GEOMATICA PER LA GESTIONE DEL TERRITORIO

XXI Secolo (2010)

Geomatica per la gestione del territorio

Maurizio Fea
Mario A. Gomarasca

L’inizio del 21° sec. ha visto il rapido consolidarsi di gravi preoccupazioni sul futuro dell’ambiente per il progressivo materializzarsi, a livello globale, delle pessimistiche previsioni che avevano caratterizzato la fine del secolo precedente. Da un lato, l’apparente accelerazione dei cambiamenti climatici si è manifestata con fenomeni naturali di crescente intensità che sempre più spesso hanno assunto caratteristiche di eventi estremi, dall’altro, una serie di fattori, via via più numerosi, ha creato problematiche sempre maggiori nell’uso della Terra e nella gestione del territorio. Tra questi, di particolare importanza risultano il progressivo sbilanciamento tra il continuo aumento della richiesta di risorse e la loro reale disponibilità, la crescita irresistibile della popolazione mondiale e il suo spostarsi verso le città, la sempre più evidente globalizzazione della mobilità e dei mercati e il contemporaneo aprirsi della forbice in tanti settori (per es., quello del digital divide, il diverso sviluppo tra una società informatizzata e una tradizionale), fino alla crescita del numero di fusioni sovranazionali nei campi industriale ed economico che sfuggono sempre di più all’ambito delle politiche nazionali.

In questo contesto di cambiamenti sempre più rapidi e spesso imprevedibili, le istituzioni e gli enti coinvolti nella gestione del territorio, a livello sia istituzionale sia privato, hanno finalmente rilevato gli effetti del progresso tecnologico e hanno quindi cominciato ad avvalersi della disponibilità di nuovi strumenti tecnici e di algoritmi avanzati. È, infatti, ormai generalizzata la consapevolezza che nessun ambiente, seppur limitato, è isolato, ma che, al contrario, il suo stato è correlato a quello dell’ambiente circostante più o meno a tutte le scale, e questo non soltanto rispetto a quelle spaziotemporali. Ciò comporta la necessità di acquisire uno spettro sempre più vasto di conoscenze e competenze tecniche in settori vieppiù diversificati. Tuttavia, la vera chiave di volta nella cultura applicativa delle discipline ambientali e territoriali è costituita dalla compiuta affermazione delle fondamentali differenze che esistono tra il valore di un dato e l’interpretazione dello stesso, tra le caratteristiche di un sistema informativo e l’uso dello stesso, tra il prodotto generato e l’informazione associata, in definitiva tra dato e informazione. Al contempo, è divenuto chiaro che l’accumulo di dati o l’uso di strumenti di ultima generazione non sono di per sé la soluzione a problemi gestionali relativi al territorio: è necessaria anche la presenza di personale esperto in grado di integrare e, soprattutto, interpretare le informazioni raccolte per generarne una sintesi essenziale, nella forma e nel linguaggio propri di chi deve recepirla per poi prendere una conseguente decisione. Nonostante ciò contrasti sempre più drammaticamente con le esigenze di bilancio, l’adeguata preparazione del personale che gestisce i dati e genera l’informazione determina la differenza nella maggioranza dei casi di applicazioni ambientali e territoriali.

L’affermarsi della geomatica

La geomatica, ossia la gestione automatizzata dell’informazione relativa al territorio, risponde all’esigenza di poter trattare in modo interdisciplinare e interoperabile grandi quantità di dati e di informazioni da questi derivate, di natura e caratteristiche diverse, rilevati con una crescente molteplicità di procedure e che devono essere necessariamente organizzati, elaborati, gestiti, rappresentati in cartografie digitali e numeriche e utilizzati in tempi brevi per una corretta rappresentazione e una buona conoscenza della situazione territoriale. Per raggiungere questo obiettivo, la geomatica si basa sulla georeferenziazione, vale a dire sull’attribuzione delle corrette coordinate geografiche a tutto ciò che è posizionato sul nostro pianeta, ed è definita, quindi, come un approccio sistemico, integrato e multidisciplinare per selezionare gli strumenti e le tecniche appropriate volte ad acquisire in modo metrico e tematico, integrare, elaborare, gestire, analizzare, archiviare e distribuire dati spaziali georiferiti con continuità in formato digitale.

