MONTANARI, Geminiano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 75 (2011)

MONTANARI, Geminiano

Ivano Dal Prete

–  Nacque a Modena il 1° giugno 1633 da Giovanni e da Margherita Zanasi. La famiglia non risulta particolarmente cospicua, ma il M. ottenne nel 1659 di farla iscrivere per la sua antichità nell’albo d’oro della nobiltà cittadina.

L’infanzia e l’adolescenza furono segnate dalla morte del padre e di tre fratelli, che lo lasciarono unico erede dei beni della zia materna; la sua educazione fu dunque curata dalla madre, che lo avviò in patria ai consueti studi letterari, filosofici e giuridici affiancati da quando aveva tredici anni dalla matematica e la geometria. Nel 1653 il M. si trasferì a Firenze per perfezionarsi in utroque iure sotto la guida dell’avvocato J. Federighi, nella speranza di poter contribuire al miglioramento delle precarie condizioni economiche della famiglia. Durante il soggiorno fiorentino si dedicò, oltre che all’avvocatura e alla giurisprudenza, all’approfondimento della filosofia naturale cartesiana e alle prime osservazioni scientifiche. Di costituzione gracile e di natura melancolica, gli viene tuttavia attribuito un temperamento irascibile e passionale; ne recano conferma le ferite date e ricevute in quegli anni in risse e duelli (episodi d’altra parte non rari tra gli studenti dell’epoca) nonché il pericoloso legame sentimentale intrecciato con una non meglio precisata dama toscana di alto lignaggio. Gli odi e le calunnie provocati da tale situazione indussero il M. ad abbandonare Firenze, facendolo riparare a Grosseto per alcuni mesi nell’estate del 1656.

Un invito a recarsi in Austria giunto poco dopo gli consentì di liberarsi definitivamente della difficile relazione e di ottenere una laurea in utroque iure dall’Accademia di Salisburgo. Il successivo soggiorno a Vienna si rivelò decisivo nella definizione della vocazione scientifica del M.: nella capitale austriaca egli entrò in stretti rapporti con il matematico fiorentino P. del Buono, uno degli ultimi allievi di Galileo, dal 1655 al servizio imperiale come direttore della Zecca. Nonostante la brevità della frequentazione (durata verosimilmente non più di un anno tra il 1657 e il 1658), del Buono esercitò un’influenza duratura sul ventiquattrenne M., iniziandolo a un approccio in filosofia naturale tipico della scuola galileiana e dell’Accademia del Cimento, con cui del Buono manteneva un’attiva corrispondenza. I due compirono un gran numero di esperienze sull’incompressibilità dei fluidi, l’incubazione artificiale di uova di gallina, la generazione di aria e la deposizione di rame in acqua; è probabile che in questo periodo il M. abbia affinato le proprie competenze matematiche e sia stato iniziato tanto alle osservazioni astronomiche quanto alla lavorazione di lenti. Nell’inverno 1657-58 il M. accompagnò del Buono in una visita alle miniere d’argento di Stiria, Ungheria e Boemia, approfittandone per osservazioni sulla circolazione dell’aria nelle gallerie, la formazione dei metalli e per sperimentare con il maestro l’uso di una pompa idraulica adatta al prosciugamento di pozzi minerari. L’enfasi sull’osservazione e l’accumulo di dati sperimentali, uno stretto meccanicismo, il profondo interesse per le applicazioni pratiche della filosofia naturale costituivano tratti distintivi della scuola galileiana, che caratterizzarono tutta la successiva attività scientifica del Montanari. Il rifiuto dei sistemi e la circospezione nel suggerire meccanismi esplicativi dei fenomeni divennero invece un motivo di crescente distacco (fatti salvi alcuni elementi, come la concezione meccanica dell’universo e la conservazione della sua quantità di moto totale) dalle dottrine cartesiane, di cui in gioventù era stato ammiratore.

Il fruttuoso sodalizio si interruppe nell’estate 1658, quando il M. fu richiamato in patria da problemi familiari. Dopo una breve permanenza a Modena, tra il 1659 e il 1661 soggiornò nuovamente a Firenze, entrando in contatto con il principe Leopoldo de’ Medici e i membri dell’Accademia del Cimento. Strinse amicizia in particolare con A. Magliabechi, F. Redi, N. Stenone, V. Viviani, oltre che con Antonio Maria e Candido del Buono, fratelli di Paolo e valenti molatori di lenti, prendendo parte a osservazioni ed esperimenti. Più complesso il suo rapporto con G.A. Borelli, segnato da divergenze personali oltre che filosofiche.

La crescente reputazione come filosofo naturale gli valse il richiamo in patria da parte del duca Alfonso IV d’Este, che dall’aprile 1661 gli offrì un incarico alla corte di Modena. La sua chiamata avvenne con il patrocinio di C. Malvasia, generale delle milizie ducali e appassionato cultore di astronomia e astrologia.

Di origine bolognese, Malvasia era al servizio dei duchi di Modena dal 1644 e si era valso della collaborazione del giovane G.D. Cassini per attrezzare a specole astronomiche il torrione centrale del castello di Panzano e il giardino della propria residenza modenese. Aveva quindi ottenuto per Cassini la cattedra di astronomia dell’Università di Bologna nel 1650 e il consenso del Senato per tracciare in S. Petronio la celebre meridiana completata nel 1656.

