PERROTTA, Gennaro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 82 (2015)

PERROTTA, Gennaro

Carmine Catenacci

PERROTTA, Gennaro. – Primo di tre figli, nacque a Termoli (Campobasso) il 19 maggio 1900, da Giuseppe, direttore del locale ufficio delle poste che fu anche poeta dialettale, e da Rosina Colonna.

Completò a soli 16 anni (con «licenza d’onore») gli studi superiori presso il liceo classico Vittorio Emanuele II di Lanciano. Negli anni 1916-20 frequentò a Firenze l’Istituto di studi superiori dove si formò, per le discipline classiche, alla scuola filologica di Girolamo Vitelli, Ermenegildo Pistelli, Felice Ramorino e, in particolare, di Giorgio Pasquali, di cui fu allievo (e dal 1925 cognato). In un ricordo successivo, definì se stesso negli anni dell’adolescenza di studio a Firenze come «un povero ragazzo, timido e triste» (Ricordo di Gino Funaioli, in Maia, XI (1959), p. 4). Chiamato alle armi dal marzo 1918 al marzo 1919, nel 1920 conseguì la laurea, ottenendo la docenza di materie letterarie nei licei; fu quindi nominato preside del liceo classico Mario Pagano di Campobasso. Negli anni seguenti insegnò a Firenze al liceo Michelangiolo e, dal 1928-29, al Dante. Già libero docente all’Università di Firenze, dal 1930 fu professore di letteratura greca all’Università di Catania (dapprima incaricato, poi comandato in quanto preside del liceo classico Carmagnola e, dal 1931, come straordinario), quindi nelle Università di Cagliari (1932-35) e Pavia (1935-36). Nel biennio successivo ricoprì l’insegnamento di grammatica greca e latina all’università di Firenze. Nel 1938, alla morte di Ettore Romagnoli, fu chiamato sulla cattedra di letteratura greca all’Università di Roma, dove insegnò fino alla morte.

Fu socio corrispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei (dal 1949), dell’Accademia fiorentina della Colombaria, dell’Arcadia (con il nome di «Maronte Carisseo») e dell’Accademia reale di belle arti di Saragozza. Al suo nome sono intitolati il liceo classico di Termoli e la gara internazionale di traduzione dal greco antico (Agòn Sophòkleios) che annualmente vi si svolge.

Negli anni Venti il giovane Perrotta focalizzò la sua attenzione soprattutto su complesse questioni filologiche e storico-letterarie relative agli autori e ai generi di età ellenistica. L’interesse per la poesia ellenistica rifletteva un’esigenza di innovazione avvertita in settori rilevanti dell’antichistica del tempo, nel tentativo di superare l’egemonia romantica dell’epoca classica.

Di particolare rilievo gli Studi di poesia ellenistica (in Studi italiani di filologia classica, IV (1926), pp. 5-68, 85-280) e gli articoli contro l’autenticità dell’idillio ottavo che la tradizione manoscritta tramanda tra i carmi di Teocrito (Teocrito e il poeta dell’idillio VIII, in Atene e Roma, n.s., VI (1925), pp. 62-80; A proposito dell’VIII idillio di Teocrito, ibid., p. 237), nei quali, pur rigorosamente conformati sul metodo filologico, non rinunciò a valutazioni di gusto personale.

La produzione del primo periodo costituì il presupposto per successive elaborazioni critiche: «dai giovanili studi teocritei e callimachei maturò quella lucida e geniale sintesi dei caratteri della cultura ellenistica che apre il terzo volume dell’opera maggiore di Gennaro Perrotta» (Paratore, 1969, p. 2595), cioè la Storia della letteratura greca del 1946. Nel 1924, inoltre, tradusse in italiano per l’editore Vallecchi il libro di Fustel de Coulanges, La cité antique (Strasbourg 1864), in collaborazione con Pasquali, che curò l’introduzione e le note. Nel settembre dell’anno seguente Perrotta sposò Adele Nosei, sorella di Maria, moglie di Pasquali. Il rapporto tra i due studiosi fu sempre di stima e rispetto reciproci, ma naturalmente andò mutando nel tempo sotto l’azione delle due differenti personalità e delle rispettive vicende accademiche, forse non senza un latente spirito di competizione. L’attività di studio degli anni Trenta, coincidente con l’ingresso nella carriera universitaria, fu concentrata soprattutto sulla tragedia e sulla poesia arcaica.