Molte sono le discipline e le tecniche che vanno a costituire la geomatica: l’informatica, intesa come scienza della rappresentazione e dell’elaborazione dell’informazione applicabile attraverso lo sviluppo di strumenti tecnologici (hardware) e di metodi, modelli, algoritmi e sistemi (software); la cartografia, in quanto descrizione della forma e delle dimensioni della Terra e dei suoi particolari, naturali e artificiali, mediante la rappresentazione grafica o numerica di zone più o meno ampie della superficie terrestre secondo regole prefissate; la geodesia, come scienza che studia la forma e le dimensioni della Terra per definire la superficie di riferimento nella sua forma completa (geoide) e nella sua forma semplificata (ellissoide), e il suo campo gravitazionale esterno in funzione del tempo; la topografia, nata con la geodesia e in essa inserita, che consiste nell’insieme delle procedure del rilievo diretto del territorio; la fotogrammetria, come scienza che determina la posizione e le forme degli oggetti a partire da misure eseguite su immagini fotografiche degli oggetti stessi; il telerilevamento, in quanto acquisizione a distanza di dati riguardanti il territorio e l’ambiente, nonché insieme di metodi e di tecniche per la loro successiva elaborazione e interpretazione (definizione che ben si presta in realtà anche alla fotogrammetria digitale); la scansione laser, per l’individuazione di oggetti e la misurazione della loro distanza mediante l’uso di radiazione luminosa coerente in un intervallo di lunghezze d’onda ottiche dello spettro elettromagnetico (0,3÷15 μm); il posizionamento satellitare, che consente la determinazione della posizione tridimensionale di oggetti anche in movimento nello spazio e nel tempo su tutto il globo terrestre, in qualsiasi condizione meteorologica e in modo continuo; i SIT (Sistemi Informativi Territoriali) o GIS (Geographic Information Systems), potenti insiemi di strumenti in grado di accogliere, memorizzare, richiamare, trasformare, rappresentare ed elaborare dati georiferiti; i sistemi di supporto alle decisioni (DSS, Decision Support Systems), costituiti da sistemi informativi molto sofisticati, in grado di creare un certo numero di scenari evolutivi attraverso la modellizzazione della realtà e di offrire quindi a chi deve prendere decisioni la possibilità di scelta tra varie soluzioni possibili; i sistemi esperti, strumenti in grado di imitare i processi cognitivi compiuti dagli esperti e la loro abilità a gestire la complessità di una situazione reale mediante processi interdipendenti di astrazione, generalizzazione e approssimazione; i web GIS, sistemi in rete per la divulgazione di dati geografici immagazzinati su macchine dedicate alla memorizzazione delle banche di dati, secondo architetture di rete anche molto complesse; l’ontologia, o specificazione di una concettualità, cioè la descrizione di concetti e relazioni che possono esistere per un elemento o tra elementi di un gruppo, o entità, o classe, dove la concettualizzazione è un’astratta visione semplificata del mondo che si desidera rappresentare per un certo scopo.

Una precisa testimonianza dell’importanza fondamentale di questi temi è il fatto che in Europa sono in fase di sviluppo alcune iniziative che tengono largamente conto delle discipline e delle tecniche della geomatica al fine di regolamentare l’uso dell’informazione geospaziale (in senso tridimensionale, geospatial information, oppure più semplicemente spatial information, SI) e di utilizzare adeguatamente i dati di osservazione della Terra con finalità conoscitive e di gestione dei rischi ambientali. Il progetto della Commissione europea INSPIRE (INfrastructure for SPatial InfoRmation in Europe) è stato istituito con direttiva 2007/2/CE. Questa attività si sta sviluppando in parallelo con quel­la di un altro progetto europeo, denominato GMES (Global Monitoring for Environment and Security), dedicato allo studio di soluzioni per proporre un si­stema articolato, ma coordinato centralmente, per la ge­stione globale del rischio a livello europeo, soprattutto attraverso l’osservazione della Terra dallo spazio.

La natura della geomatica

L’essenza della geomatica è, in sostanza, la gestione del contenuto informativo dei dati territoriali e ambientali eseguita utilizzando le scienze informatiche e una sempre più sofisticata automatizzazione. Come già sottolineato, troppo spesso i due termini dato e informazione sono utilizzati quali sinonimi, mentre in realtà è profonda la differenza del loro rispettivo significato. La sostanziale distinzione tra questi due termini è paragonabile a quella che esiste tra un insieme apparentemente disordinato di lettere dell’alfabeto e una parola riconosciuta costituita dalle stesse lettere: il dato, infatti, costituisce la base dell’informazione e, in generale, rappresenta la misura del mondo esterno o di una sua caratteristica specifica. Questa distinzione fondamentale, che troppo spesso è sottovalutata o addirittura ignorata, deriva dal fatto che l’acquisizione di informazioni da parte di un soggetto passa attraverso un processo conoscitivo basato sul rilevamento e sull’analisi di dati, mentre soltanto un sistema esperto (umano o non) è in grado di convertire un dato in informazione, cioè di leggerlo secondo determinate regole che lo rendano utile. Nel caso della geomatica, questa considerazione risulta particolarmente evidente: un’immagine satellitare grezza, non ancora elaborata, costituisce il dato e una sua qualunque elaborazione finalizzata genera informazioni come, per es., immagini tematiche o carte topografiche; il dato originario di un sistema di posizionamento satellitare è una misura di tempo, mentre l’informazione derivata è una posizione nello spazio; i registri di un archivio elettronico sono dati, mentre la risposta a un’interrogazione che li utilizza fornisce un’informazione.

Le discipline primarie: cartografia, geodesia e topografia

La base fondamentale della geomatica è costituita dai contributi di queste discipline. In primo luogo, la cartografia genera le carte che sono, in definitiva, il prodotto grafico numerico nel quale si riporta in modo sintetico il lavoro di misurazione e di comprensione del territorio. Oggi, le carte sono realizzate, di norma, con rigorose procedure di restituzione aerofotogrammetrica, costituendo un’accurata rappresentazione del territorio a una definita scala di riduzione sia per i particolari e le forme planimetriche sia per quelle altimetriche. Considerando poi che il territorio si sviluppa sulla superficie terrestre, la geodesia mette a disposizione della geomatica informazioni essenziali relative alla Terra considerata come corpo solido attraverso le sue due branche, gravimetria e astronomia di posizione.