Malvasia non condivideva lo scetticismo di Cassini e del M. stesso in materia di astrologia: il suo progetto di impiegare le loro competenze e la sua strumentazione per redigere nuove effemeridi astronomiche trovava radice nella convinzione – un argomento ricorrente nella cultura astrologica «alta» – che previsioni errate fossero soprattutto il risultato di effemeridi astronomiche imprecise. Malvasia decise quindi di utilizzare come punto di partenza le tavole di P. van Lansberg, cui tuttavia le Ephemerides Novissimae (Modena 1662) apportavano una serie di correzioni senza riuscire a migliorarne significativamente l’accuratezza. L’elemento più qualificante di questo intervento fu rappresentato dalle nuove effemeridi del Sole calcolate da Cassini, la cui precisione risultò molto superiore anche a quella delle tavole Rudolfine di Keplero. La collaborazione con Cassini e Malvasia rappresentò senza dubbio un momento fondamentale nella formazione astronomica del M., il cui contributo alle Ephemerides Novissimae fu più ampio di quanto l’opera lasci supporre: nonostante egli venga citato solo in relazione alla mappa della Luna allegata al volume (Icon Lunaris), ebbe sicuramente una parte rilevante nelle osservazioni, nei calcoli relativi alle correzioni delle effemeridi lansbergiane e nella costruzione degli strumenti impiegati, in particolare nella realizzazione del micrometro filare utilizzato nelle osservazioni lunari e in quelle dei satelliti di Giove e Saturno.

L’attività del M. come costruttore di strumenti, in particolare ottici, si sviluppò infatti notevolmente nel corso degli anni '60 raggiungendo probabilmente il suo apice all’inizio del decennio successivo. Dalla corrispondenza dei primi anni '70 risulta impegnato nella realizzazione di microscopi, lenti, telescopi completi e lanterne magiche, di cui produceva le ottiche e curava l’assemblaggio. Il principale assistente del M. fu sua moglie, Elisabetta, sposata nel 1659, che potrebbe aver molato personalmente diverse lenti.

Nel Discorso sulla tromba parlante (Guastalla 1678), il M. approfondì gli effetti e il funzionamento del megafono, ideato tre anni prima dall’inglese S. Morland; l’invenzione della Livella Diottrica (1674) accresceva invece la precisione e le possibilità di impiego delle tradizionali livelle ad acqua utilizzate in topografia e agrimensura, grazie all’accoppiamento di una mira telescopica con un reticolo filare. Determinante fu il ruolo svolto dal M. in una realizzazione del tutto diversa, lo «Sferologio» costruito da B. Ferrari per il principe Gianfrancesco Gonzaga (Descrizione di uno Sferologio, Bologna 1683), da cui trasse ispirazione B. Facini per il suo celebre «Planisferologio». Una macchina destinata a riprodurre i moti dei satelliti di Giove, che il M. aveva progettato e iniziato a costruire, rimase invece incompiuta per la morte di Malvasia.

Dopo la prematura scomparsa di Alfonso IV (1662), il M. rifiutò l’offerta della reggente (la duchessa Laura Martinozzi) di rimanere a corte come consultore legale, preferendo trasferirsi a Bologna insieme con Malvasia. La sua posizione si fece precaria dopo la morte del suo protettore (marzo 1664) ma, grazie alle relazioni nel frattempo consolidate, nel dicembre dello stesso anno fu chiamato a ricoprire la cattedra di matematica dell’Università cittadina. Fin dagli inizi del suo magistero, il M. si impose come uno dei principali protagonisti della vita scientifica bolognese – che annoverava in quegli anni personaggi di primo piano come F. Grimaldi, G.B. Riccioli, M. Malpighi, Cassini, P. Mengoli – impegnandosi a fondo per la diffusione della fisico-matematica e di un approccio strettamente meccanicista alla filosofia naturale in un contesto ancora molto legato a una cultura tradizionale. Va inquadrata entro questa strategia l’intensa attività dispiegata dal M. all’interno di accademie cittadine come quella antica dei Gelati (vi prese parte con il nome di Elevatoso) e soprattutto la creazione, alla fine del 1665, della nuova Accademia della Traccia.

Benché ispirata nel metodo e nel programma sperimentale all’esperienza non ancora conclusa del Cimento, l’Accademia della Traccia (o dei Filosofi) non si presentava tanto come un nucleo di filosofi naturali d’élite, quanto come una cerchia di dilettanti e simpatizzanti della fisico-matematica, in cui risaltavano soprattutto amici e allievi del M. oltre all’abate C.A. Sampieri, la cui dimora fu inizialmente sede delle riunioni accademiche (trasferite poi presso il M. stesso), ne fecero parte tra gli altri E. Zani, P.F. Castelli, G.G. Manzi. Pur seguendo le attività degli accademici, non ne furono invece membri noti amici del M. come Malpighi e Cassini. Nonostante l’accento sull’accumulo di dati sperimentali, il programma proposto dal M. per il 1667 era chiaramente informato da importanti problemi teorici: l’esistenza del vuoto, le leggi della gravità nei fluidi e la loro viscosità o la confutazione della «leggerezza positiva» aristotelica. Esperimenti condotti nell’ambito della Traccia consentirono inoltre al M. di dimostrare sperimentalmente la legge della diminuzione dell’intensità della luce con il quadrato della distanza e di determinare il potere risolutivo dell’occhio umano. I Pensieri fisico-matematici (Bologna 1667) riassunsero invece le ricerche del sodalizio sulla capillarità nei fluidi, ma le analogie con esperienze simili eseguite in quegli anni sono tali da porre il problema della loro originalità. Nello stesso anno sembra iniziare il lento declino dell’accademia: nell’ottobre 1676 si parlava ancora di riunioni con cadenza settimanale ma il sodalizio venne definitivamente sciolto nel 1677.