Nel 1931 uscirono presso Laterza, su indicazione di Luigi Russo, la traduzione Le Donne di Trachis e I tragici greci. Eschilo, Sofocle, Euripide (Bari); del 1935 è la notevole monografia Sofocle (Messina-Milano), nella prefazione della quale dichiarava: «Il mio scopo era soprattutto quello di studiare l’arte del poeta» (p. VII). Un’affermazione emblematica del nuovo metodo, di cui Perrotta si dichiarò, nel solco delle teorie di Benedetto Croce, sostenitore entusiasta e intransigente: la critica estetica. Ancora più schierato sul versante estetico fu Saffo e Pindaro (Bari 1935). Di particolare evidenza la ripresa della distinzione crociana tra ‘poesia’ e ‘non poesia’. L’arte di Pindaro non è nelle sezioni gnomiche né nella celebrazione delle vittorie e neppure nel mondo dei valori etici e politici: Pindaro è il poeta del mito. Dal canto suo, Saffo «fu soltanto la poetessa dell’amore e della bellezza» (p. 33), in un linguaggio universale ed eterno. Una lettura spesso travalicante in formulazioni estetizzanti, e tuttavia disseminata di intuizioni suggestive e anche valide notazioni storico-letterarie. Del resto Perrotta continuava a frequentare con rigore e successo le vie della ricerca filologica, come testimoniano gli articoli sull’attribuzione dei cosiddetti Epodi di Strasburgo a Ipponatte (Il poeta degli Epodi di Strasburgo, in Studi italiani di filologia classica, XV (1938), pp. 3-41; Ancora gli epodi di Strasburgo, ibid., XVI (1939), pp. 177-188). Oltre alla redazione di alcune voci inerenti la letteratura greca per l’Enciclopedia Italiana, parallelamente correvano le sue ricerche sulla letteratura latina interessate soprattutto a Catullo e Cesare (va ricordato almeno Date a Cesare quel ch’è di Cesare, in Studi italiani di filologia classica, XVI (1939), pp. 111-125).

Nel 1940 Perrotta tenne una «magnifica lezione» (poi in Emerita, VII (1939), pp. 195-198) a Saragozza nell’ambito delle celebrazioni in onore di Augusto volute dal capo del governo Francisco Franco e cominciò a scrivere per la rivista fascista fiorentina Il Bargello, nelle cui pagine (13 ottobre 1940) fu il primo e il più importante grecista accademico a recensire, senza pregiudizi, la traduzione dei Lirici greci di Salvatore Quasimodo, e in cui – tra il luglio del 1940 e il maggio del 1941 – uscirono due suoi mordaci articoli antifrancesi e uno antigreco, tutti di attualità storico-politica. Contribuì anche a Primato.

Sempre nel 1940 l’editore Principato pubblicò il primo volume della Storia della letteratura greca (Milano-Messina), cui seguirono il secondo (1941) e il terzo (1946): l’opera più rappresentativa e nota di Perrotta, il quale inviò i primi due volumi a Croce con dedica a «Benedetto Croce Maestro». Perrotta non ordinò gli autori antichi sulla base dei generi letterari né all’interno di stringenti quadri storici, ma li trattò in forma ‘monografica’. Nell’introduzione all’età attica e alla splendida stagione culturale di Atene, egli osservava che «le lettere e le arti non hanno affatto bisogno, per il loro fiorire, d’un periodo di grandezza politica» (II, p. 2) e che «d’altra parte, Atene, se ebbe un’egemonia politica, non ebbe vera e duratura grandezza politica» (p. 3). Tali affermazioni riflettevano il pessimismo politico di Perrotta e, in particolare, lo scetticismo verso la democrazia, ma rappresentavano anche una stimolante presa di posizione contro il ‘mito’ classicistico di Atene. Tuttavia non mancò di cogliere, in maniera originale e brillante, i peculiari caratteri storico-culturali di alcuni fenomeni letterari, né mancarono divergenze rispetto alle idee di Croce, come il riconoscimento tributato all’arte di Aristofane, poeta della gioia (v. anche Aristofane, in Maia, V (1952), pp. 1-31). Lo stile essenziale e paratattico, che si raddensa in sintetiche folgorazioni critiche e memorabili giudizi personali, segnò una grande novità rispetto ai turgori della prosa postottocentesca allora dominante nell’antichistica. L’acume critico, la passione sincera di ogni pagina e la limpidezza della scrittura rendono ancora oggi la Storia della letteratura greca un testo di fascino e valore.

