BIANCHI, Gerardo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)

BIANCHI (Albus, Blancus), Gerardo

Peter Herde

Nacque probabilmente tra il 1220 e il 1225 a Gainago, presso Parma: il nome dei suoi genitori, Alberto e Agnese, è ricordato nell'iscrizione di un affresco, contemporaneo, del battistero di Parma. Si può affermare senza alcun dubbio che studiò diritto canonico e diritto romano: la sua successiva attività nella cancelleria pontificia prova infatti come egli fosse buon conoscitore delle due discipline. Forse, assieme con Simone di Brion, il futuro papa Martino IV, fu allievo del famoso giurista Uberto da Bobbio, durante il secondo periodo di insegnamento di quest'ultimo a Parma (1237-1245); si spiegherebbero in tal modo gli stretti legami tra Simone e il B., attestati da Salimbene da Parma.

Il B. iniziò la sua carriera nella Curia pontificia come cappellano e scrittore di Innocenzo IV (come cappellano è attestato per la prima volta nel 1245): certamente dovette questo posto alla raccomandazione di un suo zio, il notaio pontificio Alberto di Parma, la cui famiglia aveva stretto buoni rapporti con Obizzo Fieschi, parente del papa e vescovo di Parma dal 1194 al 1224. In aggiunta ai proventi derivantigli dai suoi incarichi nella cancelleria, ottenne dal pontefice numerose prebende in Ungheria, in Francia e a Parma, dove fu per un certo periodo "scolastico" del duomo. Questi benefici dovevano procurargli entrate considerevoli dal momento che poté prestare 200 libbre di tornesi a Innocenzo IV, bisognoso di denaro al momento della ricerca di un suo candidato quale successore di Federico II per il regno di Sicilia; la somma gli venne restituita più tardi da Alessandro IV.

Se il 12 apr. 1264 Urbano IV concedeva ad altri i benefici ungheresi del B., credendolo morto, questi evidentemente non si trovava allora presso la Curia. Due anni prima, per incarico dello stesso papa, era stato "cursor" in Germania, dove aveva portato una comunicazione del pontefice al vescovo Tommaso di Squillace.

Sotto i successori del suo protettore Innocenzo IV la carriera del B. subì un arresto (lo stesso avveniva per Alberto di Parma): sotto Clemente IV e Gregorio X non si trova, infatti, alcun riferimento al B. nei registri pontifici, ed è soltanto da un registro angioino, ora perduto, che sappiamo che egli era ancora scrittore pontificio e rettore della chiesa di S. Martino ad Aquino. Soltanto sotto Innocenzo V ottenne l'importante ufficio di "auditor litterarum contradictarum" e, probabilmente durante la vacanza seguita alla morte di Giovanni XXI (dal 20 maggio al 25 nov. 1277), compose o fece comporre a Viterbo un formulario, comprendente sessantun documenti, preziosa testimonianza dell'attività e dei compiti dell'ufficio dell'"audientia publica", o dell'"audientia litterarum contradictarum". Di questo stesso periodo sono i primi stretti rapporti del B. con Carlo I d'Angiò: il 15 febbr. 1277 riceveva dal re una lettera in cui si ordinava ai funzionari dei Regno di trattarlo come consigliere reale.

Questi legami con i Francesi e i buoni rapporti con Simone di Brion devono aver costituito in quegli anni un impedimento per la sua carriera presso la Curia. Infatti il nuovo papa Niccolò III, eletto il 25 nov. 1277, era romano (Giovanni Gaetano Orsini) e sgradito a Carlo d'Angiò; la sua elezione era stata possibile soltanto per il passaggio al partito italiano nel collegio cardinalizio del francese Guglielmo di Bray, cardinale prete di S. Marco, passaggio violentemente rimproveratogli in una lettera da Carlo; nei confronti di questo Niccolò III condusse effettivamente una politica molto più indipendente dei suoi predecessori, sebbene i rapporti restassero ufficialmente immutati. Ma il B., che né sotto Urbano IV né sotto Clemente IV aveva ottenuto alcuna promozione, si mostrò poi, specialmente durante le legazioni siciliane, tutt'altro che radicale partigiano dei Francesi, sebbene come parmense egli fosse guelfo.

