CLARETTA, Gaudenzio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 26 (1982)

CLARETTA, Gaudenzio

Isabella Ricci Massabò

Nacque a Torino il 21 nov. 1835 da Fedele e Paolina Spanna. Poiché per tradizione familiare i Claretta da antica data ricoprivano cariche giudiziarie ed amministrative, il C. fu avviato agli studi giuridici. Conseguì la laurea in legge il 19luglio 1857 presso l'università di Torino. Il fervido clima politico che animava lo Stato sabaudo, teso verso una rifondazione politica e territoriale, non vide il C. partecipe: egli ritraendosi da ogni attività giuridica ed amministrativa si isolò negli studi storico-eruditi. La stima e la considerazione di F. Sclopis e i primi lavori di ricerca valsero ben presto al C. l'associazione alla R. Deputazione di storia patria, di cui divenne corrispondente con elezione del 10 luglio 1860 e membro effettivo dal 22 genn. 1863. La Deputazione costituiva nella cultura dello Stato sabaudo il punto d'incontro e di fusione dei complessi impulsi ideologici tendenti ad identificare il ruolo nazionale del Piemonte e della sua classe dirigente. Nella Deputazione accanto a C. Balbo, animatore e teorico del dibattito storico, trovavano collocazione uomini come L. Cibrario, F. Sclopis, F.A. Duboin; essi alla adesione al modello riformistico-moderato piemontese univano una profonda cultura giuridica e la ricerca erudita. Il C. di tale clima fu partecipe e protagonista, polarizzando la sua indagine su studi specifici e monografici, talvolta di pura erudizione. Due anni dopo la laurea, nel 1859, egli dette alle stampe a Torino l'opera DiGiaveno,Coazze e Valgioie: cenni storici.

Tale scritto segna il momento iniziale di una serie di indagini di storia locale a cui il C. dedicherà la propria ricerca. L'indagine su comunità particolari si pone come strumento per arricchire l'interpretazione della storia generale e in tale tipo di ricerca si collocano molti altri lavori del C., tra cui Ilmunicipio torinese ai tempi della pestilenza del 1630 (Torino 1868); vari scritti su Giaveno, luogo d'origine della famiglia Claretta (Il Comune di Giaveno nel Medioevo, Torino 1886; IlComune di Giaveno e l'abbazia di S. Michele della Chiusa nell'età di mezzo, ibid. 1887) e sull'abbazia di S. Michele della Chiusa (Storia diplomatica dell'antica Abbazia di San Michele della Chiusa, Torino 1870), tutti corredati da ampie raccolte documentarie.

Tema delle varie opere del C. è prevalentemente la storia piemontese, con particolare riferimento ai secoli XVI-XVIII; raramente egli trattò argomenti che non riguardassero il Piemonte: qualche aneddoto di storia ligure, una dissertazione storico-genealogica sulla famiglia milanese degli Assandri. "L'amore schietto del paese", che egli professa più volte nei suoi lavori, unito al dichiarato amore per la verità ("il linguaggio della storia è quello della verità nemica dello spirito di parte") lo inducono ad un impegno costante di prova documentaria. In questo spirito la critica del C. non risparmia gli storici, del passato né i sovrani che nella ricostruzione di vicende patrie si affidarono a narrazioni partigiane e unilaterali. La fedeltà a tali principi, la scrupolosa indagine e la serie di documenti prodotti fanno sì che alcuni scritti del C. rimangano, ancora oggi, validi per la conoscenza dei periodi storici descritti. Tra essi occupa un posto di rilievo la Storia della reggenza di Cristina di Francia,duchessa di Savoia,con annotazioni e documenti inediti, in tre volumi (Torino 1868-1869).