La prima, dall’analisi della gravità terrestre e delle sue anomalie, fornisce dati sulla forma e sulle dimensioni della Terra e sul geoide, vale a dire sulla superficie equipotenziale del campo risultante che più si avvicina alla superficie terrestre; la seconda permette la determinazione della posizione dei punti del globo tramite misurazioni fatte rispetto a stelle e a satelliti artificiali, utilizzando le leggi della meccanica celeste. A sua volta, la topografia fornisce alla geomatica la descrizione grafica e metrica dei luoghi della superficie fisica della Terra e contribuisce perciò alla rappresentazione dettagliata del territorio attraverso: la planimetria, per determinare le posizioni relative delle rappresentazioni dei diversi punti del terreno su una medesima superficie di riferimento; l’altimetria, per la determinazione delle quote dei punti della superficie terrestre rispetto alla superficie del geoide; la celerimensura, per il rilievo planimetrico e altimetrico di zone superficiali terrestri; l’agrimensura, per il computo di aree, lo spostamento e la rettifica di confini, lo spianamento di zone della superficie fisica terrestre. Rispetto alle considerazioni precedenti, tuttavia, è opportuno fare un’interessante precisazione che riguarda l’uso dei termini rappresentazione e proiezione: il pianeta Terra è un sistema molto complesso, non sostituibile da alcuna forma geometrica; sarebbe, quindi, più corretto parlare di rappresentazione della Terra sul piano della superficie di riferimento e non di proiezione della Terra, anche se l’uso di questo termine è oramai radicato. Di fatto, però, si definiscono correntemente proiezioni geometriche le rappresentazioni ottenute applicando le semplici leggi della geometria proiettiva, in virtù delle quali una zona della superficie terrestre si considera proiettata da un particolare punto di vista su di una superficie piana o sviluppabile su un piano, per es. sulla superficie laterale di un cilindro o di un cono convenientemente collocati.

Il contributo del telerilevamento

L’apporto della fotogrammetria, sia analogica sia analitica e, oggi sempre più, digitale, consiste nelle informazioni metriche relative a un oggetto che sono derivate in maniera rigorosa a partire da immagini fotografiche di quest’ultimo, mentre la fotointerpretazione ha il compito di definirne quelle qualitative, nel quale ambito la visione e l’esperienza umana restano, invece, fattori determinanti. Nella ricostruzione rigorosa della corrispondenza geometrica tra immagine e oggetto al momento dell’acquisizione, sia essa classica o digitale, i principali cardini sui quali la fotogrammetria si basa continuano a restare gli stessi; tuttavia, la propensione all’utilizzo fotogrammetrico dei dati satellitari ad alta risoluzione costringe a rivedere l’approccio tradizionale alla prospettiva centrale spostandone i formalismi verso più complesse geometrie proiettive connesse con le modalità di acquisizione dei satelliti e delle nuove camere aerofotogrammetriche digitali. Inoltre, con l’introduzione di tecnologie in grado di acquisire immagini in una regione più ampia dello spettro elettromagnetico rispetto a quello in cui tradizionalmente operano le emulsioni fotografiche, la fotogrammetria e la fotointerpretazione hanno ampliato il loro significato estendendosi fino al telerilevamento, e da questo stanno oggi mutuando la forma dei dati (digitali) e le tecniche per elaborarli al calcolatore. Infatti, il contributo del telerilevamento alla geomatica è basato su metodologie e tecniche che permettono di trarre informazioni da una realtà posta a una nota distanza dal sensore (remote sensing) e costituisce, di fatto, un componente cardine per questa giovane disciplina d’integrazione e sintesi.

