GENGA SERMATTEI, Gabriele della

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GENGA SERMATTEI, Gabriele della

Carlo M. Fiorentino

Nacque ad Assisi il 4 dic. 1801 dal conte Filippo della Genga, fratello di Annibale, il futuro Leone XII, e dalla marchesa Marianna Confidati Sermattei. Compì i primi studi nel liceo di Assisi e, quando gli morì il padre, lo zio, che da poco (nel 1823) era stato eletto papa, volle che egli proseguisse gli studi di filosofia e teologia nel collegio dei gesuiti di Orvieto, dove prese gli ordini minori. Trasferitosi successivamente a Roma, fu ordinato sacerdote dal cardinale P. Zurla il 26 sett. 1830 e nominato prelato domestico da Pio VIII, che gli assegnò un canonicato nella basilica di S. Giovanni in Laterano. Ottenuta la laurea in utroque iure, il G. iniziò la carriera come ponente della S. Consulta e assessore del tribunale del Vicariato.

Nominato vescovo titolare di Berito il 29 luglio 1833, il successivo 15 settembre fu consacrato vescovo per essere poi nel concistoro del 23 giugno 1834 promosso da Gregorio XVI arcivescovo di Ferrara. L'anno dopo intraprese un viaggio in Austria (il 18 maggio 1835 giunse a Vienna) che gli procurò la fama di austriacante. Il 1° febbr. 1836 fu creato cardinale e ricevette il 21 novembre il titolo di S. Girolamo degli Illirici, mantenendo tuttavia la titolarità della diocesi di Ferrara, dove ricoprì per nove mesi, a cavallo degli anni 1837-38, anche la funzione di legato pontificio. Agli inizi del 1843 fu improvvisamente richiamato a Roma da Gregorio XVI e costretto a rinunciare al vescovato; il 19 gennaio dello stesso anno fu nominato dal pontefice legato di Pesaro e Urbino: in tale incarico si distinse per la sua politica autoritaria, che non mutò segno neppure con l'avvento al soglio pontificio di Pio IX.

Tale politica provocò una protesta anonima da parte di alcuni cittadini di Pesaro, i quali accusavano il G. di aver pubblicato e applicato con ritardo nella provincia l'amnistia per i reati politici con cui Pio IX aveva inaugurato il suo pontificato, nonché adottato misure fiscali che danneggiavano il commercio e i ceti popolari. Pio IX per avere notizie più precise e obiettive sull'operato del G. si rivolse al cardinale L. Ciacchi che, in un rapporto al papa del 21 luglio 1846, confermò "il disordine degli affari, e l'effetto morale prodotto nelle creature ragionevoli, guidate da un tale Auriga con un sì strano sistema" (Arch. segr. Vaticano, Arch. part. Pio IX. Oggetti vari, f. 83).

"Uomo altiero, inculto, franco nell'odio alla libertà ed ai liberali, alle novità ed ai novatori", secondo il ritratto politico che ne diede L.C. Farini (Lo Stato romano, p. 798), il G. si mostrò ostile alle riforme del primo Pio IX; il 13 ag. 1846 vi fu una manifestazione popolare di protesta sotto il suo palazzo al grido di "Viva Pio IX, giù il tiranno, morte a Della Genga"; nell'ottobre successivo corse addirittura voce che egli fosse stato fatto rinchiudere da Pio IX in Castel Sant'Angelo per intrighi politici. Un mese dopo il papa si decise finalmente a rimuoverlo dalla carica di legato. "Un'avvertenza o un desiderio esternato dalla Santità Vostra", scrisse il G. al papa il 28 nov. 1846 con apparente rassegnazione, "è per me un comando: e come per lo passato a mera volontà dei successori di S. Pietro mi occupai per quindici anni alla meglio nei difficili e svariati impegni di una vita pubblica, così con tutta soddisfazione ritorno ora al mio nulla per pensare daddovero all'ultimo fine che ogni dì si avanza" (Arch. segr. Vaticano, Arch. part Pio IX. Oggetti vari, f. 421).