Tale opera affronta un tema più volte trattato dagli storici della dinastia sabauda e non sempre con spirito d'indipendenza; pertanto le storie della reggenza del Guichenon e del Castiglione (favorevoli alla duchessa) e quelle del Tesauro (in favore del principi Maurizio e Tommaso) vengono indicate dal C. come pervase di spirito di parte e quindi di poco vantaggio per l'obbiettività della storia. In nome della propria indipendenza intellettuale il C. dichiara: "credo di assicurare i miei lettori che nulla ho scritto, prima di esaminare con diligenza, rappresentando gli oggetti quali li ho veduti". Al fedele amore per la monarchia il C. crede di dover anteporre l'amore per la verità storica "nemica dello spirito di parte, della maldicenza, della inurbana censura". Le ricerche preparatorie al lavoro furono condotte dal C. nel corso di cinque anni, giungendo all'edizione del primo volume dell'opera nel 1868; ad esso seguirono nel 1869 la seconda parte e un volume di documenti. Il C. stesso chiarisce le linee direttive dell'opera: "per renderla perfetta, conviene contemplare non solamente la vita dei grandi personaggi del tempo, ma sì ancora le consuetudini, le leggi, le istituzioni, il popolo..., rimanendo in tal modo descritte non l'istoria della dinastia ma sì ancora del paese". L'impegno civile si affianca alla meticolosa ricostruzione delle strutture amministrative ed istituzionali e del tessuto sociale dello Stato. La tragica situazione dei contadini e dei ceti artigiani coinvolti in vicende belliche che si traducono in fame e tributi; le lotte, che la reggenza di Cristina esalta, tra nobiltà di servizio e aristocrazia di antica data sono presenti come punto di interesse per la comprensione del periodo storico in questione. L'opera rimane, ancora oggi, fondamentale riferimento storiografico e documentario.

Il 3 giugno 1872 il C. entrò a far parte della R. Accademia delle scienze di Torino, quale membro nazionale residente, per la classe di scienze morali, storiche e filologiche. Di tale classe accademica egli sarà, poi, eletto direttore con due successive nomine (24 febbr. 1895 e 20 febbr. 1898). Nel 1874 fu tra i soci foridatori della Società di archeologia e belle arti per la provincia di Torino; di essa diverrà presidente nel 1894, succedendo al Fabretti. Gli incarichi pubblici ed onorifici non ostacolarono le ricerche storiche del C.; nel 1877 egli dette alle stampe la Storia del regno e dei tempi di Carlo Emanuele II,duca di Savoia (Torino 1877-79) in tre volumi.

Il C. ricostruisce con attenzione meticolosa la ripresa dello Stato sabaudo sotto Carlo Emanuele II e l'opera diretta all'organizzazione istituzionale e amministrativa dello Stato. Egli delinea inoltre la politica internazionale del sovrano tesa a inserire il ducato sabaudo nella vicenda europea. Nonostante la dichiarata e ricercata indipendenza della narrazione storica, che non deve cedere alla celebrazione (tale assunto ricorre sovente nelle dichiarazioni di principio del C.), l'opera non si sottrae a quei doveri che i compiti nazionali imponevano alla storiografia sabauda. Il C. traccia l'immagine di un sovrano innovatore la cui opera di organizzazione dello Stato prepara l'età delle riforme di Vittorio Amedeo II. Il lavoro è diviso in tre parti: le prime due dedicate agli avvenimenti politici interni ed internazionali, la terza considera invece la vita quotidiana della corte, della nobiltà, del clero e del popolo. L'ordinamento amministrativo, giudiziario e militare del ducato è esaminato tramite documenti per la maggior parte inediti. Vengono indicate le opere pubbliche e di abbellimento dello Stato; non si trascurano note sull'agricoltura ed il commercio; sono oggetto di indagine la condizione degli studi in Piemonte e la riforma della università; biografie di personaggi particolari completano la narrazione storica.