L’indirizzo strettamente sperimentale e in larga parte baconiano della filosofia naturale del M. trova riscontro nella sua viva attenzione per le attività dei membri della Royal Society (fondata nel 1665) e della scienza inglese in generale, palesata dall’invio di vari scritti alla società britannica. Un’influenza particolarmente significativa fu quella di R. Boyle, di cui il M. accettò non solo la lezione sperimentale ma anche il modello corpuscolarista della materia. Anche per il M., la concezione dei fluidi come un aggregato di minutissimi corpuscoli sferici non possedeva alcun valore ontologico: i fluidi vengono trattati come se fossero composti di moli indivisibili di una certa grandezza al solo scopo di facilitare la trattazione matematica del loro comportamento.

La pubblicazione dei Pensieri fisico-matematici  fu occasione di un’aspra disputa con l’atomista D. Rossetti, allievo di Borelli e docente all’Università di Pisa (a Torino dal 1674). Nelle Antignome fisico-matematiche (1667), Rossetti intese opporre alla «viscosità», pincipio negato da Galileo con cui il M. spiegava invece il fenomeno della capillarità, una «appetenza» degli atomi ad attrarsi o respingersi con azione a distanza nel vuoto, principio quest’ultimo a sua volta assolutamente respinto dal Montanari. Dai fenomeni della capillarità, la polemica si estese ad argomenti come le discussioni sul centro di gravità nei solidi, la validità del principio di Archimede o il comportamento delle gocce di vetro temperato. A tali questioni il M. dedicò una serie di scritti, tra i quali la Prostasi fisico-matematica degli equilibri (Bologna 1669), le Speculazioni fisiche (Bologna 1671), il Discorso del vacuo (in Galleria di Minerva, I (1696), pp. 390-394) e dettò una Lezione Accademica (Torino 1678) nel corso di un confronto diretto a Torino, che avrebbe dovuto mettere fine alla disputa. In realtà, come sottolineato da Susanna Gomez Lopez, le posizioni del M. e di Rossetti erano caratterizzate da un’incomunicabilità di fondo che mise in luce le profonde divergenze tra due distinti indirizzi della scuola galileiana di seconda generazione: come A. Marchetti e altri allievi di Borelli, Rossetti riteneva lecito staccarsi dal nudo dato sperimentale per speculare sulle cause dei fenomeni in sistemi che lasciavano spazio al metodo deduttivo e a entità metafisiche.

Vari biografi ricordano un Trattato della natura, peso ed equilibrio dei liquori  tra i perduti manoscritti del M. dedicati a questi temi. La Biblioteca capitolare e l’Archivio di Stato di Verona conservano tuttavia due codici acefali e incompleti (Verona, Biblioteca capitolare, Mss., CCCLIV (VIII); Ibid., Archivio di Stato, Archivio Dionisi-Piomarta, n. 1611, cc. 101-115) di mano di F. Bianchini, contenente le bozze di un dialogo filosofico in cui tre allievi del M. – G.A. Davia, P. Ottoboni e lo stesso Bianchini – si riuniscono per discutere le dottrine del maestro sui fluidi, diffondendosi nel corso della conversazione sulla natura dell’etere, della gravità e della luce. Appare dunque verosimile che il dialogo sia basato proprio sulle carte del M. e sulle sue lezioni d’idrostatica, esplicitamente menzionate dagli interlocutori.

Vanno situati all’intersezione tra fisico-matematica e ricerca anatomica gli esperimenti di trasfusione del sangue tra due agnelli che Cassini e Montanari tentarono nel 1667 a Bologna (sulla scia delle recenti, analoghe esperienze di R. Lower), replicati l’anno successivo a Udine da Montanari e Cordis, questa volta tra un agnello e un cane (Copia di lettera intorno una esperienza di trasfusione fatta in Udine, in Relazione delle esperienze fatte in Inghilterra, Francia, e Italia intorno alla celebre e famosa trasfusione del sangue, Bologna 1668). Tra le applicazioni dell’idrostatica rientrava anche lo studio della pressione atmosferica e delle sue variazioni, per la cui indagine il M. ideò il «meteoroscopio» (un normale tubo a mercurio torricelliano dotato di indice regolabile) mettendo in correlazione i cambiamenti della pressione con quelli del tempo atmosferico. Il barometro fu applicato dal M. anche alla misura dell’altezza dell’atmosfera, che lo studio delle rifrazioni astronomiche fissava a circa tre miglia (5,5 km). Egli riteneva poco credibile tale valore ma le sue misure, ottenute estrapolando la variazione barometrica tra la base e la cima della torre degli Asinelli, diedero comunque un risultato non superiore a quattro miglia.