Il telerilevamento si basa su alcuni principi fisici fondamentali, tra i quali due in particolare: ogni corpo avente una temperatura superiore allo zero assoluto emette radiazioni elettromagnetiche di ampiezza e lunghezza d’onda dipendenti dalle caratteristiche dell’oggetto stesso (legge di Planck) e, allo stesso tempo, ogni realtà fisica è in grado di riflettere, diffondere, assorbire, trasmettere una radiazione elettromagnetica incidente, e lo fa in percentuali differenti in funzione delle proprie caratteristiche strutturali, chimiche e cromatiche. Pertanto, nella realtà quotidiana ogni oggetto irradia energia elettromagnetica, sia in ragione della sua temperatura sia perché illuminato da un’altra sorgente, naturale come il Sole o artificiale come una torcia elettrica, un laser o un radar. Il segnale fornito da uno strumento di telerilevamento che osserva l’oggetto irradiante è proporzionale alla quantità di energia elettromagnetica ricevuta e misurata dal suo sensore e, dunque, trasporta l’informazione che proviene dalle realtà che fanno parte del territorio o dai fenomeni meteorologici che si frappongono tra quest’ultimo e il sensore. I dati telerilevati da un sensore sono, quindi, una fonte primaria d’informazione per la geomatica. Nel telerilevamento passivo le sorgenti naturali di energia sono due: il Sole attraverso la sua radiazione luminosa, nel qual caso il sensore misura la quantità di luce solare riflessa dagli oggetti illuminati, e gli oggetti stessi attraverso la loro emissione termica, nel qual caso la misura permette di ricavare la temperatura dell’oggetto irradiante. Nel telerilevamento attivo, invece, il sensore stesso è in grado di emettere energia elettromagnetica e diventa sia emettitore sia ricettore di energia: i principi utilizzati comunemente in questo caso sono quelli del radar, cioè dell’emissione di impulsi elettromagnetici con lunghezza d’onda compresa tra 1 mm e 1 m nell’intervallo spettrale delle microonde e della successiva registrazione del segnale di ritorno (eco radar). Nell’uso attuale, il termine telerilevamento indica non solo l’acquisizione a distanza di informazioni qualitative e quantitative riguardanti il territorio e l’ambiente, ma anche l’insieme dei metodi, delle tecniche e degli algoritmi per la successiva elaborazione e interpretazione delle stesse. A questa integrazione multidisciplinare si è giunti in modo quasi naturale e inevitabile. Infatti, l’insieme dei parametri misurabili da sensori imbarcati su aereo e su satellite è assai ampio e le applicazioni dei dati del telerilevamento nell’ambito delle scienze ambientali sono così diversificate da risultare utili in tutte le discipline: biologia, geochimica, geologia, idrologia, oceanografia, meteorologia, geobotanica; in attività quali l’esplorazione in campo mineralogico, il rilevamento delle caratteristiche geomorfologiche, la classificazione delle risorse agricole e forestali, la catalogazione e l’individuazione degli stress ambientali, l’analisi e gli studi di inquinamento ambientale e così via; in una locuzione, nell’osservazione continua del territorio. Tuttavia, è di fondamentale importanza sottolineare che il telerilevamento per sua natura non raccoglie alcuna informazione diretta sull’ambiente, nel senso che non è possibile una misurazione diretta di parametri ambientali, come invece può essere fatto sul terreno, e che le misure sono indirizzate al riconoscimento indiretto della struttura degli elementi territoriali o al rilevamento indiretto di alcune caratteristiche fisiche come la temperatura. Ragione per cui i dati derivati dall’analisi dei segnali elettromagnetici devono essere convertiti nella stima delle variabili chimiche, fisiche o biologiche investigate attraverso la creazione di appropriati modelli multidisciplinari e l’uso di algoritmi adeguati, e questa conversione deve essere poi verificata: si deve risolvere il problema inverso, risalire cioè dai dati telerilevati all’informazione originaria. Soltanto in queste condizioni il telerilevamento consente sia un’analisi qualitativa e descrittiva dei dati (per es., delle immagini rilevate da aereo o da satellite), sia un’analisi quantitativa, eseguibile, a volte, in modo automatizzato.

Un esempio utile per comprendere quanto detto e, soprattutto, l’importanza della deduzione di informazioni indirette è quello dell’analisi del segnale di ritorno di un radioaltimetro o, semplicemente, altimetro. Questo strumento è un radar, a bordo di aereo o satellite, con un’antenna parabolica che invia verso il basso impulsi elettromagnetici nella banda spettrale delle microonde; la superficie sottostante interagisce con l’impulso che la illumina e irradia questa energia in parte o in tutte le direzioni in funzione delle sue caratteristiche. Nel caso del mare, se la superficie marina è calma, l’eco ricevuta dall’antenna dell’altimetro è un singolo picco di segnale, dal tempo di ritorno del quale si ricava la distanza tra il satellite e la superficie. In presenza di moto ondoso, invece, il segnale ricevuto è più lungo, a causa del tempo che intercorre tra gli istanti nei quali l’impulso tocca prima la cresta e poi il cavo dell’onda, rispettivamente: dalla durata dell’eco di ritorno si deduce, quindi, l’altezza media delle onde. Quando, infine, la superficie marina è increspata dal vento, l’eco di ritorno è un segnale più intenso, proporzionalmente alla rugosità della superficie. Pertanto, dall’analisi del segnale di ritorno ricevuto si possono ricavare i seguenti parametri geo­fisici: la distanza satellite-superficie e, quindi, la topografia marina, l’altezza media dei sistemi ondosi e l’intensità del vento sulla superficie del mare; inoltre, l’analisi della topografia marina contribuisce alla determinazione della circolazione delle correnti oceaniche, in modo analogo a quello che accade in meteorologia ove la circolazione atmosferica dipende dall’andamento della topografia delle superfici isobariche.

