basteranno applicazioni calde locali, infuso di camomilla o di tè, acqua cloroformica, valeriana. Se gli accessi gastralgici sono legati a uno stato clorotico, si farà poi una cura di ferro - d'arsenico.