Il suo carattere tendente ai compromessi e all'accomodamento lo portò sempre a tenere una posizione in certa misura autonoma, a evitare prese di posizione estreme, e a tenersi fuori dalle contese che agitavano il collegio cardinalizio, nelle quali tuttavia spesso dovette piegare al patteggiamento e al disimpegno. Niccolò III dovette cogliere in lui questa tendenza all'accordo, se lo creò cardinale prete dei SS. Apostoli il 12 marzo 1278. Ma, oltre a ciò, abbiamo qualche elemento per pensare che il B., durante il conclave di Viterbo, avesse esercitato la sua influenza di "auditor" a favore dell'Orsini; pochi mesi prima, infatti, sotto Giovanni XXI, aveva preso parte alle riforme per la restaurazione della libertà dell'elezione papale, riforme introdotte per iniziativa dell'Orsini, ed era stato inoltre membro della commissione incaricata di punire i notai e i procuratori ribelli che avevano disturbato l'elezione durante il precedente conclave. Tra i cappellani del nuovo cardinale troviamo il celebre canonista Guido da Baisio, che per riconoscenza gli dedicò il suo famoso Rosarium.

All'inizio il B. ebbe incarichi di ordinaria amministrazione, come la risoluzione di vertenze circa alcune elezioni episcopali; la missione più importante di questi primi anni riguardò le trattative di pace tra Filippo III di Francia e Alfonso X di Castiglia. Nel maggio del 1278 il cardinale partecipò al concistoro riunito da Niccolò III per l'incoronazione imperiale di Rodolfo d'Asburgo; nell'estate - nello stesso periodo in cui Simone di Brion era cardinale legato in Francia - il pontefice lo mandò a Tolosa e a Bordeaux insieme col cardinale Gerolamo da Ascoli e con Giovanni di Vercelli, patriarca eletto di Gerusalemme; ma la legazione del B. non ebbe alcun risultato. Al ritorno dalla Francia, nell'estate del 1279, visitò la sua città natale, Parma, che, alcuni anni dopo (1282), riusciva a far liberare dalla scomunica e dall'interdetto che il cardinale Latino Malabranca aveva decretato per una rivolta della popolazione contro l'inquisitore e contro i domenicani. Si è pensato, e con ragione, che nel conclave del 1280-81 il B. abbia abbandonato il partito degli Orsini e sia passato al gruppo degli Angioini votando a favore di Martino IV, ma questo cambiamento di parte deve essere considerato più come una manifestazione di amicizia nei confronti di Simone di Brion che come una decisa presa di posizione a favore del partito francese: comunque per riconoscenza il nuovo pontefice innalzò il cardinale prete dei SS. Apostoli a cardinale vescovo di Sabina (probabilmente il 12 apr. 1281).

Lo scoppio dei Vespri siciliani, il 30 marzo 1282, segnò una nuova svolta nella vita del B.: il 5 giugno Martino IV lo nominò legato per il Regno di Sicilia, in un momento cioè in cui Carlo d'Angiò stava tentando di fronteggiare la rivolta con una serie di riforme (10 giugno 1282) e, quando queste finirono per rivelarsi inefficaci, con la forza.

Il re raccolse il suo esercito a Catona sulla penisola, di fronte a Messina, dove egli andò di persona il 6 luglio e dove, contemporaneamente o poco dopo, deve essersi recato anche il Bianchi. Il 25 luglio gli Angioini, attraversato lo stretto, approdarono a sud di Messina presso il monastero di S. Maria Roccamadore e attaccarono la città, nella quale Alaimo da Lentini aveva organizzato la difesa. Prima dell'attacco vero e proprio il B., d'accordo con il re e con gli assediati, si recò nella città per un tentativo di mediazione: fu accolto amichevolmente e Alaimo gli consegnò persino le claves terre e con questo gesto simbolico lo investì, in quanto rappresentante del papa, della città e dell'isola. Ma il legato non poté accettare la proposta dei Messinesi di sottomettersi alla Chiesa ed essere governati da un rappresentante del papa, né poté accettare altre proposte di compromesso, secondo le quali il re avrebbe dovuto insediare un italiano come governatore e ritirare le truppe di occupazione francesi, giacché sia il papa sia Carlo d'Angiò esigevano una resa senza condizioni. Così il B. dovette lasciare la città senza aver concluso nulla, ma, sebbene egli avesse rappresentato gli interessi del papa e del re angioino, non venne tuttavia identificato con gli odiati Francesi; al contrario, dovette lasciare un buon ricordo nell'isola, come testimonia il cronista Niccolò Speciale, parlando della sua seconda legazione in Sicilia nell'anno 1299.