Il successo o il fallimento dell’uso del telerilevamento nel valutare, per es., le alterazioni ambientali dipendono in larga misura dai modelli e dagli algoritmi sviluppati e utilizzati per estrarre i parametri ambientali dal continuum di dati spettrali raccolti dai sensori e dal confronto con elementi di verità a terra, cioè con misure di qualità ottenute sul terreno con strumenti e procedure tradizionali. Questo confronto, di fondamentale importanza per una corretta applicazione del telerilevamento e quindi per la qualità del risultato nell’uso della geomatica, costituisce di fatto la verifica geofisica e la convalida metodologica, spesso chiamate brutalmente validazione. Tali procedure, essenziali per dare credibilità alle applicazioni del telerilevamento, devono affrontare e risolvere problemi che riguardano i metodi di verifica con l’uso di indici internazionalmente riconosciuti, gli schemi di campionamento per il confronto, la selezione e il numero dei campioni da prendere in considerazione, l’oggettività e la ripetibilità delle operazioni. Benché esistano tuttora alcune limitazioni tecniche e algoritmiche all’uso del telerilevamento, il progresso tecnologico, metodologico e analitico ha permesso a questa disciplina di raggiungere un notevole incremento sia nel numero delle missioni da aereo e, soprattutto, da satellite sia nelle risoluzioni spaziali, temporali, radiometriche e spettrali ottenibili, accrescendo, quindi, il suo ruolo nella pianificazione territoriale, nella gestione delle risorse terrestri e nel controllo, laddove possibile, delle dinamiche ambientali attraverso lo studio e la comprensione di fenomeni in altro modo non investigabili. Quando, per es., caso tipico nella geomatica, è necessario un aggiornamento tematico delle variazioni tra due distinti momenti (change detection) su una superficie anche ampia, il telerilevamento diventa insostituibile: i dati su una stessa area sono rilevati dai satelliti con periodo di rivisitazione variabile da poche ore a qualche settimana (in funzione del tipo di missione spaziale) e questo dà la possibilità di redigere una cartografia tematica aggiornata il cui unico limite è rappresentato dal vincolo che la risoluzione spaziale dello strumento di ripresa utilizzato impone alla precisione geometrica della mappa stessa. Fra le discipline del rilevamento, acquista poi un particolare significato la tecnica del rilevamento o scansione laser (laser scanning), perché ha tutte le prerogative per rivoluzionare il settore in virtù della completezza delle informazioni prodotte, della precisione conseguibile e dei livelli di automazione e di mole di dati che lo caratterizzano. A partire da una sorgente laser, fissa o in movimento, terrestre o aerea, attraverso il rilevamento polare di un numero elevatissimo di punti e della risposta radiometrica di ciascuno di essi, è possibile ricostruire, quasi al continuo, l’immagine tridimensionale dell’oggetto o della superficie di interesse. La scansione laser rappresenta, quindi, una significativa evoluzione di alcuni aspetti della fotogrammetria in quanto fornisce direttamente il modello tridimensionale di una superficie che, tradizionalmente, si ottiene dall’elaborazione stereoscopica delle coppie di immagini bidimensionali, riducendo al minimo l’intervento degli operatori per la quasi totale automazione del processo. La tecnica presenta specifici aspetti tecnologici e informatici che aprono a molteplici possibilità applicative nel rilevamento terrestre e da aereo, utile soprattutto per ricostruire modelli digitali delle superfici (DSM, Digital Surface Model). Tuttavia, l’anello debole della catena è rappresentato dalle necessarie operazioni di filtraggio per ridurre e selezionare l’enorme mole di dati che il sistema laser raccoglie.

Il ruolo dei sistemi spaziali di posizionamento e navigazione

Tali sistemi consentono la localizzazione tridimensionale e la guida, dunque la navigazione, di precisione di oggetti anche in movimento nello spazio e nel tempo su tutto il globo terrestre, con qualsiasi condizione meteorologica e in modo continuo. Essi sono basati sulla ricezione di segnali in banda radio emessi da satelliti per le telecomunicazioni. L’utente a terra deve essere equipaggiato con uno strumento, costituito da un’antenna e un ricevitore, più o meno sofisticato e costoso in funzione dei livelli di accuratezza delle misure che si vogliono raggiungere, ma in grado di determinare le coordinate geocentriche di qualsiasi punto della superficie terrestre: conoscendo la posizione dei satelliti, le cui orbite sono anch’esse riferite al sistema geocentrico di riferimento (per es., il WGS84, World Geodetic System 1984), si possono successivamente convertire le coordinate geocentriche in altri sistemi di riferimento, dunque fornire un posizionamento tridimensionale (3D). È possibile determinare la posizione di un punto calcolando le distanze tra satelliti e ricevitore, individuate in modo indiretto attraverso misure di tempo o di fase sfruttando caratteristiche differenti del segnale emesso dai satelliti e acquisito dal ricevitore. La natura di tale segnale risulta definita dal sistema di posizionamento al quale ci si riferisce. Attualmente, due costellazioni di satelliti garantiscono misure di questo tipo: il sistema statunitense NAVSTAR GPS (NAVigation Satellite Timing And Ranging Global Positioning System) e il GLONASS (GLObal NAvigation Satellite System), costruito e lanciato dall’ex Unione Sovietica e oggi gestito dalla Russia. Anche l’Europa sta realizzando un proprio sistema di posizionamento globale per acquisire autonomia strategica ed economica nel settore della navigazione e della localizzazione di precisione via satellite: proprio alla fine del 20° sec., il 19 luglio 1999, il Consiglio d’Europa ha adottato una risoluzione che ha inaugurato il cammino del sistema Galileo in collaborazione con l’Agenzia spaziale europea (ESA, European Space Agency). Al contrario dei sistemi oggi operativi, Galileo è stato progettato specificamente per scopi civili e commerciali. Infatti, le sue caratteristiche principali sono: maggiore accuratezza rispetto ai sistemi esistenti; il servizio garantito con continuità sempre al massimo delle prestazioni; la certificazione e la responsabilità dell’operatore del servizio; la tracciabilità del passato e la trasparenza delle operazioni; una maggiore disponibilità dei segnali; un canale di comunicazione con priorità per emergenze e la massima complementarietà con gli esistenti GPS e GLONASS.