Il 21 luglio 1847 una nota affissa nelle strade di Roma denunciava il G. come uno dei protagonisti della "congiura" che si diceva fosse stata organizzata per fermare l'indirizzo riformatore del papato. Per evitare ulteriori pericoli egli fu costretto a ritirarsi per alcuni mesi nel monastero dei camaldolesi a Frascati. Tornato a Roma, il 30 apr. 1848 il G. fu insultato e piantonato al portone del suo palazzo dalla folla tumultuante, che vedeva in lui l'ispiratore, insieme con i cardinali L. Lambruschini e T. Bernetti, dell'Allocuzione del 29 aprile con cui Pio IX aveva sconfessato il movimento nazionale e la partecipazione dell'esercito pontificio alla guerra contro l'Austria. In quell'occasione il papa mandò in suo soccorso una carrozza che lo condusse al palazzo del Quirinale, dove fu ospitato per alcune settimane.

Dopo l'uccisione di Pellegrino Rossi, il G. partì da Roma in abiti civili per ricongiungersi con la famiglia, che risiedeva nei pressi di Spoleto. Trasferitosi successivamente nel convento dei domenicani di Napoli, il 10 dic. 1849 raggiunse Pio IX a Gaeta. Caduta la Repubblica Romana, fu chiamato dal papa a presiedere la commissione governativa - della quale facevano parte anche i cardinali L. Altieri e L. Vannicelli Casoni - che il 31 luglio 1849 assunse il potere nello Stato pontificio. L'operato di questa commissione, cui i Romani diedero il nome di "triumvirato rosso", si distinse per il suo carattere poliziesco e arbitrario, tanto da destare le apprensioni, nonché della diplomazia europea, dello stesso Pio IX. In una lettera al papa del 31 genn. 1850 il G. si difese dalle accuse che provenivano da più parti, soprattutto riguardo l'attività repressiva dispiegata dalla commissione governativa e i suoi arbitrii, asserendo che "le dicerie sulla Polizia sono in genere alterate non poco, perché tutti vorrebbero che agisse a proprio modo e giusta le speciali antipatie e simpatie, e senza farsi calcolo delle somme attuali difficoltà e necessità insieme di procedere con sicurezza per non porre l'azione del Governo in dispregio, recedendo dal fatto suo proprio per qualsiasi estranea violenza o necessità". Nella stessa lettera il G., tradendo una mentalità comune a tanti uomini di Chiesa e condivisa in parte dallo stesso Pio IX, non in grado di separare le questioni di carattere politico da quelle di carattere spirituale, aggiungeva fiducioso che "le trame irreligiose sembrano di molto rallentate e tronche in questa capitale". Qualche apprensione suscitava semmai nel G. il clero di Roma, "che quantunque in genere […] sia fermo nelle massime e morigerato, pure negli uomini apostolici di petto sacerdotale e superiore a certe fatali abitudini del paese pochi o niuno si trovano atti veramente a correggere le massime del popolo, abbisognoso d'istruzione religiosa, e di civile operosa condotta".

A questo proposito una delle preoccupazioni del G. fu quella di riattivare le scuole dei gesuiti al Collegio romano, occupato dai militari francesi: "A ciò ci siamo indotti", scriveva a Pio IX il 29 ott. 1849, "per più motivi: primo perché la parte sana di questa popolazione lo desidera ed in essi ho fiducia; secondo perché pareva sconcio a noi che nella capitale si tenessero lontani; terzo finalmente perché i padri della Compagnia di Gesù possono quasi all'istante rinvenire quei mezzi e coordinarli allo scopo, che ad altri sarebbe difficile" (Arch. segr. Vaticano, ibid., f. 507).

Dopo il ritorno di Pio IX a Roma nell'aprile 1850 e la soppressione della commissione governativa, il G. non ricoprì più cariche di carattere temporale, per le quali, forse anche agli occhi del pontefice, mancava delle necessarie attitudini. Da allora in poi fu chiamato a rivestire cariche di carattere spirituale: nel 1852 fu nominato prefetto della congregazione dei Vescovi e Regolari, nel 1856 prefetto della congregazione per la Disciplina dei religiosi e il 13 ottobre 1860 segretario dei Brevi. Fu, inoltre, protettore dei conventuali (14 sett. 1852) e dei cappuccini (7 dic. 1860).

Morì a Roma il 10 febbr. 1861 in seguito a un violento attacco di apoplessia. Il papa in persona assistette ai suoi funerali, che ebbero luogo nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina.

Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Arch. part. Pio IX. Oggetti vari, ff. 83, 421, 507; Ibid., Congr. sullo Stato dei Regolari, Miscellanea II, m. Barnabiti, b. 30; Giornale di Roma, 1852, n. 85, p. 337; 1856, n. 60, p. 237; 1861, n. 34, p. 133; n. 37, p. 145; G. della Genga, Epistola pastoralis ad clerum… Ferrariensem, Romae 1834; Sommaria esposizione per ordine alfabetico degli ordini e delle leggi relative all'ecclesiastica giurisdizione di Ferrara, emanate o ripubblicate sotto il regime attuale dall'arcivescovo G. della G., s.d. [Ferrara 1842]; Pubblico omaggio… offerto… a sua em.… il sign. card. arciv. G. della G.…, s.d. [Urbino 1843]; Brevi memorie del card. della G., Civita Castellana 1861; Il tempo del papa-re. Diario del principe don Agostino Chigi dall'anno 1830 al 1855, prefaz. di F. Sarazani, Milano 1966, ad indicem; N. Roncalli, Cronaca di Roma, 1844-1870, I-II, Roma 1972-97, ad indices; L.C. Farini, Lo Stato romano dall'anno 1815 al 1850, a cura di A. Patuelli, Roma, s.d. [1992], pp. 798-819; Vincenzo Pianciani al figlio Luigi. Carteggio 1848-1856, I-IV, a cura di S. Magliani, Roma 1993-96, ad indicem; C. Tivaroni, L'Italia durante il dominio austriaco, II, L'Italia centrale, Torino-Roma 1893, pp. 272, 278, 323; G. Leti, Roma e lo Stato pontificio dal 1849 al 1870, Ascoli Piceno 1912, I, pp. 14, 160, 177 s., 188, 199, 316; F. Gentili, Il cardinal Morichini. Sue vicende politiche dallaproclamazione della Repubblica Romana (9 febbr. 1849) all'arresto di Jesi (23 apr. 1864), in Rass. stor. del Risorg., IX (1922), 1, p. 3 dell'estratto; A.M. Ghisalberti, Una rivoluzione "reazionaria e imperita", in Arch. della Soc. romana di storia patria, LXXII (1949), pp. 139-178; P. Pirri, Pio IX e Vittorio Emanuele II dal loro carteggio privato, II, La QuestioneRomana. 1856-1864, Roma 1951, 1, p. 346; 2, p. 104; A. Serafini, Pio Nono. Giovanni Maria Mastai Ferretti dalla giovinezza alla morte nei suoi scritti e discorsi editi e inediti, I, Le vie della Divina Provvidenza (1792-1846), Città del Vaticano 1958, pp. 1317; R. Colapietra, La Chiesa tra Lamennais e Metternich. Il pontificato di Leone XII, Brescia 1963, p. 370; C. Lodolini Tupputi, La commissione governativa di Stato nella Restaurazione pontificia, Milano 1970, pp. 30, 32, 58, 65, 88; G. Martina, Pio IX (1846-1850), Roma 1974, pp. 333, 380 s., 399, 401, 405, 407, 484, 539; Id., Pio IX (1851-1866), Roma 1986, pp. 93, 224 s., 599; P. Pirri, Pio IX e Vittorio Emanuele II dal loro carteggio privato, I, La laicizzazione dello Stato sardo. 1848-1856, con prefaz. di G. Martina, 2ª ed., Roma 1980, p. 129; M. Bocci, Il Municipio di Roma tra riforma e rivoluzione (1847-1851), Roma 1995, ad indicem; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor.-ecclesiastica, Indici, III, ad nomen; Dictionnaire des cardinaux, Paris 1857, s.v.; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e d'altri edifici di Roma, I, Roma 1869; Analecta Ord. fratrum minorum capucinorum, XII, 1896, p. 367; Enc. cattolica, IV, s.v.; Chr. Weber, Kardinäle und Prälaten in den letzten Jahrzehnten des Kirchenstaates, I-II, Stuttgart 1978, ad indicem; R. Ritzler - P. Sefrin, Hierarchia catholica, VII-VIII, Patavii 1968-78, ad indices; Dict. d'hist. et de géogr. ecclésiastiques, XX, coll. 23 s.

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