GERARDO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GERARDO

Maria Luisa Ceccarelli Lemut

Di origine pisana, la documentazione superstite non consente di formulare ipotesi plausibili sulla sua attività prima della nomina a vescovo di Pisa, avvenuta intorno al 1080.

Il Mattei lo ritenne identificabile con il Gerardo canonico destinatario il 13 dic. 1062 del privilegio di papa Alessandro II per la canonica della cattedrale di Pisa, ma anche tale personaggio rimane enigmatico, dal momento che non sappiamo se sia identificabile con l'omonimo chierico attestato tra i canonici dal 1063 al 1070: a ogni modo la sottoscrizione di costui non può essere confrontata con quella, a noi non pervenuta, di G., attestato in qualità di vescovo di Pisa il 29 luglio 1080, allorché concesse in livello beni della Chiesa pisana.

L'elevazione di G. alla cattedra episcopale pisana è da collocare nell'arco dei nove mesi precedenti, dal momento che il suo predecessore, Landolfo, era morto il 25 ott. 1079. I privilegi rilasciati dal papa Urbano II a Daiberto, successore di G. nella sede pisana, ci informano che la nomina di G., come quella di Landolfo prima e di Daiberto poi, era avvenuta canonicamente, cioè con l'elezione da parte del clero e del popolo pisani e l'istituzione per mano del pontefice, senza l'intervento del sovrano; pontefice era all'epoca Gregorio VII, mentre il sovrano del quale era stata evitata l'intromissione era Enrico IV: questo significa dunque che G. era legato all'ambiente riformatore e che la sua elezione manifestava l'adesione della città di Pisa alla politica di Gregorio VII e della marchesa di Toscana, Matilde, contro Enrico IV.

L'attività di G. come vescovo è testimoniata da un numero esiguo di fonti, tali però da rivelare il ruolo e l'importanza che egli rivestì nel contesto cittadino. Alla normale amministrazione del patrimonio vescovile si riferiscono i cinque livelli da lui concessi - i primi quattro negli anni 1080-81, il quinto, che è anche l'ultimo atto che lo riguarda, il 19 genn. 1085 -, che non si discostano dalla pratica corrente in quel periodo.

Sono invece più importanti e si collocano in un contesto riformatore gli interventi di G. a favore degli enti monastici e canonicali posti nelle immediate vicinanze di Pisa. Il favore di G. nei confronti di due importanti monasteri benedettini maschili extraurbani è ricordato da due bolle pontificie. Il 2 marzo 1081 dal Laterano Gregorio VII, tra l'altro, concedeva all'abate del monastero di S. Zeno - con il consenso del vescovo G., forse presente all'atto - le decime dei terreni che i monaci facevano lavorare direttamente. Un'analoga concessione di decime G. compì in favore del cenobio di S. Paolo a Ripa d'Arno, come riferisce il privilegio di papa Eugenio III del 7 febbr. 1147. È stata prospettata inoltre l'ipotesi che proprio a G. si debba l'ingresso dei vallombrosani in S. Paolo a Ripa d'Arno, mentre furono persone vicine a G. a promuovere l'insediamento dei camaldolesi nella chiesa cittadina di S. Frediano. Tutto ciò mostrerebbe dunque l'interesse di G. per le nuove congregazioni benedettine di Vallombrosa e di Camaldoli, portatrici, seppure in forme e modi diversi, di istanze riformatrici.

Nello stesso senso andava l'istituzione, in ossequio alla volontà già manifestata dal vescovo Guido nell'anno 1072 (secondo il computo pisano: 25 marzo 1071 - 24 marzo 1072), di una canonica regolare nella chiesa extraurbana (dipendente dall'episcopio) di S. Pietro in Vincoli, realizzata - a quanto sembra - da G. solo dieci anni più tardi, nell'anno 1082 (sempre secondo il computo pisano: 25 marzo 1081 - 24 marzo 1082), allorché indicò i due preti che avrebbero dovuto dar inizio alla nuova comunità.

Allo stato di progetto rimase invece un'altra importante iniziativa, la fondazione, il 13 maggio 1084, di un monastero benedettino maschile in onore del martire sardo s. Rossore, da realizzare presso la vecchia chiesa dedicata a s. Torpé presso l'Arno e - all'epoca - vicina al mare, distante da Pisa 6 km a sudovest.

Analogamente scarsa ma significativa è la documentazione relativa alla posizione di rilievo assunta da G. in città. Due brevi redatti rispettivamente nel 1162 e nel 1164 - in epoca quindi successiva all'episcopato di G. e destinati a essere giurati dai consoli cittadini che entravano annualmente in ufficio il 1° gennaio - menzionano l'impegno di far leggere pubblicamente, due volte l'anno, le securitates emanate a loro tempo da G. e dal suo successore Daiberto, volte, con intento di pacificazione, a evitare lotte fra fazioni cittadine. Il testo di G. non ci è pervenuto, mentre ci è giunto quello di Daiberto; le stesse securitates sono ancora ricordate in un sacramentum potestatis giurato all'atto dell'assunzione della carica dal podestà Gerardo Cortevecchia Gualandi (2 luglio 1206 - 10 sett. 1207).

Una testimonianza diretta dell'attività di G. è invece rappresentata dal privilegio, privo di data ma cronologicamente riconducibile al suo episcopato, con cui Mariano di Lacon, giudice di Torres (Logudoro) - "pro honore" del vescovo G., del visconte Ugo e dei consoli - concesse ai Pisani l'esenzione dal teloneo. Il documento (ed. in I brevi dei consoli…, pp. 107 s.), a lungo oggetto di controversie in merito alla sua autenticità, ora definitivamente accertata, mostra G. nell'atto di svolgere un importante ruolo accanto al visconte, il rappresentante del potere marchionale, e ai consoli, la nuova espressione dell'autonomia cittadina che si andava costituendo in quegli anni.

G. morì a Pisa l'8 maggio 1085.

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