Il primo satellite di qualificazione, GIOVE-A (Galileo In Orbit Validation Element A), è stato lanciato il 28 dicembre 2005 e il secondo, GIOVE-B, il 27 aprile 2008: quest’ultimo, in particolare, ha cominciato a trasmettere i suoi segnali di navigazione il 7 maggio 2008 e ha immediatamente dimostrato l’eccellente qualità del segnale stesso, controllato da un orologio di precisione e stabilità altissime; inoltre, GIOVE-B trasmette il segnale nel formato comune GPS-Galileo, mettendo da subito in pratica l’accordo di interoperabilità raggiunto nel luglio 2007 tra l’Unione Europea (UE) e gli Stati Uniti per i loro sistemi, rispettivamente Galileo e il futuro GPS-III. L’intera costellazione nominale dei 30 satelliti di Galileo (27 operativi e 3 di riserva) sarà completamente funzionale nel 2016. La reale compatibilità e interoperabilità dei sistemi di navigazione è di grande beneficio per gli utenti di tutto il mondo ed è la conditio sine qua non per tutte le applicazioni operative a livello globale. L’immensa quantità di informazioni con caratteristiche così diverse, spesso asincrone e variamente distribuite geograficamente, che sono disponibili e necessarie alla geomatica, richiede sistemi di acquisizione e di gestione dei dati particolarmente complessi e spesso dedicati.

Il nucleo funzionale

Lo sviluppo dei GIS, spesso sinonimo di SIT, è stato piuttosto lento se confrontato con lo sviluppo dei sistemi informativi per la gestione dei dati commerciali o finanziari. La loro tardiva apparizione sul mercato può essere spiegata con il fatto che l’informazione da archiviare in questi sistemi è più complessa e difficile da elaborare di quella che si trova in altri tipi di sistemi informativi non geografici: ciò è dovuto sia alla natura stessa dell’informazione di tipo geografico, sia al tipo di operazioni che su di essa si devono eseguire. L’informazione geospaziale o spaziale in senso tridimensionale è, infatti, relativa a oggetti e fenomeni referenziati in planimetria e in altimetria e interconnessi, quali città, strade, aree amministrative, nonché a regioni definite in modo meno preciso, quali boschi o paludi. La definizione che più rispecchia la natura attuale dei SIT può derivare dalla sintesi delle enunciazioni prodotte nella seconda metà degli anni Ottanta del 20° sec. da Peter A. Burrough e Stanley Aronoff, secondo cui il SIT o GIS è un potente insieme di strumenti in grado di accogliere, memorizzare, richiamare, elaborare, trasformare e rappresentare dati spazialmente riferiti, mentre per Dave J. Cowen un GIS si definisce come un sistema per il supporto alle decisioni su problemi di carattere ambientale utilizzando dati spazialmente riferiti. L’introduzione e la forte diffusione che hanno avuto i GIS e il notevole sviluppo delle reti neuronali hanno aumentato enormemente la possibilità di elaborazione e di analisi dei dati raccolti negli archivi di pubbliche amministrazioni, enti e istituti di ricerca che si occupano dello studio e della pianificazione del territorio, e hanno dato un vigoroso impulso alla crescita e alla diffusione della geomatica. Infatti, l’enunciazione di Cowen ha aperto la strada a una potente evoluzione del GIS, cioè il suo utilizzo per lo sviluppo di DSS. La definizione che meglio riassume l’evoluzione dei SIT può quindi derivare dalla ulteriore sintesi delle enunciazioni di Burrough e di Cowen, ovvero un sistema di supporto alle decisioni è un potente insieme di strumenti in grado di accogliere, memorizzare, richiamare, elaborare, trasformare e rappresentare in scenari opportuni dati georeferiti per fornire ai decisori elementi oggettivi di valutazione su problemi di carattere ambientale e territoriale. I DSS sono quindi molto più di un mezzo per codificare, memorizzare o richiamare dati, perché devono essere concepiti come un modello del mondo reale: essi permettono alla geomatica di compiere un notevole salto di qualità. Infatti, usando uno di questi sistemi come un sistema esperto si deve poter prevenire e prevedere una serie di fenomeni legati al territorio ed esplorare tutto l’insieme dei possibili scenari a essi legato, ottenendone una visione delle eventuali conseguenze: per es., la capacità di prevedere quando si verificherà un evento catastrofico, quale un’alluvione, e che intensità avrà o quale area ne sarà interessata, può aiutare nella definizione di un piano di evacuazione della popolazione delle zone potenzialmente coinvolte.