Un’inattesa occasione di sondare gli strati più alti dell’atmosfera venne offerta dallo straordinario bolide che il 31 marzo 1676 squarciò i cieli dell’Italia centrosettentrionale: confrontando le descrizioni della meteora raccolte da venticinque osservatori – tra cui se stesso – tra Milano e Roma, il M. riuscì per la prima volta a calcolare con buona approssimazione la traiettoria e la quota a cui il fenomeno si era sviluppato, stimando la seconda tra i 60 e i 70 km (La fiamma volante, Bologna 1676). Ne dedusse che a tale altezza l’aria doveva essere ancora in grado di supportare la combustione di una meteora tanto luminosa.

Negli anni bolognesi il M. consolidò la sua fama come astronomo, in particolare dopo la partenza di Cassini per Parigi. Allora la collaborazione con l’astronomo ligure si era già tradotta in nuove correzioni alle effemeridi di Lansberg – calcolate con l’aiuto degli allievi G. Grassini e F. Mezzavacca – e in studi sulla variazione dell’obliquità dell’eclittica, che il M. correttamente ritenne stabile nel tempo (Ephemeris Lansbergiana, Bononiae s.d. ma 1665). Va indubbiamente ricondotta alla tradizione galileiana l’attenzione da lui prestata allo studio fisico dei corpi celesti, spesso congiunto a una vivace polemica antiaristotelica. Nel 1664, osservò l’apparizione della grande cometa utilizzando un telescopio e un reticolo filare di propria costruzione. La misura della parallasse, e quindi della distanza dalla Terra, gli consentì di porre la cometa ben al di là della Luna, contro le concezioni aristoteliche che consideravano le comete un fenomeno sublunare (Cometes Bononiae observatus, Bononiae 1665). Tuttavia, egli non riteneva probabile che si trattasse di corpi stabili soggetti a ritorni periodici, vedendovi piuttosto momentanee condensazioni dell’etere interplanetario, un’opinione che non verrà scossa nemmeno dalle osservazioni delle grandi comete del 1680-82 (Copia di due lettere scritte all’iIllustrissimo signor Antonio Magliabechi..., Venezia 1681).

Il Discorso astronomico sopra la sparizione d’alcune stelle (Bologna 1671) viene spesso citato come uno dei più significativi contributi del M. all’astronomia per il suo carattere pioneristico nel campo dello studio delle stelle variabili. Vi si ribadiva infatti l’inconsistenza della tesi dell’incorruttibilità dei cieli, allegando casi di variazioni nel sito delle stelle fisse e soprattutto di cambiamenti nella loro luminosità. In particolare, il M. osservò la variabilità di Algol, senza tuttavia riuscire a stabilirne il periodo, con ogni probabilità perché gli esempi a lui disponibili suggerivano variazioni di lunga durata mentre il periodo di Algol è pari a soli 2 giorni e 21 ore. Continuò almeno fino al 1677 le osservazioni di stelle variabili, riprese da F. Bianchini dal 1683 in stretta continuità con il lavoro del maestro e sotto la sua direzione.

Il M. assunse non di rado un atteggiamento critico nei confronti del copernicanesimo e del moto della Terra, mai apertamente sostenuti. Una tale posizione, comune ad altri astronomi italiani vicini agli ambienti bolognesi e romani quali Cassini e Bianchini, può indubbiamente trovare radice nella riluttanza a discutere problemi cosmologici tipica dell’astronomia italiana dopo la condanna di Galileo. Non c’è dubbio, tuttavia, che nell’ambito della metodologia scientifica del M. lo scetticismo nei confronti del moto della Terra apparisse giustificato dalla perdurante mancanza di solide prove sperimentali in suo favore. In loro assenza, il copernicanesimo rimaneva una raffinata e forse plausibile ipotesi, ma non certo una verità da propagandare e sostenere con il «settarismo» che il M. talvolta rimproverava ai suoi seguaci.

Nonostante il prestigio acquisito nell’ambito della cultura cittadina e dell’Università di Bologna (confermato da varie ricondotte e aumenti di stipendio), le crescenti ristrettezze finanziarie dell’ateneo, la penetrazione delle proprie dottrine nella società bolognese, gli scontri sempre più frequenti con esponenti della compagnia di Gesù portarono il M. a considerare la possibilità lenta di una diversa sistemazione. I contatti intrattenuti con ambienti veneti, e senza dubbio una corretta valutazione delle sue competenze pratiche, si concretizzarono nel 1678 nell’offerta di un impiego presso l’Università di Padova con l’apposita creazione di una cattedra di astronomia e meteore e uno stipendio di 400 fiorini annui.

Le incombenze di ordine pratico imposte dal governo veneto, spesso motivo di angustie per i matematici al suo servizio, nel caso del M. si sposavano perfettamente con la sua concezione della scienza e della sua funzione al servizio della «pubblica felicità». Si vedano per esempio il Manualetto de’ Bombisti (Venezia 1680) – stampato con lo scopo di fornire istruzioni e tavole di tiro passabilmente efficaci agli artiglieri della Repubblica – e vari scritti inediti di architettura militare derivati da lezioni tenute presso l’ateneo patavino. Notevole importanza rivestono poi gli studi economici e monetari commissionati al M. a partire dal 1680, studi che gli diedero l’occasione di approfondire ricerche su cui si era già soffermato circa venti anni prima.