Nell’ottobre del 1945 Perrotta fu denunciato al Commissariato per le epurazioni in seguito alla delazione di «un caro collega» dell’Università di Firenze, come egli stesso sarcasticamente annotò in una lettera a Croce, «anche se nulla da eccepire al suo comportamento avevano trovato i ministri De Ruggiero e Arangio Ruiz e lo stesso Commissariato di epurazione» (M. Gigante, Gennaro Perrotta e Benedetto Croce, in Giornate di studio su Gennaro Perrotta. Atti del convegno, Roma… 1994, a cura di B. Gentili - A. Masaracchia, Pisa-Roma 1996, p. 130). Perrotta presentò un memoriale difensivo al presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi. Croce, interpellato, si espresse con un equilibrato giudizio contro l’allontanamento dall’insegnamento. Nei primi mesi del 1946 la denuncia fu archiviata e Perrotta continuò le sue attività universitarie tra le quali vi fu, nel novembre del 1947, il ruolo di relatore della tesi di laurea di Lucia De Gasperi, figlia di Alcide.

Notevole il suo contributo alla rinascita degli studi classici nell’Italia del dopoguerra. Egli fondò, con Gino Funaioli, la rivista Maia all’insegna del motto «la storia senza lo storicismo, la filologia senza il filologismo, la critica estetica senza l’estetismo» (I (1948), p. 2). Accanto alla Storia della letteratura greca, un altro suo libro divenne il testo di formazione per generazioni di studenti: l’antologia Polinnia. Poesia greca arcaica, pubblicata con Bruno Gentili (Messina-Firenze 1948; 2ª ed. a cura di B. Gentili, Messina-Firenze 1965; 3ª ed., a cura di B. Gentili - C. Catenacci, Messina-Firenze 2007); per le scuole scrisse anche il manuale Mousa: grammatica greca (Roma 1957, con Giuseppe Morelli).

Nei lavori sui lirici greci del dopoguerra, Perrotta trovò la migliore sintesi tra le esigenze storico-filologiche e quelle critico-estetiche, con pregevoli esiti anche nelle traduzioni (pubblicate postume per cura di U. Albini, Lirici greci, Firenze 1972). Ed è significativo che l’ultimo lavoro filologico sia stato di argomento metrico (Alcmanio e reiziano in Archiloco, in Maia, VII (1955), pp. 14-19): della metrica classica Perrotta fu uno dei più esperti conoscitori e al suo magistero, soprattutto mediante l’attività del suo allievo Gentili, è da collegare il fiorire degli studi metrici in Italia. Evidenziò il divieto del monosillabo dopo la cesura nel trimetro giambico (Il poeta degli Epodi di Strasburgo, cit., pp. 13 s.), che in alcuni manuali prende il nome di norma di Perrotta. Incompiuta restò la monografia sul verso latino del saturnio.

Negli ultimi anni di vita, afflitto da problemi di salute, diradò le attività scientifiche e didattiche. L’ultimo lavoro affidato alle stampe fu la traduzione de Il castagno di Giovanni Pascoli (ancora in Maia, XIV (1962), pp. 169-174), estremo omaggio a Pascoli ed ennesima testimonianza dell’ampio orizzonte culturale nel quale Perrotta visse il mestiere di grecista. A uno sguardo d’insieme, la personalità di Perrotta sembra comporsi di elementi contrastanti, la cui azione combinata contribuì, forse più di quanto appaia, al rinnovamento di contenuti e forme degli studi classici italiani nel secolo scorso.