Nel contesto della geomatica è importante sottolineare quanto già detto all’inizio: con l’approvazione della direttiva che istituisce l’INSPIRE si introduce in modo ufficiale la definizione informazione spaziale, intesa come informazione relativa all’insieme terracqueo nello spazio tridimensionale. Globalmente è molto utilizzata anche la definizione comune di geographic information (GI) per indicare tutto ciò che concerne il posizionamento tridimensionale e la georeferenziazione di oggetti posti sul nostro pianeta. È utile, tuttavia, notare il fatto che in Italia si usano spesso in forma di sinonimia locuzioni quali informazione territoriale e informazione geografica, pur esistendo percorsi culturali diversi che impongono tuttora una loro distinzione: la cultura geografica e quella territoriale si differenziano sostanzialmente per via dei percorsi formativi umanistici o scientifici, in prevalenza universitari, che si intraprendono e che fanno permanere una netta separazione tra gli studiosi di geografia umana e coloro che misurano il territorio. Questa differenza si ripercuote anche sulle espressioni SIT e GIS; globalmente, di nuovo, è comunemente accettato il termine GIS. Poiché, però, entrambi i sistemi utilizzano i numerosi strumenti tecnologici di rappresentazione oggi disponibili ed en­trambi sono impegnati nella descrizione e rappresentazione della superficie terrestre, l’impressione è che queste divergenze culturali progressivamente si stiano colmando per integrare le rispettive fondamentali conoscenze. Per quanto detto, la geografia è una disciplina essenziale per la geomatica, perché possiede una specificità e un’autonomia epistemologica che le consentono di offrire validi strumenti per la comprensione della realtà terrestre: partendo dai risultati raggiunti dalle scienze fisiche e umane, essa realizza una trama interpretativa di sintesi tesa ad analizzare relazioni, cause, effetti e tendenze evolutive nei casi concreti esaminati. La geografia può dare un valido apporto in ogni aspetto del quadro globale o locale a fronte di una comunicazione sempre più intensa e al contempo generica. Ne deriva un apporto qualificante e costruttivo per impostare e realizzare una corretta politica ambientale e territoriale. In particolare, la geografia antropica studia le condizioni dell’uomo abitante sul territorio e le relazioni fra le società umane organizzate e gli ambienti naturali o già umanizzati nel geosistema planetario e nei singoli ecosistemi a differenti scale. A ciascuna di esse corrispondono percezioni, interazioni, gerarchie e sviluppi diversi: la localizzazione di qualunque fenomeno non può dunque limitarsi a un’analisi assoluta, ma deve essere considerata relativa alle situazioni viste a raggio crescente; la stessa non va ridotta al solo posizionamento di un luogo, ma va estesa ai concetti di distribuzione, associazione e specializzazione spaziale. Così la distanza può essere non solo metrica, ma intesa anche come distanza temporale, economica e sociale.

Prospettive disciplinari

Dall’inizio del 21° sec. il rapido sviluppo dei web GIS, i GIS in reti Internet o Intranet, ha dato alla geomatica un duttile strumento per mettere a disposizione dell’utente non esperto informazioni territoriali visualizzate su immagini telerilevate, anche di altissima risoluzione geometrica, per la divulgazione di dati geografici immagazzinati su macchine dedicate alla memorizzazione delle banche di dati e le cui architetture di rete, anche molto complesse, devono essere trasparenti all’utente finale. Le nuove frontiere dei web GIS sono i globi 3D, vale a dire la visualizzazione su globi virtuali del territorio e dei suoi attributi, quali edifici, boschi, strade, rilievi, specchi d’acqua, nelle più diverse proiezioni tridimensionali e angolazioni di visuale, con la possibilità di una variazione continua della scala, dall’osservazione sinottica al dettaglio molto ravvicinato. I globi 3D sono usati non solo per presentare la realtà attuale e navigare in essa, ma anche per permettere all’utente, per es., di visitare fin nel dettaglio ricostruzioni storiche di palazzi o di località, oppure per mostrare tutti gli aspetti di simulazioni di scenari possibili in casi di emergenza sul territorio.

Tali implicazioni richiedono la definizione di una teoria logica: l’esempio più semplice di ontologia è la definizione tassonomica gerarchica di classi in una legenda, come quelle usate nella classificazione della copertura del territorio su scala europea (il programma CORINE-Landcover, COoRdination of INformation on the Environment, dell’UE) e su scala globale (LCCS, Land Cover Classification System, programma FAO, Food and Agriculture Organization). Questi progetti sono focalizzati alla generazione e all’aggiornamento di carte tematiche di copertura del suolo, sulle cui aree di colori diversi rappresentano distinti tipi di copertura del territorio, come, per es., aree agricole o urbanizzazioni oppure acque di superficie, identificati soprattutto attraverso l’accurata e spesso automatica interpretazione di immagini telerilevate da satellite. Naturalmente, perché la carta si possa utilizzare per la gestione del territorio occorre che sia accompagnata da una legenda che associ a ogni colore utilizzato il corrispondente tipo di copertura. Nel caso della prima stesura di CORINE si arriva alla definizione di 44 classi di copertura del suolo in tre livelli gerarchici, secondo una nomenclatura unitaria per tutti i Paesi dell’UE, con evidente vantaggio di uso nelle politiche comunitarie della gestione del territorio. La geomatica è dunque un insieme di discipline e tecniche che mira a fornire un vitale supporto nella gestione del territorio per un’adeguata misura delle condizioni territoriali statiche e per l’identificazione e l’analisi delle possibili evoluzioni dinamiche, non solo in modo da valorizzarlo come risorsa, ma anche per conoscere e prevedere situazioni di pericolosità e di rischio al servizio di possibili attività di allerta in condizioni operative prossime a quelle del tempo reale.

