GEPIDI

Enciclopedia Italiana (1932)

GEPIDI (originariamente forse Gibedi)

Giovanni Battista Picotti

Popolazione di stirpe gotica, che dalle foci della Vistola scese intorno alla metà del sec. III d. C. nella regione dei Carpazî e tentò di aprirsi la via attraverso le sedi dei Goti; ma fu vinta a Galtis sull'Aucha. I Gepidi sono ricordati tra i barbari che devastarono l'Impero al tempo di Probo; "schiere innumerevoli" col loro re Ardarico parteciparono, secondo Gordane, all'impresa di Attila. Dopo la morte di questo, costituirono nella Dacia un regno abbastanza saldo, e si spinsero di là dal Danubio, occupando Sirmium e Singidunum. Già nemici degli Ostrogoti loro vicini nella Pannonia, tentarono di chiudere a questi sull'Ulca la via dell'Italia; ma furono vinti (489) da Teodorico e più tardi (504) perdettero Sirmium, che riacquistarono nel decadere del regno gotico. Con i Longobardi, che intorno al 546 si erano stabiliti nella Pannonia e avevano l'appoggio dei Bizantini, i Gepidi ebbero lunghe lotte, che rimasero famose nella saga longobarda. Furono prima guerre fra Audoino re dei Longobardi e Turrisendo dei Gepidi, del quale Audoino uccise in battaglia il figlio Turrismondo. Poi fu pace per alcuni anni fra i Gepidi e i Bizantini, che i Gepidi aiutarono nell'impresa di Narsete contro Totila (552), e anche fra Gepidi e Longobardi. Ma tra Alboino e Cunimondo fu ripresa la guerra: occasione, si disse, l'essere stata rapita da Alboino Rosmunda, figlia del re dei Gepidi. I Longobardi, vinti una prima volta, si allearono con gli Avari, vaganti oltre il Pruth, con la promessa di tutto il territorio dei Gepidi e di metà del bottino. Cunimondo fu ucciso in battaglia; cadde il regno dei Gepidi; il tesoro regio fu portato da una parte dei fuggiaschi a Costantinopoli (567). Un'altra parte seguì i Longobardi in Italia e non fu estranea alla leggendaria vendetta di Rosmunda; altri rimasero nelle loro sedi, sotto il dominio degli Avari. Il nome è ricordato ancora nel sec. IX. Ebbero fama di gente tarda nel corpo e nell'ingegno, di "riti inumani", di truculenta ferocia.

Bibl.: J. Aschbach, Geschichte d. Heruler u. Gepiden, Francoforte sul M. 1835; H. Kropatschek, De Gepidarum rebus, Halle 1869. Vedi poi K. Zeuss, Die Deutschen und die Nachbarstämme Monaco 1837 (spesso ristampata; cfr. l'ediz. Heidelberg 1925); F. Dahn, urgeschichte der german. und roman. Völker, voll. 4, Berlino 1881-90 (nella collezione Oncken; trad. it., voll. 5, Milano 1900-06); O. Bremer, Ethnographie der german. Stämme, 2ª ed., Strasburgo 1904; L. Schmidt, Allgemeine Gesch. der german. Völker, Berlino 1909; id., Gesch. der deutschen Stämme, voll. 2, Berlino 1910-18.