Carattere riservato e melancolico, non rifuggì, tuttavia, dalla contesa critica; anzi, dotato di rara capacità icastica, fu polemista tagliente e micidiale. Rivendicò i valori, che definiva eterni e insostituibili, della cultura classica, ma combatté il classicismo; «venuto da un paese di provincia», come egli stesso scriveva (Intelligenza di Giorgio Pasquali, in Primato, IV (1943), 1, p. 5; poi in Quaderni urbinati di cultura classica, XXI (1985), p. 8), a nutrire le sue polemiche contribuiva un istintivo antiaccademismo di fondo. Partito dall’insegnamento fiorentino di Vitelli, giunse alla cattedra romana di Romagnoli: proprio i due protagonisti dell’aspro scontro che aveva diviso gli studi classici pochi anni prima. Formatosi e distintosi alla più severa scuola filologica, divenne il più convinto rappresentante della critica estetica nell’antichistica e non perdeva occasione per esprimere negli scritti e nelle conversazioni (chi lo ha conosciuto ricorda soprattutto quelle a tavola) la sua insofferenza verso la filologia scientifica. Eppure usò con impeccabile competenza ed eccellenti risultati tutti gli strumenti specialistici della filologia. In verità l’insofferenza era contro gli eccessi del filologismo positivistico che, come egli ebbe ad affermare commemorando Ettore Romagnoli, «riduceva tutto al tecnicismo, vedeva gli alberi e non la foresta» (Maia, I (1948), p. 101).

Perrotta morì a Firenze il 23 settembre 1962.

Opere. Per l’elenco completo si rinvia alla Bibliografia di G. P. (a cura di G. Morelli - F. Perusino), in G. P. Scritti minori, a cura di B. Gentili - G. Morelli - G. Serrao, II, Roma 1978, pp. 393-399, con le integrazioni di F. De Martino, Jacques lo smembratore, il processo del cane e altri scritti di G. P., in Belfagor, XLV (1990), 1, pp. 61-72. Il primo lavoro a stampa, la conferenza Ulisse (pronunciata il 15 aprile 1921 all’Università popolare di Campobasso e ivi pubblicata nel 1922), è stata ripubblicata a cura di A. Mucciaccio (Campobasso 1992). Dopo la morte gli furono dedicati gli Studi in onore di G. P., in Maia, XV (1963) - XVI (1964), e gli Scritti in onore di G. P., in Studi urbinati, XXXIX (1965).

Fonti e Bibl.: Importanti notizie biografiche in Lettere di ieri, a cura di F. De Martino, in Puglia di ieri, Puglia di oggi, a cura di M. Girone - F. Ghinatti, Bari 2001, pp. 531-550, 702-715; informazioni varie sulle vicende accademiche sono in L. Canfora, Il papiro di Dongo, Milano 2005, ad indicem. Per un profilo critico d’insieme, E. Paratore, G. P., in Letteratura italiana. I critici, IV, Milano 1969, pp. 2591-2601; Tre critici italiani di poesia greca, in Critica e storia letteraria. Studi offerti a Mario Fubini, II, Padova 1970, pp. 251-292. Sui tratti del carattere si veda soprattutto U. Albini, G. P., in Maia, XIV (1962), pp. 256-270. Per gli approfondimenti sui diversi settori dell’attività di ricerca sono fondamentali i saggi di vari autori in Giornate di studio su G. P. Atti del Convegno, Roma... 1994, a cura di B. Gentile - A. Masaracchia, Pisa-Roma 1996; su opere specifiche, M. Vetta, La Storia della letteratura greca di G. P., in Id., Tre conferenze inedite, a cura di C. Catenacci - M. Di Marzio, Alessandria 2009, pp. 25-35; V. Di Benedetto, Ricordo di Polinnia, in Lexis, XIX (2001), pp. 141-145; M. Bettini, Una nuova Polinnia, in Quaderni di storia, XXXVI (2010), pp. 331-340.

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