Lo stile storiografico è inconsueto e i lavori del C. sono accusati di eccessiva minuziosità e di mera erudizione incapace di elevarsi a storia. Quella del C. è in realtà una consapevole scelta ed egli si difende dalle critiche, convinto che per una comprensione piena di un periodo storico siano necessari "molti sprazzi della vita, dei costumi, delle usanze dei tempi decorsi... che soli si rinvengono nella vita intima e famigliare la quale vuole essere associata e deve tener dietro a quella politica, che si propone specialmente di accennare solo ai fatti più cospicui e generali".

Nel 1878, riprendendo un tema che già C. Balbo aveva trattato, sottolineando la povertà di apporti ed auspicando nuovi contributi, il C. dette alle stampe a Torino Suiprincipali storici piemontesi.

Il lavoro raccoglie numerose "memorie storiche, letterarie, biografiche" sui principali storici del Piemonte fino al sec. XVIII; a corredo dell'opera è inserita un'ampia raccolta di documenti. Il C. individua con spirito critico gli stretti nessi tra storiografia e politica; una particolare e severa considerazione è riservata agli storici di corte dei quali evidenzia la negativa attività, quando essi "persuasi che conveniva adulare o soccombere stimarono meglio cedere senza un menomo barlume di critica, allontanandosi dalla ricerca della verità". Alle opere maggiori sono da aggiungere numerosi lavori, alcuni dei quali rimasti manoscritti: tra questi un Dizionario biografico genealogico del Piemonte (in Archivio di Stato di Torino, Sezioni riunite) e Sunti testamentari(1684-1842) depositati nel Senato di Piemonte (ibid., Archivio di Corte). A. Manno dette l'elenco di 185 lavori prodotti in quaranta anni di attività.

Se negli anni giovanili il C. fu estraneo alla vita pubblica, egli vi si dedicò con notevole impegno nella maturità: fu nella direzione dell'Opera pia di S. Luigi Gonzaga, istituto ospedaliero di rilievo in Torino, del Ricovero di mendicità, del Collegio degli artigianelli. Nel 1898 fu eletto nel Consiglio della provincia di Torino e confermato nel 1899; fece parte dei Consigli comunali di Grugliasco, Rivalta e Beinasco nel 1899. Fu nominato membro del Consiglio superiore degli archivi (1900); per tale carica fu chiamato a Roma a presiedere una commissione di concorso per archivisti ed ivi morì dopo brevissima malattia il 17 febbr. 1900.

Aveva sposato a Torino il 10 maggio 1862 Luisa, figlia del conte Pio Vitale; ebbe quattro figli: Virginia, Paolina Pia, Clotilde Luisa, Amedeo.

Fonti e Bibl.: G. Carle, C. G. Brevi parole di commem., Torino 1900; B. Casanova, Necr., in Arch. stor. ital., s. 5, XXV (1901), pp. 194-198; E. Ferrero, G. C. Parole commemorazione, in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, XXXVIII (1902-1903), pp. 279 ss.; Torino, Accademia delle scienze, Fondo Federico Sclopis, cartt. 25.661-25.669 (altre lettere con i numeri 34.375, 34.376, 34.380); Ibid., Biblioteca Reale. A. Manno, Il patriziato subalpino, III (datt.), pp. 161 ss.; L. Tettoni, Vita di L. Cibrario, Torino 1872, p. 300; A. De Gubernatis, Diz. biograf. degli scrittori contemporanei, Firenze 1879, p. 296; A. Manno, L'opera cinquantenaria della R. Deputaz. di storia patria di Torino, Torino 1884, pp. 249-252; Notabilità e notorietà, in Gazz. di Torino, 20 dic. 1884; elenco completo delle opere del C. in A. Manno, Il lavoro quadragenario del bar. G. C., in Misc. di storia ital., s. 3, V (1901), pp. XLIII-LX; G. Ricuperati, Lo Stato sabaudo e la storia da Emanuele Filiberto a Vittorio Amedeo II. Bilancio di studi e prospettive di ricerca, in Atti del conv. di studi sul Piemonte - Stato attuale,metodologia e indirizzi di ricerca, Torino 1980, p. 22.

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