Dimostrando una buona conoscenza della storia del pensiero economico, egli concepiva le economie mondiali alla stregua di un sistema di vasi comunicanti che aveva poco senso esaminare isolatamente ma al cui insieme erano applicabili i metodi della fisico-matematica. Individuò una legge della tendenza al livellamento dei prezzi sulle varie piazze mondiali e deplorò che il grande sviluppo seicentesco della speculazione sui cambi delle monete avesse causato un gigantesco spostamento di capitali verso il settore finanziario, sottraendoli agli investimenti produttivi.

Altrettanto stimolanti le consulenze richieste al M. in materia di controllo delle acque lagunari e dei fiumi limitrofi: egli confermò che le autorità avevano operato correttamente nel deviare le foci dei fiumi veneti all’esterno della laguna, negando la necessità di ulteriori allontanamenti dei loro sbocchi dal porto veneziano. Di natura più personale che istituzionale fu invece lo stretto rapporto tra il M. e il senatore G. Correr, il quale, con il suo aiuto, iniziò nel 1679 la costruzione di un grande osservatorio astronomico nel proprio palazzo sul Canal Grande.

Come si deduce da alcuni passi dell’Astrologia convinta di falso (Venezia 1685, pp. 123 s.), una ben nota lettera ad A. Magliabechi del 5 dic. 1680, e soprattutto una lettera inedita a Cassini del 27 settembre dello stesso anno, l’osservatorio veneziano occupava una torre del diametro di 6,5 m. di palazzo Correr sul Canal Grande nella contrada di S. Simeone Profeta. Il terrazzo si elevava a circa 30 metri sopra il pelo dell’acqua mentre la stanza sottostante ospitava una meridiana solare e stellare; alte finestre disposte ai quattro punti cardinali permettevano di maneggiare telescopi lunghi fino a 7,5 m. Il piano inferiore era occupato dalla biblioteca e come direttore della specola il M. disponeva di un appartamento privato nel palazzo. Gli strumenti erano di provenienza inglese e olandese, oppure erano lavorati nel palazzo sotto la direzione del M. stesso. Tra questi ultimi spiccavano un triangolo filare in ferro – basato sullo strumento omonimo descritto da G.B. Riccioli nell’Almagestum Novum (Bologna 1651, libro V, cap. 15, p. 355) – che rappresentava lo strumento principale della terrazza, e un sestante in ottone da 1,5 m di raggio che impiegava cannocchiali anziché mire a visuale libera come nei contemporanei strumenti di J. Hevelius. Facevano parte della dotazione anche un telescopio da 25 e uno da 50 piedi veneziani di focale (7,5 e 15 m circa), utilizzati soprattutto per osservazioni dei satelliti di Giove e Saturno in coordinamento con quelle di Cassini a Parigi. Orologi a pendolo con il quadrante illuminato dall’interno avrebbero dovuto permettere di leggere l’ora esatta anche nell’oscurità. Dopo la scomparsa del M., la direzione della specola venne affidata a F. Spoleti e C. Martinelli, ma la scomparsa di Correr (1694) mise a nudo i limiti derivanti dalla mancanza di un supporto istituzionale: un secolo dopo la fondazione, G. Toaldo poteva ancora ammirare la «Torretta» ma gli strumenti erano stati da tempo venduti a peso di ferro vecchio.

Come già a Bologna, il M. iniziò a raccogliere nella sua abitazione di Padova un nutrito gruppo di allievi, amici, nobili padovani e veneziani. Sorretto dal prestigio sociale e intellettuale di questo gruppo, intensificò la campagna iniziata già a Bologna contro le credenze astrologiche che avversava tanto come umanista cristiano che come filosofo naturale. Sin dal 1675 aveva iniziato a pubblicare anonimamente – con U.G. Gozzadini e D. Guglielmini a Bologna, M. Pappafava e U. Discalzi a Padova – il Frugnuolo degli influssi del gran cacciatore di Lagoscuro, un almanacco dalle predizioni assolutamente casuali inteso a dimostrare come le probabilità di successo delle previsioni astrologiche non fossero statisticamente superiori a quelle del puro caso. Al rifiuto di insegnare astrologia nei propri corsi, e all’intensificazione del dibattito causata dalla grandi comete del 1680-82, fece seguito L’Astrologia convinta di falso (Venezia 1685).

In quest’opera di notevole risonanza, la difesa del libero arbitrio e la negazione delle «occulte virtù» della tradizione astrologica si legano alla dimostrazione della sua inconsistenza teorica e fallacia predittiva. Inoltre, nell’opera si tenta di ridurre a cause meccaniche quegli influssi degli astri – quali luce, calore o il ritmo delle maree legato al ciclo lunisolare – che appaiono evidenti all’esperienza.