Inaspritasi la lotta dopo lo sbarco nell'isola di Pietro d'Aragona (che il B. del resto aveva conosciuto nel luglio del 1279; perciò il re aveva tentato di servirsi di lui come intermediario, pregandolo in una lettera del 6 dic. 1281 di adoperarsi in suo favore presso il papa), i due pretendenti stabilirono, provocando la costernazione del papa, di decidere la cosa in duello, di ricorrere cioè a un giudizio di Dio, proibito dal diritto canonico, e del resto nel sec. XIII quasi completamente in disuso; in realtà nessuna delle due parti aveva intenzione di farlo svolgere effettivamente, come prova la commedia recitata più tardi a Bordeaux: si voleva soltanto guadagnare tempo.

Il cardinale legato, che evidentemente non aveva potuto impedire la cosa, si mise in viaggio con Carlo dAngiò verso il nord probabilmente a metà gennaio, se il 28 febbr. 1283 si trovava a Capua. Il re, passando da Roma e Firenze, proseguiva per la Francia; il 12 gennaio aveva nominato vicario generale nel Regno suo figlio Carlo di Salerno, da lui poco stimato, e che lasciò quindi sotto la sorveglianza di suo fratello Roberto di Artois e di altri parenti. Col legato erano state discusse probabilmente quelle riforme che il principe promulgò il 30 marzo al Parlamento di San Martino (a est di Palmi) e che risultarono vantaggiose soprattutto alla Chiesa e alla nobiltà. Sembra che il B. si sia trattenuto nella parte settentrionale del Regno fino al ritorno di Carlo di Salerno e dell'esercito a Napoli; in questo periodo egli si dedicò a molti piccoli incarichi affidatigli dal papa. A metà gennaio del 1284 era molto probabilmente al seguito del principe di Salerno, in cammino per la Puglia. Per il mese di marzo il B. aveva indetto a Melfi un sinodo del clero residente al di là del Faro; il 28 dello stesso mese promulgava le costituzioni sinodali.

Esse presentano particolare interesse, perché, oltre a contenere decisioni, comuni a quelle di altri sinodi, intorno a questioni morali riguardanti clero e laici, e circa la difesa dei beni della Chiesa e della libertà delle elezioni ecclesiastiche, si interessano della Chiesa greca in Italia meridionale, che il B. aveva avuto modo di conoscere durante il suo soggiorno nel territorio di Messina e a Reggio. In diretto riferimento alle costituzioni del secondo concilio di Lione (1274), al canone 9 del quarto Concilio lateranense (1215) e ad una decretale di Innocenzo III (X 3. 3. 6), si stabiliva che tutti i chierici del Regno inserissero nei loro libri liturgici il filioque nel Credo, e che le competenti autorità ecclesiastiche insediassero nelle diocesi a popolazione mista greco-latina un clero adatto per ambedue le comunità; il sinodo inoltre vietò che chierici di famiglia latina, sposatisi dopo avere ricevuto gli ordini minori e poi passati al rito greco, potessero ricevere gli ordini maggiori e nello stesso tempo continuare la vita matrimoniale, come invece veniva permesso al clero greco della Chiesa romana. Ma il sinodo di Melfi era stato indetto anche con un altro scopo, di cui non si trova traccia nelle costituzioni: il finanziamento della guerra contro gli Aragonesi con le decime di tutte le entrate ecclesiastiche del Regno per i due anni successivi. Questa decima fu votata dal clero presente, approvata dal papa e riscossa da Carlo di Salerno.

Finito il sinodo, il cardinale tornò immediatamente a Napoli dal principe, il quale, contro il suo parere, il 5 giugno 1284 uscì dal porto per distruggere le basi della flotta aragonese, che, sotto il comando di Ruggero di Lauria, bloccava il porto di Napoli; nell'azione veniva catturato dagli Aragonesi. Il legato riuscì a controllare una rivolta scoppiata a Napoli e nei dintorni, definitivamente domata da Carlo I d'Angiò, tornato per mare l'8 giugno. Fallito un tentativo di sbarco in Sicilia e di assedio a Reggio, all'inizio di agosto il sovrano andò in Puglia, dove alla fine del 1284 si trovava anche il B., che nel frattempo aveva eseguito altri incarichi di amministrazione ecclesiastica ordinaria ricevuti da Martino IV.