Un primo esempio è dato dalla costituzione di un sistema per il monitoraggio di aree esondate. Il sistema, basato sulla raccolta di dati, sia immagini sia dati numerici puntuali rilevati a terra, da aereo e da satellite con strumenti attivi e passivi, pur nascendo in ambiente SIT, si configura come uno strumento operativo di supporto alle decisioni, perché è costituito da sistemi informativi in grado di creare scenari possibili attraverso la modellizzazione della realtà e di offrire una scelta di soluzioni al decisore: tale sistema è, infatti, un potente insieme di strumenti in grado di ricevere opportuni dati georeferiti, accoglierli, memorizzarli, richiamarli, elaborarli, trasformarli e soprattutto rappresentarli in forma di scenari possibili per fornire ai decisori elementi oggettivi di valutazione sulle possibili conseguenze di un evento. Utilizzando questo sistema è possibile rappresentare e ipotizzare scenari di eventi legati al territorio ed esplorare l’insieme delle possibili conseguenze: nel caso specifico, la capacità di prevedere quando si verificherà un’alluvione, che intensità avrà o quale area ne sarà interessata, può aiutare nella definizione di un piano di interventi nelle zone potenzialmente interessate. Il luogo ideale di adozione di un tale DSS è dunque quello di una sala operativa. In tale ottica, il sistema è basato su tecniche congiunte di SIT e di ingegneria delle reti informatiche, che lo predispongono a un grado di autonomia sufficiente ad affrontare condizioni di emergenza. Il quadro generale in cui si colloca il DSS prevede che, a seguito di misura o di stima delle precipitazioni (ottenute nel primo caso da centraline meteorologiche, nel secondo dall’interpretazione del ritardo troposferico del segnale GPS), un modello idrologico/idraulico produca scenari di piena, per es., sotto forma di idrogrammi relativi a sezioni fluviali specifiche, dai quali derivare scenari di esondazione. Queste rappresentazioni dinamiche, interagendo con i numerosi piani informativi statici risiedenti nel DSS, quali edifici, viabilità ecc., evidenziano in modo autonomo situazioni di rischio e procedono a una prima stima delle risorse territoriali coinvolte, vale a dire a una prima valutazione di impatto territoriale.

Un secondo esempio, che permette di capire ancora meglio il grande potenziale non solo investigativo ma soprattutto applicativo e operativo della geomatica, riguarda il problema degli incendi boschivi, grande piaga estiva non solo del territorio italiano. Come già visto nel caso delle alluvioni, anche in quello di fuochi nei boschi l’uso di un GIS dedicato aiuta a valutare le specifiche aree di rischio, quasi sempre di origine dolosa. In realtà si può, però, costruire un SIT che possa essere utilizzato come base decisionale nella previsione e prevenzione degli incendi boschivi facendo in particolare riferimento alla previsione e prevenzione degli inneschi di tali eventi: lo scopo, pertanto, non è quello di creare una carta del rischio di incendi della zona d’interesse, ma di costruire un modello applicativo dinamico che fornisca indicazioni finalizzate alla predisposizione di un efficiente piano operativo di prevenzione e pronto intervento. Non essendo possibile determinare a priori il punto esatto dove avverrà l’innesco e tanto meno riuscire a presidiare tutte le possibili zone a rischio, l’obiettivo è quello di ottimizzare le risorse disponibili cercando di elaborare un applicativo nel DSS in grado di fornire in maniera automatica le indicazioni per un piano operativo antincendio costantemente aggiornato, sulla base di valori assegnati a ciascuna possibile zona di innesco individuata nell’area di interesse. Si supera così il concetto della mappa del rischio basata esclusivamente su modelli del combustibile e di propagazione del fronte di fiamma, che anzi, in questo nuovo contesto diventa un punto di partenza per la progettazione del sistema. Fondamentale è l’analisi attenta dei parametri predisponenti e determinanti l’incendio nonché la determinazione del valore del danno potenziale, in modo da realizzare un sistema informativo decisionale per la lotta attiva nella previsione e prevenzione degli inneschi naturali o dolosi degli incendi boschivi.

Infine, è utile notare che l’importante sviluppo della geomatica, l’accresciuto interesse nel campo dell’informazione spaziale, la complementarietà, l’integrazione e il sinergismo tra le discipline e le tecniche che le caratterizzano, hanno portato a delineare una nuova figura professionale: il geomatico. Si avverte, infatti, sempre più concretamente la necessità di fornire una convincente motivazione culturale per la conoscenza scientifica e tecnologica nelle discipline che si occupano del rilevamento, dell’elaborazione e della restituzione dei dati, avendo come obiettivo la rappresentazione del territorio e il supporto alle decisioni. Una figura professionale di questo tipo esiste in America Settentrionale dagli inizi degli anni Ottanta del 20° sec. e in alcuni Paesi d’Europa si sta progressivamente affermando: è l’evoluzione di figure quali chartered surveyor, géomètre expert, Vermessungsingenieur, geodetische ingenieur rispettivamente nei Paesi di lingua inglese, francese, tedesca e nei Paesi Bassi. Lo sviluppo delle discipline del rilevamento è stato prorompente: dalla geodesia spaziale alla topografia di precisione, dalla fotogrammetria al telerilevamento, dalla cartografia numerica al trattamento delle osservazioni, ai sistemi informativi territoriali e ai sistemi di supporto alle decisioni. In Italia, le Regioni e le Province, oltre agli storici enti cartografici dello Stato, hanno assunto responsabilità istituzionali per la cartografia e il problema della certificazione di qualità è in costante estensione, tanto nel rilevamento quanto nella restituzione. Le prospettive professionali per l’esperto del rilevamento e del controllo di qualità sono quindi in continua e progressiva crescita. Si può pertanto pronosticare l’emergere rapido e progressivo della figura professionale del geomatico, cui potranno corrispondere favorevoli occasioni di lavoro.

Bibliografia

P.A. Burrough, R.A. McDonnell, Principles of geographical information systems, Oxford 2000.

M.A. Gomarasca, Elementi di geomatica, Firenze 2004 (trad. ingl. New York 2009).

J.A. Richards, X. Jia, Remote sensing digital image analysis. An introduction, Berlin 20064.

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