L’eccezionale tromba d’aria che aveva devastato la pianura veneta nel giugno 1686 offrì invece l’occasione per redigere il dialogo Le Forze d’Eolo (Parma 1694) in cui, insieme con due allievi (Davia e Gozzadini), il M. procedeva a un’accurata disamina delle testimonianze storiche di tali occorrenze e cercava di impostare in termini sperimentali e fisico-matematici lo studio di fenomeni caratterizzati da moti vorticosi nei fluidi. Il M. non riuscì tuttavia a completare l’opera (pubblicata postuma da Bianchini): soffriva già da tempo di dolori articolari e problemi alla vista, aggravati dagli impegni accademici ed extraccademici. Un grave colpo apoplettico subito nel 1683, seguito da altri più leggeri, lo privò definitivamente della vista in un occhio, menomando anche l’altro e causandogli serie difficoltà nell’articolazione della parola. Morì a Padova il 13 ott. 1687.

Opere. Le vicende dei manoscritti del M. sono brevemente ricostruite in Rotta, 1971, pp. 135 s. Tra quelli indicati di seguito, la maggior parte non sono autografi: Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Mss., 642, Compendio della scienza meccanica di G. M.; Verona, Biblioteca civica, Mss., 2833: Trattati di matematica e fisica composti e dettati dal sig. dottore G. M. …, scritti da me Francesco Bianchini negli anni 1682, 1683; Venezia, Biblioteca del civico Museo Correr, Correr, 302, Cl.VI 341, cc. 1r-41r: Compendio dell’architettura militare dettato dal sig. dottore G. M... a me co. Ludovico Poiana vicentino (1668); ibid., Correr, 900, Cl. VI 687, cc. 1r-54r: Discorso delle vere cause del crescimento che fanno di valori le monete; Ibid., cc. 57r-71r: Risposta al Discorso delle vere cause dell’accrescersi che fanno di valore le monete; ibid., Cicogna, 2251, cc. 118-141: Moto delle monete e del loro parziale valore ed accrescimento; Verona, Biblioteca capitolare, ms. 428, cc. 23v e seguenti (lettera a G. Correr  «sul minimo angolo sotto il quale siano visibili a occhio nudo, e sano»); 354 (VIII): Dialogo filosofico sulla «dottrina del Sig. M. … intorno à fluidi; altro frammento di quest’opera in Arch. di Stato di Verona, Archivio Dionisi-Piomarta, 1611, cc. 101-115; Modena, Biblioteca Estense, lat. α.K.2.29: Trigonometria vario problemate illustrata cum tractatu de sphaera…  Altri scritti del M., ibid., Elementi di meccanica; Scritti d’architettura militare; Istruzione per l’uso del cannocchiale altimetrico del meteoroscopio e della livella diottrica…, copia di A. Gardani (una copia anche in Bologna, Biblioteca del Dipartimento di astronomia «Horn d’Arturo», Mss., b. B, XXII.2.5); Vicenza, Biblioteca civica Bertoliana, Mss., 1357: Dell’istrumento per la mutazione dei tempi, o sia meteoroscopio; 1358: Dell’acque correnti, e loro ripari; 1359: Minute di scritture d’acque; 642: Compendio della scienza meccanica; Bassano del Grappa, Biblioteca civica, Carteggi, III.A.3: Compendio della dottrina sferica e de’ fondamenti della geografia; Bologna, Biblioteca del Dipartimento di astronomia «Horn d’Arturo», Arch. storico, b. III, f. 4: Maraldi a Manfredi. Esperienze di M. a S. Petronio 30 gennaio 1673, con trascrizione di una lettera a Cassini e dell’opuscolo Calculi observationum solis hinc ad preteritos annos ex eliometro Divi Petronii; Bologna, Biblioteca universitaria, Mss., 1847: Praxes Astrologicae …; Lettere 12 al canonico Lelio Trionfetti (1671-1687); cod. 493: Lettere ad Antonio Magliabechi sopra la cometa apparsa l’anno 1680; cod. 2085, VIII (cinque lettere a Marcello Malpighi, 1684-1686); Arch. di Stato di Bologna, Assunteria di Istituto, Diversorum, vol. 22, f. 1, c. 48: M. G. Observatio diei 6 augusti 1664 habita in Monte Gaibolae supra Bononia …; Parigi, Biblioteca dell’Osservatorio antico, D.5.41 (due lettere a Hevelius, nn. 113, 114); Mss., 1076 (lettera a Cassini); Pisa, Biblioteca universitaria, Mss., 423, opp. 16, 17 (Lettere di G.D. Cassini, G. Montanari, J. Picard); 356, op. 36 (lettera di M. ad A. Marchetti); Arch. di Stato di Venezia, Secreta, Archivi propri (Zendrini, Consulta concernente l’ufficio dei Proti, parere del M. sul reclutamento dei tecnici del Magistrato alle acque); Scritture in materia d’acque, copia; S. E.A., Filze, 115: Scritture circa porti, laguna e fiumi..., copia; Firenze, Biblioteca nazionale, Mss. Gal., 255-257, 277-279, 281-283, 314; Vari, 52, 112-113; Nuove Acquisizioni, 891.1.4; 891.1.65.; Magl., VIII.736 (lettere di M. ad A. Magliabechi, Leopoldo de’ Medici, V. Viviani e altri).