Dopo la morte di Carlo I (7 genn. 1285) il B. insieme col fratello del defunto, Roberto di Artois, fu incaricato dell'amministrazione del Regno, dal momento che il successore al trono era ancora prigioniero, e negli anni successivi ebbe parte notevole nella difesa e nella riforma del Regno. Alla morte di Martino IV (28 marzo 1285) non prese parte all'elezione del successore, Onorio IV, il romano Giacomo Savelli, che, proseguendo fondamentalmente la politica del suo predecessore, pur non essendo come lui legato al regime francese nell'Italia meridionale, prese immediatamente contatto con il legato. Il 17 sett. 1285 il papa promulgò le celebri costituzioni per la riforma del Regno (Constitutiones super ordinatione Regni Sicilie), nell'elaborazione delle quali il B. aveva avuto una parte decisiva, come affermò esplicitamente Onorio IV, e per l'applicazione delle quali egli si impegnò a fondo. Ma in seguito il pontefice doveva cassare alcune misure di minore importanza prese dal B., cosa che prova che nei rapporti con il suo legato non regnava più un accordo totale.

Il B. non prese parte neanche all'elezione di Niccolò IV (15 febbr. 1288). Con la liberazione di Carlo di Salerno e la sua incoronazione a re di Sicilia da parte del papa, avvenuta a Rieti il 29 maggio 1289, terminò la sua legazione e la sua reggenza nel Regno. Ma nuovi incarichi lo attendevano: Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello di Francia, che Martino IV aveva investito del regno di Aragona, ne tentò la conquista e anche in Sicilia si riaccese la guerra. Preoccupato per le notizie provenienti dalla Terra Santa, il papa tentò una mediazione e il 23 marzo 1290 inviò Benedetto Caetani, il futuro Bonifacio VIII, e il B. come legati in Francia. Accanto alla definizione di questioni interne alla Chiesa, in particolare del contrasto tra gli Ordini mendicanti e il clero secolare intorno alla confessione, si svolsero, nel febbraio del 1291 a Tarascona, tra Carlo II di Sicilia e ambasciatori aragonesi e inglesi, trattative di pace, che però non portarono ad alcuna soluzione. Non è completamente chiaro il ruolo del B. nel lungo conclave che portò all'elezione di Celestino V il 5 luglio 1294: non essendo romano ed essendo stato inoltre raramente presso la Curia negli anni precedenti, egli non entrò per nulla nel conflitto tra gli Orsini e i Colonna; votò per Pietro del Morrone, ma subito dopo, come Benedetto Caetani, gli consigliò l'abdicazione. Oscura la posizione da lui tenuta nel conclave del 23-24 dic. 1294, dal quale uscì eletto Bonifacio VIII.

Durante il suo pontificato il B., ormai alle soglie della vecchiaia, non fu una figura di primo piano. Con la sua abilità diplomatica seppe rimanere estraneo al conflitto con i Colonna e insieme mantenere buoni rapporti con l'ambizioso Caetani. Nella guerra tra Inghilterra e Francia fu favorevole, con Matteo di Acquasparta, al partito fiammingo e fu per questo ricompensato con 200 fiorini l'anno. Dalle relazioni degli ambasciatori di Giacomo II d'Aragona sappiamo che egli assunse, come legato, una posizione indipendente nei confronti di Bonifacio VIII.

Ancora una volta il vecchio cardinale di Sabina fu chiamato a una missione importante, allorché dopo che il papa aveva ratificato il 20 giugno 1295 il trattato di pace tra Carlo II e Giacomo II - con il quale quest'ultimo rinunziava ai suoi diritti sulla Sicilia - i Siciliani elessero loro re il fratello minore di Giacomo, Federico. Unitisi Carlo e Giacomo nel tentativo di scacciare Federico, il duca Roberto di Calabria, futuro re di Sicilia, e Filippo di Taranto sbarcarono in Sicilia; presso di loro il papa inviò il B. come legato pontificio per sostenere ancora una volta la politica angioina con misure ecclesiastiche. Il 19 ott. 1299 il B. giungeva a Milazzo per mare, recandosi poi presso Roberto a Catania. Di lì a due anni, dopo la conclusione di una tregua, il 20 dic. 1301 si imbarcò per Napoli da dove raggiunse Roma. Secondo le relazioni degli ambasciatori aragonesi, prese posizione sia contro Carlo II sia contro Roberto di Calabria, schierandosi a favore di Federico III di Sicilia. Doveva prendere parte anche alle ultime discussioni sul problema siciliano, ma non poté vedere la conclusione della pace di Caltabellotta (19 apr. 1302), nella quale, e non senza suo merito, Federico fu riconosciuto re dell'isola di Sicilia (Trinacria). Le fatiche dell'ultima legazione avevano provato le forze del quasi ottantenne cardinale: poco dopo il suo ritorno a Roma si ammalò gravemente e a Roma morì il 1º marzo 1302.

Il giorno seguente fu sepolto nella basilica lateranense, dove aveva ricoperto la carica di arciprete. Il papa non prese parte alla cerimonia, ma fra i portatori del feretro furono Carlo II e altri personaggi importanti. La sua tomba, eretta in un primo tempo nel mezzo della navata centrale davanti all'altare di S. Maria Maddalena, da lui stesso consacrato nel 1297, fu poi spostata tra le due prime cappelle della navata di sinistra, ove ancora oggi si può vedere il disadorno monumento funebre, recante un'iscrizione in lettere gotiche maiuscole.

Fonti e Bibl.: Il formulario del B. del 1277 è stato pubbl. da P. Herde, in Archiv für Diplomatik, XIII(1967), pp. 264-312. La prima ediz. integrale delle costit. sinodali di Melfi è quella curata da P. Herde, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XXI(1967), pp. 45-53: excerpta in E. Martène-U. Durand,Veterum scriptorum... amplissima collectio, VII, Parisiis 1733, pp. 283-287; I. D. Mansi,Sacr. concil. nova et ampl. collectio, XXIV, Venetiis 1780, pp. 570-575; Pontificia commissio ad redigendum codicem iuris canonici orientalis,Fontes, 3, V, 2, a cura di A. L. Tautu, Città del Vaticano 1964, pp. 114 s., n. 60.

Numerosi documenti ined. del B. nell'Arch. Segr. Vat., arm. XXXV, vol. 137, ff. 51 r, ss. (cfr. K. Rieder,Das sizilian. Formel- und Ämterbuch des Bartholomaus von Capua, in Römische Quartalschrift, XX[1906], pp. 3 ss., e G. M. Monti,Dal Duecento al Settecento, Neapolis 1925, pp. 51 ss.); Syllabus membranarum ad Regiae Siciliae Archivum pertinentium, I, 2, Napoli 1842,ad Indicem; C. Höfler,Albert von Beham und Regesten Pabst Innocenz IV., Stuttgart 1847, pp. III n. 28, 114 n. 30; Les registres d'Innocent IV, a cura di E. Berger, Paris 1884-1921,ad Indicem; Les registres de Boniface VIII, a cura di A. Thomas, M. Faucon, G. Digard e R. Fawtier, Paris 1884-1935,ad Indicem; I. Carini,Gli archivi e le bibl. di Spagna in rapporto alla storia d'Italia in generale e di Sicilia in particolare, II, Palermo 1884, p. 44; Les registres de Nicolas IV, a cura di E. Langlois, Paris 1886-1893,ad Indicem; Les registres d'Honorius IV, a cura di M. Prou, Paris 1888,ad Indicem; J. 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Herde,Die Legation des Kardinalbischofs Gerhard von Sabina während des Krieges der Sizilischen Vesper und die Synode von Melfi (28 März 1284), in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XXI(1967), pp. 1-53; Id.,Ein Formelbuch Gerhards von Parma mit Urkunden des Auditor litterarum contradictarum aus dem Jahre 1277, in Archiv für Diplomatik, XIII(1967), pp. 225-312; Id.,Beiträge zum päpstlichen Kanzlei- und Urkundenwesen im 13. Jahrhundert, Kallmünz 1968, pp. 33-36. Negli ultimi tre lavori si trova ulteriore bibliografia.

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