Oltre a quelle citate nel testo, il M. fu autore delle seguenti opere (se ne cita solo la prima edizione): Observatio eclipis solaris die 2. Julii 1666 habita a G. M. Bononiae Archygymnasii Mathematico, in G. Targioni Tozzetti, Notizie degli aggrandimenti delle scienze fisiche accaduti in Toscana nel corso di anni LX del Secolo XVII, II, App. IV, Firenze 1780; Alcune esperienze fatte nell’Accademia di Filosofia Esperimentale, eretta in Bologna dall’ill.mo e r.mo sig. abbate Carlo Antonio Sampieri, ibid.; Osservazioni fatte in Padova col cav. Bartolomeo Grimaldi, e col sig. Rinaldini sopra l’ecclissi lunare de’ 29 sett. 1670, in Giornale de’ letterati di Roma, 1670; Osservazioni fatte in Bologna coi conti Prospero Filippo Castelli, Ulisse Gozzadini, e dott. Agostino Fabbri sopra l’eclissi lunare de’ 18 sett. 1671, ibid., 1671; Lettera in cui risponde in sig. d.tor M. ad un cavaliere, che si propone di sciogliere questo problema: perché li forastieri, che capitano in Venezia si stancano nell’andare in gondola, e li signori veneziani non sentono alcuna stanchezza dal lungo andarvi, Bologna 1672; Copia di lettera scritta all’illustriss. sig. marchese Gio. Giuseppe Orsi a Mantova sopra un impressione meteorologica, Bologna 1676. Il M. ebbe un ruolo fondamentale in D. Guglielmini, Volantis Flammae..., Bononiae 1677. Fu autore, ancora, di Osservazione dell’eclisse lunare di 25 aprile 1679 fatta in Padova, in Giornale dei letterati di Roma, 1679, p. 174; Copia di lettera scritta all’ill.mo signore Antonio Magliabechi, sopra i moti e le apparenze della cometa ultimamente apparsa sul fine di novembre 1680 nelle costellazioni di Vergine e Libra, Bologna 1680; La cometa veduta nel Frugnuolo. Breve discorso del gran cacciatore di Lagoscuro…, Venezia 1681; Copia di lettera scritta all’illustriss. signore Antonio Magliabechi... intorno alla nuova cometa apparsa quest’anno 1682 …, Padova 1682 (nella stessa opera è pubblicata una lettera a C. Patin sulla cometa del 1681). Il M. curò la versione italiana di I. Pardies, Dell’anima delle bestie, e sue funzioni…, Venezia 1684; L’astrologia convinta di falso col mezzo di nuove esperienze, e ragioni fisico-astronomiche…, Venezia 1685; Istruzione scritta già tempo … sopra il modo di conoscere la differenza del peso de’ fluidi fra loro, e de’ solidi …, in Galleria di Minerva, I (1696), pp. 390-394; Il Mare Adriatico e sua corrente esaminata, et la naturalezza de’ Fiumi scoperta …, ibid., pp. 329-353. Il M. discute di questioni ottiche riguardanti la lanterna magica in: Lettera scritta dal sig. D. G.M., al … sig. dot. Pirro Maria Gabrielli di Siena, in Galleria di Minerva, III (1700), pp. 4-7. Si vedano, inoltre: Dissertazione del dottore G. M. sulle comete, in Raccolti d’opuscoli scientifici, e filologici, XXVII, Venezia 1742; La Zecca in Consulta di Stato del dottor G. M. pubblico professore di matematica nella Università di Padova. Trattato mercantile …, in F. Argelati, Tractatus de monetis Italiae appendix seu de monetis Italiae, pars VI, Mediolani 1759, pp. 71-94 (allegato il Breve trattato del valore delle monete in tutti gli stati). Lettere del M. sono pubblicate in: A. Fabroni, Lettere inedite di uomini illustri, Firenze 1773, pp. 152-165; A. Bonicelli, Biblioteca Pisanorum Veneta annotationibus nonnullibus illustrata, II, Venetiis 1807; 22 lettere sono edite in G. Campori, Notizie e lettere inedite di G. M., cit.; Istruzione per l’uso del cannocchiale altimetrico; del meteoroscopio e della livella diottrica, in C. Bonacini, Nel terzo centenario della nascita di G. M., Modena 1934. Sono basate in parte su osservazioni di stelle variabili del M. le carte pubblicate in F. Porro, Observationes circa fixas. Schizzi di carte celesti delineati da Francesco Bianchini, sopra osservazioni proprie e di G. M., Genova 1902. Si leggono in appendice a S. Rotta, Scienza e «pubblica felicità» in G. M. le seguenti opere: Della natura, et uso degli atomi, o sia corpuscoli appresso i moderni (pp. 187-195); dal Compendio della scienza meccanica, il Capitolo I. Che cosa sieno le mechaniche, e in che consistano le sue operazioni (pp. 195-197); dalla Compendiosa introductio ad physicam experimentalem. Pars I. – De universalibus quibusdam praecognitionibus (pp. 197-201); lettera del M. al card. P. Basadonna, Verona 7 ottobre [1683] (pp. 201 s.); lettera del M. a J. Hevelius, Bologna 7 maggio 1672. Si veda inoltre F. Barbieri – F. Cattelani Degani, Tre lettere di G. M. a Gian Domenico Cassini, in Nuncius, XII (1997), 2 , pp. 433-441; F. Cattelani – M.U. Lugli, Cinque lettere di G. M. a G.D. Cassini, in Nuncius, XIX (2004), pp. 205-233. Le trascrizioni di numerose lettere del M. sono ora reperibili nella Biblioteca digitale del Museo Galileo di Firenze (http://www.museogalileo.it/esplora/biblioteche/bibliotecadigitale.html).

Fonti e Bibl.: Brevi notizie sulla vita e l’opera del M. furono pubblicate mentre egli era ancora in vita in Memorie imprese, e ritratti de’ signori accademici Gelati di Bologna …, Bologna 1672, pp. 264-267; C. Patin, Lyceum Patavinum …, Patavii 1682, pp. 109-114. Informazioni biografiche sono fornite dal M. stesso in L’Astrologia convinta di falso, Venezia 1685, pp. 109-111; fondamentale il Breve compendio della vita dell’autore, premesso da F. Bianchini alla sua edizione di G. Montanari, Le forze d’Eolo. Dialogo fisico-matematico…, Parma 1694, pp. VII-XLIV; A. Fabroni, Vitae Italorum doctrina excellentium qui saeculis XVII et XVIII floruerunt, Pisis 1739, III, pp. 64-119 (con elenco di opere edite e inedite); G. Tiraboschi, Biblioteca Modenese. O notizie della vita e delle opere degli scrittori nati negli Stati del Serenissimo Duca di Modena …, III, Modena 1783, pp. 254-279 (con elenco di opere edite e inedite); G.B. Venturi, Elogio di G. M. recitato nel solenne aprimento delle scuole, Modena 1790; P. Riccardi, Biblioteca matematica italiana dalla origine della stampa ai primi anni del secolo XIX, II, Modena 1870, pp. 170-177 (con elenco di opere edite); G. Campori, Notizie e lettere inedite di G. M., Modena 1875 (con aggiunte al catalogo delle opere fornito da Tiraboschi). Tra le monografie recenti: S. Rotta, Scienza e «pubblica felicità» in G. M., in Miscellanea Seicento, II, Firenze 1971, pp. 64-208; G. Tabarroni, G. M., in Dictionary of scientific biography, a cura di C.C. Gillispie, IX, New York 1974, pp. 484-487; B. Basile, Introduzione ai testi, in Scienziati del Seicento, a cura di M. Altieri Biagi - B. Basile, II, Milano-Napoli 1980, pp. 487-490; S. Gomez Lopez, Le passioni degli atomi: M. e Rossetti. Una polemica tra galileiani, Firenze 1997, passim; M.U. Lugli, Astronomi modenesi tra Seicento e Novecento. G. M., Modena 2004, ad indicem. Notevole la ricostruzione dell’attività scientifica del M. in J. Heilbron, Francesco Bianchini and natural philosophy, in Unità del sapere molteplicità dei saperi, a cura di G.P. Romagnani - L. Ciancio, Verona 2010, pp. 33-73 (sul M. vedi in particolare pp. 34-48). Sul periodo modenese del M. e le Ephemerides Novissimae: C. Bonacini, Sull’opera scientifica svolta a Modena da G. M., in Annuario della R. Università di Modena, 1933, Appendice (1935), pp. 17-24; Id., Una carta lunare di G. M., in Nel primo centenario della fondazione dell’osservatorio geofisico dell’Università, Modena 1927, pp. 1-14; Id., Nel terzo centenario della nascita di G. M., in Atti e Memorie dell’Accademia di scienze, lettere e arti di Modena, s. 4, IV (1934), pp. 63-76; R. Calanca, Aspetti dell’astronomia del Seicento: le «Ephemerides Novissimae» di Cornelio Malvasia, Giovan Domenico Cassini e G. M., ibid., s. 8, IV (2000-01), pp. 497-607. Degli scritti economici trattano: F. Cusin, G. M. e la teoria del valore, in Studi urbinati, s. B, 1940, pp. III-38; Tensioni e prospettive economico-monetarie nel 17. secolo: G.M., a cura di M. Alfieri - L. Fornaciari Davoli - M. Livia, Modena 1993. Le osservazioni e le teorie cometarie del M. e il suo impegno antiastrologico sono discussi in M. Cavazza, La cometa del 1680-1681: astronomi e astrologi a confronto, in Studi e memorie per l’Università di Bologna, n.s., III (1983), pp. 409-466; A. Gualandi, Teorie cometarie pre-newtoniane. Bologna, 1650-1680, tesi di dottorato, Università degli studi di Pisa, Firenze e Siena, 2007, in particolare pp. 89-125. Sulle dottrine idrauliche del M.: C.S. Maffioli, Out of Galileo. The science of water 1628-1718,  Rotterdam 1994, in particolare pp. 129 ss.; L. Guerrini, G. M. e la letteraria hipocrisia, in Giornale critico della filosofia Italiana, s. 6, XV (1995), 3, pp. 376-381. Una superstite lente del M. è analizzata in F. Bonoli et al., Telescope optics of M., Cellio, Campani and Bruni at the «Museo della Specola» in Bologna, in Nuncius, XVII (2002), 2, pp. 467-474.

TAG

Osservatorio astronomico

Accademia del cimento

Pirro maria gabrielli

Gianfrancesco gonzaga

Gian domenico cassini